Alessio Bernabei presenta il suo primo album solista, «ho lasciato i Dear Jack perché il mio bene era altrove».

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Alessio Bernabei presenta il suo primo album da solista (© Foto Julian Hargreaves).

«Ho un po’ di timore. Sto ricominciando da capo e il primo album è sempre il più traumatico», conclude così Alessio Bernabei l’incontro con la stampa di pochi giorni fa a Milano. In bilico sopra un filo, prima di prendere fiato e lanciarsi per costruire, passo a passo, la sua nuova carriera solista. Il primo disco, orfano dei Dear Jack, si intitola “Noi Siamo Infinito” ed è uscito venerdì 8 aprile. Un lavoro nuovo per Bernabei, che ha seguito la nascita dell’album a 360°, curando e scegliendo personalmente ogni singolo particolare.

«Non mi piace comunicare con il cantante attraverso l’interfono mentre si trova nella stanza di fronte a registrare, Alessio ha registrato cantando i brani al mio fianco, così il confronto era diretto. A volte gli tenevo il braccio per sottrarre o amplificare emozioni, è stata una simbiosi. Quando canta non sta fermo così ho applicato per terra alcuni foglietti di carta per fargli capire, nei vari punti dello studio di registrazione, come potesse usare la sua voce», spiega Fausto Cogliati, produttore di Noi siamo infinito.

Alessio e il suo staff tengono a far ascoltare qualche brano tratto dal nuovo lavoro, la curiosità è molta soprattutto per “Obbligo e Verità” e “Fra le Nuvole“, scritti interamente da lui. Si nota come i brani proposti alla stampa si discostino dal singolo presentato a Sanremo, dal titolo omonimo all’album. Le atmosfere si fanno più autentiche, vere, con un sound che rimane pop. Ci si chiede allora se la partecipazione al Festival con Noi siamo infinito non si potesse calibrare meglio. Una presentazione al pubblico, per la prima volta in veste solista, con un brano dalle sonorità già sentite, portate al successo da Ariana Grande, che ha messo in ombra la rinascita, e le potenzialità, di Bernabei.

Molto più convincenti sono invece gli altri brani, come “Fra le Nuvole”, in gran parte autobiografico. Un amore effimero esploso tra le stanze d’albergo. «L’ho scritto in onore di una persona che ho amato e che ho frequentato per più di un anno solo all’interno di stanze di hotel. Quando fai questa vita vivi molto più nelle stanze d’albergo che a casa», spiega Bernabei.

Il cantante, in attesa del tour che inizierà tra qualche mese, si scalda incontrando i suoi fan a Milano – Alcatraz 19.04 e Roma – Orion Club 21.04. In concerto non mancheranno alcuni brani scritti insieme ai Dear Jack, come “Domani è un altro film” o “La pioggia è uno stato d’animo” e numerosi ospiti. Benji e Fede, Mattia Briga, Zero Assoluto e Fred de Palma sono i primi annunciati.

Buona fortuna, Alessio!

I Perimetro Cubo hanno pubblicato il secondo disco che, nel brano “Tipo Come Quando” vede la preziosa partecipazione di Beppe Carletti dei Nomadi.

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Perimetro Cubo.

Intervista a Luigi Santilli, componente del duo Perimetro Cubo. Una coppia che nasce quasi per caso, per gioco, dall’incontro di due persone che in comune hanno musica e parole. Il secondo disco, “Il Dubbio“, è stato lanciato dal singolo “Tipo Come Quando“, che vede la preziosa partecipazione di Beppe Carletti al pianoforte.

Come incontri Andrea Orsini e come nascono i Perimetro Cubo?
Orsini lo incontro casualmente, lui è un maestro di chitarra e avevo iniziato a studiare chitarra con lui per perfezionarmi. Dopo poco tempo ho capito che dal punto di vista musicale sono un disastro (ride – ndr), quindi ho rinunciato abbastanza presto a migliorarmi, però avevo fatto sentire un po’ di cose che avevo scritto. Abbiamo iniziato ad arrangiare alcuni pezzi insieme e a scrivere qualche canzone. Ci divertivamo e venivano cose carine, lì abbiamo capito che poteva diventare un progetto serio. I Perimetro sono nati per caso.

Il nome del gruppo chi l’ha scelto?
Io. Mi piace giocare con le parole, i numeri e la matematica. La musica è matematica sotto certi aspetti. Mi piaceva questo ossimoro che di fatto non esiste, onestamente è anche difficile trovare un nome che non sia già stato usato. Perimetro e Cubo sono due concetti incompatibili tra loro, come Andrea e me, sia per esperienze di vita, sia caratterialmente, ci ritenevano una coppia improbabile. Il nome ci rappresenta bene.

Come si lavora in duo? Ci sono elementi di differenza rispetto al lavorare con una band?
Fare musica con altri è molto più bello che farla da soli, ci si arricchisce e si lavora meglio. Lavorare in due è un bell’equilibrio perché non devi mettere d’accordo molte persone e ti confronti in modo informale. Stiamo molto tempo a chiacchierare, Andrea imbraccia la chitarra e continua a fare giri di accordi aspettando che arrivino le idee. Lui è un arrangiatore completo e quindi riesce a trasporre l’idea del suono su tutti gli strumenti. Abbiamo visto però che le cose migliori vengono fuori quando chiedi anche ad altri, infatti nei nostri dischi ci sono molti musicisti che hanno contribuito.

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Beppe Carletti.

L’ultimo singolo vede la partecipazione di Beppe Carletti al pianoforte, come l’avete conosciuto?
L’abbiamo conosciuto per caso tramite amicizie comuni, mentre portavamo in giro il nostro primo disco. Si è interessato molto al progetto e ci ha chiesto di mandargli anche le cose nuove. E’ una persona di umanità e disponibilità straordinaria. Quando ho avuto materiale nuovo gliel’ho fatto sentire, sognando che mi desse qualche consiglio, invece poi ha accettato di fare un pezzo con noi, scritto al pianoforte. E’ venuto a fare il video ufficiale di Tipo Come Quando dedicandoci una giornata intera, mettendosi a disposizione della regista. E’ stato unico, ci ha invitato poi al Nomadincontro.

Com’è stato suonare sul palco del Nomadincontro?
Un’esperienza di quelle che vorresti raccontare ai nipoti, se non fosse che i miei nipotini erano di fronte al palco (ride – ndr). C’era tantissima gente e altri artisti, come Fiorella Mannoia e Omar Pedrini. Il popolo dei Nomadi è appassionato e innamorato a livelli difficili da descrivere. Ci siamo divertiti ed emozionati moltissimo, abbiamo fatto le due serate di sabato e domenica e abbiamo avuto un buon riscontro.

Era la prima volta sul palco?
Essendo un duo ed avendo suonato con altri musicisti professionisti nel disco, era difficile mettere insieme un tour fatto con le stesse persone. Sinceramente non ci aspettavamo nemmeno i feedback positivi ricevuti dopo la pubblicazione de Il Dubbio, siamo stati candidati al Premio Tenco e la critica si è espressa in modo molto buono. Abbiamo fatto qualche serata sporadica e per questo tour adesso abbiamo ancora lo stesso problema. Per Novellara, al Nomadincontro, abbiamo creato un set acustico ma ci piacerebbe coinvolgere tutte le persone che hanno suonato nel disco per un piccolo tour, con concerti sia a Roma che in giro per l’Italia, con un suono più pop rock e non solo acustico.

Avete deciso di lasciare il singolo con Carletti in versione acustica per la sua presenza o il brano inizialmente era già stato pensato così?
Volevamo tenerlo acustico anche prima dell’intervento di Beppe, poi la sua presenza e la struttura del video ha spostato il baricentro. L’attenzione doveva essere sui musicisti e su di lui, il pezzo è stato concepito così, uno dei pochi brani che ho scritto da solo al pianoforte. Volevo provare a fare qualcosa di diverso, abbiamo coinvolto molto gli archi e tolto la batteria. Volevamo venisse un pezzo senza tempo, senza connotati immediati, che fossero stilistici o temporanei, in cui ci si potesse riconoscere subito. Parlare all’anima senza troppi fronzoli musicali, sappiamo che non è un brano prettamente radiofonico, anche se in realtà lo stanno trasmettendo, ma non era nato per le radio, ha una chiave più intima.

Dell’album dici: «Una ricerca di risposte – tra ragione e sentimento – sulle emozioni, sulla vita, sulle scelte, affrontata anche con un po’ di leggerezza e autoironia». Da che episodi di vita sei partito?
E’ un disco maturo, non so se sia una parola impegnativa o se sia il fatto che sto diventando vecchio. Mi pongo delle domande da persona che in età adulta si trova di fronte a scelte più complesse rispetto a quando era giovane, si trova ad averne fatte alcune sbagliate, vede il senso del tempo che passa e la volontà di tornare indietro su determinate cose. E’ un album molto giocato sui sentimenti, un po’ come se la vita fosse un lungo viaggio in cui il punto di partenza e d’arrivo è il sentimento, che quando sono articolati ti pongono molti interrogativi. Il dubbio è l’emblema di tutto quanto il disco, perché l’unica cosa certa è che c’è ancora da capire tutto. Non ci sono episodi specifici ma riflessioni personali, non necessariamente autobiografiche, perché non è la cosa personale ma la sensazione che puoi trasporre in qualcosa che hai vissuto in persone a te vicine. Non va letto come un racconto della mia vita perché non è quella l’intenzione.

In uscita il nuovo disco di inediti di Elisa. Diverso dai precedenti, On è un disco energico e vitale, come lei stessa lo definisce. Un sound irrompente con un salto negli anni ’90.

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© Elisa: dal 25 aprile esce “On”, il nuovo disco di inediti.

Nono o primo disco per Elisa? On, in uscita venerdì 25 marzo, è il nono album in studio della cantante, ma anche primo per innovazione e cambiamento. Non che questo significhi un possibile nuovo percorso artistico ma semplicemente la voglia di uscire, di cambiare strada, uscire dagli schemi. Un disco che si conforma al modo di ascoltare musica oggi, dove i generi sono un concetto superato e si divora qualsiasi tipo di musica, saltando qui e là. «Sono sempre stata scomoda all’interno di un unico stile, considero i generi non rilevanti quanto le canzoni, forse mai come in questo album mi sono concessa di spaziare liberamente. Da ascoltatrice salto continuamente da un genere all’altro e lo considero vitale, lo faccio in maniera istintiva. La questione del genere è passata, oggi è una rigidità».

Ritornano i testi in inglese, protagonisti di undici tracce su tredici, compaiono Giuliano Sangiorgi ed Emma su “Sorrido già”, cantata a tre voci, e sbuca la firma del talentuoso Jack Savoretti in “Waste your time on me”. A spiazzare il pubblico è stata la cover scelta per il disco, un tenero gattino che tutto potrebbe far pensare tranne che all’arte di Elisa, una mossa suggerita, come spiega la cantante: «Il gattino e il titolo On fanno sempre parte della scelta pop e della ricerca dell’innovazione, non essendo un album di argomenti intimisti e introspettivi, volevo cambiare il codice anche visivo del disco. Ho inserito il gatto per uscire dall’immaginario “Elisa”, fosse stato per me avrei fatto un’altra cosa che mi avrebbe riportata sempre alla stessa Elisa. Mi sarei basata su gusto personale, esperienze di vita, ma era un atteggiamento molto indie. Questo album non volevo fosse né indie, né intimista, né introspettivo. Volevo ci fossero immagini di immediatezza e questo è dato anche dal titolo scelto».

On è il mio disco più pop di sempre: parola di Elisa
La cover di “On”, il nuovo album di Elisa.

Secondo la cantante stessa è il disco più pop che abbia mai fatto, credo saranno tredici brani da ascoltare ad alto volume per scatenare tutte l’energia che abbiamo addosso, e ballare, ballare, ballare.

Le prime date del tour di Elisa nel 2016

Elisa incontrerà i fan con l’instore tour, di seguito le prime date confermate:

  • 29 marzo – Roma (Mediaworld, Centro Commerciale Roma Est Lunghezza);
  • 4 aprile – Milano (Mondadori di Piazza Del Duomo);
  • 5 aprile – Marcianise (CE) (Mondadori nel Centro Commerciale Campania).

La cantante Senhit è italiana ma ha origini eritree e il sogno della musica l’accompagna fin da adolescente. Attualmente sta girando l’Italia con i suoi musicisti per promuovere la sua musica, perché crede che non sia tutto in mano ad un talent show.

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Senhit (© Foto di Gianni Lo Giudice – Parentesi Agency).

Senhit è una cantante italiana di origini eritree, debutta nello spettacolo recitando in importanti produzioni teatrali internazionali, da Il Re Leone a Hair, passando per gli spettacoli prodotti da Massimo Ranieri.

Nel 2006 decide di perseguire la carriera solista nella musica, pubblicando il primo disco dal titolo Senit. Attualmente sta girando l’Italia con i suoi musicisti per promuovere la sua musica, perché crede che non sia tutto in mano ad un talent show. I nuovi brani li sta curando con produttori quali Steve Daly & Jon Keep (Christina Aguilera e Lana Del Rey) e Brian Higgins (Kaiser Chief, Kylie Minogue, Pet Shop Boys), che renderanno la sua musica ancora più internazionale.

Quando ti avvicini alla musica?
Da adolescente. Sono la più grande di tre figli e sono sempre stata la più egocentrica ed esibizionista. Un po’ per divertimento un po’ per passione mi sono imbattuta nel karaoke di Fiorello, mia madre mi disse: “Sai che fanno le audizioni?”, credevo bastasse andare sul palco e cantare, invece c’erano le selezioni. Così andai a Imola. Mi fecero cantare tre strofe di Ragazzo Fortunato, alla fine del pezzo dissero: “Sei proprio un ragazzo fortunato”. Ero piatta, mascolina, tutta coperta e con il cappello girato indietro da rappettona. Partecipai al programma e vinsi la puntata, ero a Russi (Ravenna). Sono diventata l’idolo della scuola (ride – ndr), avevo 14 anni e volevo solo cantare. Mio padre però si impose perché finissi la scuola. Mi sono diplomata in grafica pubblicitaria, ho fatto un paio d’anni di università ma poi non ce la facevo più.
 Ho cominciato con il musical. C’erano le audizioni a Roma per uno spettacolo prodotto da Massimo Ranieri, sono stata selezionata come co-protagonista. Da lì è iniziata la mia avventura.

Poi abbandoni il musical e inizi la carriera da solista.
In realtà non ho mai abbandonato. Dopo l’esperienza di Ranieri in Italia ho fatto molta gavetta sul palcoscenico, Massimo è stato un grandissimo pigmalione a livello teatrale. Mi ha presa e cresciuta, artisticamente, umanamente, anche in modo severo. Per me questo non è un lavoro, è una bellissima passione che nutro con grande entusiasmo. Sono tornata in Italia dopo aver fatto grandi produzioni come The Lion King, scritto da Tim Rice ed Elton John, o Hair, poi volevo fermarmi un po’. Ma non ho mai abbandonato il musical, l’ho solo messo da parte. Sto aspettando una produzione bella, grande. In Italia stanno scomparendo. Un giorno poi è arrivata la Panini chiedendomi se volevo essere testimonial di una nuova azienda che voleva buttarsi sulla musica, così mi sono lanciata nell’avventura.

Perchè non ricerchi grandi produzioni estere?
Lì hanno contratti molto lunghi e non riuscirei a portare avanti sia il percorso musical che quello musicale solista. Tante cose tutte insieme si fanno male, ora preferisco concentrarmi sulla mia musica e se capita un occasione coglierla. Magari lo scriverò io un musical, chissà. Mi dispiace perchè in Italia non c’è spazio per cose nuove. Ci sono molti dinosauri che vanno avanti, si piange perchè c’è miseria ma in verità non si vuole investire. Non c’è meritocrazia, la gente va a vedere Rapunzel perchè c’è Lorella Cuccarini, che è bravissima, ma lo spettacolo è bruttarello. Si possono fare spettacoli con meno soldi o meno nomi famosi ma di qualità.

Hai lavorato in molti Stati e il tuo sound è internazionale. Decidi però di rimanere in Italia con la tua musica, perché?
Sono una guerriera, so che cosa l’estero offre in modo qualitativo, ma c’è tanta roba anche qui. Sono testarda e vorrei provare a creare una frattura, partendo senza l’utilizzo, per esempio, di talent, che assolutamente non schifo. Si può tornare a cantare nei locali, è più difficile, lungo e frustrante, però la qualità cambia. Ho creato il mio progetto, supportato da un team eccezionale, musicisti giovani e talentuosi. A poco a poco stiamo crescendo e magari in futuro usciremo con pubblicazioni anche all’estero. Mi è stato chiesto di cominciare fuori dall’Italia e poi di ritornare, ma ho voluto fare il contrario: la fatica è immane perchè la cultura è ancora un po’ ottusa, la gente non si sposta, non esce, se non sa che c’è il nome.

Noti differenza tra i due percorsi artistici?
Sono sempre stata un personaggio leader, mi piace stare al centro e avere qualcuno che gira in torno a me, la band è il mio elemento, il palco anche, contrariamente a quello che potrebbe essere lo studio di registrazione. La differenza è che emotivamente sono esposta, nuda. Canto davanti ad un pubblico che può fischiarmi o tirarmi pomodori, ma in questi anni mi sono temprata. Sono prontissima e carica, credo fortemente in questo progetto.

Il tuo repertorio è tutto in inglese, a cosa è dovuta questa scelta?
Sicuramente ci sono strategie di marketing che mi hanno spinta a fare questa scelta, ma nemmeno in modo troppo forzato. La produzione e la distribuzione è italiana, la Panini nasce a Modena ma ha sedi in tutto il mondo, quindi la visibilità è capillare. Sono italiana, di origini eritree, e porto con me un’impronta internazionale. La musica cantata in inglese è quella che più raggiunge il mondo, ho notato che le radio fanno fatica a passare canzoni italiane, se non per un certo periodo, che può essere quello di Sanremo. L’italiano però non l’abbandono, ci sto lavorando.

Living for the week-end, vede la partecipazione di Marracash. Com’è nata la collaborazione?

Fabio l’abbiamo conosciuto tramite addetti ai lavori. Il brano è stato scritto e prodotto da Brian Higgins. Quando abbiamo chiuso il pezzo – che volevo fosse pop dance, vedibile nei club così come nei locali dal vivo – sono tornata in Italia con la voglia di un po’ di italiano. Nel panorama rap Fabio è quello che, secondo me, si differenzia di più. Cercavo qualcuno che avesse voglia di internazionalità, lui ha sposato da subito il progetto e mi ha regalato qualche verso.

A quando il prossimo disco?

Arriva prima dell’estate, sarà preceduto da un singolo e nel frattempo ci facciamo conoscere in tour. I miei live si possono ascoltare anche tramite la Senhit radio. Una web radio che ho ideato, mi piace far sentire che cosa vivo attraverso la musica che ascolto, le chiacchiere tra amiche, la palestra, una serata fuori a cena o un commento sui libri che leggo. Nel disco credo ci saranno pezzi anche in italiano.

Con chi ti piacerebbe collaborare?
Mi piacerebbe molto lavorare con Lorenzo Jovanotti, mi piace come scrive, l’approccio che ha sulla musica. Ho sempre adorato Caparezza, Carmen Consoli mi piace moltissimo, è una polistrumentista fantastica.


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