Intervista al giovane cantautore vicentino Gioele, fuori con il suo nuovo singolo intitolato “Feroce”

Gioele: "La musica è senza dubbio la terapia più profonda di tutte"
Gioele si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del singolo “Feroce”

E’ disponibile dallo scorso 25 febbraio “Feroce” (distribuito da Universal Music Italia), il nuovo singolo del giovane e talentuoso cantautore vicentino Gioele Fabris, in arte semplicemente Gioele. Prodotto da Luca Red con gli arrangiamenti di Davide Tagliapietrail brano è stato scritto in collaborazione con i Dellai, duo composto dai gemelli Luca e Matteo, già protagonisti tra le Nuove Proposte di Sanremo 2021. 

In “Feroce” fotografi vari stati d’animo, da cosa è stato innescato questo mix di emozioni?

Mi trovavo in Irlanda per un’esperienza di studio all’estero e ho affrontato mesi di grande silenzio e solitudine. Feroce nasce quindi dal mio bisogno di contrastare questa quiete e liberarmi di tutti i mille pensieri negativi che si erano accumulati. Ho voluto raccontare quella rabbia che si riceve e quella che si ha verso sé stessi, è una vera lotta contro il dolore e la propria coscienza. Non è stato facile trovare di nuovo una voce per gridare ma scrivere Feroce mi ha ridato una forza enorme.

Come ti sei trovato a collaborare con Luca e Matteo Dellai per la scrittura del brano?

La collaborazione con i ragazzi è nata per caso in un giorno d’estate e ho da subito percepito che si sarebbe evoluta in qualcosa di bello. Non è scontato per degli artisti riuscire a trovare un equilibrio tra le penne. Provo una grandissima stima al livello artistico e personale per i Dellai perché siamo riusciti a condividere i nostri percorsi così differenti, senza perdere l’identità, creando brani che rispecchiassero al massimo le mie emozioni ma con un punto di vista nuovo.

Dal punto di vista sonoro, invece, che tipo di lavoro c’è stato in studio insieme a Luca Red e Davide Tagliapietra?

Luca è una saggia guida nel mio percorso, lo dicevano anche i tarocchi, ma questa è un’altra storia. Volevamo rendere giustizia ad un testo così Feroce per l’appunto e dopo tempo e tanta sperimentazione abbiamo trovato una chiave. Davide è un grandissimo produttore e difficilmente avrei da ridere sulle sue produzioni, è stato fondamentale nella ricerca di questo suono nostalgico che esplode in colori e vibrazioni positive.

Che ruolo gioca la musica nel tuo quotidiano?

Amo la musica tanto quanto amo il silenzio. Nel quotidiano preferisco avere pochi momenti importanti di ascolto, mi ritaglio degli spazi da dedicare interamente alla terapia che fa la musica. Non amo sentire le canzoni, voglio ascoltarle e capire a pieno il loro significato. Oltre all’ascolto c’è sicuramente la mia scrittura, questo succede in qualsiasi momento, non posso prevedere quando arriverà l’ispirazione.

A livello di ascolti, tendi a cibarti di un genere in particolare oppure ti reputi abbastanza onnivoro?

Mi piace il fatto che nella domanda si parli di una sorta di “alimentazione” musicale perché condivido il fatto che la musica sia come pane, un bisogno primario. Io mi nutro di tutto quel che mi affascina, nuovi stimoli, sempre qualcosa di nuovo e stupefacente. Ho passato un anno intero ad ascoltare praticamente un solo artista, non mi ha mai stancato, eppure io stesso avevo perso la mia identità musicale, ero diventato quel che avevo ascoltato. La forza del suono è qualcosa di incredibile.

In un momento di grande paura e confusione come quello che stiamo vivendo, credi nel potere terapeutico dell’arte?

L’arte è l’unica cosa che non svolge una funzione materiale su questa terra eppure l’uomo non ha mai smesso di viverla e onorarla. Penso che negli ultimi anni l’arte e la musica abbiano svolto la funzione di via di fuga dalle mura di casa, un viaggio che sembra ridarci una fiamma di speranza o di sollievo momentaneo. La musica è senza dubbio la terapia più profonda di tutte.

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di un brano come “Feroce”?

Sono fiero di “Feroce” perché ha un suono forte e d’impatto, è una canzone piena che ha l’obiettivo di esplodere nella testa di chi l’ascolta. Si presenta come pezzo dance, da vivere e da gridare in macchina a squarciagola pur sempre mantenendo un contenuto importante, la scelta delle parole è stata fondamentale. Penso sia una perfetta fusione tra il leggero e il profondo e sono contento di aver trovato questo equilibrio (sorride, ndr).

Quattro chiacchiere con Denise Faro, alla scoperta della sua ispirata visione di vita e di musica

Denise Faro
Denise Faro si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita dell’album “Cambio di rotta”

Si intitola Cambio di rotta il progetto che segna l’esordio discografico della cantautrice romana Denise Faro, disponibile per 8P MUSIC a partire dallo scorso 8 dicembre. L’album è stato pubblicato in doppia versione, sia italiana che spagnola per il mercato Latino Americano, e racchiude le emozioni e le esperienze vissute dall’artista negli ultimi anni. Il titolo, infatti, vuole proprio rappresentare la rinascita, il cambiamento e l’evoluzione di una persona.

“Cambio di rotta” è il titolo del tuo primo album ufficiale, come si è svolto il processo creativo di questo lavoro?

Ho lavorato a questo album per quasi due anni, “grazie” alla pandemia ho avuto modo di guardarmi dentro, di capire dove volevo andare e  credo che questo mi abbia aiutato a scrivere dei brani  molto piú “sinceri”. Mi sono resa conto che mi ero allontanata da tutto ciò che mi faceva emozionare per seguire “le mode”. Proprio per questo  ho chiamato il mio album “Cambio di Rotta” , perché è proprio quello che ho fatto, ho cambiato la mia rotta e sono tornata a “me stessa”.

Quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la composizione di queste tracce?

Ho cercato di trovare le emozioni reali, mi sono ispirata al mio vissuto, ai miei desideri… Non è stato sempre facile, mi sono dovuta confrontare con tanti demoni del passato e del presente, ma ho voluto metterci il cuore.

A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound insieme ai producer Daniele Coro e Claudio Guidetti?

Inizialmente non è stato facile, abbiamo cercato di trovare il giusto compromesso tra la mia “italianità” e il mio amore per la musica latina e fare un milione di tentativi per trovare quel qualcosa che ci facesse venire la pelle d’oca. È stato un processo lungo ma davvero bello , che mi ha fatto riavvicinare moltissimo alle mie origini e apprezzare tantissimo il lavoro di due produttori speciali.

Qual è l’aspetto che più ti affascina durante la fase di creazione di una canzone?

La creazione è una delle parti più belle in assoluto, vedere come un’idea prende vita, stressarsi perché non si trova quella melodia perfetta ed emozionarsi quando finalmente tutto funziona è una cosa stupenda e davvero unica!

Coltivi altre passioni oltre la musica? 

Viaggiare, amo viaggiare e conoscere nuove culture, e quando dico conoscere intendo davvero, non mi piace visitare un paese per 2/3 giorni, mi piace vivere nel posto, cercare di imparare la lingua e vivere la “vera vita”

Considerata la tua esperienza internazionale, cosa ne pensi del fenomeno-Maneskin che ha riportato la musica italiana all’attenzione del mondo intero?

Li adoro! Trovo che siano dei ragazzi con moltissimo talento che amano quello che fanno e si meritano tutto il loro successo…noi Italiani possiamo e sappiamo fare grandi cose, ma a volte è proprio il nostro stesso paese a “boicottarci”, spero che questo loro successo sia riuscito ad abbattere o perlomeno far diminuire questo “muro culturale”

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgogliosa di “Cambio di rotta”?

Ci ho messo il cuore, me ne sono fregata delle “regole musicali”, oggi volta che qualcuno mi ha detto “questa così non suonerà in radio” ho risposto “non fa niente, qui c’è il mio cuore e se questa canzone arriverà al cuore di almeno un’altra persona nel mondo ne sarò felice”… L’ambiente discografico ti può “mangiare” se non lo sai affrontare e credo di essermi difesa bene con questo album!

Intervista a Pasquale Imperatore, alla scoperta della sua ispirata visione di vita e di musica

Pasquale Imperatore: "Voci dentro" rappresenta frame del mio vissuto
Imperatore si racconta ai lettori di Musica361 © foto di Daniele Pezzoli

Tempo di nuova musica per Pasquale Imperatore, cantautore napoletano in uscita con il suo nuovo album intitolato “Voci dentro”, disponibile per SanLuca Sound e distribuito da Believe Digital a partire dallo scorso 15 febbraio.

Come si è sviluppato il processo creativo di questo progetto?

“Voci dentro” rappresenta frame del mio vissuto. Brani che hanno preso forma nel tempo, fino a trovare una specifica identità. Da una emozione nasce musica, le parole man mano creano significato e diventano esse stesse musica. E da qui la costruzione di una tavolozza di suoni, come la tela di un quadro, fino a trovare il punto di verità tra i “colori”. Il tutto parte sempre da una base di chitarra, il mio strumento per eccellenza nello start creativo.

Quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di scrittura delle tracce inedite?

Le tracce sono legate da un filo comune, vi è una partenza struggente verso l’ignoto con “Luntano” per approdare a “Zona Rossa”, un canto di speranza, un inno al tornare a respirare liberamente e ad abbracciarci. Nel disco brani come “Tiempo”, con quel tempo nel mezzo, ancora incompiuto, i battiti scandiscono l’attesa di un desiderio che a volte ci porta fuori, ma sono poi le nostre voci dentro a riportarci nel suo respiro per proseguire il cammino. Oppure “L’Aria po’ cantà”, il brano dal quale prende forma il titolo dell’album. Qui c’è il tema della perdita di una persona cara, le voci dentro si liberano e salgono nel cielo, diventano musica, ci uniscono per sempre in un canto con quella persona. In “On Rettifilo”, la Broadway napoletana, prende forma invece in chiave scanzonata il tema musicale di “On Broadway”, un invito a lasciare andare, a liberarsi di tutto ciò che non è importante.

A livello musicale, che tipo di sonorità hai voluto abbracciare?

Voci Dentro è un mix di sonorità, ballad con accenni blues, un tocco di psichedelia e di elettronica. Come napoletano sento talvolta gli influssi del grande Pino Daniele, ma credo ci siano anche i miei ascolti, da Leonard Cohen a Peter Gabriel, da De Andrè a Brian Eno. Una delle grandi possibilità della musica è la sua trasversalità e ampiezza di nutrimento al di là dei perimetri di genere

Il progetto è impreziosito da uno speciale omaggio a Totò e ad Eduardo De Filippo, cosa ti lega a questi due personaggi?

Il linguaggio di questi due Maestri, peraltro grandi amici nella vita, è già musica, e i temi delle loro poesie sono universali, vanno oltre i confini della stessa “napoletanità”. Antonio de Curtis ed Eduardo sono tra le mie voci dentro. E sono Napoli ed oltre Napoli, dentro ed oltre l’identità di un habitat, di un popolo. Tra i brani nati da alcune loro poesie ho voluto in questo album “Ammore Perduto” (Totò) e “Quanno parlo cu te” (De Filippo). Con Elena de Curtis, nipote di Totò, è nata peraltro una condivisione artistica sul piano teatrale e musicale, con la creazione di un Musical, Penziere e Femmene, che stiamo portando in Teatro.

Qual è l’aspetto che più ti colpisce e affascina nella fase di composizione di una canzone?

Il non sapere perfettamente cosa accadrà nel processo creativo. Quel bisogno improvviso ed impellente di un’idea che vuole prendere forma, che mi sorprende. Dal vissuto sta per nascere un nuovo mondo, oltre i confini della materia.

Nel tuo lavoro ti reputi più un perfezionista o un creativo?

L’atto creativo prende vita, forma e man mano si affina. È un processo delicato, dove i colori sulla tavolozza devono restituire il senso di ciò che vorrei, e pertanto la fase finale della composizione è più orientata al perfezionamento, anche se l’atto creativo fa sempre capolino. Bisogna essere in ascolto e sentire il punto in cui dire ci siamo, bene così. Voglio che nella mia musica non si perda la connessione con quell’attimo che ha originato il tutto 

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di “Voci dentro”?

L’essere riuscito a trasformare momenti di vita struggenti e anche dolorosi in qualcosa di luminoso. In questo album c’è la mia mia poetica ed estetica musicale, ci sono le persone e i musicisti che mi hanno sostenuto in questo percorso, tra i quali mia figlia Elena, che ha donato la sua voce e il suo intuito in quasi tutti i brani dell’album. E un’opera in copertina dell’artista Donatella Mazzoleni, creata appositamente per questo disco, una relazione umana che diventa incontro tra musica ed arte visiva

Quattro chiacchiere con Veronica Perseo, al suo ritorno discografico con il singolo “Ricomincio da me”

Veronica Perseo
Veronica Perseo si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del singolo “Ricomincio da me”

E’ disponibile dallo scorso 14 gennaio, sia in radio che in digitale, Ricomincio da me” il nuovo brano inedito di Veronica Perseo, cantautrice sarda vincitrice nel 2019 della prima edizione del talent show Tali e Quali, spin off di Tale e Quale Show.

Partiamo da “Ricomincio da me”, che sapore ha per te  questo pezzo?  

Questo brano per me ha un sapore totalmente autobiografico, fino al midollo.  E’ per me un promemoria, un porto sicuro, una musica da ascoltare per tutte le volte in  cui penso di non farcela e che mi ricorda che invece ce l’ho fatta grazie alla mia stessa  forza. E mi piacerebbe che così fosse anche per chi l’ascolta. 

Quanto hai dovuto scavare, in profondità e a mani nude, per portare alla luce un  brano così personale?  

Penso che quello che scriviamo, che raccontiamo, sia frutto di un percorso che non si  limita ad un unico brano ma che comincia dalla nostra nascita e ci forma, ci cambia nel  corso del tempo con le esperienze. Nel caso di “Ricomincio da me” il brano è arrivato di getto, in poco tempo, durante un  momento di profonda crisi che stavo vivendo, in cui mi sono sentita morire dentro. Le  parole mi sono venute in mente senza forzare e, più la ricantavo e suonavo, più ritrovavo  me stessa e mi sentivo meglio. 

Naturalmente poi ci sono state delle limature e dei perfezionamenti, ma è forse la canzone  più spontanea e naturale scritta in breve tempo, oltre che quella a cui sono più legata.  

A livello sonoro, che tipo di lavoro c’è stato dietro la scelta del sound? 

La scelta della musica è sempre dettata dall’esigenza di emozionare, di dare valore alle  parole e dalla ricerca di un suono che possa risultare il vestito perfetto. In questo il mio arrangiatore Marco Baracchino è stato perfetto: ma si sa, i professionisti li  riconosci da subito e con poco. 

Sei stata la vincitrice della prima edizione di “Tali e quali” del 2019, quali skills  artistiche pensi di aver acquisito in questi anni?  

Esperienza per la quale sono molto grata e che mi ha cambiata sia a livello artistico che  personale. Sicuramente ho acquisito tanta autostima e sicurezza in me stessa, consapevolezza del  mio personaggio artistico e mi ha permesso di voler dire alle persone che non sono solo  l’imitatrice di Lady Gaga ma che anche io ho qualcosa da dire e da voler condividere.  Da qui il mio esordio nel mondo della musica e la scelta di fare le cose concretamente.   

A chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro? 

Io non ho pretese. Mi piacerebbe con tutto il cuore che la mia musica fosse senza età e si  rivolgesse a più persone possibili. Tutti affrontiamo delle sconfitte, ci sentiamo a volte soli  o ci troviamo in un momento di difficoltà. Vorrei trasmettere forza e amore per se stessi, consolare, tenere compagnia, far divertire, far apprezzare la vita per quello che ci dà.  Spero, un giorno, di poter stare su un grande palco con tante persone intorno che  canteranno insieme a me: allora saprò di aver avuto successo nel mio obiettivo di vivere  di emozioni e di comunicare al mondo ciò che sento.

Intervista al cantautore romano Peter White, fuori con il suo nuovo album intitolato “Millesecondi”

Peter White
Peter White si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita dell’album “Millesecondi”

E’ disponibile dallo scorso 21 gennaio “Millesecondi” (Epic/Sony Music Italy), il nuovo progetto discografico del giovane e talentuoso cantautore romano Peter White. In scaletta dodici tracce, di cui sette brani inediti, oltre ai singoli già estratti come anticipazione dell’album, vale a dire: RosèGibson rotteNotti AmarcordGalleria Lungotevere” Sabato sera”.

Ciao Pietro, bentrovato. Partiamo da “Millesecondi”, come si è sviluppato il processo creativo di questo progetto?

È complesso parlare in maniera razionale della nascita di un disco, ma alcuni elementi da considerare per ripercorrere lo sviluppo di questo progetto sono sicuramente le esperienze, le emozioni, i sentimenti di questi ultimi anni più una buona dose di casualità. “Millisecondi” è una raccolta di vita quotidiana.

Quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante la fase di scrittura di queste dodici tracce?

Sicuramente il periodo storico che stiamo vivendo ha influenzato in qualche modo il disco. Ogni brano ha il suo carattere e la sua emotività, pur conservando il fil rouge che lega tutto il disco. “Inizio Febbraio” è una canzone d’amore introversa, “Via Labicana” una traccia quasi da club per sonorità. Questi sono i due estremi, ma all’interno di “Millesecondi” ci sono molteplici sfumature.

A livello musicale, che tipo di sonorità avete voluto abbracciare?

Il disco è stato lavorato interamente da me, Gabriele Fossataro (Niagara) e Paolo Mari (Polare). Abbiamo gusti e stili musicali completamente diversi: le mie passioni sono il cantautorato e l’RnB, Gabriele viene dal mondo EDM, Paolo dall’hardcore. Tale commistione di generi ha portato il disco a presentarsi come una miscela di sonorità, un punto di incontro tra questi diversi mondi musicali. Uno dei miei obiettivi per il secondo album era di renderlo più acustico rispetto a “Primo Appuntamento”. Credo di esserci riuscito grazie al coinvolgimento di ottimi musicisti: Daniel Ventura (Sax), Daniel Mastrovito (Pianoforte), Giacomo Giorgi e Giovanni Cilio (Batterie).

Qual è l’aspetto che più ti colpisce e affascina nella fase di composizione di una canzone?

La scintilla che può accendere il tutto da un momento all’altro: magari anche in un’impasse compositiva basta un’intuizione per infiammare di nuovo la creatività. La musica è imprevedibile come un giro sull’altalena: devi saper reggere alla vista del cielo come della terra.

Coltivi altre passioni o interessi oltre la musica? 

Disegno e leggo molto (ho la passione per i libri noir e gialli). Sto provando anche a scrivere qualcosa al di fuori della musica, forse in futuro ne parlerò di più…

Nel tuo lavoro ti reputi più un professionista o un creativo?

Dipende dalla situazione: in questo mestiere bisogna essere pronti a cambiare veste. Di certo la parte creativa è di grande soddisfazione, ma bisogna imparare anche a mediare rispetto all’aspetto più strettamente professionale di questo mestiere.

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di “Millisecondi”?

Grazie all’aiuto che ho ricevuto dal mio team posso rispondere senza dubbio: ogni suo elemento e ogni caratteristica mi rende fiero del lavoro fatto e riconoscente verso tutti coloro che vi hanno partecipato. Per me è stato emozionante creare questo disco, spero lo sarà anche per voi ascoltarlo.

Quattro chiacchiere con la giovane senza_cri, alla scoperta della sua ispirata visione di vita e di musica

senza_cri:
senza_cri si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita dell’Ep “Salto nel vuoto”

E’ disponibile dallo scorso 18 gennaio “Salto nel vuoto” (UtoPublishing, produzione artistica Kaleido), il progetto discografico di debutto di Cristiana Carella, in arte senza_cri, cantautrice vincitrice di Area Sanremo, nonché finalista di Sanremo Giovani 2021 con il brano “A me”.

“Salto nel vuoto”: quali elementi e quali caratteristiche hai voluto inserire in questo tuo biglietto da visita discografico?

In questo mio primo Ep ho voluto inserire parti fondamentali della mia vita, che credo siano anche parti fondamentali della vita di tutti, esclusa forse la rabbia con cui io faccio un po’a botte. Con “Salto nel vuoto” vorrei farmi conoscere a tutto tondo così da concedermi in maniera diretta a chi mi ascolterà, nel modo più puro possibile. Altri temi dell’Ep sono amore, vita, tempo e morte. Ne parlo perché orbitano intorno a me e per questo hanno un peso fondamentale nella mia vita. Sto imparando a crescerli e quindi a gestirli, ne parlo per poterli risolvere e comprendere meglio.

Quali sensazioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnata durante la fase di composizione di queste canzoni?

Durante la fase di composizione mi sono fatta accompagnare da tutti gli stati d’animo, in particolar modo dal dolore. È un concetto che riprende molto Tenco, ma quando sono felice non scrivo. Ad esempio, in “Edera” mi sono nutrita del dolore per far crescere il brano, buttandomi letteralmente nella mia sofferenza per poter assaporare tutto al massimo ed elaborare la cosa.

A livello musicale, che tipo di sonorità avete scelto di abbracciare?

Io ho scelto di abbracciare una sonorità fresca per dare più leggerezza ai miei pezzi che sono pieni di parole, quindi ho optato per un sound che definirei cangiante, non amo definirlo e circoscriverlo in una sola “etichetta”. Il mio sound cambierà sempre, proprio come muterò io, e lavorerò costantemente per renderlo migliore e ancor più personale.

In percentuale, quanto istinto e quanta progettazione ci vogliono per comporre una prima opera musicale?

Per me istinto e progettazione, in questo, vanno di pari passo. Nella musica faccio le cose completamente di pancia, ma allo stesso tempo con cognizione di causa. Sono molto focalizzata su quello che voglio destinare agli altri. Questo Ep comprende brani che descrivono periodi di importanza sostanziale per me e la mia vita e, per questo, mi auguro di saper equilibrare sempre istinto e progettazione in ogni mia produzione.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza di Sanremo Giovani?

Sanremo Giovani mi ha lasciato tanto affetto e tanti bellissimi ricordi, molte persone meravigliose. Mi ha formata, insegnandomi a non guardare mai il lato negativo delle cose, anche perché ho scoperto che non c’è sempre un lato negativo. Mi ha insegnato a dare il meglio di me e a pretendere il meglio da me. Desidero continuare sempre su questa linea, anche grazie a questa esperienza.

Obiettivi e sogni nel cassetto per il 2022?

Nella speranza che i live possano riprendere presto, il mio obiettivo è quello di incontrare finalmente le persone che hanno voglia di ascoltarmi e cantare insieme a loro tutte le mie canzoni. Poi, per come la vivo io, mi auguro che quest’anno sia migliore del 2021 ma non del 2023. Ogni anno dev’essere sempre migliore di quello passato, ma non di quello successivo.

Intervista al giovane Praino, alla scoperta della sua ispirata visione di vita e di musica

Praino
Praino si racconta ai lettori di Musica361 © foto di Marianna Fornaro

Tempo di nuova musica per Francesco Praino, cantautore di origini calabresi attualmente radicato a Bologna, in uscita con il suo EP d’esordio intitolato “Mostri, civette”, disponibile per Mamma Dischi a partire dallo scorso 3 novembre.

Cosa hai voluto includere in questo biglietto personale biglietto da visita discografico?

Quello che sono e che penso, come vivo la mia vita e cosa vedono i miei occhi. La musica che faccio è una naturale conseguenza di quello che vivo.

Quali riflessioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnato durante il processo di scrittura di queste cinque tracce?

Sicuramente è stato un percorso non facile, ma l’ho scelto io per indagarmi, cercare di capire cosa mi spingesse a pensare determinate cose. Sono felice di essere tornato in superficie con delle risposte, credo che tutti dovremmo dedicarci del tempo.

Credi nel potere terapeutico delle canzoni?

Assolutamente sì, ne sono un esempio. Da piccolo la musica mi ha dato un linguaggio per esprimere sentimenti e stati d’animo, le canzoni parlano e pensano per noi molte volte.

Quando e come ti sei avvicinato alla musica?

Da bambino, mio padre cantava e amava Mina, e io da lì sono partito. La batteria mi ha portato lontano, ma l’arte ha sempre vissuto in famiglia: mio zio è un pittore, mia madre danzava… Devo ringraziare tutti loro per gli insegnamenti che mi hanno dato, per avermi insegnato ad alimentare il fuoco dell’arte anche se comportava fare sacrifici enormi.

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di questo EP?

Tante cose, su tutte il fatto che questo EP è nato da un’esigenza di affrontarmi, capirmi. Sono orgoglioso che suoni esattamente com’è, non paragonabile a nient’altro che c’è in giro, perché sono io ed è giusto così, è vero e mi somiglia.

Quattro chiacchiere con Tish, al suo ritorno discografico con l’album “Under the Dots”

Tish
Tish si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del disco “Under the Dots”

Fuori dallo scorso 24 dicembre Under the Dots, il nuovo album di Tish, disponibile in digitale per Epic/Sony Music Italy. La cantante, che si è fatta notare nel corso della diciottesima edizione di Amici” di Maria De Filippi, ha realizzato un lavoro ricco di spunti interessanti, nato dall’esigenza di raccontare la sua crescita personale e professionale.

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgogliosa di “Under the Dots”?

La cosa che mi rende più orgogliosa di questo album è di aver curato tutta la parte grafica e di aver usato i miei disegni. Sono altrettanto felice che sia tutto in italiano, perché per me è stato molto difficile approcciarmi all’italiano. Sono molto orgogliosa del lavoro che ho fatto e che abbiamo fatto proprio a livello di concept.

A cosa si deve la scelta del titolo?

La scelta del titolo in verità è un nome che aveva scelto mio fratello 3 anni fa, quando ho cominciato a scrivere canzoni. Non gli ho detto fino all’ultimo che avrei usato veramente quello come titolo del mio primo album. Ho sempre disegnato i puntini e nessuno mi aveva mai visto senza, se non le persone intime che mi conoscono. “Under the Dots” per me è tutto quello che c’è sotto l’immagine di “tish con i puntini”, quindi una versione di me, mai vista prima.

Ti sei occupata anche della veste grafica del disco. Quanto conta l’aspetto visivo in un progetto musicale?

Dipende. Ovviamente oggi, che gira tutto attorno ai social, sono dell’idea che sia molto importante. Per quanto riguarda la musica, non è una copertina a definire se una canzone è bella o meno. Grazie ai social, il mondo dell’arte visiva e della musica si è unito molto di più e credo che questa sia una cosa bellissima. 

Coltivi altre passioni oltre la musica? 

Mi piace davvero tantissimo cucinare. Come ho anticipato prima, anche disegnare appunto.

Credi nel potere terapeutico delle canzoni?

Assolutamente, ancor di più nella musica sentita dal vivo.

Cosa ti piacerebbe riuscire a trasmettere a chi ascolterà “Under the dots”?

Spero di trasmettere un po’ di spensieratezza con alcune canzoni e spero che le persone si ritrovino nei miei testi con le loro esperienze. 

Intervista al cantautore siciliano Dario Greco, fuori con il suo nuovo singolo intitolato “Samurai”

Dario Greco: "Samurai? Un insieme di sapori"
Dario Greco si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del singolo “Samurai”

A distanza di quasi quattro anni dalla pubblicazione di “Libero”, l’album d’esordio di Dario Greco, il cantautore catanese ha da poco rilasciato il singolo “Samurai”, impreziosito da uno speciale featuring con Miele. In attesa di ascoltare il suo nuovo progetto discografico, atteso per la prossima primavera, apprendiamo la conoscenza del talentuoso cantautore catanese.

Che sapore ha per te questo pezzo?

Samurai” rappresenta un insieme di sapori. Il cambiamento, la ripartenza e, in un certo senso, anche la scommessa alla quale ho dedicato il mio impegno degli ultimi anni.

Com’è nato l’incontro con Miele e come ti sei trovato a lavorare con lei? 

L’incontro con Miele è nato grazie ad una chiacchierata in studio, fatta insieme a due miei collaboratori. Mario Pappalardo (produttore artistico dell’album) e Antonio Moscato, validissimo bassista e amico. Il nome di Miele è nato quasi spontaneamente pensando ad una voce femminile che potesse rappresentare il mio brano. Cercavo una cantante che fosse anche cantautrice e che potesse dare spessore e credibilità al dialogo che viene affrontato nel testo. È stata una splendida esperienza. Miele è un’artista completa, ha una grande personalità artistica e umana. La sua voce è ciò di cui avevo bisogno. 

A livello musicale, che tipo di lavoro c’è stato dietro la scelta del sound?

La scelta di questo sound, elettronico, distante dai suoni acustici ai quali ero abituato, sposa la mia voglia di presentarmi al pubblico in una nuova versione. Quando Antonio Quinci (batterista del mio precedente album, nonché co-produttore artistico) mi fece ascoltare l’idea originale della base, mi si accese una lampadina e scrissi all’istante il testo. “Samurai” è stata una tra le prime canzoni scritte per il nuovo album e ha sicuramente condizionato la stesura e la composizione dell’intero progetto. 

Cosa aggiunge questo brano al tuo percorso e quali skills pensi di aver acquisito negli ultimi quattro anni rispetto al tuo precedente disco d’esordio?

Samurai” aggiunge la consapevolezza che rinnovarsi, cercare nuovi obiettivi ed essere sempre ambiziosi è stancante, ma alla fine paga. Negli ultimi 4 anni ho radicalmente cambiato il mio modo di scrivere. Continuo a seguire il mio istinto creativo, la scintilla iniziale, ma non mi accontento più della prima stesura. Cerco di mettere ben a fuoco il testo, mi concentro sull’immagine che voglio descrivere e sull’emozione che voglio trasmettere. A volte ho anche pianto, in fase di scrittura, e in quel momento ho creduto di avere raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato. 

Samurai” anticipa l’uscita del tuo nuovo disco, cosa dobbiamo aspettarci a riguardo?

Da “Samurai” in poi dovrete aspettarvi un Dario che, pur mantenendo alcune caratteristiche, avrà imparato a parlare un linguaggio diverso. Come un bambino che, crescendo, diventa sempre più curioso della vita e delle sue potenzialità e, da un giorno all’altro, si alza e comincia a correre! Alcuni brani, certamente, ricorderanno il “vecchio” Dario ma, al tempo stesso, anche quelli avranno un sapore nuovo (per riagganciarmi alla prima domanda che mi hai fatto) e sarà evidente. Il pubblico decreterà il successo o il fallimento di questa mia scommessa ma, di certo, io sono molto soddisfatto del lavoro svolto finora e non vedo l’ora di procedere con le pubblicazioni.  

A chi si rivolge oggi la tua musica e a chi ti piacerebbe arrivare in futuro?

La mia musica, oggi, si rivolge fortemente al pubblico che mi ha seguìto finora, a chi mi conosce da sempre e alle persone che si sono aggiunte da “Libero” in poi, dimostrandomi un affetto unico e incondizionato. Le nuove tracce sono tutte dedicate a loro perché frutto del loro amore. Mi piacerebbe anche arrivare ad un pubblico nuovo, ma aspirando sempre alla qualità e non (solo) ai numeri. A proposito di traguardi, ambizioni e futuro, nel brano “Camminare sospeso” – contenuto in “Libero” – dico esplicitamente che “mi piacerebbe essere di casa a Radio Deejay”. Beh, ci sto lavorando ma, al momento, resta ancora uno dei miei più grandi desideri. 

Quattro chiacchiere con la giovane Sarai, alla scoperta della sua visione di vita e di musica

Sarai: "La musica unisce chiunque, non c’è niente da fare!"
Sarai si racconta ai lettori di Musica361, in occasione dell’uscita del singolo “T’ho sognato”

E’ stato un 2021 ricco di soddisfazioni per Sara Bassotti, alias Sarai, grazie alla pubblicazione di diversi singoli, tra cui Ci hai perso tu, Laissez-faireGift e l’ultimo estratto “T’ho sognato”. Brani che le hanno permesso di farsi conoscere e di mostrare uno scatto piuttosto nitido del tuo talento.

Quali sensazioni e quali stati d’animo ti hanno accompagnata nella fase di scrittura di questo tuo nuovo pezzo?

Tanti e troppi stati d’animo, quelli che porta un sogno bello ma che non potrà mai avvenire: felicità, nostalgia, malinconia e anche un po’ di speranza/illusione che il sogno possa diventare realtà. 

A che punto del tuo percorso senti di essere arrivata?

Sento di star crescendo piano piano e sento che sta andando bene. Sento di essere a buon punto ma che alla vetta ancora manca del tempo. 

Cosa ti ha lasciato l’esperienza di X Factor?

Tanta consapevolezza del mio essere cantautrice, sempre più maturità sul palco e tante conoscenze belle di persone e artisti con cui condivido la stessa passione e gli stessi obbiettivi: come ho già detto tante volte invece di essere “avversari” diventano “amici”, la musica unisce chiunque non c’è niente da fare!

Credi nel potere terapeutico delle canzoni?

Assolutamente sì, ne sono io stessa la prova. Ho superato davvero tanti momenti bui grazie alla musica, e alcune canzoni aprono gli occhi e mostrano la realtà (a volte dura).

Coltivi altre passioni oltre la musica? 

Amo scoprire, viaggiare, immergermi in altre culture, possiamo considerarla una passione! Poi vabbè, cucino, ma quello perché mi piace mangiare… (specialmente i formaggi, andatevi a sentire il mio singolo “Laissez-faire” così capirete meglio). Infine faccio sport, prepugilistica. Non so se considerarla passione ma è sicuramente un grande sfogo e mi piace molto (niente panico sono troppo buona per menarvi davvero aha!)

Obiettivi e sogni nel cassetto per il futuro?

Obiettivi, arrivare a più persone possibile e suonare come lavoro. Nel cassetto ci sono grandi palchi e featuring con artisti di grande fama, chi lo sa!

Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgogliosa di “T’ho sognato”?

Sicuramente l’aspetto onirico dell’arrangiamento, e l’autenticità della canzone. È diversa dalle altre perché non è un testo studiato, sono due sogni letteralmente raccontati la mattina dopo averli fatti. È stata la prima canzone scritta dalla mia mente e basta!

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