Quattro chiacchiere con Stefano Lentini, alla scoperta della sua ispirata visione di vita e di musica
Talento e conoscenza, queste potrebbero essere le prime parole da utilizzare per descrivere Stefano Lentini, compositore e polistrumentista di fama internazionale, che ha da poco rilasciato la colonna sonora della seconda stagione della serie “Mare fuori 2“, disponibile negli store digitali a partire dallo scorso 17 novembre.
Come si è svolta la fase compositiva di questa tua nuova colonna sonora?
“Mare Fuori” è una serie che per sua natura possiede un forte impianto musicale, i suoi protagonisti infatti hanno a che fare con la musica in prima persona, due di essi suonano il piano, in modi diversi ma complementari. Uno è un pianista classico con una formazione accademica, l’altra, un’autodidatta dal talento smisurato, poi c’è un paroliere rap spontaneo e selvaggio e infine un ingegnoso creativo.
La composizione è nata dunque da questo primo aspetto diegetico della musica, nel tentativo di dare una voce autentica a tutti i personaggi con delle musiche originali. Poi c’è la colonna sonora vera e propria, fondata in parte sull’idea di trasferire su un piano quasi sacro, universale, il dramma delle azioni sbagliate, violente. Qui si è innestato il microcosmo delle voci bianche accompagnate ad un’orchestrazione asciutta e austera. Poi c’è la dimensione più epica della narrazione, quella dello scontro tra bene e male, del tormento esistenziale, del timore e del coraggio.
Cosa ti affascina di preciso di questo connubio tra musica e immagini?
E’ sempre un terreno sconosciuto l’approdo finale tra musica e immagini. Quando inizio a lavorare ad un progetto, tutto è opaco e poco delineato, poi lentamente la connessione prende forma finché si crea una relazione inattesa che talvolta stupisce anche me.
Sei un musicista di fama internazionale, com’è concepita oggi la nostra arte nel mondo?
Arte e Mondo sono parole troppo grandi perché io possa darti una risposta sensata. Tuttavia non credo che l’autenticità dell’arte abbia confini nazionali, sono gli uomini che la fanno e la fruiscono. Poi ci sono le mode, i generi, le culture, le lingue, ma guardo alla musica e al cinema come ad un processo per metà globale e per metà interiore, un processo a cui si può prendere parte a prescindere dalle proprie origini geografiche.
Quali sono gli elementi e le caratteristiche che ti rendono orgoglioso delle opere realizzate finora?
Ci sono progetti che hanno per scopo l’intrattenimento e altri che arrivano in altri luoghi della comunicazione tra gli individui. Sono felice quando la mia musica riesce a toccare le coscienze in modo bello, positivo, costruttivo. Poi c’è l’aspetto della tecnologia che mi coinvolge molto, la qualità della registrazione, la resa finale è un aspetto su cui lavoro molto.
Qual è l’insegnamento più importante che senti di aver appreso dalla musica fino ad oggi?
Che il mistero è dietro l’angolo, che la testa può spiegare solo lo smalto delle cose, che la tecnica deve essere la servizio di visioni immaginarie, che riconoscere il talento degli altri è un atto di forza interiore.