Disponibile dal 24 giugno, sui principali mercati e in rotazione radiofonica, Lovenight il brano che sancisce il ritorno sulle scene musicali di Paola Iezzi, ex componente dello storico duo Paola & Chiara.

Paola-Iezzi-LovenightPaola Iezzi aveva già sperimentato nuovi suoni con l’EP I Love, reinterpretazione del celebre successo di Patty Pravo Se perdo te. L’EP conteneva anche Getlucky dei Daft Punk, The sun always shines on TV, terzo singolo estratto dall’album di debutto degli A-ha, Hunting high and low del 1985 e Live to tell di Madonna, primo estratto dall’album True blue. Lovenight, composta dalla stessa cantautrice milanese e prodotta da Steve Anderson, collaboratore tra gli altri di Kylie Minogue, mostra le conseguenze delle recenti operazioni di rispolvero delle sonorità del pop anni ’80, con influenze dance suggerite dall’uso delle tastiere elettroniche e dei sintetizzatori.

Nell’EP Paola Iezzi junior ha inciso anche una versione del singolo in “spanglish” per il mercato dell’America Latina e due “remix” per i club. Il brano intende illustrare la ricerca del modo migliore per evadere dalla realtà del quotidiano, sempre più bersagliata da problemi e preoccupazioni. La soluzione a questo stato di dolore, secondo la visione dell’artista milanese, sembra essere l’amore e la possibilità di affrontare la vita insieme alla persona che si ama e che si sceglie per trascorrere quei rari attimi di distrazione e svago. Già la sorella Chiara è stata artefice, nel 2006, di un ottimo pezzo dance dal titolo Nothingatall.

"Lovenight": il ritorno di Paola Iezzi«La “Lovenight” – dichiara l’artista – ti rianima, ti riaccende, ti ridona la voglia di rimetterti in gioco. Così quel “dolore” che spesso “sfianca”, pian piano si affievolisce fino a scomparire e cede il posto ad un desiderio di ballare lasciandosi alle spalle le ceneri della delusione e della stanchezza». Continua poi: «La “Lovenight” è la consapevolezza che restando uniti si può sconfiggere il male ed il dolore».

Nei giorni scorsi numerosi sono stati i colleghi della Iezzi che hanno supportato il suo ritorno, da EmisKilla a Max Pezzali, con cui ha condotto, durante l’estate del 2013, il programma Nord Sud Ovest Est — Tormentoni on the road.

Paola Iezzi dopo la fine del consolidato rapporto artistico con la sorella Chiara è diventata una dj esplosiva e sexy. Ad ogni serata fa il pieno di flash e conquista tutti grazie alle sue mise e alle sue selezioni musicali. Ne fu prova già qualche anno fa XceptYou, singolo che — dopo il brano Alone/Io mi perdono— la catapultò nelle principali classifiche dance. L’ultima pubblicazione con la sorella è, invece, The Story – Greatest Hits pubblicato nel 2015 per Benvenuto Edizioni Musicali.

In bocca al lupo Paola!

Edoardo Bennato è un artista acuto, colto, intelligente. La sua preparazione musicale gli ha dato la possibilità di apportare al cantautorato classico italiano un’impronta blues e soprattutto rock mai sentita prima del suo intervento.

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Burattino senza fili, Edoardo Bennato (Italia, 1977).

Cantautore e polistrumentista nato a Napoli nel 1946, Edoardo Bennato è considerato uno dei maggiori rocker e cantautori italiani di sempre. Spinto alla musica dalla madre, fin da bambino assorbe l’influenza di alcuni artisti americani come Neil Sedaka, Paul Anka, e partenopei quali Renato Carosone e Aurelio Fierro. Registra 19 album in studio, dal disco d’esordio, Non farti cadere le braccia del 1973 a Burattino senza fili e Sono solo canzonette tra gli anni ’70 e ’80, fino ai giorni nostri con il suo ultimo disco Pronti a salpare.

Fra tutti questi Burattino senza fili è senza dubbio la punta di diamante di Bennato. Il “concept album”, uscito nel 1977 ha venduto circa un milione di copie risultando, quell’anno, l’album più venduto in Italia.

Il disco ripropone le vicissitudini di Pinocchio in chiave metaforica e mostra un doppio piano di lettura; la storia di Carlo Collodi tal quale e la riproposizione allegorica dei modelli dei personaggi in chiave moderna.

Edoardo Bennato propone un album destinato a entrare nella storia, come del resto vi entrò la fiaba italiana — che il cantautore riscrive in chiave moderna — nel 1883 quando venne pubblicata. Le avventure di Pinocchio lascia tutti senza parole e il simbolo proposto da Collodi diventa un’icona mondiale: l’America può vantarsi di uno dei classici Disney più famosi, il Giappone propone un alternativo “anime”, e nonostante i molteplici film proposti, il burattino continua ad avere rivisitazioni al cinema e a teatro. L’intero lavoro di Bennato corre su due linee parallele: da un lato c’è un episodio tratto dal romanzo, dall’altro ciò che quell’episodio rappresenta secondo il punto di vista del cantautore. Proprio per questo, l’album non segue l’ordine cronologico degli eventi descritti nel romanzo. La prima traccia propone addirittura una scena che si troverebbe dopo l’ultimo capitolo e stravolge completamente il finale da “felici e contenti”.

Questo disco è il primo della triade delle favole in musica (seguiranno Sono solo canzonette nel 1980 e E’ arrivato un bastimento del 1983) composte da Bennato e la favola è quella di Pinocchio e dei personaggi che gli gravitano attorno.

Bennato mette in musica i vari personaggi della storia, da Mangiafuoco che rappresenta il potere, che deve avere tutto sotto mano e non tollera chi non accetta di avere fili per essere manovrato, alla Fata che rappresenta l’universo femminile da sempre soggetto a vessazioni da parte dell’uomo, colei che da sempre paga di più e che se cerca di liberarsi veramente rischia di essere tacciata come strega, al Grillo Parlante depositario della “cultura ufficiale” che uccide la fantasia, al Gatto e la Volpe discografici (ma non solo) senza alcuna moralità, subito pronti sfruttare il talento di turno, ai Dotti, Medici e Sapienti professori che cercano di analizzare il giovane malato, ognuno facendo la propria patetica morale e senza dare un motivo reale alle proprie sentenze.

Nel brano È stata tua la colpa il burattino Pinocchio è diventato bambino per sua scelta ed ora rimpiange i tempi in cui era si burattino di legno, ma libero, mentre ora è prigioniero dei fili che inevitabilmente lo costringono. L’autore napoletano punta all’attualità e al sociale nel brano In Prigione In Prigione, in cui Bennato parla di un potere giudiziario corrotto che manda in galera anche gli innocenti, rei di essersi ribellati a un potere che non condividono.

Il disco termina con Quando sarai grande, altro brano particolarmente riuscito, dove il bambino , il piccolo Pinocchio, diventato ormai adulto scopre che tutte le fantasie e tutte le speranze di gioventù si scontrano con una realtà della vita diametralmente opposta, molto lontana da ciò che ingenuamente immaginava.

Il brano Il gatto e la volpe, entrato presto tra i maggiori successi della carriera di Bennato, si può considerare la canzone trainante dell’intero album, grazie all’accattivante motivo “spaccaclassifiche”. Nel testo sono prese di mira, in modo piuttosto chiaro, quelle persone che cercano di sfruttare il prossimo, presentandosi come confidenti e consiglieri, con riferimento anche esplicito allo show business in cui lo stesso Benato gravita («Quanta fretta, ma dove corri, dove vai/se ci ascolti per un momento, capirai/lui è il gatto, ed io la volpe, stiamo in società/di noi ti puoi fidar»).

Burattino senza fili risulta non solo l’opera più ambiziosa realizzata fino a quel momento da Edoardo Bennato, ma anche la più compatta e, artisticamente, la più valida. L’album, disco imprescindibile della musica italiana, è diventato nel 2016 anche un musical. Per lo spettacolo, il cantante napoletano ha composto Il mio nome è Lucignolo, un brano dalla forte connotazioni rock. Siccome nell’album del 1977 mancava una canzone dedicata a proprio a Lucignolo, è stato idealmente forgiato un brano dedicato alla sua figura che lo vede nei panni di un PR completamente allucinato, tanto da arrivare a dire che il suo “non è un mestiere, ma una vocazione”.

Edoardo Bennato è un’artista non sempre affabile, ma acuto, colto, intelligente. La sua preparazione musicale gli ha dato la possibilità di apportare al cantautorato classico italiano un’impronta blues e soprattutto rock mai sentita prima del suo intervento. Lontano dai vizi dello starsystem e dalle logiche commerciali ci ha regalato alcuni fra i più bei dischi che la storia italiana possa vantare.

Grazie

CURIOSITA’: Nell’album Eat the Phikis, Elio e le Storie Tese propongono una loro interpretazione umoristica della storia di Pinocchio, in un brano intitolato Burattino senza fichi.

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Edoardo Bennato (Foto © Giuseppe Cacace/Getty Images).

Tracklist di Burattino senza fili:

  1. È stata tua la colpa
  2. Mangiafuoco
  3. La fata
  4. In prigione, in prigione
  5. Dotti, medici e sapienti
  6. Tu grillo parlante
  7. Il gatto e la volpe
  8. Quando sarai grande
  9. Dotti, medici e sapienti – versione strumentale (ghost track)

I Subsonica hanno dimostrato come le collaborazioni con altri artisti e la commistione di generi , possano trovare un pulsante punto di contatto. Proprio quel punto di contatto che, ancora oggi, risulta musicalmente vincente.

Subsonica
I Subsonica

È il 2000 e si sente serpeggiare uno strano suono tra i locali notturni dei Murazzi, celebre quartiere della prima capitale d’Italia. È un suono nuovo, che fa rumore, che fa ballare, che graffia ed accarezza allo stesso tempo, che fonde la fusion al rock, la dance al soul, l’elettronica al reggae. È il suono dei Subsonica, band torinese capitanata dal carismatico cantante Samuel.

È proprio quel suono che permette alla band di fare il suo ingresso ufficiale nel panorama italiano dei “famosi” con lo storico album Microchip emozionale.

I Subsonica, prodotto genuino della scena alternativa di Torino, e per anni band di punta dell’indie-label Mescal, si sono da sempre posti a metà strada fra musica underground e musica mainstream. A un hip-hop di base fondono il rock con una electro-dance imbevuta di influenze electro e dub. La band torinese dimostra di ben conoscere – e di averne imparato la lezione – i dischi dei Chemical Brothers; basta ascoltare Onde Quadre tratto dal primo album per capire  il legame fra i Subsonica e il duo inglese.

Nati nel ’96 all’ombra dei Murazzi, quartiere torinese turbolento, ma ad alta densità musicale – dove pullulavano in quegli anni molti locali notturni underground e molti centri sociali – i Subsonica si impongono da subito come band eclettica e innovativa. Rompono gli schemi della forma canzone e aprono il loro suono a generi e sottogeneri musicali dal respiro internazionale. Da Torino, quindi, il grande passo dei Subsonica verso le platee di tutta Italia, anche grazie alla preziosa opera creativa di Max Casacci, chitarrista del gruppo, nonché fondatore e produttore della band.

Il primo singolo Colpo di pistola diventa immediatamente manifesto del gruppo. Il folto fanbase dei Subsonica ama molto questo brano e il relativo video nonsense diretto la Luca Pastore, piccolo cult dei primi anni Duemila.

Microchip-emozionale-SubsonicaScorrendo le 13 tracce, compreso il remix de Il mio d.j. presente come ghost-track, ci si accorge che i suoni notturni, nervosi, elettronici – caratteristici di pezzi come Nicotina groove o Giungla nord risalenti al primo disco – non mancano: Lasciati, Strade e Il cielo su Torino sono proprio le canzoni che contraddistinguono la parte più buia dei Subsonica.

Il cielo su Torino, sempreverde del gruppo, pur non essendo mai uscito come singolo, occupa un posto speciale nella discografia “subsonica”. Si tratta di una canzone tributo dedicata alla bellissima Torino, uno dei più alti esempi del legame con la città più underground d’Italia. La Torino degli anni ’90, quella che hanno vissuto i Subsonica è una città ancora lontana dai rinnovamenti post-olimpiadi, è una città magica, ma anche un po’ grigia che vede gli eleganti palazzi ottocenteschi affacciarsi a quartieri alternativi e multi-etnici.

Nei brani Aurora sogna, Disco labirinto, e Il mio d.j, la band schiaccia l’acceleratore e i campionatori lavorano più del solito grazie anche all’aiuto del dj Coccoluto. Nella loro biografia ufficiale, Anomalia Subsonica, viene spiegato che l’inserimento di Claudio Coccoluto fosse stato recepito come  omaggio a una scena dance italiana da anni riconosciuta in tutto il mondo come una scuola di riferimento.

Battiti cupi e tastiere elettroniche accompagnano l’efficace melodia di Tutti i miei sbagli, presentata come hit sanremese, a dimostrazione di come i Subsonica siano in grado di  scrivere e interpretare brani più orecchiabili, senza perdere di originalità. Il ritornello è trascinante e restare fermi risulta quasi impossibile; la versione acustica tratta del successivo greatest hitsVuoto per mano”, è un autentico must per ogni fan della band e non solo. Un brano degno di nota.

Liberi tutti è realizzata in collaborazione con Daniele SilvestriIl quarto singolo, la claustrofobica Discolabirinto, è accompagnato da un singolare progetto visivo, il primo esperimento di video musicale compatibile con un pubblico di persone audiolese. La clip, che come il brano vede la collaborazione di Morgan dei Bluvertigo, è stato realizzato su un’idea dello studio Elastico.

I Subsonica hanno dimostrato con questo album come le collaborazioni con artisti differenti, che sarà una costante in tutti i loro successivi lavori, e la commistione di generi e influenze, possano trovare un pulsante ed omogeneo punto di contatto. Proprio quel punto di contatto che risulta musicalmente avvincente e, in tutta la sua genuinità e, ancora oggi, vincente.

Max Casacci riguardo il disco Microchip emozionale: “L’album mette in evidenza le due anime del gruppo … Da un lato vivendo a Torino c’è una realtà meccanica e tecnologica di cui la nostra musica risente molto. Accanto a questa esiste un elemento umanizzante quale è la melodia. La città, negli ultimi anni, con il tramonto dell’utopia industriale, ha saputo riscoprire la vita: per esempio sono stati aperti molti luoghi d’incontro”.

Curiosità : I Motel Connection sono nati grazie all’incontro tra Samuel (voce dei Subsonica), Pisti (dj house) e Pierfunk (ex-bassista dei Subsonica). Il singolo Two ha scalato tutte le classifiche dance nel 2002.

Tracklist di Microchip emozionale:

01. Buncia
02. Sonde
03. Colpo di pistola
04. Aurora sogna
05. Lasciati
06. Tutti i miei sbagli
07. Liberi tutti (feat. Daniele Silvestri)
08. Strade
09. Discolabirinto (feat. Bluvertigo)
10. Il mio DJ
11. Il cielo su Torino
12. Albe meccaniche
13. Depre
14 Perfezione (100% Coccoluto remix) – 9:43.

Subsonica-live

Sorelle Lumiére: recensione di una pietra miliare della musica italiana intriso di connotazioni cupe, ma che si apprezza per sonorità e atmosfere legate al tema dell’amore e dell’amicizia.

Recensione-di-Sorelle-Lumiére Atmosfera noir anni ’30 per Sorelle Lumière di Mina: uscito nel 1992 con questo doppio LP, Anna Maria Mazzini, gioca con il cinema festeggiando il centenario dell’arte in celluloide con un’affascinante copertina (ogni cover disc di Mina è un’opera d’arte), ispirata al film di Fritz Lang “M, il mostro di Düsseldorf”, e col titolo al femminile dedicato ai fratelli Lumiére. Un noir che non ha solo connotazioni cupe, ma che si apprezza per sonorità e atmosfere legate al tema dell’amore e dell’amicizia.

Il volume di sempreverdi della musica parte subito alla grande: Come mi vuoi, scritta da De Crescenzo e Mariella Nava, da canzone quasi sconosciuta diventa una delle più belle cover cantate da Mina. Il repertorio dell’amico Riccardo Cocciante si arricchisce della personale versione di Un nuovo amico fusa con il leggendario brano E poi. Questo rifacimento è sensazionale: regala nuova linfa alla canzone senza stravolgerne il senso voluto dall’autore.

È curioso notare come, col passare del tempo, rimane sostanzialmente invariato l’“èscamotagediscografico di Mina che prevede ogni anno un album, quasi sempre diviso in una parte di classici rivisitati e in una di brani nuovi, di norma inediti scritti da autori di diversa estrazione musicale.

Interi universi musicali nascono, crescono e muoiono, mentre Mina dal suo altero eremo svizzero continua a compilare la sua monumentale enciclopedia della canzone. Mina evolve così come evolvono i suoi dischi, ma alcuni punti fermi rimangono tali nella carriera della Tigre di Cremona: dall’aspettativa sempre frustrata di chi vorrebbe vederla di nuovo apparire dal vivo, all’ansia di chi vorrebbe qualcosa di più attuale per alimentare la cronaca, all’invidia per i ripetuti successi discografici nonostante l’inossidabile assenza la quale, sovverte non poco le regole del gioco discografico, che vede oggi nella sovraesposizione mediatica l’arma più forte per la vendita di dischi. E visto che il mondo musicale e il suo mercato cambiano, lo fa anche Mina rimanendo, però, fedele a se stessa.

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Sorelle Lumiére, Mina (1992).

Il discorso vale anche per Sorelle Lumière, sulla cui copertina compare una Mina tecnologicamente trasformata in proiettore cinematografico del futuro, che canta e rilegge nuovi e vecchi brani della Canzone.

Singolare e fuorviante è, nella prima parte del disco, la scelta dei pezzi. Non tanto per le interpretazioni vocali – come al solito stupefacenti – ma per la scelta dei brani quasi tutti minori, poco conosciuti, o di discutibile bellezza. Si trovano Un nuovo amico di Cocciante, Cigarettes and coffee di Scialpi e I’ll fly for you degli Spandau Ballet. Molte sono le cover di artisti del pop internazionale da Mina interpretate: Michael Jackson, Beatles, Madonna, Sinatra e molti altri.

Ad eccezione di Cry me a river (cantata anni fa da Julie London) e la stupenda I ricordi della sera del Quartetto Cetra (sigla di Studio Uno del 1961) – due pezzi al di sopra di ogni possibile critica – per il resto sembra quasi che Mina, con vezzo provocatorio, abbia voluto sfidare la mancanza di vigore del repertorio scelto per esercitare la sua voce, come se volesse dire: “sentite come si canta, anche il brano più debole posso renderlo una perla della musica!”.  E sì, perchè Mina potrebbe cantare anche l’elenco telefonico e farlo risultare un capolavoro. Molti critici elitari non considerano la cantante cremonese una grande scrittrice, ruolo al quale Mina, forse, non è mai stata particolarmente interessata. Sicuramente è un’interprete eccezionale di indubbia e incontestabile sensibilità musicale.

Si potrebbe dire che, in questa logica, le canzoni contano fino ad un certo punto, e che tutto può essere nobilitato dalla voce e dalla tecnica, come infatti accade in questo storico disco della musica italiana. Ci sono poi anche ben tre canzoni che Massimiliano Pani aveva scritto e cantato nel suo disco solista intitolato L’occasione – album sottovalutato sia allora che oggi – una almeno delle quali, Come stai, diventa una canzone di indubbio fascino. Oggi, Come stai è uno dei brani più belli di Mina e i suoi fan sono legati a questo brano in modo speciale.

Rimane, però, la stranezza di questa compilation, rivolta alla riscoperta di gioielli dimenticati o nascosti. E poi c’è la parte degli inediti realizzata, come noto, attraverso la selezione delle centinaia di proposte che arrivano a Lugano da tutta Italia, non importa se da autori di grido o da sconosciuti. Si comincia con l’interessante apertura di Anima nera, molto coinvolgente nell’interpretazione , per passare all’elegantissima Se poi.

L’autore del brano, Carlo Marrale, è stato uno dei membri fondatori del gruppo dei JET e poi dei Matia Bazar di cui ha fatto parte, firmando la maggior parte dei successi internazionali del gruppo come  Per un’ora d’amore, Vacanze romane e Che male fa, anch’essa guarda caso interpretata, successivamente alla sua originale incisione, da Mina.

Esperimento divertente è il brano Fuliggine, storia di una moderna Cenerentola, smaliziata e ironica (Gino Castaldo, La Repubblica).  Il graffio e la duttilità della voce di Mina sono anche in questo caso indispensabili per innalzare la canzone a “instant classic”.

Singolare Neve, un pezzo scritto dal duo napoletano Audio 2, che risente del repertorio gregoriano che Mina dimostra di conoscere molto bene. La canzone, fra le più sperimentali e accattivanti di tutto il disco, vede Mina intenta a giocare con la voce per produrre strani effetti musicali, grazie anche agli ottimi arrangiatori del disco. Decisamente interessante la versione in spagnolo del brano, incisa molti anni più tardi per l’album Todavia.

Mina non ostenta mai la sue evidenti doti vocali, la sua grandezza, la sua tecnica. Se lo fa, lo fa in maniera mirata, talvolta ironica, a volte provocatoria, ma mai in maniera fine a se stessa.

In fondo Mina è una delle poche grandi voci della musica italiana, una voce rubata alla Lirica, forse la più grande voce del mondo. E sì, perchè Mina appartiene a quella manciata di voci femminili  considerata fra le più belle di tutti i tempi. Mina è colei che ha attraversato cinque decadi di musica senza mai sbagliare, cantando grazie al suo registro di soprano ogni pezzo possibile. Sono oltre 1500 i brani da lei interpretati, oltre 150 milioni i dischi venduti, coniugando il successo commerciale a un dotto repertorio, senza mai scendere a compromessi.

Mina si ritrae nella cover del disco come un mostro, marcato dal segno M, oggetto di feticismo per gli amanti del cinema e, ovviamente, della musica. Il gioco di riflessi e allusioni dell’immagine è originale quanto Mina. In fondo lo dichiara lei stessa fin dalle foto di questo disco: è Mina che proietta Mina, ed è Mina che guarda Mina proiettata  nuovamente da Mina. La celebrazione di se stessa. La celebrazione di un’artista unica e inimitabile.

Curiosità: Uomo ferito porta la firma di Valgaut, pseudonimo della cantautrice Valentina Gautier.

 

Tracklist di Sorelle Lumière:

Vol. 1

01. Come mi vuoi
02. Un nuovo amico/E Poi…
03. Come stai
04. Cry me a river
05. Figlio unico
06. Non avere te
07. I ricordi della sera
08. Cigarettes and Coffee
08. I’ll fly for you/Oye como va/Black magic woman (medley)
09. Robinson

Vol. 2

01. Anima nera
02. Se poi
03. Fuliggine
04. Uomo ferito
05. Quando finisce una canzone
06. Neve
07. Amore, Amore, Amore mio
08. Ancora un po’
09. Voli di risposte
10. La follia

Con l’album Lorenzo 1994, Jovanotti si è posizionato al quinto posto della classifica della rivista Rolling Stone Italia che ha selezionato i più belli 100 album italiani di tutti i tempi.

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Foto © wehwartit.com.

La rivista “Rolling Stone Italia”, in occasione della pubblicazione del Nr. 100, pubblica i 100 Dischi italiani considerati tra i più belli di sempre. Tra questi, un disco che ha venduto 600.000 copie e scelto da cento giurati d’eccezione: Jovanotti si posiziona al posto numero 5 di questa classifica con lo storico album Lorenzo 1994. Proveniente da un acclamatissimo tour con Luca Carboni, seguito da un altro con Pino Daniele ed Eros Ramazzotti, l’ex deejay del Veleno di Roma costruì l’album della definitiva consacrazione utilizzando come fondamenta brani del calibro di Penso Positivo, la nuova filosofia che cancellava definitivamente gli slogan degli esordi; Piove, che divertì anche i meno giovani, e la celeberrima Serenata Rap, che consentì al rap italiano un salto di qualità verso il tema del sentimento e che lo fece conoscere anche all’estero.

In “Lorenzo 1994”, Lorenzo Cherubini dimostra di essere maturato moltissimo rispetto ai tempi di “For president” e “La mia moto”: gli arrangiamenti, sapienti miscele di rap, funky, jazz, musica etnica – segno distintivo in tutti i suoi album a venire –  e immancabili giri di basso di Saturnino. Molto curate sia le liriche che le  incisive rappate in grado di scolpire e far riflettere, ma anche emozionare come nella Ballata dell’ amore perduto.

La sequenza dei primi brani è una bomba pop/rap tipicamente 90’s che strizza l’occhio a suoni, perlomeno all’epoca, decisamente più vicini agli States che al Bel paese: i versi di Attaccami la spina ci fanno subito capire di che pasta è fatto il giovane cantante toscano, pieno di energia ma consapevole che non è la musica che fa una rivoluzione, ma al massimo può esserne la colonna sonora. A seguire troviamo i due episodi più famosi a livello di vendite del disco: la dolce e sognante Serenata rap, soundtrack di un’intera generazione, e la scatenata Penso positivo, manifesto della poetica think pink del giovane Lorenzo Cherubini.

Molte le prese di posizione che ricordano scuole di pensiero sulla convivenza delle religioni e che in realtà erano già state annunciate nel precedente Ho perso la direzione, contenuto nell’album Lorenzo 1992, dove il cantautore si scaglia contro il sistema politico del tempo. Contenuti di questo genere si trovano in numerosi altri brani dell’album, da Barabba, pezzo di maggiore impegno sociale del disco, a Dobbiamoinventarciqualcosa.

L’album è reso celebre anche dalle molte canzoni d’amore di successo, partendo da  Piove sino alla già citata Serenata rap (serenata Rap in particolare, si rivelò nelle classifiche come video più trasmesso in Europa e persino in Sudamerica).

Influenze reggae si fanno sentire in Soleluna, pezzo importante per l’Lp, poichè il nome del brano è stato poi dato alla casa discografica indipendente di Lorenzo, fondata qualche anno più tardi. Qui le percussioni si alternano allo scratch, e Jovanotti per una volta non rappa ma canta, cementando il suo status di artista a 360 gradi rispetto coloro che, agli esordi, lo definirono un opinion leader per ragazzini. Nel pezzo, che si conclude con un attacco di timbales, sono i fiati ad essere i protagonisti. Una sorta di xilofono introduce Dammi Spazio, ripetitivo rap in cui si inserisce un ottimo giro di basso.

Lorenzo 1994 è un densissimo magma di suoni, parole ed emozioni, che ci fornisce il profilo di uno degli artisti più importanti della scena musicale italiana di fine secolo, la cui crescita, sia umana che artistica, pare ancora oggi inarrestabile:

Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano.

(Penso positivo).

Jovanotti-Lorenzo1994Tracklist di Lorenzo 1994

  1. Attaccami la spina (3:43) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani, Renato Pareti)
  2. Serenata rap (5:11) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  3. Penso positivo (5:06) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  4. I giovani (1:29) (Jovanotti, Michele Centonze)
  5. Si va via (4:48) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  6. Piove (3:19) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani, Luca Cersosimo, Franco Fasano)
  7. Voglio di + (4:23) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  8. Io ti cercherò (4:36) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani, Augusto Martelli)
  9. Il ballerino (2:50) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  10. India (1:24) (Jovanotti, Michele Centonze)
  11. Parola (4:36) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  12. Soleluna (5:12) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  13. Dammi spazio (4:08) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  14. Barabba (3:40) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  15. Dobbiamoinventarciqualcosa (4:38) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  16. Il futuro del mondo (4:29) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  17. Mario (3:37) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani)
  18. Viene sera (4:34) (Jovanotti, Michele Centonze, Saturnino Celani).

Litfiba: 17 re è il terzo album della band ed è considerato tra i migliori lavori della musica rock italiana. Cerchiamo di capire il perchè.

“Si può vincere una guerra in due O forse anche da solo – Si può estrarre il cuore anche al più nero assassino, Ma è più difficile cambiare un’idea…”. Proprio con queste parole, dopo il sorprendente esordio di Desaparecido ci colpiscono al cuore i Litfiba nel 1986.

17 re è il terzo album in studio della rockband italiana, pubblicato dalla I.R.A. Records. Sicuramente tra i dischi più riusciti della musica rock italiana, ancora oggi è da molti considerato il capolavoro stilistico dei Litfiba. Fa parte, con il precedente Desaparecido (1985) e il successivo Litfiba 3 (1988), della cosiddetta “trilogia del potere”.

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I Litfiba in una foto del 1985.

Fino allo scioglimento del sodalizio Pelù-Renzulli, e all’inaspettata – e per molti vecchi fan non gradita – reunion del 2010, è difficile, a più di 30 anni dalla sua pubblicazione, rievocare il clima che si respirava all’interno della scena rock italiana al momento dell’uscita di questo disco. È anche difficile trasmettere oggi l’idea dell’impatto fortissimo che questo disco ebbe sulla produzione musicale di quegli anni, anni in cui la new wave era già in declino, ma i Litfiba, perlomeno in Italia, furono coloro che tennero vivo il genere ancora per qualche tempo.

La trilogia del potere dei Litfiba, di cui 17 re fa parte, compone insieme a Siberia dei Diaframma, uscito nell’anno precedente, e a Affinità-Divergenze fra il compagno Togliatti e noi dei CCCP uscito nel successivo 1986, un trittico di dischi fondamentali per il rock italiano che dimostra, da una parte di aver ben metabolizzato i suoni della new wave appunto e, e dall’altra, di potere esprimere un suono maturo e dotato di una propria identità.

I Litfiba erano attivi già dal 1980, con alle spalle un’intensa attività live (spesso condividendo le serate con i Diaframma), un paio di Ep e una colonna sonora teatrale (oggi reperibile solo su qualche sito specializzato o più semplicemente su Youtube) e l’esordio folgorante di Desaparecido.

I Litfiba, fortemente supportati dalla stampa specializzata dell’epoca, Mucchio Selvaggio su tutti , condensano in 16 canzoni il meglio della propria produzione. Leggenda vuole che in origine le tracce avrebbero dovuto essere proprio 17, ma un brano -intitolato appunto 17 Re- fu scartato in fase di mixaggio, ritenuto inferiore rispetto agli altri.

Le sedici canzoni in questione rappresentano infatti lo Zenit artistico della band, un risultato che i Litfiba non riusciranno mai più a replicare, se non in parte nel successivo Litfiba 3. Canzoni come le potenti e aggressive Resta, dedicata al disastro nucleare di Chernobyl, Re del silenzio, Elogio alla solitudine, o Apapaia (singolo spaccaclassifiche e tutt’oggi inno della band), sono gli anthem da palcoscenico per eccellenza e saranno i loro cavalli di battaglia per molti anni a venire.

La folle e visionaria Vendette, la sognante Pierrot e la Luna, l’onirica Sulla Terra e la cupa e commovente Ballata, sono esperimenti italiani ricchi di suggestioni che nessun altro artista ha potuto emulare o perlomeno si è sognato di fare.

È difficile per chi ha ascoltato gli album a venire del Litfiba e per chi si è rimasto interdetto dalla figura del frontman Piero Pelù – le cui mosse ed espressioni oggi risultano alquanto portare alle estreme conseguenze – immaginare cosa erano realmente i Litfiba nei primi anni di formazione.

Uno degli apici del disco è la mistica ed esoterica Come un dio. Ascoltate il brano: il basso e la voce di Pelù vi faranno provare un’esperienza mistica musicale senza eguali.

Molti criticano i Litfiba per non aver continuato a creare altri lavori di questa entità. Io mi chiedo: ma un capolavoro come questo non vale già da solo un’intera carriera?

Traclist di 17 re:

Litfiba-17-RE1. Resta – 2:55 (Litfiba)
2. Re del silenzio – 4:07 (Litfiba)
3. Café, Mexcal e Rosita – 3:14 (Litfiba)
4. Vendette – 5:34 (Litfiba)
5. Pierrot e la luna[3] – 4:00 (Litfiba)
6. Tango – 4:36 (Litfiba)
7. Come un Dio – 5:15 (Litfiba)
8. Febbre – 3:49 (Litfiba)
9. Apapaia – 5:01 (Litfiba)
10. Univers – 5:19 (Litfiba)
11. Sulla Terra – 4:19 (Litfiba)
12. Ballata – 3:54 (Litfiba)
13. Gira nel mio cerchio – 3:37 (Litfiba)
14. Cane – 2:51 (Litfiba)
15. Oro nero – 3:45 (Litfiba)
16. Ferito – 4:26 (Litfiba)

Perchè La fabbrica di plastica di Gianluca Grignani è tra i più riusciti esperimenti di rock alternativo italiano.

E vivo un metro più in là da quel che tu chiami realtà”, cantava nel 1996 Gianluca Grignani nel brano “La fabbrica di plastica”, decretato da un sondaggio della rivista Rolling Stones miglior brano rock italiano si sempre. E in effetti il disco che contiene il brano, intitolato appunto “La fabbrica di plastica” è uno dei più bei dischi del rock italiano.

Gianluca Grignani è difatti l’artefice di uno dei più importanti tradimenti del rock nostrano. Partito con una trilogia di dischi perfetti, seppur diversi tra loro (Destinazione Paradiso, La fabbrica di plastica, Campi di popcorn) si è poi affidato a un pop-rock più facile e commerciale. Non che ci sia nulla di sbagliato in questo, ma il cantante amante di Nick Drake e Radiohead è scomparso per lasciare posto a lavori più mainstream.

Gianluca-Grignani-Fabbrica-di-plasticaLa fabbrica di plastica è un disco cult per i suoi estimatori, che all’uscita venne accolto con critiche contrastanti e fu flop di vendite, disorientando il mercato e il suo pubblico proprio per il carattere sperimentale e rock dell’opera che sembrava momentaneamente allontanarlo dallo stereotipo di tipico cantante pop degli esordi.
Innovativo in tutto, a cominciare dalla copertina dell’edizione limitata, che venne realizzata con sfumature di colore differenti fra una copia e l’altra – rendendo ogni album un esemplare unico sul piano grafico – è oggi un gioiello incompreso della musica italiana.

Il singolo “L’allucinazione“, purtroppo non molto conosciuto al grande pubblico, è una malata confessione d’amore, dove una splendida chitarra acustica 12 corde fa da tappeto sonoro agli incubi di solitudine di Gianluca; stesso discorso per “Galassia di melassa“, in cui i suoni si fanno più saturi ed eterei mentre la speranza si comincia a far più presente. Il brano che dà il titolo all’album è una splendida ballata post-grunge che non è entrata nella storia del rock italiano solo a causa del nome dell’autore che, ricordiamo, arrivava dall’esperienza commerciale da due milioni di copie vendute con l’LP “Destinazione Paradiso“.

Grignani etichettato da subito come il nuovo Vasco per ragazzine fu stroncato dalla critica e, soprattutto, dal pubblico. Sia il disco La Fabbrica di Plastica che il relativo tour, furono un vero flop commerciale. Solo negli ultimi anni il disco è stato rivaluto ed è attualmente considerato una vera perla del rock italiano segno di come, il pregiudizio, l’atteggiamento con il quale ci avvicina a qualcosa, possa renderci meno lucidi nel giudizio. In fondo Kant insegna che pensare è giudicare, e se pensare equivale a giudicare, allora non si sarà mai realmente obiettivi.

La “Fabbrica” di Grignani è il disco delle distorte cavalcate rock come “+ famoso di Gesù”, “Testa sulla luna” e l’ambigua “La vetrina del negozio di giocattoli“. Solo “Cielo” è forse il miglior episodio di questo disco e di sicuro tra le migliori canzoni italiane scritte negli anni ’90. Si tratta di quattro minuti di pura psichedelia grazie a basso, batteria e un’acidissima chitarra protagonista di un bell’assolo. Brano davvero irripetibile per scrittura e oscuri arrangiamenti (non per niente il pezzo ricorda i primi Bauhaus).

Recensione-Fabbrica-di-plasticaQuesto disco, di cui se ne consiglia vivamente l’acquisto, ha avuto la sfortuna di uscire in un momento in cui l’italia non era forse pronta ad accoglierlo. L’artista a riguardo dice: “In quegli anni trovavo molte difficoltà a fare un certo tipo di musica in Italia. Determinati risultati si potevano ottenere solo a Los Angeles, ad Abbey Road Studios a Londra. La Fabbrica di Plastica era molto attuale, ma per l’estero.”

Arrangiato dallo stesso Grignani insieme a Greg Walsh e registrato e mixato tra l’Angelo Studio di Garlasco e l’Abbey Road Studios, nell’album hanno suonato Mario Riso alla batteria, Franco Cristaldi al basso; Gianluca Grignani chitarre acustiche e 12 corde, lo stesso Grignani e Massimo Varini alle chitarre elettriche e Naco alle percussioni.

Il successo stratosferico avuto da Grignani con l’album precedente è sicuramente stato una lama a doppio taglio per l’artista milanese, colpevole forse di essere stato lanciato troppo in fretta nel dorato mondo della musica. Proprio nel brano “Rockstar” Gianluca riflette sulla sua condizione di artista: “ehy tu che parli bene lo sai tu li dal tuo successo – sai quale è il successo essere figlio di se stesso“.

La fabbrica di plastica rimane oggi tra i più riusciti esperimenti di rock alternativo italiano e lo fa con immensa spontaneità artistica. In fondo Grignani alla domanda di un giornalista sulla genesi disco, nel 1996 rispose:” “Ma … non lo so, non so bene cosa volessi fare, io volevo solamente rifare The Bends dei Radiohead…“. Secondo noi ha persino fatto meglio.

Curiosità: al fondo del disco, dopo uno spazio di qualche minuto, si può trovare la ghost track “Qualcosa nell’atmosfera”.

Tracce di La Fabbrica di plastica:

01. La fabbrica di plastica – 4:06
02. + famoso di Gesù – 3:17
03. Solo cielo – 4:12
04. Testa sulla luna – 3:59
05. Fanny – 3:11
06. L’allucinazione – 4:33
07. La vetrina del negozio di giocattoli – 4:17
08. Galassia di melassa – 5:10
09. Rock Star – 3:24
10. Il mio peggior nemico – 16:05
11. Qualcosa nell’atmosfera (Ghost track).

La sua voce è ritenuta come una delle più dotate della storia musicale italiana. Il suo strumento è una voce soave dal timbro chiaro e cristallino, pieno di sfumature. Lei è la vera soul woman della musica italiana.

mangio-troppa-cioccolataConsiderata da sempre la “Whitney Houston italiana” e da molti “l’erede naturale di Mina”, Giorgia Todrani, in arte Giorgia è la protagonista di un altro disco storico della nostra canzone: “Mangio troppa cioccolata“.

Mangio troppa cioccolata è il terzo album di Giorgia, uscito sul mercato per l’etichetta BMG Ricordi. Interamente prodotto da Pino Daniele quest’album è oggi certificato disco d’oro e disco di diamante, avendo superato le oltre 600.000 copie.

Che la cioccolata faccia bene all’umore, e quindi anche all’amore, è cosa nota ma Giorgia tiene a ribadire il concetto con il suo disco del 1997 che, grazie alla sua freschezza, è ancora ben lungi dal passare di moda.

Mangio troppa cioccolata è un disco di musica pop con contaminazioni elettroniche, scampoli rnb e sprazzi di jazz. È forse l’album più sperimentale di Giorgia, da sempre (purtroppo) relegata nel filone della musica neo-melodica italiana.

In “Un amore da favola“, tra i momenti più riusciti del disco, la cantante ci parla dell’inizio di una storia: lei e lui escono insieme, si piacciono e lei si chiede se, al di là del feeling, lui la veda per ciò che è veramente. “Guarda che non sono una bambola – Io in tutto quel che faccio ci metto l’anima – E mangio troppa cioccolata.”

Dimmi dove sei” vede Giorgia districarsi abilmente tra pop, sintetizzatori e rap; il video, caratterizzato da una splendida fotografia tipicamente 90’s, presenta al mondo una Giorgia stilosa e sicura di sé. L’androgino taglio di capelli, e il magnetico sguardo di Giorgia, catturano la videocamera del regista. Ma è la voce di Giorgia – lontana dai suoi consolidati virtuosismi – la vera protagonista della scena.

L’amato rhythm n’blues della cantante romana fuoriesce a sprazzi in “Ho voglia di ricominciare“, spesso posto in secondo piano rispetto al sound imposto dalla produzione di Pino Daniele.

Il disco viene però lanciato per mezzo di una cover, la storica “Un’ora sola ti vorrei“, di cui Giorgia rinnova il successo è difatti una canzone scritta da Umberto Bertini e portata al successo nel 1938 dalla cantante d’opera Fedora Mingarelli.

Sentire i due pezzi a confronto è spiazzante. Il lavoro fatto da Giorgia è ineccepibile. L’arrangiamento risulta agile e fruibile. La voce soul della cantante laziale si sposa alla base elettronica che ne scandisce meticolosamente il ritmo. Se Fedora cantava il rimpianto di un amore perduto, Giorgia diventa donna innamorata, ma forte e indipendente nel narrare i suoi sentimenti.

Interessante il sound di “Sueno Latino“: il brano, originariamente scritto in italiano, è stato tradotto in spagnolo per decisione di Pino Daniele. Tra gli 11 pezzi, figura anche “In vacanza con me“, scritto, testo e musica, da Joe Barbieri.

La critica più snob ancora oggi accusa Giorgia di svolgere bene, musicalmente parlando, il compitino che le viene assegnato, ma nulla di più: non basta avere una bella voce, bisogna avere un buon repertorio, dicono. Ascoltate “Gocce di memoria“: l’interpretazione di Giorgia da sola vale un’intera carriera.

Molti dicono che i suoi virtuosismi alla lunga stanchino; altri ancora che le “canzonette” d’amore vanno bene solo in radio. Non ascoltate i verdetti altrui, non leggete le recensioni, no, non leggetele! Nemmeno questa. Andate a sentire un concerto live di Giorgia e quella sarà la vostra prova del nove.

In quest’album la cantante romana, grazie anche alla produzione di Pino Daniele, trova un equilibrio perfetto tra sperimentazione, tecnica e armonia. Forse Giorgia non ha ancora scritto una vera pietra miliare della musica italiana, ma noi siamo certi arriverà. E aspettiamo.

CURIOSITA’: La canzone “Un amore da favola” è stata utilizzata nel film “Euclide era un bugiardo” del 2008.

Giorgia
Giorgia

Tracklist di “Magio troppa cioccolata”:

01. Un amore da favola
02. Che amica sei
03. Un’ora sola ti vorrei
04. Arriva il temporale
05. Ho voglia di ricominciare
06. Dimmi dove sei
07. In vacanza con me
08. Sueño latino
09. Fai come se
10. Come in un film
11. Tutto è possibile.

Niccolò Fabi è uno dei cantautori italiani più raffinati e ricercati. La sua carriera è costellata di successi e ritorna con un nuovo album e un tour nelle principali città italiane.

Niccolò-Fabi-Una-somma-di-piccole-coseNiccolò Fabi muove i suoi primi passi all’interno del fervido ambiente musicale negli anni ’90. Nel 1997, con “Capelli”, vince il Premio della critica nelle Nuove Proposte al Festival di Sanremo. Dello stesso anno è il disco d’esordio “Il giardiniere”.

Nel 1998 presenta, sempre a Sanremo, “Lasciarsi un giorno a Roma”, che farà parte del secondo album, “Niccolò Fabi”, all’interno del quale si trovano anche “Vento d’estate”, in coppia con Max Gazzè e grande successo radiofonico.

Il 2006 è l’anno di “Novo Mesto“, registrato nella omonima cittadina Slovena, che contiene la canzone “Costruire” diventata negli anni uno dei suoi brani più identificativi e più amati. A dieci anni dall’esordio è il momento della prima raccolta, “Dischi volanti 1996-2006“.

Il 30 agosto 2010, organizza a Mazzano Romano, Parole di Lulù, la festa di compleanno per la figlia Olivia, scomparsa a seguito di una forma acuta di meningite. La giornata, inizialmente pensata per un piccolo gruppo di amici, col passare delle settimane è diventato un grande concerto a cui hanno preso parte oltre cinquanta musicisti e circa ventimila persone. A novembre 2010 viene pubblicato il singolo “Parole parole” cantata da Niccolò Fabi con Mina.

Niccolò-Fabi-Una-somma-di-piccole-cose
Niccolò Fabi.

Dopo il Solo tour, il 2012 inizia all’insegna della creatività e Niccolò si dedica completamente alla scrittura di “Ecco“, settimo disco della sua carriera e che riceve, da subito, riscontri positivi sia dalla critica che dal pubblico.

Nel 2014 inizia la collaborazione con Daniele Silvestri e Max Gazzè per il progetto “Fabi Silvestri Gazzè” che lo vedrà pubblicare un disco “Il Padrone della Festa” (Sony/Universal) e un cofanetto successivo dello stesso disco live.

Dopo “Una somma di piccole cose” e “Ha perso la città”, è disponibile da qualche giorno “Facciamo finta”, il terzo singolo estratto dal nuovo album di Niccolò Fabi “Una somma di piccole cose”, in uscita venerdì 22 aprile.

Il cantautore romano ha anche deciso di regalare una versione live di “Facciamo finta”, pubblicando su YouTube un’inedita session-video registrata con la sua nuova band nello studio dove stanno facendo le prove del tour.

Nel comunicato stampa, Niccolò ha spiegato: “Ecco una terza possibilità per chi vuole farsi un’idea su questo nuovo disco. Se la prima canzone “Una somma di piccole cose” ne è inevitabilmente il centro e “Ha perso la città” uno dei due estremi, “Facciamo finta” è l’estremo opposto”.

All’album seguirà “L’instore tour” che partirà proprio il giorno di uscita del disco e proseguirà per dieci appuntamenti in tutta Italia. Dieci incontri in cui l’artista ha dichiarato di voler raccontare, con l’aiuto di un giornalista, queste nuove canzoni e di farle ascoltare dal vivo al pubblico presente.

Le date dei firmacopie previsti:

  • 22 aprile La Feltrinelli – Roma h 18.00;
  • 23 aprile La Feltrinelli – Firenze h 18:30;
  • 24 aprile La Feltrinelli – Bologna h 18.00;
  • 26 aprile La Feltrinelli – Milano h 18.00;
  • 27 aprile La Feltrinelli – Torino h 18:30;
  • 28 aprile La Feltrinelli – Verona h 18.00;
  • 2 maggio La Feltrinelli – Bari h 18:30;
  • 3 maggio La Feltrinelli – Napoli h 18.00;
  • 4 maggio La Feltrinelli – Catania h 18.00:
  • 6 maggio La Feltrinelli – Cagliari h 18.00.

Il Tour di Niccolò Fabi

Il 18 maggio partirà invece il vero e proprio nuovo tour di Niccolò Fabi che, tramite la sua pagina Facebook, ha voluto raccontare chi saranno i musicisti che lo affiancheranno: “Vi dicevo dei miei nuovi compagni di viaggio in tour. È una bella storia ed è quindi giusto che io ve la racconti. Una sera di qualche mese fa sono andato ad ascoltare il talentuoso cantautore torinese Alberto Bianco in un piccolo club romano. Le canzoni di Alberto mi piacciono da sempre, ma era la prima volta che lo ascoltavo con la sua nuova band. Bravi, uniti e indipendenti dal luogo, indipendenti dal riscontro. Liberi. Felici. Poi i complimenti e una birra insieme appoggiati al muro. Quando in previsione del nuovo tour ho capito che sarebbe stato difficile rimettere insieme la vecchia banda mi sono rivenuti in mente quegli sguardi. La fortuna di avere un palco a disposizione, un furgone pieno di strumenti e una birra pagata al bancone. A prescindere da tutto il resto. Ed è così per me da venti anni almeno. Quindi li ho chiamati per chieder loro di accompagnarmi in questo tour. E così sarà. La musica che sostiene altra musica e insieme libertà e speranza. La speranza di un giovane musicista che suona in un piccolo locale magari davanti a 10 persone dando tutto se stesso anche perché magari tra quelle 10 persone c’è qualcuno che a sua insaputa è lì per lui e gli cambia la vita. Non credo di poter cambiare la vita di nessuno, ma di alimentare una speranza questo sì.”

A seguire le prime date confermate:

  • 18 maggio Teatro Lyrik – Assisi (PG);
  • 21 maggio Teatro Augusteo – Napoli;
  • 22 maggio Auditorium Parco della Musica – Roma;
  • 23 maggio Auditorium di Milano;
  • 24 maggio Auditorium di Milano;
  • 26 maggio Auditorium Manzoni – Bologna;
  • 27 maggio Teatro Colosseo – Torino;
  • 30 maggio Teatro Romano – Verona;
  • 20 luglio Campania dei caduti – Rovereto (TN);
  • 21 luglio Teatro Romano – Fiesole (FI);
  • 23 luglio Anfiteatro Romano – Lecce;
  • 25 luglio Teatro di Verdura – Palermo;
  • 29 luglio Arena Teatro D’Annunzio – Pescara.

Per festeggiare 20 anni di carriera, il 6 maggio Gianluca Grignani pubblica “Una strada in mezzo al cielo“, una raccolta di brani estratti dai primi due album, rivisitati e cantati con colleghi importanti.

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Gianluca Grignani.

“E vivo un metro più in là da quel che tu chiami realtà”, cantava nel 1996 Gianluca Grignani nel brano “La fabbrica di plastica”, decretato da un sondaggio della rivista Rolling Stones miglior brano rock italiano si sempre.

Gianluca Grignani esordisce nel 1995 con il best-seller album “Destinazione paradiso”, seguito nel 1996 dall’ottimo “La fabbrica di plastica”. E’ proprio grazie a questi due storici album che il cantante milanese festeggerà il ventennale della sua carriera. Si intitola infatti “Una strada in mezzo al cielo” il nuovo disco in uscita il 6 maggio, il quale avrà il compito di dare nuova linfa a queste storiche canzoni.

L’album contiene proprio gran parte dei brani dei primi due album di Grignani in versione completamente riarrangiata . Molti di questi pezzi saranno re-interpretati con big della musica italiana.
A duettare con il cantautore milanese saranno big di diversa estrazione. Così si va da Luciano Ligabue (in “La Fabbrica di Plastica”) a Carmen Consoli (“L’allucinazione”), da Elisa (“Destinazione Paradiso”) ad Annalisa (“La mia storia tra le dita”). E poi ancora Briga (“Rockstar”), Luca Carboni (“Falco a metà”), Fabrizio Moro (“Più famoso di Gesù”), Max Pezzali (“Primo treno per Marte”) e Federico Zampaglione (“Galassia di melassa”).

“Una donna così” (realizzato con gli italo-argentini “Del Barrio“), tratto da “Destinazione Paradiso”, fortunato disco d’esordio capace di vendere oltre 700mila copie solo in Italia e oltre 1 milione e mezzo nel mondo. Il video, diretto da Mauro Russo, è importante anche a livello simbolico. Infatti, per la prima volta, a essere protagoniste non sono modelle o attrici, ma le donne della famiglia di Grignani: la mamma, la moglie, la sorella e le due figlie.

Ecco il video sul canale VEVO ufficiale dell’artista.

 La tracklist di “Una strada in mezzo al cielo”

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Il nuovo album di Gianluca Grignani, in uscita il 6 maggio 2016.

01. “Destinazione Paradiso” (feat. Elisa);
02. “Una Donna Così”;
03. “L’allucinazione” (feat. Carmen Consoli);
04. “Come Fai”;
05. “Fabbrica Di Plastica” (feat. Ligabue);
06. “La Mia Storia Tra Le Dita” (feat. Annalisa);
07. “Madre”;
08. “Rockstar” (feat. Briga)
09. “Il Gioco Di Sandy”;
10. “La Vetrina Del Negozio Di Giocattoli”;
11. “Solo Cielo”
12. “Falco A Metà” (feat. Luca Carboni);
13. “Più Famoso Di Gesù” (feat. Fabrizio Moro);
14. “Allo Stesso Tempo”;
15. “Primo Treno Per Marte” (feat. Max Pezzali);
16. “Galassia Di Melassa” (feat. Federico Zampaglione);
17. “Una Strada In Mezzo Al Cielo” (il brano inedito che dà il nome al disco).

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