Intervista al giovane cantautore romano Lorenzo Lepore, in occasione dell’uscita del singolo “Futuro”
Tra i vincitori della 32esima edizione di Musicultura, spunta anche il nome di Lorenzo Lepore, artista classe ’97 che abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare con l’inedito “Futuro“, un brano sentito e profondo, a metà strada tra un biglietto da visita e un manifesto della sua poetica.
In “Futuro” fotografi vari stati d’animo, cosa ha innescato in te questo mix di emozioni?
“Futuro” è nata piangendo, nel vero senso della parola. Ero su una spiaggia dopo un anno intero passato a rincorrere qualcosa per “inerzia”. A far finta di essere qualcun’altro. Incastrato in un sistema che ci vuole sempre scattanti e al passo coi tempi. Quel pianto ha rappresentato per me una liberazione. Un essere grato alla sincerità del riconoscermi in quello che sono e alla facoltà stessa di riuscire ancora a commuovermi.
Quando piango è quasi sempre perché mi piovono addosso paure, gioie e sentimenti vari che non riesco a gestire. Questa canzone è figlia dell’irrazionalità. I vari stati d’animo, appunto, che ho cercato di racchiudere in questi quattro minuti, ne sono l’esempio e questa canzone rappresenta un po’ una mappa che li ripercorre, li analizza e li ricongiunge a una speranza di fondo.
In un’epoca così frenetica e dopo un periodo difficile come quello causato dalla pandemia, secondo te, riusciremo davvero a riscoprire l’importanza delle piccole cose?
Chi lo sa… Vorrei tanto rispondere di sì. La vita è una sfida continua fra il dare valore alle “piccole” cose e il nostro ego. Secondo me in ognuno di noi ogni tanto cala una gioia diversa dalle altre. Magari un semplice sorriso, una buona azione, un pensiero o un gesto che fa più luce di qualsiasi altra cosa. Che ci riempie e di cui ognuno deve fare tesoro. Bisogna tenersi stretti sempre, non perdersi. È difficile ma vale la pena tentare
Come te lo immagini il futuro a livello generale?
Cosa ha rappresentato esattamente per te l’esperienza di Musicultura 2021?
Musicultura è per me un sogno e un’ambizione sin da quando ho imbracciato una chitarra e scritto le mie prime canzoni. Seguivo il concorso ogni anno, mi appassionavo sentendo le canzoni d’autore in cui mi rispecchiavo. Ritrovarmi in finale, vincere il premio per il miglior testo, pensare che abbiano scelto me e pochi altri di fronte a più di mille richieste mi sorprende e mi riempie di gioia.
Mi ripaga di tanti sforzi, le ore passate a costruire canzoni, litigarci fino anche a buttar via tutto. Ma su quel palco era magia, era gioia, era letteralmente una “casa” in cui mi sentivo al sicuro anche un po’ stranamente (vista la grandezza rispetto a molti altri in cui mi sono esibito.) Incredibilmente non c’era paura, ho vissuto tutto alla grande e ho capito di adorare questa vita. Sì, dopo questa esperienza ho capito realmente di poter fare il cantautore.
Nel brano c’è spazio anche per alcuni versi in dialetto romano, cosa ti lega in modo particolare alla tua terra?
Quello che mi lega alla mia terra è ovviamente l’esserci nato. Questa grande città di gioie e di dolori. Roma ce l’ho dentro. Quando esco di casa fra i saluti calorosi e un po’ offensivi che ci si scambia, che in realtà sono semplici pacche sulla spalla per far passare la giornata a denti stretti. Le parti in “romanesco” di futuro rappresentano la “superficialità” che ci può essere in un discorso fra amici pensando al futuro.
“Nun ce pensà che è mejo, damme retta!” è quel rimanere prevenuti di fronte alle cose della vita e non addentrartsi nel profondo di esse. La mia canzone invece è portatrice del contrario di questo modo di pensare. È un sorriso giovane e sprezzante del pericolo di quello che può capitare. È la voce di qualcuno che con rammarico capisce che le cose stanno andando male, ma già solo il fatto di averlo capito è la più grande vittoria.
Cosa dobbiamo aspettarci dai tuoi prossimi progetti in cantiere?
Dovete aspettarvi tante belle cose in crescita e aspettarvele nel “presente”, poiché ho capito che il “Futuro” non è che adesso. È ora che bisogna muoversi per cambiarlo! Il tour che sto facendo quest’estate in giro per l’Italia ne è l’indice più grande. Il “FuTour appunto, non poteva chiamarsi diversamente. Sto suonando le mie canzoni future (poiché sono tutte inedite) in questo viaggio in costruzione. Mettendo su arrangiamenti, collaborazioni, testi nuovi. Dando al pubblico un’anticipazione di quello che sarà il mio primo disco al quale sto lavorando intensamene all’interno di questa mia prima tournè.
A settempre poi, facendo tesoro delle esperienze di quest’estate entrerò in studio a finalizzarlo. Uscirà sicuramente entro il prossimo anno e conterrà le canzoni che mi hanno portato ad essere quello che sono. Dalla mia adolescenza fino ad oggi. Questo disco sarà di certo la mia fotografia più intensa e il mio intento sarà quello di suonarlo ovunque e presentare queste canzoni a più concorsi possibili compreso “Sanremo giovani”. Il mio obiettivo resterà comunque navigare nell’ispirazione più sincera e scrivere soprattutto per fare stare bene me e regalare qualcosa a chi ho intorno.
Quali elementi e quali caratteristiche ti rendono orgoglioso di un brano come “Futuro”?
“Futuro ” è un pezzo difficile a mio parere e non mi sarei mai aspettato che il mio esordio nella discografia sarebbe avvenuto con questa canzone. Di certo non è una canzoncina di sottofondo che passa alla radio e fa stare senza pensieri. No, è pungente. Lo è stato per me scriverla e noto esserlo anche negli occhi di chi la ascolta. È una canzone che secondo me presuppone un coraggio nell’ascoltatore, poiché non ha una struttura canonica, in certi punti presenta un “parlato”. Un dialogo intervallato dalle parti musicali più simile al teatro che alla canzone. Poi c’è da dire che è una canzone “acustica” a tutti gli effetti e che non segue sicuramente la moda di quest’epoca. Gli strumenti che entrano sono tutti funzionali alle parole del testo.
Seguono minuziosamente la dinamica del cantato con dolcezza e verità. Tutte queste caratteristiche mi rendono certamente orgoglioso della mia composizione e se c’è una cosa che ho imparato dalla musica e dall’arte in questo mio breve percorso è che non bisogna mai mettersi in fila ma avere il coraggio di dire la propria a costo di sembrare diversi. Che meraviglia la diversità. La bellezza di essere autentici è il premio più grande. Non a caso questo mio prendere posizione mi ha fatto arrivare fra gli otto vincitori di Musicultura, mi ha fatto esibire su Rai 2 fra i quattro finalisti e mi ha regalato di ricevere il “Premio per il miglior testo”.
Quello che dico nelle canzoni, per me, è la cosa più importante di tutte. Aver toccato certe tematiche in questo modo sento che mi ha consacrato al panorama musicale in maniera pura. Questo era tutto quello che desideravo in questo momento dalla vita e di certo lo porterò per sempre nel cuore.