Quattro chiacchiere con il giovane cantautore calabrese Barreca, alla scoperta della sua visione di vita e di musica
Nuova musica per Domenico Barreca, in arte semplicemente Barreca, artista classe ’86 in uscita con il nuovo singolo “Tempo da aspettare”. Il brano, disponibile dallo scorso 17 settembre, racconta l’attitudine di chi è capace di mettere in atto l’arte della contemplazione e di chi sapientemente abbraccia la dilatazione del tempo, sempre più concepita come motivo di angoscia e non di quiete.
Che sapore ha per te questo pezzo?
“Tempo da aspettare” lo considero un inno alla vita, descrive quanto sia importante al giorno d’oggi riuscire a dilatare il tempo, a scoprire anche il senso dell’attesa. Il famoso “sabato del villaggio” mi ha sempre affascinato. Tuttavia, nasconde un sapore agrodolce perché ha quel mix di nostalgia in cui mi rifugio spesso e che non mi dispiace perché mi fa ritornare a momenti dell’adolescenza, di quando tutto era più spensierato. La considero una canzone che mi descrive in maniera totale.
Cosa aggiunge questo pezzo al tuo percorso rispetto alla tuo ultimo album “Dall’altra parte del giorno”?
“Tempo da aspettare” mi sembrava la chiusura di questo cerchio. Un anno fa, insieme a questo viaggio incredibile pieno di incognite, la nascita e l’uscita del primo singolo, l’album e il tour, è qualcosa che mi ha dato una nuova consapevolezza, un nuovo modo di aprirmi al mondo. La prima cosa che ho ritrovato è stato il confronto con le persone, con le anime belle, sono riuscito a raccontarmi e ad ascoltare le storie degli altri. Questa cosa mi ha portato u po’ a voler a tutti i costi far uscire un brano che mi rappresentasse in tutto e per tutto.
A cosa si deve la scelta di sonorità retrò?
Dal punto di vista musicale c’è tanta coerenza con ciò che. È uno di quei brani musicali che poteva suonare soltanto così, era già ben definito al primo colpo. C’è quell’omaggio alle sonorità degli anni 90, ma si va un po’ anche nella canzone d’autore degli anni ‘70 e ‘80. Il mondo vintage mi è sempre appartenuto come gusto personale, quindi diciamo che era doveroso riuscire a dare, ad un brano come questo, questo tipo di vestito.
Come descriveresti il tuo rapporto con lo scorrere degli anni e con il tempo che passa?
Per anni l’ansia mi ha completamento annientato. Ero chiuso in un limbo in preda all’apatia, per molto tempo. Non provavo emozioni. So cosa significa essere attanagliati dall’ansia. Grazie alla musica, a questo album e a queste canzoni, a questo anno per me una sorta di psicoterapia, sono riuscito a capire quanto sia fondamentale riuscire a dilatare il tempo, a godersi le cose e a godersi il senso dell’attesa. Questo grazie a due armi, che possono sembrare semplici ma allo stesso tempo invincibili e difficili da conquistare, e sono il sorriso e la gentilezza. Al giorno d’oggi possono essere considerati davvero un gesto rivoluzionario.
Coltivi altre passioni oltre la musica?
Si, mi piace perdermi tra le pagine di un buon libro. Rifugiarmi, soprattutto d’inverno, nel mio mare. Poi c’è quella completa trasformazione dell’amore, quello viscerale, per il gioco del calcio. Ci ho giocato fin da ragazzino e sono un tifoso appassionato. Appena posso vado allo stadio, seguo le trasferte. Sono un appassionato della Regina, fin da bambino. Questa sorta di amore per questo sport mi porta veramente a vedere qualsiasi tipo di partita, anche delle altre squadre, durante la settimana o appena posso.
Quanto incide la tua terra nelle tue produzioni?
Non so se abbia inciso completamente. Io in questo album ho raccontato un po’ il mio viaggio interiore, quello che mi accade, quello che vivo. Sicuramente c’è una forte consapevolezza, che è stato bello realizzare il tutto nel mio territorio, riuscendo a coinvolgere tanti musicisti e riuscendo a fare un lavoro bellissimo. È una risposta, perchè anche qui in Calabria le cose si posso fare e anche in maniera dignitosa.
Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso del tuo percorso e di quanto realizzato fino ad oggi?
Sono giorni in cui sto ripensando a tutto quello che è successo, la cosa che mi rende più orgoglioso è l’essere riuscito a portare le mie innumerevoli fragilità a dei punti di forza. L’ho fatto mettendomi completamente a nudo, raccontandomi senza filtri, e questo veramente mi faceva sentire in un mondo ideale, soprattutto nei live, nei concerti. Quindi la consapevolezza di non vergognarsi di sentirmi come un giorno di fine estate, con la malinconia che mi ha sempre attraversato. La consapevolezza soprattutto di essere sempre me stesso e di riuscire a raccontare attraverso la cosa che ho sempre amato e che ho sempre messo al centro di tutto, la musica.