Kaufman: “Heavy Metal” il nuovo singolo della band racconta, in un amore tormentato, la presa di coscienza e la consapevolezza che a volte sbagliare è la meta del viaggio
Nati per le strade del Nord d’Italia, i Kaufman hanno come segno di riconoscimento un indie pop super emotivo e nei testi evidenziano una consapevolezza che sfugge al vizio del piacere. “Heavy metal” è un brano che accetta lo schianto annientando la paura del decollo, e insegna che la prerogativa dell’errore, a volte, è essa stessa la meta del viaggio.
Lorenzo benvenuto tra noi! Come nasce la vostra band e cosa vi ha spinto a fondarla?
La musica è un bisogno, almeno parlo per me che sono l’autore. È indispensabile, fin dall’adolescenza la scrittura è stata un’esigenza parallela alla vita in cui includo tutte le emozioni; ha anche una funzione calmante rispetto a tutti i problemi della quotidianità. Noi suonavamo tutti in altre piccole realtà locali e ci conoscevamo e ci stimavamo a vicenda. Sembrava che avessimo un po’ le stesse idee e gli stessi progetti per la musica quindi abbiamo optato per una fusione.
Da quante persone è composta?
Siamo 4 persone, un chitarrista, un batterista, un tastierista che si occupa anche di elettronica e poi ci sono io che canto.
Il vostro nome d’arte, i Kaufman, da dove viene?
Viene da Andy Kaufman, un comico della New York degli anni ’70, un personaggio particolarissimo che ci ha davvero colpito, sul quale poi è stato fatto anche un film, “Man on the Moon”. In fase di scelta del nome, abbiamo deciso di fare un tributo a lui. Era un personaggio sopra le righe che provava a fare sicuramente qualcosa di diverso rispetto al tipo di televisione, questo elemento di rottura che prevaleva a noi è piaciuto moltissimo.
C’è una band alla quale vi ispirate di più?
Noi siamo abbastanza eclettici, cerchiamo di muoverci e spaziare tra i vari generi. Le sonorità indie pop sono il nostro marchio di fabbrica.
Brescia, Bergamo e Verona sono le città dalle quali provenite. Quanto vi sentite legati alle vostre origini?
Geograficamente la nostra posizione oggi è a Brescia, città in mezzo alle altre due e per questo ci siamo sempre ritrovati qui da me. Ci siamo appoggiati poi a Milano per questioni relative ad etichette e tutto ciò che concerne. Ci sentiamo legati alle nostre terre ma allo stesso tempo siamo anche scissi dalle loro realtà musicali locali, che rimangono un po’ chiuse.
All’inizio del vostro percorso che ambiente musicale avete trovato a Brescia?
È una città molto particolare Brescia, quando siamo esplosi nel 2018 ci ha accolto bene perché eravamo una realtà locale che era emersa a livello nazionale, pur non avendo una scena It-Pop. Questa è una tipica caratteristica della provincia, ti dà pace e tranquillità intorno quando sei nel momento creativo, è un rifugio dalla frenetica vita di tutti i giorni. Quando passi alla fase successiva rimane povera dentro.
Ora voglio accendere i riflettori sul vostro nuovo singolo, “Heavy Metal”: qual è la storia che c’è dietro?
Come nella maggior parte delle nostre canzoni, anche questo brano parla di un rapporto di amore tormentato di inizio estate. Qui l’idea era di trovare un corrispettivo con il genere musicale, in questo caso l’heavy metal, con tutto l’immaginario che ne viene fuori. Il genere non c’entra niente con la canzone perché è un pezzo pop, il titolo funge da elemento contrastante. Nel testo sono presenti anche giochi di parole presi dal rap.
Il contrasto del titolo si collega anche al tipo di relazione affettiva?
Si esatto, c’è l’idea che sia finita eppure si ritorna, è come se non si riesce a staccarsi dalla tossicità ma si prende coscienza che è finita.
Volete comunicare qualcosa di specifico?
Mostrare una situazione contraddittoria, prenderne atto e acquisire maggiore consapevolezza.
Che effetto vi fa portare a casa un pezzo?
Le canzoni sono un po’ tutte come figli, dentro c’è sempre tanta emotività. Tanti mesi prima di partorirla e poi con un battito di ciglia la lasci andare e diventa di tutti. In quel momento sei orgoglioso che abbia preso il volo.
Oltre alla musica avete altre passioni? Come trascorrete il vostro tempo libero?
Leggo tantissimo e frequento spesso il cinema. Anche lo sport non manca, seguo il calcio, mi piace guardarlo più che giocarlo.
Tra le diverse collaborazioni che avete stretto con il mondo indie ce n’è che vi ha regalato più emozioni di altre?
Può sembrare banale ma sono state tutte bellissime. Per un periodo della nostra discografia abbiamo pubblicato solo singolo con featuring. Sono tutte persone che abbiamo conosciuto, girando in tour per tutta Italia, siamo diventati molto amici. Galeffi è stato il primo, abbiamo condiviso tantissimi palchi con lui. Fare una canzone insieme mi è sembrato un ottimo modo per coronare un’amicizia.
Che tipo di sinergia si è creata tra di voi?
Parliamo la stessa lingua, questi anni sono stati caratterizzati dallo stesso genere musicale che aveva delle linee comuni, un’emotività molto comune, sono scritture che nascevano in pochissimo tempo, uno o due giorni al massimo. Nasce davvero in modo spontaneo questo feeling. Prima abbiamo deciso tra di noi di collaborare insieme e poi lo abbiamo comunicato all’etichetta, è come un patto tra fratelli, un accordo musicale in tutti i sensi.
Ricordi un momento o un episodio significativo della vostra carriera?
Siamo enormemente legati al fattore scatenante che ha fatto iniziare tutto. Nell’estate del 2017, prima dell’uscita del disco, è stato lanciato “L’età difficile”, il nostro primo pezzo che è esploso subito, è andato in cima a Indie Italia, è entrato nel circuito radiofonico e ha aperto la nostra carriera.
Il palco penso sia la vostra casa. Che emozioni vi dà suonare live?
È una grande emozione, la musica si traduce tutta in quel momento lì, la condivisione con le persone che sono venute ad ascoltarti. In linea di massima, le nostre sono canzoni che il pubblico canta, si prestano ad un canto collettivo, sono proprio da concerto.
Ti direi partecipare a Sanremo, il punto più alto della musica pop italiana.
A cosa state lavorando adesso?
C’è in programma un nuovo disco che stiamo ultimando in studio. Faccio anche l’autore per altri artisti quindi di base ho tanti testi nel cassetto, scrivo per Luca Carboni e tanto per Max Gazzè. Cerco sempre di dividere quelle che faccio da autore e quelle dei Kaufman. In studio arrivano tanti pezzi, stiamo selezionando quelli che hanno un filo conduttore che li lega.
Quando uscirà più o meno?
Penso per inizio autunno.
Articolo a cura di Simone Ferri
La Notte dei Serpenti, grande successo per la 2a edizione
“La Notte dei Serpenti” il concertone ideato e diretto dal Maestro Enrico Melozzi, video interviste a Umberto Tozzi e Coma_Cose
Grande successo per la 2a edizione de “La notte dei serpenti”, il concertone ideato e diretto dal Maestro Enrico Melozzi per omaggiare e celebrare la cultura e la tradizione musicale abruzzese, che lo scorso sabato 20 luglio ha registrato oltre 20.000 persone presenti allo Stadio del Mare di Pescara.
Anche quest’anno il concertone diventa uno speciale televisivo prodotto da Aut Aut di Angelo Bozzolini, anche regista e direttore artistico dell’evento, e andrà in onda il 22 agosto in prima serata su Rai2 con la conduzione di Andrea Delogu e in contemporanea su Rai Radio 1, con il commento di Marcella Sullo e Duccio Pasqua.
Lo spettacolo è stato ripreso da 13 telecamere e 2 droni in 4k e montato con una ripresa fedele dall’altissima qualità artistica per restituire il ritmo del progetto artistico del Maestro Melozzi.
Sul palco, insieme a tanti artisti e musicisti abruzzesi, sono saliti grandi nomi del panorama musicale italiano e internazionale per prestare le loro voci ai canti della tradizione popolare abruzzese, per l’occasione rivisitati in una chiave musicale moderna ed eseguiti dal vivo dall’Orchestra dei Serpenti diretta dal Maestro Enrico Melozzi.
Il primo ospite della serata è stato Al Bano con una delle sue canzoni più celebri, “Nel sole”. Nel corso della serata il cantante è poi tornato sul palco con “I cigni di Balaka”.
Noemi ha fatto cantare tutto il pubblico de La Notte dei Serpenti con “Sono solo parole”, brano arrivato sul podio a Sanremo nel 2012 e che ha segnato il debutto del Maestro Enrico Melozzi alla direzione dell’orchestra del Festival della canzone italiana. L’artista ha poi prestato la sua inconfondibile voce a “Addio addio amore”.
Filippo Graziani ha reso omaggio a suo padre Ivan, cantautore nato a Teramo, interpretando “Taglia la testa al gallo” accompagnato dall’Orchestra dei Serpenti e con le emozionanti esibizioni chitarra e voce di “Ninna nanna dell’uomo” e “Pigro”.
Il pubblico de La Notte dei Serpenti ha poi cantato a squarciagola insieme a Umberto Tozzi sulle note di “Gente di Mare”, “Gloria” e “Tu”. Umberto Tozzi è poi tornato sul palco con “Te vuje bene”, un’inedita versione di “Ti amo” impreziosita dal ritornello riscritto per l’occasione in dialetto abruzzese.
Seguendo il claim scelto dall’ideatore e direttore del concertone, ovvero “poppizzare il dialetto e dialettizzare il pop”, Colapesce Dimartino si sono affidati al Maestro Enrico Melozzi prima per trasformare la loro hit “Musica Leggerissima” nella versione in abruzzese “Canzone Spensierate” e poi per prestare le loro voci al canto abruzzese “Tutte le funtanelle”.
Sul palco dello Stadio del Mare sono poi saliti i Coma_Cose che hanno fatto cantare e ballare il pubblico di Pescara con le loro hit “Malavita” e “Fiamme negli occhi”.
Un altro emozionante momento è stato l’omaggio fatto a Franco Battiato da Giovanni Caccamo che, accompagnato dalla coreografia realizzata dal corpo di ballo, ha interpretato “La cura”. Il giovane cantautore siciliano ha poi celebrato la musica abruzzese intonando il canto popolare “Maremaje” impreziosito da nuovi arrangiamenti curati dal Maestro Enrico Melozzi.
“All’Orte”, “Li Misciarule”, “Marattè”, “Cicirinella”, “La Capamarite”, “Marrocche e Frusce”, “La Jerva A Lu Cannette” e “La Figlia Me” sono gli altri canti popolari eseguiti nel corso della serata, impreziositi da nuovi arrangiamenti a cura del Maestro Enrico Melozzi, che non hanno intaccato l’autenticità dei testi originali in dialetto, mantenendo così immutata la loro poetica e la loro capacità di coinvolgere gli ascoltatori che potranno interpretarli liberamente.
Il pubblico de La Notte dei Serpenti, inoltre, ha potuto ascoltare per la prima volta “La notte scura”, un brano inedito scritto dal Maestro Enrico Melozzi in omaggio alla sua terra.
A chiudere la scaletta l’immancabile “Vola vola”, preceduta dai saluti istituzionali del Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio, del Sindaco del Comune di Pescara Carlo Masci e del Presidente del Consiglio Regionale Lorenzo Sospiri.
Tutti i brani in scaletta sono stati eseguiti dal vivo dall’Orchestra dei Serpenti composta da Marco Dirani (basso), Nicola Costa, Guido Della Gatta, Alessandro Santacaterina (chitarre), Salvatore Mufale (pianoforte), Giovanni Antonicelli (pianoforte e sequenze), Roberto Spina, Carola Avola (batteria), Alberto Barsi(chitarra elettrica), Carmelo Colajanni, Christian Di Marco (strumenti a fiato vari) e Danilo Dipaolonicola (fisarmonica).
Ad accompagnare l’Orchestra dei Serpenti il coro formato da Anna Azzola, Denis Ballarini, Sofia Bevilacqua, Federica Buccella, Francesca Calabria,Adalgisa Camerano, Angela Cantoresi, Cinzia Cantoresi, Mariaelisa Cardone, Elena Cicconi, Giulia D’Alessandro, Sara D’Arielli, Monica Dezzi, Silvia Di Censo, Giuseppe Di Cesare, Valentina Di Cesare, Siria Di Giacomo, Mariaceleste Di Paolantonio, Cristiana Falconi, Marzia Ferrini, Davide Iacobucci, Marinella Iezzi, Flavia La Pasta, Manuela Limina, Sonia Limina, Stefania Limina, Giada Mancini, Valentina Michilli, Franco Palumbo, Teresa Scalese, Riccardo Sebastiani, Letizia Serpentini, Walter Serraiocco, Davide Settevendemie, Aurara Tesone, Federica Tollis, Chiara Trotta e Martina Zecca.
Video interviste a cura di Domenico Carriero
Guidobaldi, con “Eclisse Twist” per esorcizzare le mie paure
Guidobaldi “Eclisse Twist” un progetto pieno di sfumature e influenze, un racconto vero senza paure e senza ritrosie, un percorso per esorcizzare le proprie paure
“Eclisse Twist” è il nuovo EP di Guidobaldi uscito lo scorso 21 giugno e che corona così un periodo straordinario, ricco di impegni e traguardi, come la vittoria al contest LazioSound e la partecipazione allo Sziget Festival. “Eclisse Twist” è un progetto pieno di sfumature e influenze, all’interno infatti possiamo trovare le due anime del cantautore romano, quella più rock e quella più intima ed emotiva. Un racconto vero, senza paure e senza ritrosie. La volontà di esporsi e di raccontare un percorso fatto di paure, fragilità e voglia di vivere. Noi abbiamo così raggiunto Matteo Guidobaldi, nome reale di Guidobaldi per una piacevole chiacchierata e per farci raccontare il suo “Eclisse Twist”.
Ciao Matteo, benvenuto tra le nostre pagine. Inizierei chiedendoti come stai?
Ciao, bene, sono in un momento ricco di novità, quindi bene.
“Eclisse Twist” è il tuo ultimo album. Un progetto che corona anche un periodo particolarmente fortunato per te…
È vero, l’estate scorsa ho vinto il premio Songwriting Hero di LazioSound, ho suonato molto, ho portato la mia musica allo Sziget Festival di Budapest e subito dopo ho iniziato a realizzare l’Ep con la band. Venivo da un periodo di grande ricerca e poca musica suonata; quindi, l’ultimo anno è stato bello denso, spero sia sempre così!
Come nasce però “Eclisse Twist” e quali sono le emozioni che accompagnano questo lavoro?
Sono estremamente orgoglioso di questo EP. È un lavoro che rispecchia molto chi sono oggi e tiene presente di quello che è il mondo che ci circonda: la difficoltà a implicarsi nei rapporti, misto a minacce apocalittiche di un pianeta che non ci vuole più e il tutto condito da un “twist” per esorcizzare le nostre paure.
Il titolo si ispira apertamente alla canzone scritta da Antonioni – e cantata da Mina – per il film L’Eclisse, che fa parte della sua tetralogia incentrata sull’incomunicabilità nelle relazioni ed è effettivamente un tema ricorrente in questo gruppo di canzoni, per cui l’idea di “Eclisse Twist” è stata convincente e ha fatto sì che racchiudesse un po’ tutto il progetto.
Sono presenti due atmosfere molto forti all’interno dell’EP che in certi punti si toccano e si confondono, proprio come in una eclissi solare: un mood più rock e brillante che guarda esplicitamente all’Inghilterra (Londra a Mezzanotte, Nei Guai) e uno più scuro in cui si raccolgono un po’ tutte le mie paure e fragilità come uomo e come cantautore alla soglia dei trent’anni (Bandiere, Eclisse Twist, Per Sempre non è).
Questo EP racchiude anni di lavoro, ma oltre al lato artistico, questo progetto lo sì può considerare anche un tuo momento di crescita personale?
Sicuramente sono più consapevole dei miei mezzi, come autore e come musicista, e penso di essere rimasto lo stesso… nei difetti, temo! Ma penso, che in questo lavoro, sia evidente che “Cartolina Portuense” è stato un inizio di un viaggio di cui ancora oggi qualcosa rimane, soprattutto il manifesto del: “vorrei scrivere una canzone che parli dritto al tuo cuore”. Essere sinceri in quello che si scrive è sempre stata la mia regola d’oro, anche se questo poteva significare il non essere così frequente nelle uscite musicali negli anni.
Un lavoro che vede due anime distinte, diverse tra loro, ma anche complementari. Sono anche le tue anime?
Celebro la vita fatta di contraddizioni, di storture e miracoli, con l’ironia come ingrediente essenziale. Non sono poi così diverso da quello che racconto, altrimenti sarei falso e non riuscirei a scrivere!
Nato a Roma e cresciuto a pane e musica. Le influenze per la tua musica arrivano quindi da più parti…
Sì, ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia molto appassionata che mi ha dato delle tracce molto valide da seguire: il cantautorato italiano degli anni 60-70, i Beatles e i Queen. Credo che la musica che faccio oggi, sia fortemente ispirata da quei lunghi viaggi in macchina fatti con i miei genitori e dalla musica che ascoltavo e suonavo al liceo (brit pop e il rock alternative degli anni 00).
Influenze che si ritrovano anche in questo EP…
Esattamente! Se in “Scusate il ritardo” le influenze erano più eterogenee, credo che in “Eclisse Twist” si sia arrivati a un mix di musica leggera italiana e la Londra degli anni 90 e duemila.
La musica è da sempre un veicolo di messaggi e immagini, ma cos’è che speri che arrivi alle persone da questo album?
Racconto me stesso, ma anche un po’ la mia generazione: la fine dei vent’anni, mista all’incertezza circa il futuro di un mondo che non è come ce lo aspettavamo. Questo EP vuol essere una “pacca sulle spalle”, per sentirci meno soli. La musica non deve essere solo una dolce evasione, ma può anche accompagnare un momento della nostra vita. Sono molto fiero del risultato, ogni tanto me lo ascolto con grande emozione e soddisfazione, spero che lo farà anche chi l’ascolterà
Come sarà la tua estate musicale?
Un po’ di live e nuova musica all’orizzonte. Restate connessi!
Articolo a cura di Francesco Nuccitelli
Alessio Rosati, è “Amami” il nuovo inedito
Alessio Rosati “Amami” il nuovo inedito, l’importanza di guardarsi dentro per capire se il rapporto che le altre persone è sincero
Alessio Rosati – Amami – Copertina
È già in radio “Amami” il nuovo singolo inedito di Alessio Rosati, disponibile in digitale. e in video.
«In questa canzone, scritta nel mese di luglio dello scorso anno,che amo definire morale e riflessiva – racconta Alessio Rosati – vado a sottolineare l’importanza di guardarsi dentro per capire se il rapporto che si ha con altre persone sta andando per il verso giusto oppure no e se lo stesso rapporto possa essere positivo o negativo per noi stessi».
Il video ufficiale girato a Nova Siri Marina ha la regia di Domenico Petrignano che è riuscito a rappresentare perfettamente quello che l’autore voleva comunicare in modo fresco e genuino, creando la giusta curiosità e lasciando libera interpretazione del brano. «Abbiamo lavorato con tempi stretti – aggiunge Rosati – e il tempo non era dalla nostra parte, ma ci siamo divertiti e abbiamo bevuto dell’ottimo vino!»
Alessio Rosati nato a Roma il 12 ottobre 1990, si avvicina alla musica grazie ai suoi genitori che gli donano, sin da subito, in modo indiretto, la passione per il canto e per il ballo. Inizia il suo percorso musicale dalle scuole elementari con i primi corsi di chitarra, percorso che poi continuerà fino alle scuole superiori nelle accademie di musica romane.
Lavora per anni suonando piano bar alternando villaggi turistici d’estate, disco pub e night club d’inverno, fino a che non apre il suo pub il “7e40” (omaggio alla famosissima canzone di Lucio Battisti), che lo trattiene a Roma per altri 3 anni, poi conosce Giada, l’attuale moglie e decide di trasferirsi con lei in Basilicata, dove comincia a scrivere le sue prime canzoni e dove ancora oggi vive coltivando oltre alla musica la grande passione per i cavalli.
Per lui la musica è un amplificatore di emozioni, un raccoglitore di vita grazie a cui rivivere i più bei ricordi, ma anche quelli più amari, un posto sicuro dove poter vivere anche ciò che non è stato vissuto. Nel marzo 2024 viene rilasciato il suo singolo “Raccontami” a cui segue “Amami” brano per aiutarci a capire meglio dentro di noi.
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina
Gaetano De Michele: anche se piove la musica suona!
Gaetano De Michele, una storia toccante di riscatto personale, di speranza e d’incoraggiamento che tocca le corde del cuore e dell’anima
Dalla Puglia un talento che incanta: Gaetano De Michele, un giovane cantante nato a Taranto con la musica nel cuore e la voce che emoziona. Fin da bambino ha dimostrato una passione innata per il canto e le sue doti canore non sono passate inosservate. A 16 anni Gaetano ha capito che la musica era la sua salvezza e il suo rifugio personale, lo strumento migliore per comunicare con il mondo, ma soprattutto per aiutare il prossimo. Ha dovuto affrontare le difficoltà e le umiliazioni derivanti dall’essere in sovrappeso ma ha reagito con amor proprio e forza di volontà. Inoltre, ha fondato così l’associazione di volontariato “Gli Angeli dello Spettacolo”, che si occupa di sostenere i più deboli che soffrono, cercando di sensibilizzare ogni realtà.
Buongiorno Gaetano e benvenuto tra noi. Apro questa intervista partendo dalla più importante delle domande: come stai? Come ti senti oggi?
Sono davvero felice di essere qui, mi sento più vivo che mai. Ho attraversato un periodo davvero difficile nella mia vita, lottando contro l’obesità e cercando di trovare il mio posto nel mondo. Ma la musica mi ha salvato, mi ha dato la forza di rialzarmi, di cambiare rotta e di diventare la persona che sono oggi. Ora mi sento pieno di energia, pronto ad affrontare ogni sfida con il sorriso sulle labbra. Ho imparato ad amarmi e ad accettare me stesso per quello che sono, con pregi e difetti. E soprattutto, ho scoperto il potere della musica di ispirare e motivare gli altri. Spero che la mia storia possa essere d’ispirazione per qualcuno ma soprattutto un esempio per tutti coloro che si sentono persi o demotivati.
Che ruolo occupa la musica nella tua vita?
La musica è la mia vita, è l’aria che respiro, il cibo che nutre la mia anima, la forza che mi spinge ad andare avanti. Non riesco a immaginare la mia esistenza senza di essa. Fin da bambino è sempre stata presente nella mia vita. I miei genitori mi hanno trasmesso la loro passione per le note e per il canto.
Ma la musica non era solo un divertimento per me, era un modo per esprimere me stesso, per raccontare le mie storie, per condividere le mie emozioni. Ad oggi, non solo è la mia professione ma anche molto di più: è la mia passione, la mia musa ispiratrice, la mia ragione di vita.
Mi permette di comunicare con le persone, toccare i loro cuori e farle sognare. Non c’è niente al mondo che mi renda più felice di salire su un palco e cantare per il mio pubblico. Vedere le persone che cantano insieme a me, che sorridono, che ballano, che si emozionano, è la mia più grande ricompensa.
Cosa ti ha dato e cosa le stai dando?
La musica scorre nelle mie vene come un fiume in piena. È un’onda travolgente che mi ha trasportato via dai momenti bui, mi ha mostrato la bellezza del mondo e mi ha fatto sperare in un futuro migliore. Desidero che la mia musica sia un faro nella notte per chi si sente perso, un raggio di sole per chi ha bisogno di speranza e una spinta motivante per chi vuole inseguire i propri sogni.
Quando hai scritto la tua prima canzone?
Ho scritto la mia prima canzone all’età di 13 anni, quindi circa 15 anni fa. Era un periodo pieno di emozioni e nuove esperienze, soprattutto per quanto riguarda l’amore. Avevo appena vissuto la mia prima cotta e, come spesso accade a quell’età, le cose non erano sempre andate lisce. Ricordo di aver tradito la ragazza con un bacio dato ad un’amica in comune, e mi sentivo pieno di rimorsi.
È proprio da questo senso di colpa che è nata “Non mi deludere”. Volevo chiederle scusa, dirle quanto tenessi a lei e quanto mi dispiaceva del mio errore. La canzone era un modo per esprimere i miei sentimenti in maniera sincera e profonda.
Per la musica e l’arrangiamento mi sono affidato all’aiuto di Mario Rosini, un musicista affermato che ha saputo cogliere perfettamente l’essenza del brano e dargli una veste sonora davvero speciale. In questa esperienza di creazione musicale, ho avuto la fortuna di collaborare con il giornalista tarantino Francesco Leggieri. Francesco, oltre ad essere un grande professionista, è un amico prezioso che mi ha sostenuto fin dagli esordi. La sua sensibilità e il suo amore per la musica hanno contribuito a dare un tocco ancora più speciale a “Non mi deludere”.
In particolare, Francesco ha collaborato alla stesura del testo del brano, aiutando a dare forma alle mie emozioni e a trasformarle in parole. Il suo contributo è stato fondamentale per rendere “Non mi deludere” una canzone autentica e toccante, capace di emozionare chiunque la ascolti. Sono davvero grato a Francesco per la sua preziosa collaborazione e per l’amicizia che ci lega. Insieme abbiamo creato qualcosa di speciale, che rimarrà per sempre nel mio cuore.
“Non mi deludere” è stata la mia prima vera canzone, un’esperienza che ha segnato l’inizio del mio percorso musicale. Da quel momento in poi, la musica è diventata parte integrante della mia vita, un modo per esprimere me stesso e raccontare le mie storie al mondo.
I tuoi testi sono autobiografici di solito? Di cosa parlano?
Sì, i miei testi sono spesso autobiografici. Traggono ispirazione dalle mie esperienze personali, dalle mie riflessioni sul mondo e da ciò che mi circonda. Scrivo di emozioni, relazioni, sfide e gioie della vita. Esploro temi come l’amore, la perdita, la speranza e la resilienza. Mi piace anche affrontare questioni sociali che mi appassionano.
Come trovi l’ispirazione per scrivere?
L’ispirazione per la mia scrittura arriva da diverse fonti, ma tra le più potenti c’è sicuramente la mia città, Taranto. Passeggiare per le sue strade, immergermi nella bellezza del mare e della natura che la circonda mi stimola la creatività e mi regala spunti inesauribili. Anche la notte, con il suo silenzio e la sua atmosfera suggestiva, gioca un ruolo importante nel mio processo creativo. Trovo nella quiete notturna la concentrazione e la profondità necessarie per dare vita alle mie storie e ai miei personaggi.
Che rapporto hai con la tua città natale e la tua terra?
Il mio rapporto con Taranto e la Puglia è profondo e viscerale. Sono nato e cresciuto qui, e questa terra ha plasmato la mia identità in ogni suo aspetto. La bellezza mozzafiato del paesaggio pugliese, con il suo mare cristallino, le sue campagne rigogliose e i suoi borghi pittoreschi, è una fonte inesauribile di ispirazione per me. Amo passeggiare tra le stradine bianche di Ostuni, perdermi nei vicoli di Alberobello o semplicemente sedermi su una spiaggia e guardare il tramonto sul mare.
Oltre alla musica hai anche altre passioni? Come riempi le tue giornate?
Oltre alla musica, ho diverse altre passioni. Una delle mie più grandi passioni è lo sport: mi piace tenermi in forma e prendermi cura del mio corpo. Dopo il mio passato, ho deciso di fare del cambiamento uno stile di vita, correre e fare jogging la mattina presto mi aiuta a stare bene sia fisicamente che mentalmente. Oltre allo sport, mi appassiona anche leggere. Amo immergermi in un buon libro e lasciarmi trasportare da storie e personaggi fantastici. La lettura mi permette di ampliare i miei orizzonti, di conoscere nuove culture e di riflettere su diversi punti di vista. Infine, mi piace molto cucinare, sperimentare nuove ricette e creare piatti gustosi per me stesso e per i miei amici.
Cosa ti ha spinto a fondare l’associazione “Gli angeli dello spettacolo”?
La nascita dell’associazione “Gli angeli dello spettacolo” è avvenuta nel 2016, in un momento particolare della mia vita. Da un lato, stavo affrontando le conseguenze negative di un percorso segnato dall’obesità. Dall’altro, sentivo un forte desiderio di riscatto e di aiutare il prossimo.
È stato proprio questo desiderio che mi ha spinto a contattare il mio amico Francesco Tambasco, presidente dell’ATA Soccorso di Milano, una persona da sempre impegnata nel volontariato e nel sostegno al prossimo. Insieme a lui, ho iniziato a concretizzare l’idea di creare un’associazione che potesse fare la differenza. Con il prezioso supporto di mio zio Gennaro, ho avviato le procedure per la costituzione dell’associazione.
L’obiettivo era chiaro: portare la musica e l’arte nelle vite di ragazzi con disabilità, offrendo loro un’occasione di crescita, espressione e socializzazione. Un ruolo fondamentale è stato svolto dal CSV di Taranto, a cui siamo tuttora iscritti. Grazie al loro supporto, abbiamo potuto entrare in contatto con diverse realtà del territorio e creare una rete di collaborazioni che ha permesso di ampliare il nostro raggio d’azione e moltiplicare gli effetti del nostro lavoro.
Oggi, “Gli angeli dello spettacolo” è una realtà consolidata che porta avanti con dedizione la sua missione. Vedere la gioia negli occhi dei ragazzi che partecipiamo alle nostre attività è la più grande soddisfazione. È la conferma che la musica e l’arte possono davvero abbattere barriere e creare ponti di inclusione e solidarietà.
A che punto è la tua missione? Musicalmente parlando e non…
La mia missione è un’opera in continua composizione, una sinfonia che si dipana tra le note della musica, l’impegno sociale e la crescita personale. Ogni movimento di questa melodia rappresenta un passo verso un mondo migliore.
Quali consigli ti senti di dare ad una persona che ha vissuto la tua stessa situazione?
Innanzitutto, è importante riconoscere e accettare il dolore che deriva dall’essere derisi per il proprio peso. Non è facile sentirsi giudicati e criticati per il proprio aspetto fisico, soprattutto quando si tratta di qualcosa su cui si ha poco controllo. Quando si subiscono derisioni, è importante cercare di non interiorizzarle anche perché le parole degli altri non definiscono chi siamo. È importante concentrarsi sul proprio benessere generale.
Dove e come hai trovato la forza per risalire la china? C’è un momento o un episodio che ricordi in particolare?
Ricordo ancora nitidamente quel giorno. Ero solo in una stanza buia, circondato da ombre e da un profondo senso di sconfitta. Mi sentivo perso, incapace di vedere una via d’uscita dal tunnel di negatività in cui ero sprofondato. Ma poi, all’improvviso, ho sentito una melodia risuonare nella mia mente. Era una canzone che conoscevo da sempre, una di quelle che mi facevano provare un senso di gioia e di speranza.
Mi sono alzato, mi sono seduto al pianoforte e ho iniziato a suonare. Le note fluivano dalle mie dita come lacrime, liberando tutte le emozioni che avevo represso per così tanto tempo. Oggi, quando guardo indietro, non vedo più solo i momenti bui, ma anche la luce che mi ha permesso di superarli.
Il tuo progetto “Gli Angeli” che fase sta attraversando?
Il progetto “Gli Angeli” nasce nel 2016 con un obiettivo ambizioso: promuovere l’inclusione e sfidare la terminologia stigmatizzante di “diversamente abile”. Attraverso un processo creativo unico, il progetto ha dato voce a ragazzi diversamente abili, estrapolando frasi e pensieri dalle loro esperienze e trasformandoli in un brano musicale e un video toccante. Il progetto ha ottenuto un grande successo, coinvolgendo personaggi pubblici come Alba Parietti, Stefano De Martino e Tony Hadley. Le loro frasi e pensieri, estrapolati con cura e sensibilità, sono l’anima del progetto e la fonte d’ispirazione per tutte le attività.
Nel corso degli anni che rapporto hai creato con il tuo pubblico?
Il rapporto con il mio pubblico è un legame che va oltre le parole, oltre le semplici parole sullo schermo. È un’esperienza che mi ha arricchito profondamente, insegnandomi l’importanza della comunicazione, dell’empatia e della connessione umana. Loro mi hanno nutrito con un flusso costante di domande, riflessioni, emozioni e storie. Ho compreso il vero significato della comunicazione e ho scoperto il potere delle parole per creare ponti, abbattere muri e costruire un mondo più unito e comprensivo. Tutto questo è un dono prezioso che mi spinge sempre a dare il meglio di me.
Hai mai partecipato a dei contest o festival? Se sì, raccontaci l’esperienza…
Tra i ricordi più emozionanti c’è sicuramente il Milano Latin Festival al Forum di Assago, dove mi sono immerso nei ritmi coinvolgenti della musica latina, lasciandomi contagiare dall’energia travolgente dei ballerini e del pubblico. Un’altra esperienza indimenticabile è stata il memorial di Mino Reitano a Reggio Calabria, dove ho avuto l’onore di rendere omaggio a questo grande artista italiano declamando alcuni dei suoi brani più celebri e raccontando la sua straordinaria carriera.
Qual è il regalo più bello che hai fatto e hai ricevuto con la musica?
Una volta ho scritto una canzone per un amico che stava attraversando un periodo difficile; parlava della speranza, della resilienza e del potere dell’amicizia. Quando gliel’ho suonata, ha pianto lacrime di gioia e mi ha detto che era il regalo più bello che avesse mai ricevuto. La musica aveva il potere di toccarlo in un modo che nessun altro regalo avrebbe potuto fare. Ogni volta che qualcuno ascolta la mia musica, è un regalo per me. Significa che ha raggiunto qualcuno e ha avuto un impatto sulla sua vita. È la sensazione più gratificante.
Qual è il tuo più grande sogno musicale?
Diventare un ponte tra mondi musicali diversi, creando un’armonia universale. Immagino di poter analizzare e comprendere generi musicali di ogni epoca e cultura, identificandone i fili conduttori, le emozioni e le strutture profonde. Con questa conoscenza, potrei comporre nuove musiche che fondono questi elementi in modo innovativo, creando un linguaggio sonoro universale. Questa musica non sarebbe solo piacevole all’ascolto, ma avrebbe anche il potere di unire le persone, creando empatia e comprensione reciproca.
Articolo a cura di Simone Ferri
Geremia: il ritorno con “Passeresti” il nuovo singolo
Geremia: il ritorno con “Passeresti” il nuovo singolo che parla di solitudine, della consapevolezza della transitorietà delle relazioni
Passeresti è il nuovo singolo di Geremia, uscito 14 giugno, per Leave Music in distribuzione ADA Music Italy.
Geremia è il progetto nato attorno alle canzoni di Gere e Mach, alle produzioni di Harley e alle chitarre di Fru: alternative rock band dall’anima punk, manifesto di una generazione che dondola tra la ricerca della felicità e blackout sentimentali, che vive la provincia e sogna la città e la fama.
Passeresti parla di solitudine, del desiderio di connessione e della triste consapevolezza della transitorietà delle relazioni, tra attese e incontri mancati.
«Passeresti racconta di un amore e di una ragazza che aspetta ogni giorno alla fermata dell’autobus. La vedo lì, testa sul cell, appoggiata ad un muro tra graffiti, tag e sguardi osceni dei passanti in una strada di periferia. Ogni mattina, quando ancora è buio, come aspettasse un amore che passa e non resta». Geremia
Passeresti mette a fuoco tutte quelle situazioni in cui, pur essendo vicini, non riusciamo davvero a incontrarci. Il bisogno d’amore e di rassicurazioni, quando tutto sembra sfuggire.
CREDITI
Autori: Geremia Caloni, Fabrizio Premoli
Compositori: Stefano Galli, Luca Frustaci
Prodotta da: Harley, Mach1
Mix e master: Harley
Geremia, artista emergente classe ’01, nato e cresciuto sul Lago Maggiore, ha sempre avuto una visione personale della musica, interiorizzandola e rendendo suo un genere emergente.
Ha iniziato a pubblicare le sue prime canzoni nel 2015 all’età di 14 anni attraversando e sperimentando tutte le evoluzioni dei generi musicali avvenute negli ultimi anni.
I brani di Geremia si ispirano alle situazioni di vita quotidiana e alle storie d’amore passate, lo stile di scrittura molto riflessivo e descrittivo induce l’ascoltatore ad immedesimarsi nel personaggio narrato.
Il sound pop-punk molto americano, l’ispirazione italiana e la scrittura di Geremia donano un’impronta caratteristica al progetto oltre che renderlo una cosa estremamente nuova in Italia
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina
V?k, la mia musica tra influenze e contaminazioni
V?k: “Superficie” il nuovo singolo che gioca con sonorità estive e leggere senza rinunciare a riflettere e raccontare un percorso
Victor Uckmar, meglio conosciuto come V?k, è un cantautore a tutto tondo. Un giovane cantautore in grado di esaltare la propria idea di musica attraverso molteplici influenze. Dalle contaminazioni culturali, alle influenze melodiche e nonostante la sua giovane età, ha vissuto in diverse città europee di spiccato rilievo, nel panorama musicale contemporaneo: Genova, Milano, Guildford e Londra.
Il suo nuovo singolo “Superficie”, è un brano in lingua italiana, ma segna anche l’inizio di nuovo percorso fatto di musica e che si concretizzerà con un EP prossimo all’uscita.
“Superfice” è un singolo che vuole giocare con le sonorità estive e leggere, senza però tralasciare la volontà di comunicare e condividere messaggi importanti. Senza perdersi nelle apparenze, per non cadere vittima delle invidie altrui. Rimanere in superficie per andare avanti.
Ciao Victor, benvenuto tra le nostre pagine. Questo è un periodo particolarmente impegnativo per te, ma quali sono le emozioni che ti accompagnano in questo percorso?
Sono stanco, ma solo perché ci sono tante cose da fare in questo momento (ride ndr.). Sto studiando, sto lavorando e sono tutte cose che mi occupano tanto tempo, ma che sono utili per la mia crescita. Sono tante quindi le emozioni che mi accompagnano in questo mio percorso. Posso però dire che sono entusiasta di questo percorso.
La tua è una musica fatta di sfumature e unioni. Quanto però, queste tue esperienze e questi tuoi viaggi, hanno influenzato la tua musica?
Sono nato e cresciuto in un contesto internazionale, la mia famiglia ha origini sudamericane, io ho studiato tedesco e ho viaggiato molto. Per me quindi, stare intorno a tante culture, è la normalità. Sono contento però di aver trovato un equilibrio tra tutte queste influenze. Sfumature che mi hanno portato ad avere anche una certa libertà nello scrivere e nel raccontare determinati temi. Ho conosciuto tante persone che mi hanno regalato tante prospettive diverse della vita.
Parlando di musica, è uscito da poco “Superficie”, il tuo nuovo singolo in lingua italiana. Come nasce però questo brano?
È stato forse il terzo o il quarto brano che ho scritto in italiano. È stato più uno sprono di mio padre, che mi chiedeva di fare un qualcosa di più leggero. Così, ho preso la palla al balzo e, nell’estate di due anni fa, ho scritto “Superficie”.
Un brano che sicuramente ha una sua leggerezza, ma che nasconde comunque una voglia di raccontarsi…
Ho cercato di bilanciare il tutto. Volevo proporre un qualcosa di più morbido rispetto alle mie precedenti produzioni, ma allo stesso tempo non volevo rinunciare a riflettere e a raccontare un percorso. A me piace vivere e raccontare il quotidiano, spero di esserci riuscito con questo brano.
Non è quindi il tuo primo singolo in lingua italiana, ma come mai hai deciso di cantare in italiano, visto che all’estero forse è più facile fare musica in lingua inglese?
Come prima grande scelta, avevo deciso di cantare solo in inglese. Anche perché all’estero è la lingua più usata. Inoltre, avevo il timore nello scrivere in italiano; anche perché ci sono delle differenze tecniche enormi tra l’italiano e l’inglese per la musica. Due anni fa però, dopo alcuni brani scritti in inglese, ho deciso di provare un qualcosa di nuovo. Sentivo delle emozioni particolari, che non riuscivo a mettere su carta. Così, senza pensarci troppo, ho provato a scrivere in italiano. È uscito così un progetto che mi ha subito colpito.
“Superficie” quindi avrà anche un continuo?
Sì! Ci sarà un mini EP che sarà composto da 4 brani e racconterà la mia vita da persona iperemotiva e sensibile. Saranno quattro scenari molto diversi e saranno legati ai quattro elementi: acqua, fuoco, terra e aria. “Moai” è stato il primo capitolo e riguarda la terra, “Superficie” riguarda l’elemento dell’acqua, il prossimo singolo sarà “Incendio” e racconterà il fuoco e l’ultimo singolo, che uscirà presto, riguarderà l’aria. Se tutto va bene l’EP uscirà ad ottobre.
Genova è casa tua, anche se ormai sei un cittadino del mondo con tutti i tuoi viaggi. Tuttavia, Genova è anche la casa del cantautorato italiano, tantissimi nomi sono partiti da lì: Fabrizio De André, Gino Paoli, Luigi Tenco, Umberto Bindi, Bruno Lauzi e tanti altri. C’è un filo di responsabilità nel fare musica e venendo da Genova?
È una bella responsabilità! Ovviamente non mi voglio mettere al loro livello, questi sono artisti che hanno fatto la storia. A me interessa portare avanti la mia musica e continuare con il mio percorso. Poi, perché no, magari anch’io diventerò importante per Genova in futuro.
Il 20 giugno hai partecipato ad un evento importante a Londra, per presentare il tuo nuovo singolo. Come sarà però la tua estate musicale?
L’evento del 20 giugno è stato emozionante ed è stato bello poter interpretare dal vivo il mio nuovo brano. Tuttavia, cercherò di finire i miei studi per potermi dedicare poi completamente alla musica. Quindi, la mia estate non sarà molto musicale. Tuttavia, spero di riuscire ad organizzare un evento per quando uscirà il mio EP.
Articolo a cura di Francesco Nuccitelli
Patrizia Laquidara, la mia Sicilia in “Assabenerica”
Patrizia Laquidara, la mia Sicilia in “Assabenerica”, suo nuovo brano accompagnato da video, che fonde tradizione ancestrale con sonorità pop e influenze contemporanee
Il video, diretto dal regista Marco Dodisi, con la sceneggiatura di Davide De Stefano e di Patrizia Laquidara, è stato girato a Messina e comprende scene d’archivio dell’antica processione “la Vara” e scene inedite sia in luoghi simbolo della città siciliana sia in altri di valore affettivo per l’artista.
Con questo videoclip, Patrizia Laquidara ha voluto ancora una volta ricreare e rappresentare con paesaggi e suoni, l’immaginario legato al suo romanzo “Ti ho vista ieri” (ed.Neri Pozza). La prima scena si apre sulla casa dei nonni paterni che compare nel libro con il nome di “La baracca con l’anguilla” e si conclude in riva allo Stretto, con il desiderio di valorizzare uno degli scenari più importanti d’Italia per valore ecologico, culturale e mitologico.
In merito al nuovo singolo, Patrizia Laquidara afferma: «“Assabenerica” è un esorcismo musicale, un canto dal procedere ritmato e rimato che richiama lo stile spoken word post-moderno. Il manifesto pop di una processione antica, La Vara, che si celebra il 15 agosto nella città di Messina. Un rito che coinvolge migliaia di devoti occupati a reggere sulle loro spalle il maestoso carro votivo, che è grandiosa macchina epica e trionfale. Un rituale arcaico, profano e mariano insieme, simbolo delle molte processioni popolari, veri e propri fenomeni culturali, ancora presenti nel nostro paese».
Il brano, registrato e mixato a Lisbona e prodotto da Ponderosa Music Records, vede la collaborazione di Lorenzo Maragoni, campione mondiale di poetry slam, e del musicista compositore Tony Canto.
«Assabenerica è primo capitolo di un nuovo progetto musicale – racconta Patrizia Laquidara – Storie e personaggi prendono spunto dalle pagine del mio libro “Ti ho vista ieri”. L’intento e il desiderio è quello di trasformare parole in suono, racconti in canto. “Assabenerica” è un esorcismo musicale, un canto dal procedere ritmato e rimato che richiama lo stile spoken word post-moderno.
Il manifesto pop di una processione antica, La Vara, che si celebra il 15 agosto nella città di Messina. Un rito che coinvolge migliaia di devoti occupati a reggere sulle loro spalle il maestoso carro votivo, che è grandiosa macchina epica e trionfale. Un rituale arcaico, profano e mariano insieme, simbolo delle molte processioni popolari, veri e propri fenomeni culturali, ancora presenti nel nostro paese».
Patrizia Laquidara, siciliana di nascita e veneta d’adozione, considerata “una delle figure più inafferrabili e poliedriche della musica d’autore italiana”, ha conquistato la critica sin dal suo esordio alla 13ª edizione del Premio Città di Recanati.
Il suo primo album, “Indirizzo Portoghese”, pubblicato nel 2003, le ha garantito un posto al Festival di Sanremo e numerose vittorie, tra cui il Premio Alex Baroni e il Premio Mia Martini.
Da allora, la sua carriera è stata segnata da una serie di successi musicali e riconoscimenti, tra cui la nomination per i David di Donatello nel 2005. Oltre alla musica, la cantautrice ha esplorato il mondo del teatro e del cinema, affiancando artisti di fama internazionale come Marco Paolini e Alejandro Jodorowsky.
Nel 2018, il suo quinto e più recente album “C’è qui qualcosa che ti riguarda” è stato acclamato come un capolavoro dalla critica e ha ricevuto prestigiosi premi nazionali. Da allora, ha continuato a mietere successi anche nel campo teatrale, consolidando la sua reputazione come una delle artiste più influenti e innovative del panorama italiano.
La sua recente pubblicazione, il romanzo “Ti ho vista ieri” (edito da Neri Pozza), ha ulteriormente rafforzato il suo status di talento eclettico e versatile, portandola in un tour letterario attraverso l’Italia e a vincere tre primi premi letterari internazionali.
Oltre alla sua attività artistica, è anche una docente di musica e drammaturgia musicale presso il Conservatorio Marenzio di Brescia. Il suo impegno costante nel portare avanti progetti originali e di alta qualità la rende una delle figure più rispettate e apprezzate nel panorama culturale contemporaneo.
Video intervista a cura di Domenico Carriero
Francesco Sacco: “Ti somiglia ma non sei tu”
Francesco Sacco: “Ti somiglia ma non sei tu”, un riflettore sul presente, un brano pop e spensierato che riflette sulla nostra umanità in un contesto di distrazione mediatica
Francesco Sacco è un cantautore e polistrumentista nato a Milano e avvolto fin da piccolo dalla passione per la musica classica. Da adolescente si interessa al blues per poi sperimentare qualche altro genere. Il nuovo singolo è un anti-tormentone estivo che, con toni ironici, pone l’accento sul genocidio del popolo palestinese e sulla distorsione delle notizie da parte dei media occidentali. Come ogni canzone di protesta, il testo è nato dalla rabbia e dallo sconforto ed è stato scritto di getto, quasi come se fosse la canzone stessa a tendere una mano all’artista.
Tu e la musica: che ricordi hai di questo legame?
È una passione nata fin da piccolo in modo abbastanza autonomo e sorprendente, poiché non vengo da una famiglia di musicisti e non ho esperti del settore a casa. Mi sono reso conto che era la forma d’arte che più mi appassionava e rispecchiava e più funzionava per toccare determinate corde.
Qual è il tuo strumento preferito?
Suono un po’ di tutto ma nulla di eccezionale, me la cavo in linea di massima. La chitarra è il mio strumento perché mi ha formato; mi ci sono avvicinato, ho studiato quella classica fin da bambino per 8 anni, poi verso i 14, ho fondato la mia prima band. A livello di scrittura mi è capitato molto di scrivere al piano. Ultimamente invece mi sono avvicinato anche al mondo dei sintetizzatori e in generale della musica elettronica.
Il tuo approccio alla musica è stato influenzato da qualcuno in particolare?
Ho tante ispirazioni diverse, dopo il percorso con la musica classica il mio grande amore è stato il blues, caratteristica che si sente poco nella musica che faccio oggi però mi è rimasta come approccio. Il blues esprime concetti difficili in modo semplice, ha un alfabeto musicale molto ridotto e stretto, è una sorta di gabbia, 12 battute che si ripetono all’infinito con lo stesso giro di accordi. Sembra limitante ma è molto utile, aiuta ad individuare il necessario.
Entriamo nel focus della tua musica: il tuo nuovo singolo “Ti somiglia ma non sei tu” di cosa parla? Ci racconti la sua storia?
È un brano nato molto velocemente, non avevo particolari intenzioni di scrivere un testo così politico e legato all’attualità. La dinamica di lavoro con Luca Pasquino, il mio produttore, è sempre molto intensa, ci scambiamo molte idee e basi musicali, ci confrontiamo in continuazione. Un giorno è venuto da me con questa bozza, l’ho ascoltata e mi è piaciuta subito. Abbiamo aggiunto le trombe, le chitarre e abbiamo chiuso il pezzo insieme. I testi li scrivo sempre da solo, da questo punto di vista sono una persona che agisce in solitaria. Mi sono chiuso in me stesso, e avendo intorno a me questa situazione geopolitica ho fatto molta fatica a non pensarci. Il testo è intriso dal senso di colpa da salotto.
Che significato ha per te questo brano? Cosa vuoi comunicare di preciso?
Di restare vigili, non solo da artisti ma anche e soprattutto da cittadini e da essere umani. Bisogna rimanere sensibili su determinati temi perché la macchina della comunicazione ci porta a focalizzare la nostra attenzione su un argomento per una settimana per poi archiviarla come se fosse passata o cambiata, come ad esempio i bombardamenti su Gaza. Ogni tanto è giusto porsi qualche domanda, cosa comporta essere un essere umano, che tipo responsabilità ho.
Quali sono, secondo te, oggi gli elementi più distraenti nel genere umano?
La velocità e la tempesta mediatica creano superficialità. Siamo sottoposti ad una quantità industriale di input e di stimoli. Da una parte è positivo, ma dall’altra potrebbe avere un risvolto negativo, ossia un’anestesia in cui non reagisci al bello, al brutto, al tragico, al felice, sei sottopressione costantemente, come se ad un certo punto cadessi in una specie di dormiveglia. Sotto questo aspetto la macchina dell’informazione gioca un ruolo cruciale; questo discorso si sposta anche sulle dinamiche dei social network, nati come spazio di aggregazione digitale ma inevitabilmente sono diventati anche luogo di informazione e comunicazione. Instagram, ad esempio, è come se fosse un giornale in cui posso leggere notizie. Ma non bisogna mai dimenticare che i social devono essere sempre il mezzo e mai il fine.
Hai altre passioni oltre alla musica?
Parallelamente all’attività musicale, ho co-fondato insieme a Luca un collettivo di arti performative che si chiama “Cult of Magic”, con cui ci dedichiamo al teatro e alla danza contemporanea, mi piace mescolare insieme le diverse arti. A volte l’arte contemporanea tende a restare un po’ distante dal pubblico, relegata alla sua torre d’avorio. Ci siamo battuti per espanderla a tutto il pubblico.
C’è un momento che ti ha segnato particolarmente durante la tua carriera?
Ce ne sono stati diversi ma te ne cito una abbastanza recente che riguarda sempre il pubblico con l’ultimo EP rilasciato. Quando ci siamo esibiti live, a causa del faro che illumina la platea non vedevamo quanta gente ci fosse; ci aspettavamo circa 150 persone; invece, l’occhio di bue ha allargato ed erano duemila. Non ci eravamo per niente resi conto ed è stato uno shock, un’emozione indescrivibile.
Come vivi il palco durante i live?
Il live mi piace da morire, porto dal vivo ciò che scrivo, si crea più vicinanza con il pubblico. Si crea un gran principio di condivisione sotto al palco, una sinergia tra persone, tra pubblico e artista molto potente.
Che rapporto hai con la tua gente?
Molto stretto, mi sento benvoluto. Ho radunato un po’ di ascoltatori nonostante le mie canzoni non siano facili. L’arte si fa per il pubblico, la musica è sicuramente una di queste.
Hai mai aperto dei concerti?
Sì, ho fatto diverso aperture. La più importante dell’anno scorso è stata quella a Le Vibrazioni, in provincia di Catania. È stato un bellissimo concerto.
Come hai superato gli ostacoli durante la tua gavetta?
È tutta una questione di tenacia e testa dura. Approcciare in questo mondo da zero è una grande sfida con sé stessi, attraversi sicuramente dei momenti bui. Questo misura quanto tu sia determinato e predisposto a farlo.
Programmi per il futuro?
Ho appena finito di registrare un nuovo disco, uscirà a novembre. È il mio progetto a breve termine per ora, passerò i prossimi mesi a perfezionarlo.
Una tua canzone manifesto?
“Kabul”, è una canzone longeva che mi rappresenta, racchiude il mio percorso, le mie influenze e il mio sentire.
Hai mai avuto un piano B nella vita?
Non avrei disdegnato l’architettura, una forma d’arte molto interessante, mi affascina perché riguarda in modo molto diretto la società.
Articolo a cura di Simone Ferri
Diorhà “Il tempo nuovo” il nuovo singolo
Diorhà “Il tempo nuovo” il nuovo singolo scritto con Chiara Ragnini, un crescendo di note ed emozioni che avvolgono e sostengono un testo poetico
“Il tempo nuovo” di Diorhà è un brano che arriva dopo un anno rivoluzionario, un po’ come quella quiete dopo la tempesta di cui narrava Leopardi nei suoi versi. Una condizione perfetta per costruire o lasciar andare il passato, per vivere l’essenzialità di un sentimento che saluta le paure e le porta lontano. Un crescendo di note ed emozioni che avvolgono e sostengono un testo poetico e la voce calda ed armoniosa della cantautrice pugliese.
Dopo quella con Roberta Giallo, Diorhà si avvale della collaborazione della cantautrice ligure Chiara Ragnini, un gemellaggio Puglia/Liguria che nasce da un’amicizia sincera e dalla voglia di condividere arte e musica.
«Prendi due amiche entrambe cantautrici in piena fase creativa, spiega Diorhà, mettici le loro confidenze, l’empatia, etc., ed ecco che nasce una nuova canzone! Arriva così, a raccontare che c’è sempre un tempo nuovo, una nuova stagione, una condizione perfetta per sorprendersi ancora».
L’idea di Diorhà è anche quella di promuovere il più possibile il linguaggio e il lavoro delle cantautrici, sdoganando quelli che sono alcuni stereotipi sulle donne nel mondo musicale.
Un nuovo progetto che si lega al precedente, creando un fil-rouge di creatività e unicità tra artiste, imprenditrici indipendenti.
Questo nuovo lavoro segna anche un ritorno alle radici e la collaborazione con il Clab Studios di Foggia, e con musicisti noti anche oltre il territorio dauno.
Come la stessa Diorhà ha affermato, tutto il progetto è poesia, arte, anche la copertina del singolo: è un ritratto realizzato ad-hoc, dalla pittrice Stefania Piccirilli.
Diorhà, pseudonimo di Angela Pinto, artista, pugliese legata da sempre alla scrittura, al canto, all’arte ed al mondo dell’animazione e dello spettacolo. Intraprende il suo percorso come cantautrice nel 2013, realizzando due album (Regole e Sogni 2014 – Riflesso 2016) e numerosi singoli.
Tantissimi i live e gli spettacoli che la vedono protagonista. Finalista di molti contest e festival per cantautori; tra i più noti: Premio Lunezia, ProSceniUm festival , Premio Donida, Mimì Sarà, Cantautori Bitontosuite, Onda Rosa Indipendente.
Tra i suoi brani più conosciuti “Davanti a un caffè” vincitore del premio Donne d’autore nel 2015 e “Rivoluzione” (prodotto in collaborazione con Roberta Giallo) vincitore del premio Palco d’autore 2023.
Molte le sue esperienze tra live, teatro, programmi tv e radio, oltre al suo forte impegno nel volontariato e nei progetti sociali.
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