Quattro chiacchiere con Matteo Crea, per approfondire la sua ispirata visione di vita e di musica

Matteo Crea
Matteo Crea si racconta ai lettori di Musica361 © foto di Shipmate

Si intitola “A casa dei miei” il singolo che segna l’inizio del nuovo progetto discografico di Matteo Crea, cantautore fiorentino classe 1995. Il brano, disponibile in radio e in digitale dallo scorso 20 maggio per Latarma Records, inaugura un percorso di consapevolezza e di rinascita artistica.

Quali riflessioni ti hanno accompagnato durante la scrittura di “A casa dai miei”?

Ho scritto questa canzone sviluppando questa semplice domanda “Riuscirò a ricreare la stabilità affettiva, familiare, il microcosmo di una casa di proprietà come ha fatto la generazione prima della mia, quella dei nostri genitori?” Ammetto che non ho ancora una risposta, purtroppo, ho solo sviscerato il tema.

Il brano descrive e riflette lo stato d’animo di una generazione, quali aggettivi utilizzeresti per descriverla?

Il fatto che tante persone si rivedano in questa narrazione sicuramente mi rende felice ma soprattutto mi fa riflettere sul delicato momento che i miei coetanei ed io stiamo vivendo. Per questo definirei questa traccia che a primo impatto può sembrare “energica” anche un filo “malinconica”.  Ci tengo a precisare però che non mi permetterei mai di ergermi a “voce di una generazione”. Io semplicemente scrivo ciò che vivo e ciò che mi colpisce personalmente (sorride, ndr).

In che termini la musica influenza le tue giornate?

Le mie giornate ruotano attorno alla musica da sempre, ogni giorno scrivo e produco per altri per tenermi occupato, per quanto riguarda le mie canzoni invece ho dei tempi molto più distesi, cerco di scrivere solo quando ho realmente qualcosa da dire ed un modo interessante per dirlo.

A livello di ascolti, tendi a cibarti di un genere in particolare oppure ti reputi piuttosto onnivoro?

Sono molto legato ai testi quindi apprezzo ogni modo in cui la scrittura viene declinata. Ovviamente in questo momento mentirei se dicessi che ascolto altro oltre al cantautorato italiano ed il punk inglese, però vengo da una vita di ascolti hip-hop, trap, indie rock ed alternative in genere.

Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?

Amo ogni fase della produzione e sono abbastanza meticoloso quindi anche se ripongo piena fiducia nelle persone con cui collaboro (fondamentali non solo artisticamente ma anche umanamente) tendo ad essere abbastanza pignolo e seguire ogni momento della creazione delle mie canzoni e della successiva promozione, ci tengo tantissimo!

Come confluiscono la musica e il cinema nella tua professione? 

Il cinema mi permette di conoscere tante persone interessanti, estrose e piene di storie che alimentano in me il desiderio poi di raccontare e scrivere canzoni, sono due mondi molto simili che interagendo mi permettono di vivere esperienze fondamentali per ciò che faccio.

A tu per tu con il cantautore genovese, fuori con il nuovo singolo intitolato “Balli bene”

Canca: "Per me la musica è sempre stata un bisogno"
Canca si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del nuovo singolo “Balli bene”

Tempo di nuova musica per Canca, fuori con il singoloBalli Bene, disponibile in radio e su tutti i digital store a partire dallo scorso 3 giugno per Columbia Records Italy/Sony Music Italy. Un manifesto della diversità, un inno rivolto a tutte quelle piccole differenze che ci rendono unici e speciali.

“Balli bene”: che sapore ha per te questo brano? 

“Balli bene” per me sa di necessità. Quella necessità che ci spinge a dimostrarci e liberarci di ciò che ci pesa e ci costringe a nasconderci. “Balli bene” l’ho scritta per chi come me ha avuto paura di mostrarsi veramente per non subire il giudizio degli altri. Ciò che ti rende diverso non ti rende peggiore, ti rende speciale. 

Dal punto di vista sonoro, che tipo di sonorità hai scelto di abbracciare?  

A me piace molto variare e provare tante cose. Per questi ultimi brani ho cercato un approccio più dance pop, però sono pronto a provare nuove sonorità per avere nuovi stimoli!  

A livello narrativo, cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip diretto da Brendon Lainez?

Abbiamo voluto creare un video che potesse essere divertente e simpatico. Un ragazzo che si diverte e si sfoga sul palco, ballando male e facendo espressioni innaturali. Insomma, volevamo racchiudere il significato del brano attraverso le immagini. 

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?

Per me la musica è fondamentale sotto molti punti di vista. La musica può essere compagna di viaggio durante il tragitto per andare a lavorare, può essere amica che ti da consiglio nei momenti difficili. Per me è sempre stato un bisogno. Il bisogno di tirare fuori e mettere a parole e suoni quello che a volte non ero in grado di dirmi.  

Quali ascolti hanno influenzato e ispirato la tua crescita?  

Io amo molto la musica americana. Penso di avere avuto tante influenze però non sono sicuro si sentano molto nella mia musica. Il mio artista preferito in assoluto è Kendrick Lamar, ma sono un grande fan anche di artisti come Kanye West, Frank Ocean, Tyler The Creator e The Weeknd (anche se è canadese). Mi piace pensare di aver preso un po’ da tutti questi artisti, creando uno stile e un suono nuovo. 

A chi si rivolge la tua musica oggi e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro? 

Io non voglio pormi dei limiti. A me farebbe piacere arrivare a tutti. Non saprei bene come definire le mie tematiche o analizzare se sono fruibili solo per determinate categorie. La mia speranza è che quello che faccio arrivi, non importa a chi. Spero che la mia musica possa avere molti utilizzi: essere di conforto in un momento complesso, gasare quando si va in macchina oppure essere sfondo di un momento romantico. 

Spero che possa piacere ai ragazzini che vanno al mare, alla mamma cassiera che va a lavoro o al nonno che si fuma un sigaro sul balcone. So che è un solo sogno, ma almeno nei sogni, non voglio pormi limiti. 

Quattro chiacchiere con Santi, per approfondire la sua ispirata visione di vita e di musica

Santi
Santi si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita dell’Ep “Estranei”

Si intitola Estranei il progetto che segna il debutto discografico di Filippo Santi, in arte Santi, cantautore bolognese classe 2002. Un Ep che racconta tutte le emozioni del percorso e delle evoluzioni che lo hanno portato fin qui. Un racconto cominciato con i singoli “Prendila come vuoi”“Fuori da qui”“92B”, fino all’ultimo estratto “Notte fantastica”.

Quali riflessioni e quali emozioni hanno dato vita ad “Estranei”?

“Estranei” è il risultato di un percorso artistico che ho fatto in questi due anni, ogni canzone l’ho scritta in un momento dove avevo bisogno di buttare fuori delle sensazioni e delle emozioni che provavo in quel momento, ogni canzone, infatti, ha un significato ben preciso per me. “Estranei” è un insieme di emozioni, rabbia, gioia, fallimento, vittoria e tante altre che potrei elencare in una lunga lista, perchè sono tutte emozioni che hanno formato la mia persona in questi due anni, che io ho cercato di racchiudere in questo progetto artistico.

Dal punto di vista sonoro, che tipo di sonorità hai scelto di abbracciare?

Ho scelto di sperimentare diverse sonorità ma con uno stile ben preciso. Per questo EP, con i miei collaboratori abbiamo deciso di sperimentare nuovi suoni, infatti all’interno di “Estranei” ci sono tante sfumature sonore diverse, che partono da Notte Fantastica che ha un ritmo pop con sfumature punk e arrivano a Bravi Ragazzi che è l’unica ballad dell’EP, registrata one take in presa diretta chitarra e voce.

Quali caratteristiche ti rendono orgoglioso del risultato finale di questo Ep?

Sono molto orgoglioso di questo mio primo Ep perchè quando riascolto i brani sento tutto il lavoro e la crescita che ci è stata in questo periodo, ci sono state collaborazioni che mi hanno insegnato un sacco di cose e mesi chiuso in studio che mi hanno consentito di farmi la pelle dura, esperienza e tanto lavoro. I brani di “Estranei” mi trasmettono questo, sento che è solo l’inizio di un percorso che sono sicuro duri tanto, non ho fretta di arrivare, ma ho tanta voglia di lavorare e di fare sempre più musica.

Quando e come ti sei avvicinato alla musica?

Il mio avvicinamento alla musica è avvenuto molto presto, all’età di 7 anni andavo già a lezioni di basso, per poi continuare a suonare prima chitarra poi pianoforte, sassofono e infine la voce. Il mio primo ricordo legato alla musica è mio padre che mi cantava una canzone dei The Pogues (gruppo irlandese) per farmi addormentare. La mia famiglia mi ha trasmesso questa passione, fin da piccolo mi hanno fatto ascoltare tantissima musica ed io sono sempre stato convinto che questa fosse stata la mia strada. Sto dedicando la mia intera vita alla musica, senza piani B.

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato la tua crescita?

Ho sempre ascoltato tantissima musica e la mia vita da ascoltatore musicale si è sempre suddivisa in periodi, ho avuto il periodo pop punk, il periodo hard rock ecc… ma ho sempre ascoltato di tutto senza mai pormi limiti. Ho anche io dei gruppi di riferimento che mi hanno sempre accompagnato e che non mi stancano mai come i Green Day e gli Arctic Monkeys. 

A chi si rivolge, oggi, la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

La mia musica devo dire che ha un target abbastanza misto, ai miei concerti l’età si aggira dai 15/16 anni in su fino ad arrivare ai 50. Sicuramente l’obiettivo è quello di arrivare a più persone possibili con le canzoni, sopratutto in formula live, perchè come ho sempre detto, la formula live è quella che preferisco, in quel contesto vedi veramente le persone che ci tengono e che ti sostengono.

A tu per tu con il giovane cantautore veneto, fuori con il nuovo EP intitolato “Chi sono veramente”

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Will si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del nuovo EP “Chi sono veramente”

Tempo di nuova musica per William Busetti, in arte Will, artista che ha conquistato un’intera generazione con Estate, singolo già certificato disco d’oro, e che debutta con il suo primo EP “Chi sono veramente”, disponibile dallo scorso 10 giugno per Capitol Records Italy.

Come si è svolto il processo creativo di “Chi sono veramente Ep”? 

Il mio processo creativo parte da qualsiasi cosa, mi segno delle frasi anche ad esempio se sono in un bar, mi appunto tutto nell’immediato, in generale scrivo in studio o in camera e non ho un momento preciso durante la giornata, dipende dall’ispirazione quotidiana. A volte scrivo prima il testo, altre volte parto dalla strumentale dipende veramente dalle varie situazioni che si creano intorno ad ogni singolo brano o progetto.

Quali skills pensi di aver acquisito durante la lavorazione di questo progetto? 

Dopo qualche anno vissuto in pandemia e dopo qualche problemino personale che mi ha dato fastidio, ora mi sento completamente me stesso, libero da ogni tipo di pensiero anche negativo. Sono sicuramente più maturo e nella stesura dei testi c’è davvero molto di me, una nuova consapevolezza di quello che sono mi ha aiutato molto nella realizzazione di questo lavoro.

Credi con questo progetto di essere riuscito a raggiungere il giusto equilibrio tra chi sei e chi, a livello artistico, vorresti essere?

Si assolutamente “chi sono veramente” rappresenta quello che sono in questo momento sia dal punto di vista personale che musicale, il perfetto equilibrio della mia personalità umana e artistica che riescono a convivere in armonia. Spero che questa sensazione di “serenità” mi accompagni per un bel po’ perché ora so di certo chi sono veramente e la direzione in cui voglio andare.

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano Will?

La musica è la parte migliore di me, mi aiuta ad esprimermi e a tirare fuori le emozioni nel migliore dei modi. Ascolto parecchia musica durante la giornata e non posso pensare di stare senza di lei. Sono molto emozionato di iniziare il primo vero tour il prossimo autunno in quanto finalmente riuscirò a scambiare l’energia con il pubblico che fin ora mi ha sempre sostenuto, non vedo ora di incontrarli dal vivo!

A livello di ascolti, tendi a cibarti di un genere in particolare oppure ti reputi abbastanza onnivoro?

Come ti accennavo ascolto davvero tanta musica, poi sono cresciuto con una cultura musicale molto anglosassone in quanto mia mamma è di Manchester per cui puoi immaginare. Ho avuto per anni influenza di band come i Beatles, adorati da mia mamma, anche per me sono diventati religione, mio papà invece mi ha portato alla scoperta del cantautorato italiano. Ascolto anche artisti contemporanei ovviamente e sono molto attento alle novità, bisogna essere molto aperti musicalmente anche a contaminazioni, la forza della musica credo stia proprio in questo, mai porsi limiti e barriere!

Se dovessimo definire “Chi sono veramente Ep” con uno stato d’animo, quale sceglieresti?

Forse un pelo malinconico, ma in realtà ogni pezzo ha poi il suo stato d’animo per cui lascio l’interpretazione agli ascoltatori, la musica sicuramente riuscirà a far arrivare le giuste good vibes ad ognuno di loro. Le emozioni sono estremamente personali.

Quattro chiacchiere con Federico Secondomè, per approfondire la sua ispirata visione di vita e di musica

Federico Secondomè
Federico Secondomè si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita di “Male davvero”

Tempo di nuova musica per Federico Secondomè, songwriter e producer classe ’95 che vanta collaborazioni con diversi artisti della scena nazionale. “Si intitola Male davvero il progetto che segna il suo debutto discografico, fuori dallo scorso 6 giugno per IIME e distribuito da ADA Music Italy

Quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di composizione delle canzoni contenute in “Male davvero”?

Ho ripensato molto a come sono andate le cose nella mia vecchia relazione, molto lunga quanto travagliata. Ho pensato a quanto abbia fatto male ad aspettarmi sempre che, prima o poi, sarebbe andata meglio.

Hai definito questo disco come un punto di rottura con il passato, cosa intendi esattamente?

Quando subisci un trauma ti tocca fare i conti con quello che è accaduto, ripetutamente, in modi diversi. Perdere una persona è come un lutto, per certi aspetti, e come tale ha tante fasi che devono essere superate prima di tornare nello stato di lucidità. Ecco, queste canzoni sono un po’ il mio viaggio verso la lucidità.

A livello testuale, cosa hai sentito l’urgenza di raccontare?

Ho sentito di dover essere realistico, crudo. Ho sentito di poter tirare fuori tutto il mio cinismo, tutta la mia malinconia, è stato come aprire un portale. Ora che sono in questa modalità e che ho finalmente imparato a separare il me “artista” dal me “autore”, sono sicuro che ne sentirete delle belle.

Per quanto riguarda il sound, quanta importanza ha assunto la sperimentazione in questo progetto?

La sperimentazione del sound ha fatto sì che l’album intero avesse un’integrità. Ci sono state tante prove, il tutto è stato affrontato da e con professionisti che nei prossimi anni faranno parlare di loro, ne sono certo. Non sono state prese scelte a caso, ogni brano è stato prodotto con la stessa finalità e per questo l’album è un album e non una raccolta.

Ti senti rappresentato dall’attuale mercato musicale e da ciò che si sente in giro oggi? Cosa ti piace e cosa meno?

Sono fan della motivazione artistica, non degli artisti. Se qualcuno dimostra che la sua motivazione va oltre l’essere messo davanti a dei riflettori, allora mi piace. Lo capisci da tante cose, è come una sensazione. Lo vedi se qualcuno sta recitando o se ci crede davvero. A me piace la musica di chi ci crede davvero. Non farò alcun nome.

Obiettivi, desideri e sogni nel cassetto per il futuro?

Sicuramente suonare più spesso live sarebbe un ottimo punto di partenza. Ho una band meravigliosa, ci vogliamo bene ed ogni volta che si suona è un’avventura. Non mi importa quanta gente ci sia sotto il palco o quanto grande sia l’evento, l’atto di suonare è esattamente sempre lo stesso e mi aiuta a stare meglio. A parte questo, ho tanti sogni che cercherò di realizzare.

A tu per tu con il giovane cantautore bresciano Ytam, al suo debutto discografico con l’album “Drama Compilation”

Ytam
Ytam si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita dell’album “Drama Compilation”

E’ disponibile dallo scorso 3 giugno Drama Compilation” il progetto che segna l’esordio discografico di Matteo Marino, alias Ytam, artista classe ’97 che abbiamo il piacere di ospitare tra le nostra pagine. Approfondiamo la sua conoscenza.

“Drama Compilation”: da quali riflessioni sei partito e a quali conclusioni sei arrivato durante la composizione di questo album?

Quando ho iniziato a scrivere questo disco non avrei mai immaginato quanto le cose sarebbero cambiate in un anno e mezzo. Uno dei temi che sicuramente mi ha accompagnato durante la sua composizione è il rapporto che abbiamo con noi stessi e quello che abbiamo con le persone che ci stanno attorno, nel bene e nel male. Drama Compilation è un mix di canzoni che regaleresti a qualcuno di importante o da ascoltare quando sei da solo in macchina nel bel mezzo della notte e non sai dove stai andando, è un disco che parla di buio e luce, voglia di vivere, segreti e di emozioni.

C’è un qualche filo conduttore narrativo che, secondo te, lega le sette tracce in scaletta?

In realtà non credo ci sia un vero e proprio filo conduttore che lega la scaletta. Gli elementi ricorrenti in tutti i pezzi del disco alla fine sono le emozioni, ognuna raccontata attraverso un sound e una storia diversi. “Drama Compilation” è un concentrato di esperienze e sentimenti che mi hanno accompagnato fino ad ora.

A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato in studio dietro la ricerca del sound?

Quasi tutti i brani sono nati da delle demo che ho iniziato a registrare nella mia camera. Il giusto sound è poi arrivato insieme a Giorgio Pesenti (okgiorgio) il mio produttore, passo dopo passo abbiamo iniziato a costruire tutto. L’EP è, letteralmente, cresciuto insieme a me perché durante tutto il tempo di scrittura i pezzi hanno cambiato volto tantissime volte prima di raggiungere la loro forma finale. Sono legato ad ogni brano, ognuno di loro ha un proprio carattere, un proprio sound ed è un mondo a sé stante.

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano? 

La musica è il luogo in cui mi rifugio quando ho bisogno di staccarmi un po’ dalla realtà o, banalmente, per mettere in parole ciò che sento dentro di me. In base al mio umore cambia il modo di ascoltarla e scrivere di musica, riflette perfettamente quello che è il mio stato d’animo, ciò che sto vivendo in un momento particolare. È un processo che avviene in modo del tutto naturale, soprattutto la scrittura, non me ne rendo conto. Ci rincorriamo, a volte sono io che cerco la musica e altre volte è lei che cerca me. Le canzoni prendono vita così.

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato la tua crescita?

Questa è una di quelle domande a cui ho sempre difficoltà nel rispondere. Sin da piccolo ho ascoltato davvero tantissimi artisti di generi e periodi più disparati, non saprei da dove cominciare ma ci provo! Michael Jackson, i Queen e Prince hanno sicuramente accompagnato e ispirato la mia musica, a livello internazionale. Lucio Battisti invece, come artista italiano, rimane uno dei più importanti e significativi per me.

Per concludere, a chi si rivolge la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

La mia musica si rivolge a tutti, davvero, senza nessun limite o barriera. Quello che mi interessa davvero è riuscire a far emozionare attraverso i versi, il sound o la mia voce e far sì che le persone riescano ad immedesimarsi nelle mie canzoni e trovare la propria chiave di lettura. Potrà suonare scontato ma mi piacerebbe, con il tempo, riuscire ad arrivare ad un pubblico sempre più vasto.

Quattro chiacchiere con Rico Femiano, per approfondire la sua ispirata visione di vita e di musica

Rico Femiano
Rico Femiano si racconta ai lettori di Musica361 © foto di Ciro Guardasole

Si intitola “Mi fai morire” il nuovo singolo di Rico Femiano, attualmente disponibile negli store e sulle piattaforme digitali. Il brano è accompagnato narrativamente dalle immagini del videoclip diretto da Salvatore Maiorano, con l’aiuto dell’assistente alla regia Katia Galeazzi.

“Mi fai morire”: che sapore ha per te questo brano?

Un sapore delicato e sensuale. Il sapore dell’amore che tutti, quando lo incontrano, sperano sia per sempre, ma capita davvero poche volte. Chi vive intensamente un amore resta aggrappato a dettagli che spesso vengono cercati in altre persone ma non è affatto semplice incrociarli. E allora si cerca di dare valore a quel “per sempre”, detto nei momenti clou della storia, in attesa di un ritorno che non ci sarà e che lentamente ti fa morire. C’è, quindi, anche un sapore di attesa e speranza in questo brano.

Dal punto della scrittura e del sound, che tipo di lavoro c’è stato insieme a Luca Rustici e Philippe Leon?

Uno straordinario lavoro di complicità artistica, elemento imprescindibile quando si lavora insieme. Luca e Philippe mi hanno trasportato in un mondo musicale bellissimo. Luca è un musicista fenomenale e immenso: i suoi suoni li riconosci immediatamente tra mille. La scrittura di Philippe è diretta e ricca di metafore che ti lasciano immaginare e sognare. 

A livello narrativo, cosa avete voluto trasmettere attraverso le immagini del videoclip diretto da Salvatore Maiorano?

Salvatore Maiorano è stato il regista giusto per esprimere in immagini quello che abbiamo messo nel testo. Lui è un grande artista visionario e la sua visione va oltre ogni immaginazione. Mettere insieme passione, sesso, eleganza e sensualità è un’impresa tutt’altro che semplice. Lui c’è riuscito, scegliendo figure affascinanti, capaci di esprimere emozioni con una gestualità attenta e un delicato gioco di sguardi. 

Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione di una canzone?

La ricerca del capo testo giusto. Non è mai semplice trovare l’attacco straordinario, quello che ti fa pensare “parto da qua e la canzone può funzionare”. Ci si può arrivare anche dopo tanti tentativi e quando si trova l’attacco diventa tutto magico. Diventa un’onda emotiva spinta dal cuore e le singole parole si mettono in fila quasi da sole, in maniera spontanea, forte e vera.

 Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?

Un ruolo fondamentale. La musica è la mia donna e per lei l’amore sarà davvero per sempre. È con me in ogni momento della mia giornata. Non mi lascia mai. Ne ascolto tanta. Ne scrivo tanta. È davvero il centro della mia vita e cristallizza i momenti cruciali: belli o brutti che siano, sono tutti là, nella musica, nelle canzoni.

Per quanto riguarda gli ascolti, tendi a cibarti di un genere in particolare oppure ti consideri piuttosto onnivoro?

Mi nutro di jazz, dub, reggae, rock, blues, musica latina. Si, mi considero piuttosto onnivoro e questo ascolto random mi dà un senso di libertà mentale che, peraltro, asseconda anche i miei stati d’animo. 

Qual è l’insegnamento più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?

La musica è insegnamento. È una continua lezione di vita. Una passione che non scegli ma ti sceglie e quando arriva da te devi averne cura e nutrirla ogni giorno. Lei sa essere anche spietata e in questo ti insegna a non fermarti mai e a non smettere mai di credere che lei, se lavori con professionalità e passione, ricambierà il tuo amore profondo. 

Tempo di nuova musica per il cantautore milanese Daniele Stefani, al suo ritorno discografico con “Corde”: un viaggio nella musica italiana d’autore

Daniele Stefani 1
Daniele Stefani si racconta al lettori di Musica361, in occasione dell’uscita dell’album “Corde”

Il desiderio di tornare all’essenza della musica ha portato Daniele Stefani a concepire “Corde”, un progetto speciale e coerente che va al di là del semplice concetto di disco di cover e dell’idea del revival. Alla base l’idea di rendere omaggio all’eccellenza della nostra canzone d’autore, ad istrioni del calibro di Ivan Graziani, Roberto Vecchioni, Francesco De Gregori, Pino Daniele, Lucio Dalla, Ivano Fossati, Vasco Rossi, Adriano Celentano ed altri. Unico denominatore comune è l’utilizzo degli strumenti a corde, da qui l’incipit e il titolo di questo lavoro ispirato alla musica, alle parole, alle radici e alla bellezza del nostro patrimonio artistico.

Quali sono le corde che hai voluto toccare in questo progetto?

Sicuramente quelle dell’emozione, dell’anima. Tornare all’essenza ed alle radici della musica per me significa questo. I cantautori mi hanno accompagnato nel percorso di crescita artistica e personale e reinterpretarli insieme a grandi musicisti ha contribuito a creare quella visione che mi piace definire quadro emozionale.

Da cosa nasce il tuo amore per la chitarra e cosa ti ha spinto a sceglierlo come “tuo strumento” di riferimento?

La chitarra è una parte di me. Fin da piccolo ho sentito il bisogno di suonarla. Mia sorella la suonava in casa ed io a 4 anni ho iniziato in modo costante a chiedere ai miei genitori di studiarla, perché ne ero incredibilmente affascinato. A 6 iniziavo le prime lezioni. Gli anni al Conservatorio di Milano, tra studio e serate nei locali, mi hanno confermato che non potevo più farne a meno. Il mio premio per risultati buoni a scuola era questo: Poter suonare in teatro nel weekend.

Come sono state selezionate le canzoni da reinterpretare e gli ospiti da coinvolgere? 

Di base è stata una scelta istintiva. Volevo omaggiare alcuni dei grandi cantautori che hanno contribuito a far crescere il mio amore per la musica e chiudere un percorso di tanti anni all’insegna dell’italianità in giro per il mondo. Gli ospiti sono arrivati un po’ alla volta.

Quando ho pensato ai duetti, sono partito da Archimia. Da li, piano piano, si è definita sempre di più l’idea di riportare la figura del musicista al centro, cosa di questi tempi meno usuale. Così ho richiamato amici con cui ho condiviso anni bellissimi al Conservatorio, musicisti, cantanti e attori a cui sono legato da tempo e nuovi amici artisti a cui ho proposto il progetto durante il processo creativo. L’idea di “Corde” ha fatto il resto e ringrazio tutti per aver accolto con entusiasmo il mio invito e per la stima dimostratami.

Daniele Stefani 2

E’ il primo progetto discografico in cui ti metti alla prova anche in veste di produttore (insieme a Simone Oriana e con il mixaggio curato da Taketo Gohara). Si tratta di una strada che ti piacerebbe continuare a perseguire in futuro anche sui progetti di inediti?

Su brani inediti credo sia sempre opportuno avere una visione diversa, perché essendo un cantautore, scrivere e produrre interamente la tua “creatura” potrebbe rischiare di non darti la giusta “lucidità” per affrontare la produzione, Ma è una strada che mi piace percorrere, sempre in collaborazione, cosi come produrre giovani talenti.

Che senso può avere un disco di cover in un momento storico come questo? Mi riferisco sia all’estate che alla ripartenza…

Commercialmente forse poco, artisticamente molto. Le radici sono importanti e non vanno perse. Dopo questo lungo tempo difficile, ho pensato di farmi avvolgere dalla magia della musica e dei musicisti. Ogni estate è piena di brani mainstream e tormentoni, non avevo voglia in questo momento di forzarmi a seguire una tendenza di mercato, cosi ho scelto di fare un progetto controcorrente ripartendo dalle mie radici, coivolgendo musicisti, portando live (finalmente ) in giro per l’Italia la bellezza della nostra tradizione pop che è cultura. Gli inediti arriveranno, sono un cantautore che ha bisogno di vivere socialità per scrivere e questi due anni certamente non hanno aiutato, ma ho già un po’ di cose nuove nel cassetto.

Qual è l’elisir del tuo entusiasmo?

La passione e la curiosità. Non posso fare a meno di entrambe.

A tu per tu con il giovane rapper palermitano, fuori con il nuovo singolo intitolato “Tra di noi”

Revman
Revman si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del nuovo singolo “Tra di noi”

E’ disponibile dallo scorso 17 maggio, in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia la biofobia e la transfobiaTra di noi” il nuovo singolo di Sebastiano Vitale, alias Revman, artista classe ’90 che abbiamo il piacere di ospitare tra le nostra pagine. Approfondiamo la sua conoscenza.

Che sapore ha per te questa canzone?

È una canzone d’amore, in alcuni tratti dal sapore forte, riconoscibile dal messaggio di libertà che esprime “scriverò che l’amore è libero” per essere accanto a chi, ancora oggi, a causa dei pregiudizi della nostra società, soffre e ha paura di esprimere la propria sessualità. 

Hai sentito il peso della responsabilità nell’affrontare una tematica così importante e attuale?

Il tema è delicato, purtroppo attuale, lottare per i diritti è sempre una grossa responsabilità. Personalmente sento il dovere, anche per ciò che rappresento, di divulgare messaggi di questo tipo. Spero in un modo migliore e lo scrivo “la speranza, una meta, una presa, una voglia, un pensiero, che sopra di noi non pesa” come cito nel mio brano. 

In una società che viaggia alla velocità della luce, secondo te, la musica ha ancora il potere di sensibilizzare e smuovere coscienze?

Certo, soprattutto con il rap, che comprende un linguaggio innovativo e intergenerazionale, attraverso questo genere musicale possiamo veramente migliorare la realtà in cui viviamo. La sua potenza comunicativa può avere un ruolo fondamentale per sensibilizzare su questi temi. 

Qual è l’aspetto che più ti colpisce e affascina nella fase di composizione di una canzone?

Le prime rime che inizio a scrivere, aprono un percorso verso la stesura del brano, evidenziano di fronte a me la strada che devo intraprendere per finalizzarlo. Mi affascina l’inizio di ogni nuovo progetto. Le prime parole che butto giù quando ascolto la strumentale sono pura arte, arrivano dal profondo e tirano fuori tutto il resto, per me questo è veramente sorprendente. 

Che ruolo gioca la musica nel quotidiano?

Essenziale, soprattutto per le nuove generazioni, per me è lo è stata e lo è tutt’ora. 

Ti senti rappresentato dall’attuale scena discografica italiana? Cosa ti piace e cosa meno?

La nuova musica italiana, parlo di quella commerciale, secondo me deve ancora trovare un identità, tutti ultimamente pensano alla hit estiva e non a qualcosa che possa rimanere nella storia. Le nuove sonorità della musica rap sono molto interessanti e anche i giovani artisti che le propongono. Non mi piace quando nelle nuove canzoni, soprattutto nei testi Trap, si manca di rispetto alle donne.

A chi si rivolge la tua musica, oggi, e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

La mia musica si rivolge un po’ a tutti, forse il genere viene maggiormente colto dai più giovani. Vorrei arrivare ad pubblico che abbia voglia di ascoltare, soprattutto, i temi, i testi e i messaggi che diffondono i miei brani.

Quattro chiacchiere con Isotta, per approfondire la sua ispirata visione di vita e di musica

Isotta
Isotta si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita “Romantic dark”

L’arte di saper raccontarsi avendo le idee chiare sul proprio percorso, questo e molto altro ancora è “Romantic dark”, progetto che segna l’esordio discografico di Isotta. Un vero e proprio flusso di coscienza, un manifesto al femminile pubblicato da Women Female Label & Arts e distribuito da Artist First, disponibile negli store digitali a partire dallo scorso 22 aprile.

“Romantic dark”: un titolo che ti rappresenta sia come donna che come artista?

Come dico sempre, “sono io che appartengo alla mia musica, e non viceversa”, non riesco a fare una distinzione tra l’Isotta donna e l’Isotta cantante, sono la stessa entità, ora più che mai. “Romantic Dark” descrive il mio modo di vivere e quindi anche la mia espressione musicale. “Romantic” perché racconto dei sentimenti, piuttosto che la parte razionale, il tutto cercando di indagare il lato più nascosto delle cose, il lato “dark”.

Prendendo spunto dall’intro parlato che apre l’ascolto del tuo disco, quale significato attribuisci oggi alla parola “coraggio”?

Il coraggio è per me la forza che ci spinge ad avvicinarci a noi stessi, ad andare oltre ai cliché, il coraggio di intraprendere una strada diversa rispetto a quella che stiamo già percorrendo.

In che termini la musica influenza le tue giornate?

La musica è “le mie giornate”, il mio percorso artistico negli anni ha sempre più esautorato ogni altro aspetto della mia esistenza, fino a diventare, oggi, l’unico percorso possibile.

Qual è l’aspetto che più ti affascina durante la fase di composizione di una canzone?

È la parte conclusiva della scrittura, quando riascolti quello che hai fatto fino a quel momento e con la spinta di quell’energia scrivi le ultime righe.

A livello di ascolti, tendi a cibarti di un genere in particola oppure ti reputi piuttosto onnivora?

Onnivora, ascolto di tutto, mi piace attingere da energie diverse e scoprire nuovi mondi musicali.

Come descriveresti il tuo rapporto con i social network e quanto credi siano importanti per il lancio di un progetto discografico?

Penso che ad oggi siano strumenti per poter arrivare alle orecchie di più persone, ma c’è il rischio di annegarci dentro e dargli troppa importanza. È bello condividere esperienze e idee sui social, ma credo fermamente che sia molto più bella e costruttiva la condivisione dal vivo.

A chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

La mia musica si rivolge, o comunque vorrei che venisse ascoltata, sia oggi che in futuro, da ascoltatori attenti e che ascoltino. Il mio obiettivo è quello di dare il massimo con forza e dignità, riuscire ad arrivare al cuore delle persone.

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