Save Our Souls: musica e consapevolezza per amare la vita in sicurezza, il rock non solo come ribellione ma anche impegno sociale

Save Our Souls in anteprima "Macte Animo"
S.O.S Live

Lunedì 10 marzo il pubblico del Legend di Milano ha assistito a una serata speciale grazie all’esibizione dei Save Our Souls (S.O.S.), che hanno presentato in anteprima assoluta il loro nuovo album Macte Animo!. Prima del concerto, ho avuto il piacere di intervistare il fondatore e frontman della band, Marco Ferri, in arte Bruco, figura chiave dell’alternative rock italiano degli anni Novanta.

Dopo la reunion con i membri originari degli S.O.S. nel 2015, che ha portato la band a esibirsi persino in Cina, nel 2018 è arrivata la svolta. Marco racconta: «Un fan degli S.O.S., impiegato in un’importante azienda nel settore della sicurezza, ci ha proposto di scrivere un brano sulla sicurezza sul lavoro. Così è nato Ancora Vivere, che affronta il tema dell’uso del cellulare alla guida, un argomento purtroppo ancora molto attuale». Il videoclip, realizzato da Murdaka Films, ha segnato l’inizio della collaborazione con Fondazione LHS e Faraone Academy. «Una visione giovane che rappresenta al meglio una band di maturi rockers», commenta Marco.

Save Our Souls in anteprima "Macte Animo"
Macte Animo! – Bruco SOS

Da quel momento, è iniziato un percorso che ha portato la band a presentare il brano al Teatro Brancaccio e a proseguire con la scrittura di altri pezzi dedicati alla sicurezza sul lavoro. Gli S.O.S. si sono esibiti in scuole e aziende, diffondendo messaggi di consapevolezza attraverso la musica. Marco, appassionato di fumetti, ha visto il suo gruppo apparire nel libro/fumetto Looks that kill (Chi sta mettendo a rischio la tua vita?), un progetto che promuove la cultura della sicurezza sul lavoro, la sicurezza stradale e l’educazione civica.

«La musica può essere uno strumento potente per affiancare la formazione sulla sicurezza, spiega Marco. Le ore di lezione sono fondamentali, ma una canzone o un video possono toccare corde emotive che la formazione tradizionale non sempre riesce a raggiungere».

Il titolo dell’album, Macte Animo!25, è nato quasi per caso. «Mi ha colpito questa locuzione latina che significa ‘coraggio’. Dopo il parere positivo di mia figlia Lucrezia, appassionata di latino ed insegnante, non ho avuto dubbi, racconta Marco. Per affrontare le difficoltà dei tempi moderni senza cedere all’effetto neutralizzante dei social, serve coraggio».

Save Our Souls in anteprima "Macte Animo!"

Oggi serve coraggio anche per scrivere canzoni su tematiche sociali, in contrasto con l’individualismo dell’epoca attuale. Se negli anni Settanta il rock significava sesso, droga e ribellione, oggi essere rock significa parlare di sicurezza sul lavoro e amore per la vita.

Il contributo musicale e le collaborazioni

Alla scrittura dei testi ha collaborato Andrea Amati, autore affermato, mentre il brano L’ultimo tornante, dedicato a Marco Pantani, ha visto il contributo del musicista e appassionato di ciclismo Angelo Mangili. Sul piano musicale, accanto alla storica sezione ritmica composta da Stefano Guidi (batteria) e Mauro Guidi (basso), si sono aggiunti Dario Spezia (chitarra) e Nicola Rossetti (tastiere).

La band ha un sound potente e ha condiviso il palco con artisti del calibro di Daniele Silvestri, Modena City Ramblers e Timoria.

Il brano più rappresentativo

Qual è il pezzo simbolo del nuovo disco? Marco non ha dubbi: Con Gli Occhi Aperti, la traccia d’apertura. «Sono riuscito a dargli un’impronta hard rock, il genere che più mi rappresenta. Il brano è un’evoluzione del nostro percorso sulla sicurezza sul lavoro: racconta una storia positiva, in cui il protagonista si salva grazie ai dispositivi di protezione individuale».

Marco utilizza la metafora della Formula 1, una sua grande passione, per sottolineare l’importanza della prevenzione. Cita l’incidente di Romain Grosjean, uscito illeso da un’auto in fiamme, una situazione ben diversa rispetto ai numerosi incidenti mortali del passato, grazie ai progressi nella sicurezza.

Save Our Souls in anteprima "Macte Animo" 3

Progetti futuri

E i prossimi concerti?  «Stiamo pianificando le date, vogliamo suonare nei locali e tornare nelle aziende e nelle scuole, dove i giovani mostrano un’attenzione straordinaria verso il tema della sicurezza sul lavoro e stradale. Le prossime tappe? Abbiamo in mente Roma, Bologna e, naturalmente, il Piemonte, anche per ringraziare i fan che sono venuti dalle Langhe per assistere al nostro spettacolo».

Infine, chiedo a Marco quali siano le sue influenze musicali, oltre al già citato hard rock. «Il jazz. Ho la fortuna di conoscere Paolo Favini, il sassofonista di Crozza, con il quale ogni tanto posso sfogare la mia passione per lo swing, interpretando brani di Sinatra, Nat King Cole, Dean Martin e Bublé».

I Save Our Souls continuano il loro viaggio musicale, dimostrando che il rock può essere non solo ribellione, ma anche consapevolezza e impegno sociale.

Articolo di Mauro Teti

…Perché Sanremo è Sanremo! A distanza di quasi un mese, per gioco, proviamo a fare un’analisi tecnica di alcuni dettagli 

…Perché Sanremo è Sanremo! Musica o parole? 1

Si sono spenti ormai da quasi un mese i riflettori sulla kermesse più importante dell’anno, quella che per una settimana sostituisce nelle chiacchiere da bar il calcio con la musica. E anche qui, come per un rigore giusto o sbagliato, il pubblico si è spaccato sulla canzone più bella o più brutta, su chi meritava il podio e chi no, evidenziando come a Sanremo valga sempre tutto e il contrario di tutto.

Allora proviamo a fare il gioco del “contrario di tutto”, attraverso un’analisi tecnica di alcuni dettagli, che potrebbe ribaltare la narrazione ufficiale della critica, che spesso definisce i migliori e i peggiori sulla base di alcuni parametri, ma trascurandone altri, altrettanto importanti.

Storicamente, la canzone italiana ha sempre trovato il suo punto di forza nel testo, o nella cantabilità delle melodie, mettendo in secondo piano l’aspetto armonico e quello ritmico, parametri molto più considerati e curati all’estero, soprattutto nei paesi anglofoni e nordeuropei. La musica è un linguaggio universale, le parole no. Nel senso che, solo chi parla la nostra lingua può percepire quel pugno nello stomaco e commuoversi ascoltando parole come quelle di Quando sarai piccola (di Simone Cristicchi), canzone dai versi molto intensi, ma che musicalmente non è dello stesso livello del testo, e che quindi in un Eurovision Song Contest difficilmente potrebbe emozionare allo stesso modo un pubblico da Basilea in su.

È curioso che i primi due classificati, Olly e Lucio Corsi rappresentino, il primo, la perfetta incarnazione del “ragazzo di oggi”, mentre il secondo la perfetta incarnazione del “ragazzo di ieri”, ossia un artista sognatore, che sembra catapultato dagli anni ’70 ai giorni nostri, attraverso la macchina del tempo.

Olly, background da trapper, al quale è stato talvolta contestato l’uso di parole violente e aggressive in alcune sue canzoni, è un personaggio perfettamente in linea con il linguaggio dei suoi coetanei, in un contesto musicale che fa dell’autocelebrazione e dell’ostentazione le proprie armi migliori (o peggiori); Lucio Corsi, che molti hanno già definito come “anti-trap”, è invece l’antitesi dello spaccone: è colui che le botte le prende, che non si sente speciale, né vuole esserlo, ed è l’emblema del “ragazzo qualunque”, che rivendica la propria normalità, muovendosi in un mondo fiabesco e poetico, in cui il tempo sembra essersi fermato.

Eppure i due ragazzi hanno una cosa in comune: i ritornelli delle loro canzoni sono entrambi costruiti sul tradizionalissimo e nazional-popolare “Giro di Do” (anche se uno è in C# e l’altro in E), ossia quel giro armonico di quattro accordi “da spiaggia” che catturano spesso la maggioranza del pubblico “profano”, proprio per la semplicità del linguaggio musicale, molto basic, quindi accessibile e comprensibile a tutti.

Per intenderci: su questa progressione di accordi sono stati costruiti dei classici della musica italiana degli anni ’60, come Il cielo in una stanza, così come delle canzoni simbolo del trash anni ’80, quali Sarà perché ti amo o Felicità, fino ad arrivare alle hit estive dei giorni nostri, come Disco Paradise.

…Perché Sanremo è Sanremo! Musica o parole?

A proposito di Felicità, i Coma Cose, ossia gli “Albano e Romina” del terzo millennio, si candidano a entrare nell’Olimpo del trash italiano con il loro Cuoricini, il cui ritornello è praticamente sovrapponibile al brano di Albano e Romina.

Adesso, in questo “gioco del contrario”, proviamo a invertire le parti, parlando di canzoni con testi più frivoli (e per questo considerate di “livello inferiore”): è il caso di Anema e core, brano di Serena Brancale, grande voce jazz, che ha fatto storcere il naso ad alcuni critici, i quali sostengono che un talento del genere meriti un brano di maggior spessore artistico.

C’è chi ha detto che è una “baracconata”, chi addirittura l’ha etichettato come “neomelodico” (come se bastassero quattro parole in dialetto napoletano per essere  etichettato come “neomelodico”!), ma nessuno ha citato il raffinato tessuto armonico su cui si basa la composizione, e che denota un grande spessore musicale e una conoscenza dell’armonia jazz da parte dell’artista, che va ben oltre il sopraccitato “Giro di Do”.

Se a questo aggiungiamo un ritmo ballabile e accattivante, è ipotizzabile che il brano possa avere molte più chance degli altri di scalare le classifiche internazionali. Ribadiamolo: all’estero non capiscono le parole, ma la musica sì.

Per i motivi appena citati, il brano più internazionale di tutti sembra essere La mia parola (di Shablo, Guè, Joshua, Tormento), con una introduzione di voci gospel e un bridge ricco di elaborati e raffinatissimi accordi jazz, che hanno trasformato una canzone trap in un brano soul r&b, che strizza l’occhio ad artisti anglo-americani come John Legend o Craig David. A tal proposito, è il caso di citare il maestro che ha diretto l’orchestra, e che è anche uno degli autori firmatari del brano: stiamo parlando di Luca Faraone, un musicista molto noto e apprezzato sulla scena londinese e che è stato chitarrista, indovinate un po’, proprio di Craig David… sarà un caso?

Ritmicamente, sono tornati di moda i brani terzinati: terzinati sono il primo classificato (Balorda nostalgia, di Olly), e l’ultimo (Pelle diamante, di Marcella Bella); lo è anche il brano di Francesco Gabbani (Viva la vita), anche se diverso dagli altri due, con un carattere molto soul e un’introduzione che ricorda Knockin’ on heaven’s door; ma soprattutto è un terzinato la sigla tormentone (Tutta l’Italia, di Gabry Ponte), che ci ha martellato ogni sera, e che (siamo pronti a scommettere), prima ancora di spopolare nelle discoteca, diventerà una hit da stadio, con i tifosi che, saltando a tempo sugli spalti, sostituiranno la frase “Tutta l’Italia” con le frasi “Tutto lo stadio” o “Tutta la curva”.

Perdonate i nostri gusti da boomer, ma noi siamo rimasti legati alla tradizione e affezionati alla vecchia sigla… perché Sanremo è Sanremo!

Articolo di Chiara del Vaglio

Paola Angeli: “La vera me” l’ultimo album, racconta la bellezza interiore, la diversità, l’anticonformismo; la versatilità nello stile e nei contenuti

Paola Angeli “La vera me”, l’ultimo lavoro discografico
“La vera me” il nuovo progetto discografico di Paola Angeli

Paola Angeli presenta “La vera me”, il suo progetto discografico in studio, prodotto e arrangiato da Giancarlo Di Maria (etichetta Parametri Musicali). L’ultimo album della cantautrice bolognese, 12 brani di cui 11 inediti e una cover di Dylan, mostra la sua versatilità nello stile e nei contenuti, spaziando da brani di stampo classicheggiante all’elettro-pop, raccontando la bellezza interiore, la diversità, l’anticonformismo, con la sua voce calda e presente.

Il primo brano del tuo disco si intitola “Il cervello”: perché hai scelto proprio questo pezzo per aprire l’album?

Woody Allen risponderebbe: “perché il cervello è un oggetto pratico e vintage e io adoro avere addosso qualcosa di pratico e vintage”. Scherzi a parte, ho scelto questo brano perché pur essendo surreale, (immagino di aprire gli occhi e trovarmi a disposizione 365 cervelli, uno per ogni giorno dell’anno), credo sia assolutamente un tutt’uno con la realtà e con il desiderio di evolvere, di cambiare opinioni, pensieri, idee. Molti anni fa mi colpì molto una frase di Enrico Ruggeri: “cambiare idea non è sinonimo di superficialità o di qualunquismo, ma fa parte della naturale e necessaria evoluzione dell’essere umano”. “Osate cambiare, percorrere nuove strade” diceva il Prof Keating nel film “L’attimo fuggente”. Perciò sperimento tanti cervelli.

Qual è il cuore di questo disco?

Senza dubbio il brano che dà il titolo all’album “La vera me”, perché è un pezzo in cui mi metto davanti a me stessa e mi libero di tutte le maschere e le sovrastrutture che inesorabilmente indosso ogni giorno. Quando mai siamo autentici? Ma l’altra domanda più impegnativa è: “siamo sempre sinceri con noi stessi?” Quante volte per paura di cambiare accettiamo situazioni che non ci appartengono, che non sono adatte al nostro universo interiore? Quante volte ci snaturiamo? In questo pezzo cerco di raccontare come vivere la vera me, la mia natura più intima e sincera, senza condizionamenti, evitando di essere incorniciata nel conformismo, nel “si fa così perché tutti lo fanno e quindi è giusto”. Mi sono sempre ribellata a questa logica.

Quanto della tua vita c’è in questo disco in termini di tempo e quanto c’è di te?

C’è metà della mia vita, perché questo disco raccoglie più di vent’anni di scrittura di canzoni. Onestamente voglio dire che oltre alla mia vita c’è anche quella di Giancarlo Di Maria, che ha arrangiato e prodotto questo disco e che mi segue da sempre. Ci sono ore di lavoro, di fatica, di confronto e c’è la fiducia, la stima, il rispetto e la libertà di costruire, brano dopo brano, la vera me, la vera Paola, quella che va controcorrente, che non teme di mostrarsi per quella che è, per ciò che sente, che pensa, che vive. Quindi io sono le mie canzoni e viceversa, in questo disco c’è tutto di me, c’è Paola e il suo sguardo, spero mai banale, su vari temi come la diversità, l’amore, la bellezza interiore, la coscienza, Dio.

Paola Angeli - La vera me - Copertina
Paola Angeli – La vera me – Copertina

L’’ultimo brano è una cover di Bob Dylan: “License to kill”. Perché hai scelto Bob Dylan e in particolare questa canzone?

Bob Dylan è un cantautore che stimo e che è molto lontano dal mio stile di scrittura e dal mio mondo vocale: per questo ho scelto di re-interpretare un suo brano, sperimentando qualcosa di assolutamente opposto a quella che sono.

Se avessi scelto un altro artista vicino a me sarebbe stato scontato e non avrei avuto la possibilità di misurarmi con una canzone così diversa da quelle che scrivo io e con uno stile interpretativo agli antipodi. “License to kill” è una ballata rock, che Dylan canta con voce di sabbia, io l’ho rallentata e l’ho addolcita rendendola essenziale e così è stato per l’arrangiamento di soli piano e archi.

Mi piace il testo, mi piace il modo in cui Dylan descrive la coscienza umana, il suo è uno sguardo originale, quasi un monito che ricorda all’uomo che non può agire come vuole, non tenendo conto di come questo agire possa poi riflettersi sugli altri, quali conseguenze può provocare.

È evidente che per te le parole sono importanti quanto la melodia: per chi fosse curioso di leggere i tuoi testi dove può trovare il tuo disco?

Le parole sono uno strumento potentissimo perché hanno il potere di dare conforto o di distruggere. Parto quasi sempre dalle parole per scrivere una canzone, la musica è già dentro le parole. Mi piace farle sentire quando canto, cercando di essere molto chiara. Il disco esiste in versione cd e chi volesse acquistarlo può scrivere a shop@paolaangeli.it.

Articolo a cura di Gaetano Reggente

Monia Russo, “Bacio Francese” racconta una serata perfetta, dove tutto si incastra alla perfezione con naturalezza e semplicità

Bacio Francese il nuovo singolo di Monia Russo
Bacio Francese il nuovo singolo di Monia Russo (Foto di Ilenia Luzzara)

Monia Russo,  cantautrice sanremese dal sound pop-R&B torna con il singolo “Bacio Francese”, presentando una veste stilistica molto interessante, nella quale l’artista trova il suo comfort artistico. Con una personalità magnetica, una voce calda e un’energia travolgente, Monia ha intrapreso un percorso musicale iniziato nel luglio del 2005 con la vittoria al Festival di Castrocaro Terme. Nello stesso anno partecipa e vince l’Accademia di Sanremo, guadagnandosi così un posto nella categoria giovani al 56° Festival della Canzone Italiana, dove si classifica finalista con il brano “Un Mondo Senza Parole”. Nel 2006 consegue il premio AFI.

Dopo altre due partecipazioni a Sanremo, nel 2009 e nel 2010, ricalca il palco del Festival insieme a Povia. Monia ha trascorso tre anni in tour nazionale, collaborando con altri artisti, e altri due da solista, apparendo in innumerevoli programmi televisivi, tra cui Porta a Porta, Domenica In, Scalo 76, Festa Italiana, Buona Domenica, Insieme sul Due, Cominciamo Bene, Lo Zecchino d’Oro e Chi Ha Incastrato Peter Pan. Inoltre, ha collezionato diverse partecipazioni internazionali, rappresentando la musica italiana in Russia, Israele, Malta e collaborando con artisti come Claudio Baglioni, Povia, Ron, Franco Fasano e molti altri. Dal 2016 al 2019 è stata in tour nazionale con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo.

Negli ultimi anni ha pubblicato una serie di singoli, tra cui “La Vita è Un Bluff”, “Karitè”, “Dakar”, “Cellula”, “Labbra Sensei” e “Come Vimini”. Dal 2024 inizia la produzione e la collaborazione con Faffa, con il brano “Tristezza Light”, che le ha garantito l’accesso alla finale del Festival di SanNolo 2024.

Monia Russo, il singolo "Bacio Francese" 2
Monia Russo (Foto di Ilenia Luzzara)

“Bacio Francese” è il singolo che conferma la tua nuova dimensione R&B. Hai raggiunto la maturità. È una seconda fase artistica rispetto agli inizi più pop?

Partiamo dal presupposto che un artista, in generale – e sta succedendo anche a me – da quando inizia a scrivere le proprie canzoni, vive una sorta di maturazione. Si impara a conoscere sé stessi sempre di più e a capire ciò che si vuole e ciò che non si vuole. Un po’ come succede nella vita, accade anche nelle canzoni. Sicuramente, andando avanti, sta emergendo sempre di più la mia vena artistica, che mi appartiene in maniera sempre più forte. Sono nata dal pop e le influenze R&B e soul fanno parte della mia crescita personale e artistica.

Sono cresciuta ascoltando Whitney Houston, Mariah Carey e Stevie Wonder. Ho studiato e imparato a cantare “mangiando” quei dischi. Questi generi, che sono più nelle mie corde, mi hanno regalato tante emozioni. D’altra parte, io sono una “poppettera”, perché ascolto il pop e mi sono emozionata con questo genere. Questa fusione ha sempre fatto parte della mia realtà quotidiana, sia in ciò che ascolto sia in ciò che scrivo solitamente.

Il taglio che ha dato un po’ di differenza tra i generi è stato principalmente la parte curata dalla direzione artistica, che oggi è diversa. Con il nuovo direttore artistico, siamo riusciti a scavare e dal singolo “Tristezza Light” è iniziato un nuovo percorso, perché sto collaborando con Alessandro (in arte Faffa) e abbiamo trovato una verve con un’anima R&B che pulsa molto forte.

Nel nuovo singolo hai portato delle sfumature che io non sentivo dai tempi delle Pussycat Dolls. Suoni che non sentivo da anni. Sui tuoi canali YouTube, spesso sperimenti con la tua tastiera e con la tua voce, come se cucinassi musica.

Sì, mi piace cucinare la musica, vivo di questo. La sperimentazione è una cosa che mi fa stare bene, probabilmente per la mia formazione, perché arrivo dal Conservatorio. Il fatto di spingermi sempre oltre e imparare cose nuove mi stimola ad ascoltare nuova musica e quindi ad assorbire nuove influenze che posso inserire nella musica che faccio e che scrivo. Ti ringrazio per queste belle osservazioni.

Rispetto ai singoli precedenti, “Bacio Francese” ha una durata molto breve ed è una canzone che arriva subito. È una scelta stilistica voluta? Anche perché le attenzioni sulle canzoni sono molto brevi, a causa dei video su TikTok e Instagram.

Sulla durata del pezzo, è nata proprio così. È stata una casualità. In quei due minuti ho detto tutto ciò che dovevo dire. Non è stata fatta per un’altra motivazione particolare. A volte ti impongono i tempi delle canzoni, ma non è sempre un male, perché rispetto al pop precedente, ti permettono di sviluppare delle strutture che non seguono la classica struttura del testo, ma offrono soluzioni super originali (in questo caso è un bene). Riguardo all’attenzione, devo essere onesta: quando scrivo le canzoni, butto dentro quello che devo esprimere, poi, ovviamente, con le indicazioni del produttore e delle persone con cui collaboro, si cercano eventuali miglioramenti per valorizzare il pezzo. “Bacio Francese” è nata di getto e non è stata tagliata.

Monia Russo, il singolo "Bacio Francese" 1
Monia Russo (Foto di Ilenia Luzzara)

In questo video, si parla di una serata con amici, finita con un bacio. Dove è il protagonista che ha vissuto questa esperienza con te?

In realtà parla di una situazione con il partner, dove tutto si incastra alla perfezione con naturalezza e semplicità. Sono sempre bellissimi quei momenti di connessione totale. Quindi cose semplici, una delivery, qualche presa in giro dispettosa e un po’ di passione. Questo è stato il mio pensiero. Il ragazzo non appare nel video, non esiste nel mio immaginario. È la miscela delle esperienze.

Ho letto che ci sono altri inediti già pronti e altri in fase di scrittura. Questa intensa fase di scrittura sarà accompagnata da live? Hai qualcosa in cantiere per Milano, che spesso frequenti.

Sono milanese di adozione e giro molto il territorio, perché viaggio sempre. Stiamo programmando dei live. Uno sarà a marzo e altri saranno comunicati prossimamente sui social.

Come è stata l’esperienza al SanNolo Festival 2024 a Milano?

SanNolo è stata una bellissima esperienza, perché ho avuto l’opportunità di conoscere altri artisti molto talentuosi. Sono entrata nel loro mondo, perché ognuno di loro portava brani diversi e inediti. Avevano un universo attorno, legato ai loro progetti artistici. È stato importante interfacciarmi con altre realtà e confrontarmi. È stata una bellissima esperienza perché ho avuto la possibilità di esibirmi in due locali e, soprattutto, davanti a persone che vivono di musica ogni giorno. Questo mi ha stimolato a ricevere critiche costruttive, che mi hanno dato l’opportunità di migliorare. Il confronto permette una costante crescita e, anche quando arriva una critica che può darti fastidio, io ci rifletto e la mia voglia di mettermi in gioco è tanta. Fin da piccola, ho sempre avuto la determinazione di realizzare i miei obiettivi. Quando ricevo critiche, vedo in esse un valore aggiunto e cerco di lavorare per migliorarmi.

Come vivi il rapporto sui social, dove spesso ci sono profili che commentano solo per attaccare e offendere gli artisti, anche se fortunatamente ho letto solo commenti positivi?

Quando sono uscita nel 2006 e ho partecipato per la prima volta a Sanremo, spesso leggevo commenti di chi diceva che avevo pagato per essere presente alla manifestazione. In realtà, lavora solo mio padre e sono stata selezionata per il mio talento. Quei commenti, nonostante fossi giovane, mi hanno segnato e mi hanno fatto mettere una corazza, uno scudo che mi permette di non farmi influenzare troppo. Mi feriscono solo se provengono da chi mi conosce e ha qualcosa di valido da dire. Se invece scrivono solo per cattiveria, me ne infischio. Sono molto sensibile e se dovessi dare retta a tutto ciò, non vivrei più.

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Monia Russo (Foto di Ilenia Luzzara)

La tua città natale (Sanremo) ti ha segnato negli esordi con la doppia partecipazione con Povia a Sanremo 2009 e 2010. Hai ricevuto tantissimi riscontri positivi dalla critica e sui social per la tua esibizione. Inizialmente non hai avuto timore che i testi di Povia, finiti al centro di polemiche come il brano “Luca era gay”, potessero segnare e condizionare la tua carriera?

In realtà, l’ho fatto con tutta l’incoscienza del mondo. Quando mi è stato chiesto di collaborare a quel brano, l’ho vista con l’innocenza di una ragazza di vent’anni che desiderava farsi notare. Ho lasciato parlare la musica e la voglia di tornare a cantare a Sanremo. Io sono nata come solista e l’idea di andare come collaboratrice/seconda voce mi poneva dei dubbi, ma la mia preoccupazione era più che altro legata alla mia immagine musicale.

Per quanto riguarda i testi, ritengo che Povia sia un cantautore in gamba e libero di esprimere le sue opinioni, assumendosi la responsabilità di ciò che fa e scrive. Non mi sono preoccupata; quando l’ho ascoltato, ho sentito che era un brano molto bello e lo riascolto con emozione nel cuore. Ho solo bei ricordi e non ho vissuto questa esperienza in modo negativo. Anzi, mi ha fatto del bene e, come hai detto tu, ho ricevuto tantissimi riscontri, il che è stata la cosa più importante, un’esperienza da raccontare.

Qual è il tuo rapporto da sanremese con il Festival di Sanremo, dove hai debuttato nel 2006 nella sezione Giovani?

Sono nata a Sanremo, seguo tutto e sono attaccata ai social. Non vedo l’ora di tornare a Sanremo e sono una fan sfegatata. Spero di tornarci presto, perché per me sarebbe un nuovo punto di partenza. Spero che la vita mi dia questa possibilità per rimettermi in gioco nuovamente come solista e con una maturità diversa, che mi permetta di aprire nuovi orizzonti e di giocare le mie carte, che sono lì da anni e stanno maturando.

Dopo un Sanremo Giovani nel 2006 e due edizioni tra i Big (2009 e 2010), eri lanciatissima, ma hai comunque deciso di dedicarti allo studio iscrivendoti al Conservatorio. È stata una scelta forte e coraggiosa. Cosa è scattato dentro di te?

Arrivo da una famiglia in cui mio padre è un musicista che poi ha intrapreso la strada dell’insegnamento e, da questo punto di vista, mi ha sempre supportato moralmente e non solo. Lui ha sempre suonato jazz e musica classica. Mi ha sempre detto che dovevo studiare musica e diplomarmi al conservatorio. Quando sei piccola, certe cose non le percepisci. Ho fatto il percorso opposto, iniziando a cantare a sette anni. A tredici ho partecipato a Castrocaro.

È stato tutto così, in modo opposto. Ho fatto tante esperienze e poi mi sono resa conto che avevo voglia di conoscere tutto l’universo musicale, che ti permette di essere una musicista a 360 gradi. Non basta cantare e prepararsi per la performance; ci deve essere il talento, ma avevo voglia di approfondire. Tutto questo mi ha portato a iscrivermi al Conservatorio per ampliare le mie conoscenze e studiare uno strumento, scegliendo il pianoforte, che mi ha permesso di concentrarmi sulla scrittura delle canzoni. Mi ha regalato molto e lo consiglio a chiunque.

Articolo a cura di Raffaele Specchia

Maler presenta “Canti lunari”: il suo quarto lavoro discografico, affollatissimo di suggestioni poetiche e musicali

Maler presenta “Canti lunari”, il nuovo album
Maler

“Canti Lunari” il quarto lavoro discografico di Maler è una celebrazione del principio femminile dell’esistenza attraverso undici canzoni che mescolano mito e sogno nel segno della rinascita interiore.

Tra i rari artisti che, in controtendenza rispetto alle tentazioni del mercato musicale, sembrano credere ancora nel potere evocativo e taumaturgico della parola spicca sicuramente la figura di Maler, all’anagrafe Mattia Carlo Andreoli, che in questi giorni ha annunciato sul suo sito (www.cantidimaler.it) la pubblicazione su cd dell’album “Canti lunari“, uscito in formato digitale esattamente un anno fa.

Prodotto e arrangiato da Giancarlo Di Maria per Parametri Musicali, “Canti lunari” è il quarto lavoro in studio del cantautore veronese ed è composto da undici canzoni che, come dichiarato da Maler in più occasioni, intendono celebrare il lato segreto della natura.

Fin dal primo ascolto, in effetti, ci si trova catapultati in una sorta di sogno consapevole in cui le connessioni tra uomo e cosmo appaiono ristabilite, ogni mutamento è accettato e integrato, e la ricerca della propria verità interiore sembra l’unica strada da seguire.

Concepito durante il lockdown, trascorso dall’artista in un borgo spopolato della campagna padana, l’album è, al contrario, affollatissimo di suggestioni poetiche e musicali. Ogni strofa è una visione di paesaggi che, se da una parte ci proiettano tra le avvolgenti nebbie del Nord, dall’altra si arricchiscono di volta in volta di elementi mediterranei.

Animali guida, divinità greche e antichi riti di iniziazione ai misteri della Grande Madre, costituiscono l’ossatura creativa di questo progetto che sembra fondere tradizione alchemica, già esplorata da Maler ai tempi dell’album “Mutamento” (Parametri Musicali, 2010), ed echi di rituali pagani in un susseguirsi di immagini che lasciano senza fiato.

Raggiunto telefonicamente, Maler ci racconta: «La parola non può restituire completamente l’esperienza vissuta, ma può alludere, creare spazi poetici in cui siano i simboli stessi a raccontare, consentendo a chi ascolta di farli risuonare secondo la propria immaginazione e sensibilità. Nel periodo in cui le canzoni hanno preso forma ho camminato a lungo per i campi in perfetta solitudine, ritrovando una connessione perduta con il mondo naturale, una sorta di partecipazione mistica che mi ha toccato in profondità. Ma tranquilli – aggiunge ironicamente – non prevedo di fondare nuove religioni».

Maler - Canti lunari - Cover
Maler – Canti lunari – Cover

Abbiamo chiesto a Maler se, come per il precedente album “Mu” (2018) ispirato alla vita e alle opere dello scrittore Joseph Roth, anche ”Canti lunari” risenta di influenze letterarie. «Paradossalmente i riferimenti letterari sono emersi a disco ultimato – ci spiega – quando ho cominciato a cercare corrispondenze tra il flusso di immagini che avevo intercettato e le fonti del passato. Ho trovato cose estremamente interessanti, ma se devo riassumere in una frase il senso di questo progetto, mi affido a un’espressione di Bernardo di Chiaravalle che scriveva: “troverai più nei boschi che nei libri”».

Decisamente conquistati dagli arrangiamenti quasi cinematografici di Giancarlo Di Maria, abbiamo, infine, chiesto a Maler come nasca l’idea di servirsi dell’elettronica per vestire i suoi testi che sembrano, invece, sottintendere una profonda critica a un presente dominato dalla tecnologia.

«Non rilevo la contraddizione – ci risponde – l’intelligenza dietro i suoni del disco è tutta umana, frutto di studio e assoluta padronanza del linguaggio musicale da parte di Giancarlo Di Maria. Così come io ho la massima libertà sui testi e sulla componente melodica così Giancarlo, mio produttore e arrangiatore fin dagli esordi, ha mano libera sul mondo sonoro da costruire attorno alle canzoni e, ogni volta, mi sorprende per la capacità di aggirare le soluzioni più ovvie per creare, come in questo caso, un armonioso contrasto, che diventa equilibrio, tra la densità della parola e la fluidità dei suoni».

Non ci resta che invitare all’ascolto di “Canti lunari” e, per chi si fosse perso i dischi precedenti, di tutto il repertorio di questo cantautore, che sembra davvero credere nelle magiche virtù della parola.

Presentato al grande pubblico da Rosario Fiorello nel 2006, Maler, nel corso della sua carriera, ha ricevuto importanti riconoscimenti come il Premio SIAE/Club Tenco e il Premio Musicultura. Il suo progetto dedicato a Joseph Roth è stato presentato a Parigi, nell’ambito di un’iniziativa organizzata dall’Università La Sorbona per celebrare lo scrittore austriaco. Il suo brano più noto, “Demone del tardi”, tratto dall’album “Dell’ora o del mai” (Irma Records, 2006) è sigla dell’omonimo programma condotto da Gianmarco Bachi su Radio Popolare.

Articolo a cura di Gaetano Reggente

Amedeo Minghi: il tour “40 anni da 1950”  un viaggio nella storia delle sue canzoni e i brani del nuovo progetto “Anima sbiadita” 

Amedeo Minghi: un artista senza tempo
Legnano Teatro Tirinnanzi Amedeo Minghi (Foto di Sergio Banfi)

Amedeo Minghi, un artista senza tempo, è andato in scena al Teatro Tirinnanzi di Legnano con il suo tour “40 anni da 1950”, proponendo una scaletta che spazia tra i brani del suo ultimo progetto “Anima sbiadita”, uscito nel 2024, e un viaggio nella storia delle sue canzoni che hanno segnato la musica italiana.

Sul palco erano presenti il sestetto d’archi dell’Orchestra “I Ricordi del Cuore” e la sua band, composta da Giandomenico Anellino alla chitarra, Luca Perroni al pianoforte, Alessandro Mazza al basso, Stefano Marazzi alla batteria e le voci di Angela Pascucci e Giordano Spadafora.

Il concerto si apre con un dialogo tra l’artista e il pubblico, che ha già avuto modo di visitare questo teatro. Minghi racconta del nuovo album “Anima sbiadita” in una sala piena. Introduce la nuova canzone “Live Moti”, dedicata a un amore adolescenziale, cantando “Il mondo” di Jimmy Fontana.

Amedeo Minghi (Foto di Sergio Banfi) - Legnano Teatro Tirinnanzi
Amedeo Minghi (Foto di Sergio Banfi) – Legnano Teatro Tirinnanzi

Subito dopo, attacca con il suo primo pezzo, e il pubblico applaude a ritmo. Minghi racconta: «Questi ricordi di cui parlo tanto in questo album sono fondamentali perché da essi scaturisce un confronto. Queste storie influiscono e ci girano intorno, come questo amore di una ragazza dell’est», che è il preludio alla canzone ‘I colori dell’est’.

Molto elegante nelle note e nella presenza scenica, un lungo applauso segue dopo la seconda canzone. La sua ironia attira nuovamente l’attenzione del pubblico, che gli chiede di cantare “Sinceramente tu”, e lui risponde: “Fa parte dei ricordi, e sarebbe servito un trentennio in meno. Ora siamo qui per parlare di quello che sarà. Le mie nuove canzoni le fanno ascoltare in radio; sono canzoni inutili perché parlano della guerra in un momento storico in cui ci sono più guerre. Con il brano ‘1950’ ne avevo già parlato. È un tema importante e ne ho scritto anche una in questo album: ‘L’importante è Lei (Maledetta)’. La guerra è dei matti.”

Amedeo Minghi: un artista senza tempo 2
Amedeo Minghi (Foto di Sergio Banfi) – Legnano Teatro Tirinnanzi

Amedeo canta con un ritmo cadenzato e soave, anche su un tema così ostico come quello della guerra, riuscendo a essere delicato. Dopo la canzone “Dimenticarsi mai”, confessa che nella prossima vita “scriverà canzoni più semplici”. Nella seconda parte del live, introduce il brano principale dell’album “Anima sbiadita”, nel quale afferma che avrebbe voluto un universo diverso, ma speriamo in un futuro migliore, anche se questa umanità resta sbiadita. L’artista lascia spazio anche ai suoi giovani vocalist, che cantano “Dubbi no” (brano scritto da Minghi e Panella) e interpretato da Mietta a Sanremo nel 1991, e “Superoi” di Mr. Rain, portato a Sanremo nel 2023.

Nel finale, Amedeo Minghi canta i suoi brani più conosciuti: “I ricordi del cuore”, “Decenni”, “1950”, il tormentone “Vattene amore” con il pubblico e chiude con il capolavoro “La vita mia”.

Amedeo Minghi: un artista senza tempo 3
Amedeo Minghi (Foto di Sergio Banfi) – Legnano Teatro Tirinnanzi

Un ritorno di Amedeo Minghi che ha ripagato le attese del pubblico, con un album sicuramente più introspettivo, maturato in otto anni di assenza, nel quale l’autore ha potuto tracciare traiettorie più libere nei testi e nelle parole. Restano sublimi i tappeti sonori delle sue canzoni, che rendono l’artista unico in Italia. Un cantautore che ha portato l’opera nel pop, sempre attento però ai tempi moderni.  Un visionario della musica.

Recensione di Raffaele Specchia

Maurizio Costanzo pubblica l’album “La faccia delle persone”, un disco ricco di sonorità e atmosfere raffinate, intime e riflessive

Maurizio Costanzo: "La faccia delle persone", l'album   1
“La faccia delle persone” di Maurizio Costanzo

Maurizio Costanzo,  “Mia madre ha il Parkinson, secondo singolo in radio, è un commovente momento autobiografico, raccontato con parole emotivamente forti

Il cantautore bolognese (di origine calabrese) Maurizio Costanzo pubblica un album “La faccia delle persone” (etichetta Parametri Musicali) ricco di sonorità e atmosfere raffinate, intime e riflessive. Un disco – disponibile in formato fisico, in digital download e su tutte le piattaforme streaming – che non rincorre la radiofonicità disperata, non fa la voce grossa con melodie che strizzano l’occhio agli imperativi estetici e ai giochi seduttivi del mercato discografico. E non chiama a raccolta gli ormai abusati clichè della musica pop attuale.

L’artista bolognese muovendo da un’ottica discorsiva-cantautorale riesce a porre l’accento su tematiche sociali e attuali che fanno parte della sua biografia: nostalgia, amori sognati, sconfitta e rinascita, riconoscimento della forza rigenerativa del mondo femminile, imperscrutabile dolore di fronte alle estreme conseguenze della malattia degenerativa di sua madre.

Un mondo privato che viene raccontato con passo felpato e innegabile capacità immaginativa, attraverso l’uso di un linguaggio semplice, poetico e un uso delle parole finalizzato a creare “incisi” letterari d’effetto.

Questo suo primo lavoro discografico nasce subito dopo l’incontro con Roberto Costa, figura di riferimento della musica leggera italiana, arrangiatore e collaboratore storico di Lucio Dalla, Ron, Luca Carboni, Mina, Gianni Morandi. La collaborazione tra i due inizia casualmente davanti a una birra consumata in un locale bolognese e prosegue con quattro mesi di elaborazione e progettazione sonora in uno studio di registrazione.

Maurizio Costanzo - La faccia delle persone - Copertina
Maurizio Costanzo – La faccia delle persone – Copertina

Già il titolo, “La faccia delle persone”, è una dichiarazione d’intenti e uno slogan che sintetizza il contenuto dell’album: scrutare le diverse personalità e le variegate identità insite in noi, con cui conviviamo quotidianamente. Sulla copertina, infatti, Maurizio Costanzo appare travestito da impiegato, turista, prete, teppista, clochard, marinaio e donna.

Biancaneve spezza il pane / la vita che viene e poi muore / la sete che rimane / e un foglio scritto col suo nome / Poi arriva un temporale / porta via ogni dispiacere”, recita il testo di Biancaneve, canzone che ci immerge nelle difficoltà che le donne affrontano nell’arco della propria esistenza. Ma come la fiaba anche in questo brano il messaggio è chiaro: nonostante le avversità, le contraddizioni e gli ostacoli, la vita positiva è alla portata di tutti.

In “Mia madre ha il Parkinson”, canzone dal forte sentimento autobiografico, l’artista riflette sulla sua esperienza accanto a una persona costretta a vivere con una malattia degenerativa: “la memoria chiusa in una stanza / le spalle come un filo di cartone / o la neve quando muore sui muri / o nel mare”, sussurra Costanzo, con parole emotivamente forti.

“Aspettando amore ”, l’ultimo brano del disco, evidenzia come è facile arrivare al punto di perdere l’equilibrio interiore se manca l’amore. “Mia nonna ancora aspetta / davanti a una finestra / che si sciolga la neve / e che arrivi l’amore”: in pratica nessuno sfugge a questa regola. E per amore non si intende necessariamente quello tra uomo e donna, ma qualsiasi tipo, anche platonico.

Per Maurizio Costanzo i primi passi nel mondo della musica risalgono a molti anni fa: dopo il diploma in Conservatorio e la laurea all’Università di Bologna inizia la carriera di musicista classico. Decide negli anni poi di intraprendere anche l’attività di giornalista, scrivendo per diversi quotidiani nazionali e curando per la casa editrice, Kore Edizioni, riviste di design e architettura. Solo successivamente arriva la scrittura di testi cantautorali. Arriva l’amore per la musica leggera. E arrivano nuove strade da percorrere.

Questa la tracklist dell’album di cui Maurizio Costanzo è unico autore, sia dei testi sia della musica.

  1. Tutto quello che rimane
  2. Cercami
  3. Mi perdo in un bicchiere
  4. Biancaneve
  5. Mia madre ha il Parkinson
  6. Come in una favola
  7. L’ultimo giorno
  8. Aspettando amore

Articolo di Gaetano Reggente

Come rivendere il biglietto per un concerto a cui non si può partecipare: consigli

Hai acquistato un biglietto per il concerto del tuo artista preferito ma non puoi più andare? Oppure, hai comprato i biglietti per più date per essere certo di poter andare e vuoi rivendere quelli in esubero. O qualcuno ti ha regalato un biglietto in più e ora non sai cosa farne di quello in più?

In tutti questi casi una soluzione è la rivendita del biglietto. Rivendere il biglietto a un amico oppure a un altro fan ti permette di andare a recuperare in parte o del tutto il costo dello stesso, inoltre, offre la possibilità a un’altra persona di poter vedere il concerto per il quale non è riuscito a ottenere il biglietto.

Vediamo insieme, comunque, come fare per rivendere un biglietto quando se ne hanno più di quelli di cui si ha bisogno. Ecco i nostri consigli.

Rispetta le regole della rivendita

Prima di mettere in vendita il biglietto, è necessario conoscere le regole e le politiche dell’organizzatore o della piattaforma da cui lo hai acquistato.

Alcuni biglietti possono essere nominali, il che significa che sono associati al nome dell’acquirente originale. In questi casi, la rivendita potrebbe richiedere un cambio di intestazione, spesso possibile attraverso il sito ufficiale o il servizio clienti.

È importante verificare prima di venderlo se ci sono costi aggiuntivi per questa operazione e rispettare i termini imposti dal venditore originale.

Se ci sono delle limitazioni nella vendita del biglietto è sempre bene verificarle, per evitare il rischio di invalidare la vendita o la validità del biglietto.

Scegli una piattaforma affidabile

La scelta della piattaforma per rivendere il biglietto è molto importante per garantire una transazione sicura e semplice.

Esistono numerosi siti web e piattaforme che permettono di rivendere i biglietti in modo legale, tra cui ticketoo.it. Questa piattaforma agisce da intermediario e permette ai fan di vendere il proprio biglietto concerto in modo semplice e sicuro.

Infatti, basterà caricare il biglietto e i codici che ne attestano la validità e che permettano alla piattaforma di verificare che questo sia valido per la rivendita a terzi.

Una volta che la convalida sarà finita il biglietto sarà posto in vendita sulla piattaforma e le persone interessate potranno acquistarlo in modo semplice, veloce e completamente sicuro.

Imposta un prezzo equo

Stabilire un prezzo adeguato al biglietto è necessario per riuscire ad attirare potenziali acquirenti e completare la vendita rapidamente.

Se le normative e regole sulla rivendita del biglietto lo consentono, puoi decidere di vendere il biglietto al prezzo nominale o leggermente inferiore o superiore (in base al valore reale del biglietto per il concerto).

Evita però di gonfiare eccessivamente il prezzo, poiché ciò potrebbe scoraggiare gli acquirenti o attirare critiche.

Inoltre, alcune piattaforme limitano il prezzo massimo di rivendita per prevenire speculazioni. Se sei incerto sul valore da proporre, ti basterà controllare quali sono i prezzi di biglietti simili già in vendita sulla stessa piattaforma o tra gli annunci di altri venditori.

Considera il rimborso

In alcune situazioni, potrebbe essere possibile ottenere un rimborso direttamente dal venditore originale.

Quindi prima di pensare alla rivendita puoi anche verificare quali sono le politiche di rimborso riportate al momento dell’acquisto del biglietto.

Alcuni organizzatori, infatti, permettono di restituire i biglietti entro una determinata finestra temporale o in caso di motivi documentati, come problemi di salute o cambiamenti imprevisti.

Sebbene questa opzione non preveda un guadagno, è una soluzione pratica per riuscire a rientrare della somma spesa senza però doverti impegnare nella prevendita.

Rivendere un biglietto per un concerto a cui non puoi partecipare o per cui hai più biglietti, come vedi non è così complesso.

L’importante è cercare soluzioni sicure e legali al fine di riuscire a rivendere il biglietto in modo sicuro e permettere a qualche altro fan di riuscire ad ottenere il suo pass per il concerto o evento.

Testo con link promozionale

Erica Mou: “Cerchi” il settimo album dell’artista, un album che esplora le circolarità del tempo, eventi che ritornano simili nella nostra vita 

Erica Mou: "Cerchi" il nuovo album di inediti
Erica Mou – Live (Ph Virginia Bettoja)

Cerchi è il titolo del nuovo album di inediti di Erica Mou uscito a novembre 2024. La cantautrice, nel corso della sua carriera dal 2009 al 2024 ha prodotto sette album, collezionando molti importanti riconoscimenti per la canzone d’autore, tra cui Premio della Critica Mia Martini e il Premio Sala Stampa Radio TV al Festival di Sanremo (2012) e il premio Nilla Pizzi (2022).

Alcune delle sue composizioni sono all’interno delle colonne sonore di film come per “Una Piccola Impresa Meridionale” (2013) di Rocco Papaleo, per cui ha ricevuto una candidatura ai David di Donatello per la Miglior canzone originale. Oltre alla musica, Erica è impegnata nel cinema, nel teatro e nella scrittura.

Come attrice è apparsa sul grande schermo nel film campione di incassi “Quo Vado” (2016) di Checco Zalone e nella commedia “Figli” (2020) di Mattia Torre, con Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi. Dal 2022 affianca Concita De Gregorio nello spettacolo teatrale “Un’ultima cosa,” di cui ha scritto anche le musiche.  Nel 2020 pubblica per Fandango Libri “Nel mare c’è la sete”, cui segue nel 2024 il suo secondo romanzo “Una cosa per la quale mi odierai”.

Il mese precedente è uscito il tuo settimo album “Cerchi”. Un album che esplora le circolarità del tempo. È un progetto che segna un punto della tua vita artistica? Come lo potresti definire?

Come avrai notato, tutte le canzoni, pur avendo atmosfere e ambientazioni diverse, sia a livello sonoro che di testo, sono accomunate da questo tema dell’inciampo, perché raccontano storie di eventi che ritornano simili nella nostra vita a distanza di tempo. Quando tornano, sembrano come prima, mentre noi non siamo più gli stessi. Ho compreso questo aspetto mentre lavoravo al disco, poiché tutte le canzoni portano un debito nei confronti del tempo e delle sue circolarità. Da qui è nato il progetto.

Erica Mou - Cerchi - Cover
Erica Mou – Cerchi – Cover

 “La festa del Santo”, il primo singolo uscito il 7 giugno, racconta la festa a Bisceglie, girato nella tua città. Come è nato questo brano?

È stato un omaggio non solo alla mia città, ma al nostro Sud, alle feste di paese e agli incontri che abbiamo con noi stessi ogni anno. Anche questa è una circolarità. Nella nostra vita, la festa di paese è una certezza che si ripete anno dopo anno, e noi cambiamo tantissimo. Sono andata via da Bisceglie e tornare a viverci dopo tanti anni mi ha dato uno sguardo più fresco e nuovo su alcune cose che davo per scontato. Infatti, nell’album c’è un’altra canzone, “Complici”, che parla di questo: andare via dal posto dove sei nata e cresciuta e poi tornarci da adulta, scoprendo che tutto è diverso.

Hai realizzato questo video nella tua città durante la festa patronale. Hai avuto solo un’opportunità?

Quando abbiamo girato il video, il mio regista era con me. Lui è molto bravo a cogliere l’essenza del live: in quell’occasione è stato come fare un concerto, perché quello che succedeva accadeva in tempo reale. Abbiamo voluto sperimentare, e devo dire che è andata bene. Abbiamo delle immagini bellissime, e se le avessimo pianificate non sarebbero venute così bene. È uno scenario molto naturale, dove incontri persone dopo tanto tempo, ma sembra siano passati solo cinque minuti.

“Madre” è un altro brano importante che racconta il tuo rapporto con tua madre. Contemporaneamente è uscito il libro “Una cosa per la quale mi odierai”. Questa canzone è figlia del tuo libro? C’è un legame madre-figlia tra il libro e la canzone?

C’è un legame tra entrambi. A livello temporale, la canzone è nata prima, ma a livello di influenza si sono influenzati reciprocamente. La canzone ha influenzato il romanzo, perché all’interno del libro c’è un pezzo della canzone che racconta la storia di madre. La canzone è stata la scintilla per il libro, che avevo in mente da tempo. Se non avessi avuto l’urgenza di scrivere questa storia, non avrei fatto il libro.

Erica Mou: "Cerchi" il nuovo album di inediti 2
Erica Mou (Ph. Alessandro Allegra)

È un album più cantautorale? Come suono, come lo definiresti?

Sicuramente è un album introspettivo, con una sua spiritualità. Questa è una cosa che è sbocciata spontaneamente in molte persone, riguardante la vita di tutti, a prescindere da quello che uno faccia.

Ho letto in un’intervista che i musicisti con cui collabori ti hanno seguito anche nella produzione dei brani (Molla e Flavia Massimo). Cosa significa per te questo? Sembrate una “cucina sonora” che crea melodie e armonie golose e suggestive

È molto bella questa cosa che dici, perché è un po’ un album domestico con degli arrangiamenti costruiti durante un’esibizione artistica. Abbiamo” vissuto”, mentre arrangiavamo questo disco. Con i miei musicisti ridiamo e scherziamo.

Siamo una famiglia “circense” e il disco è nato con questo spirito. Sono contenta che si percepisca.  Flavia e Luca sono musicisti bravissimi e apportano qualcosa di più del loro talento e supporto tecnico; portano una sensazione di intimità in queste canzoni, rafforzando il messaggio di quello che ho scritto.

Sei in tour. Hai già fatto alcune tappe e l’11 gennaio sarai anche a Milano. Cosa ci puoi raccontare di questo tour?

È un Tour ben definito che ha già avuto altre date. È lo spettacolo che mi piace di più per come lo abbiamo strutturato. Suoneremo tutto il disco nuovo e ci sarà una bella finestra sul passato all’interno del concerto. Mi piace molto questa idea. Non potevo fare un tour che si chiama “Cerchi” senza tornare indietro. C’è una mescolanza di presente e passato che avviene in modo simmetrico. Anche le canzoni del passato si adattano a questa nuova veste sonora con il trio che vedrete sul palco.

 Oltre a questo progetto legato al nuovo album, sei stata impegnata con il Tour teatrale con Concita De Gregorio. Ci saranno altre date nel 2025?

Nel nuovo anno mi concentrerò sulla promozione del tour e del romanzo. Il progetto con Concita è ancora attivo. Faremo delle repliche a febbraio 2025, saremo a Ravenna, in Campania e in Veneto. A prescindere da questo progetto, sono sicura che la collaborazione artistica con Concita non si fermerà qui. È un vulcano di idee e progetti. È la persona più brillante di intelletto che io conosca, e sono sicura che ci saranno altre possibilità di lavorare insieme.

Erica Mou: "Cerchi" il nuovo album di inediti 3
Erica Mou (Ph. Alessandro Allegra)

Hai partecipato a Sanremo nel 2012 con il brano “Nella vasca da bagno del tempo”. Non ci sei più tornata. Ti rivedremo?

Mi piacerebbe tantissimo tornare. È un mio sogno. Come puoi immaginare, occorrono una serie di congiunzioni astrali. Ci vuole il pezzo giusto nel momento giusto, e questo non è ancora successo. Spero che succeda presto. Tornare su quel palco è davvero una lotteria, e non lo snobbo affatto.

Sei stata definita la Carmen Consoli della Puglia. Per te cosa rappresenta questa definizione?

All’inizio della mia carriera me l’hanno detto perché si cercava un paragone per inquadrare il personaggio. Questo confronto mi onora, perché l’amo. Lei è una cantautrice che ha cambiato la musica in Italia e anche la percezione di ciò che significa essere un’artista donna nel nostro paese. È un’artista che suona, scrive e lo mostra. Ha anche una forte vena rock, senza rinunciare alla qualità dei testi, che sono sempre bellissimi e profondi. Chiaramente, uno desidera che la propria personalità venga riconosciuta come unica, perché ogni artista è unico.

Recensione dell’album:

Undici tracce che spaziano nel viaggio della vita, fatta di partenze e ritorni con uno sguardo al futuro con una maggiore consapevolezza. Le diverse sonorità presenti in questo progetto lo rendono curioso e interessante. La cura e scelta degli arrangiamenti non strizzano l’occhio a ostentate ricerche di effetti speciali.   Erica e i suoi musicisti con questo album costruiscono musica e testi “essenziali”, dove l’elemento spiccante sono l’arte e la sua spiritualità: comunicano con linguaggio schietto. La musica deve arrivare al cuore e questo album riesce a farlo in modo diretto.

Articolo a cura di Raffaele Specchia

Date Tour:

10/01/2025       SETTIMO TORINESE – TEATRO CIVICO GARIBALDI
11/01/2025       MILANO – TEATRO FILODRAMMATICI

“Santa Tell Me” di Micaela e Davide Papasidero è la sigla ufficiale di Love Game, il gioco dell’amore – Christmas Edition

“Santa Tell Me” di Micaela e Davide Papasidero
Santa Tell Me di Micaela e Davide Papasidero

Un grande classico natalizio torna a emozionare con una nuova veste, scelta come sigla delle due puntate speciali di Love Game, il gioco dell’amore – Christmas Edition, in onda su Rai 2 il 27 dicembre 2024 e il 3 gennaio 2025 in seconda serata. La cover del brano Santa Tell Me di Ariana Grande, interpretata dalle magiche voci di Micaela e Davide Papasidero, incornicerà le storie d’amore e di gioco protagoniste del programma natalizio.

Realizzata inizialmente nel 2021 come un progetto musicale intimo e ‘slow’, condiviso sui social per gioco, la cover è stata pubblicata ufficialmente solo quest’anno sulle principali piattaforme streaming. L’arrangiamento porta la firma di Nicco Verrienti, autore e produttore musicale di fama, che ha collaborato con artisti come Emma, Noemi e Antonello Venditti.

Micaela racconta: “Sono davvero entusiasta che il brano ‘Santa Tell Me’ di Ariana Grande, realizzato insieme a Davide Papasidero, sia stato scelto come sigla di apertura e chiusura del programma di Rai 2 ‘Love Game’. Questo progetto è stato un viaggio creativo straordinario: lavorare con Davide è stato un piacere, grazie alla nostra sintonia artistica.

Abbiamo condiviso idee e ispirazioni, creando un’atmosfera di collaborazione che ha arricchito il brano. È un grande onore sapere che la produzione ha scelto proprio la nostra versione per incorniciare le storie che saranno raccontate all’interno del format. La canzone è ora disponibile su tutte le piattaforme digitali, e speriamo che accompagni le coppie protagoniste di Love Game nella scoperta del vero amore!”

Anche Davide Papasidero condivide il suo entusiasmo: “Quando abbiamo inciso la cover, non avrei mai immaginato che un giorno sarebbe diventata la sigla di un programma così speciale. ‘Santa Tell Me’ è un brano che porto nel cuore per la sua magia e il suo spirito natalizio, e reinterpretarlo insieme a Micaela è stato naturale grazie alla sintonia che abbiamo sviluppato. Abbiamo voluto creare una versione un po’ più intima e nostalgica del pezzo, stravolgendolo e dandogli un tocco di soul puro, nel rispetto ovviamente dell’intoccabile Ariana Grande. Sapere che la nostra versione accompagnerà le emozioni di ‘Love Game, il gioco dell’amore – Christmas

Edition’ è una gioia immensa. Spero che possa entrare nelle case degli italiani portando un po’ di quella serenità e calore che solo il Natale sa regalare.

Le due puntate natalizie di “Love Game, il gioco dell’amore – Christmas Edition” celebreranno l’amore e la magia delle festività con il consueto mix di emozioni, strategie e colpi di scena. A guidare i concorrenti saranno Alice Brivio, Claudio Guerrini e Reyson Grumelli, mentre a rendere indimenticabile l’atmosfera ci penseranno, ovviamente, le voci straordinarie di Micaela e Davide.

Una perfetta combinazione di musica e amore per un Natale indimenticabile!

“Love Game, il gioco dell’amore – Christmas Edition” è un programma ideato da Tommaso Martinelli, Luigi Miliucci e Sacha Lunatici, scritto con Rossella Liguori e Roberto DeSantis. Il format, realizzato da Direzione Prime Time Rai in collaborazione con Imagine The Stars, vede alla regia Ciro Tomaiuoli.

Spotify: https://open.spotify.com/track/2HcaEl3obas98uQJJ7bAUw?si=E0GKI2T8QIKVHyuIlCacYA

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iTuneshttps://music.apple.com/it/album/santa-tell-me-feat-davide-papasidero-single/1779668938

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