Thomas Umbaca: al piano e in tour con “UMBAKA” album d’esordio del giovane pianista e compositore
Il motore primo da cui muove il flusso creativo musicale di Thomas Umbaca è il pianoforte, strumento che lo accompagna fin dalla più tenera età e i cui suoni costituiscono il lessico familiare che gli permette di esprimere in modo naturale e spontaneo le sue visioni interiori.
Attorno a un microfono e una loop station, voce e percussioni, convergono in un linguaggio fortemente espressivo. Musica come linfa vitale, dunque, che parla a un pubblico senza confini, che arriva in profondità, che ti prende per mano e ti trasporta in un mondo di ombre e colori.
Nelle sue composizioni istinto ritmico e ispirazione melodica si alternano e si compensano, si mescolano e si separano senza soluzione di continuità. Una musica contemporanea che si nutre di presente e si apre al mondo così come lo conosciamo.
Nato nel 1997, Thomas Umbaca incontra subito la composizione pianistica, studia al Conservatorio G. Verdi di Milano e completa il suo percorso formativo nei corsi di pianoforte Jazz attraverso i quali entra in contatto con importanti figure del panorama Jazz italiano.
La sua carriera lo ha visto protagonista in festival e rassegne come Piano City Milano, Roccella Jazz Festival, Armonie d’Arte Festival, Museo del Novecento di Milano, Castello Sforzesco, Monza Visionaria.
Non solo musica, ma anche spirito umanitario lo hanno visto coinvolto in un concerto dedicato al personale medico impegnato nella lotta alla pandemia tenutosi presso l’Ospedale San Carlo di Milano.
Partecipa con la Verdi Jazz Orchestra diretta da Pino Jodice a un concerto per la Rai dedicato alla Shoah e alla musica di Ennio Morricone.
Compone la colonna sonora per il film “Miriam – il diario” di Monica Castiglioni (2015) e per il documentario “Il Terribile Inganno” di Maria Arena (2021), distribuiti da Amazon Prime Video e Infinity.
Nel 2019 Thomas Umbaca vince il premio speciale per giovani talenti promosso dalla maison Hermès nell’ambito di Piano City Milano. Nel 2021 vince il Premio Lelio Luttazzi nella categoria giovani autori pianisti presso la Casa del Jazz di Roma.
Il 13 ottobre pubblica, per Ponderosa Music Records, il suo disco d’esordio “UMBAKA”: una giostra d’ombre e di luci in grado di trasformarsi in un rifugio accogliente per chiunque si immerga nel suo ascolto poiché racconta un’umanità che tutti conosciamo.
Il disco è suonato in un tour sui palchi dei teatri più caratteristici d’Italia.
Il tour, organizzato da Ponderosa Music & Art (con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per Chi Crea”) è partito il 16 febbraio dal Teatro Miela, per poi fare tappa il 24 febbraio all’Arci Bellezza di Milano in apertura al concerto di Joshua Idehen.
Il 2 marzo ha fatto tappa alla Casa del Jazz a Roma, il 14 marzo al Teatro Garybaldi a Settimo T.se (TO); il 14 aprile sarà allo SHED626 Club di Firenze e il 17 luglio salirà sul palco di Naturalmente Pianoforte a Camaldoli (AR).
Il calendario è in aggiornamento.
Video intervista a cura di Domenico Carriero
Chino, “Cantastorie” il nuovo singolo
Chino il nuovo singolo “Cantastorie” descrive la mia quotidianità, i miei obbiettivi e le lunghe chiacchiere con gli amici fuori da un bar del mio quartiere
In radio e su tutte le piattaforme “Cantastorie” (La Grande Onda/Altafonte) il nuovo singolo del musicista romano Chino.
«Cantastorie descrive la mia quotidianità, i miei obbiettivi e le lunghe chiacchiere con gli amici fuori da un bar del mio quartiere, fantasticando sulla musica e su una vita futura, descrivendone sia le aspirazioni, ma anche le paure e i timori relativi a questa grande ambizione» racconta Chino che aggiunge: «Ho cercato per questo brano di inserire sullo sfondo anche riferimenti a Roma e alla romanità, come il derby tra Roma e Lazio paragonato ad una storia d’amore e citando la serie Netflix di Zerocalcare Questo mondo non mi renderà cattivo».
Classe 2000, Filippo Pisani in arte Chino nasce a Roma, dove sin da subito il luogo di origine gioca un ruolo fondamentale nella sua formazione musicale.
Chino rimane affascinato da artisti come Califano e Gabriella Ferri, unendoli in una commistione temporale con giovani eredi della musica romana come Mannarino e Coez.
Il primo step nella carriera artistica di Chino inizia sui banchi di scuola, dove assieme a sette compagni di classe fonda il collettivo hip hop “Banda Larga”.
Con il collettivo firma due album “Buone Nuove” nel 2017 e “Iside” nel 2019 entrambi registrati al Quadraro basament di Roma. Nel lasso di tempo fra i due album, Chino registra il suo primo disco solista “Mille Lire”.
Una volta sciolto il gruppo Chino decide di cambiare totalmente genere avvicinandosi all’indie, mescolandolo con la sua passione per il rap e per la musica romana.
Nel 2020 Chino si unisce alla famiglia di Grande Onda, realizzando due Ep. “Figli” e “Madison”, successivamente inizia il sodalizio artistico con il produttore disco d’oro Promo L’inverso, con il quale firma quattro singoli, e con cui è al lavoro per nuovi progetti.
Chino ha preso parte a diversi live ed esibizioni dal vivo, con aperture a: Lucci, Snak the ripper, Egreen e Nex Cassel, Brokenspeakers, Piotta, Dj Argento ed Er costa, non dimenticando live come Euro2020 Piazza del popolo, Festa della musica di Roma, Parco Shuster propaganda e Villa Ada festival.
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina
Ron, continua il tour “Al centro esatto della musica”
Ron in teatro con un nuovo live, uno spettacolo musicale originale dal titolo eloquente, “Al Centro esatto della Musica”
“Al centro esatto della Musica” in teatro il nuovo spettacolo live di Ron, uno spettacolo musicale originale dal titolo eloquente, che riprende l’incipit di uno dei suoi tanti successi e che bene descrive lo stato di grazia che l’artista sta vivendo.
Quale metafora più congeniale se non “il centro esatto della musica” per un cantautore che esprime il meglio proprio su un palco, davanti al suo pubblico? Ma non solo, «un posto dove andrei tutte le sere a cantare è proprio il teatro», racconta RON, “«dove le canzoni vivono in un ambiente ideale, a volte rivivono grazie a nuovi arrangiamenti che mi diverte fare con la mia band. Mi piace mettermi in gioco, e ora lo faccio come mai prima, vado in teatro con un concerto rinnovato, a cui abbiamo lavorato molto, perché vivo per la musica e sono felice quando sono davanti ad un pubblico… Da sempre è così, da quando ragazzino ho cominciato questo splendido mestiere di cantautore».
Così RON si racconta grazie ad uno dei repertori tra i più belli e conosciuti della musica d’autore italiana in una scaletta ricca di oltre venti titoli – tra successi e nuove canzoni, tratte anche dal celebrato album di due anni fa “Sono un figlio” – che include anche “Lontano Lontano” di Luigi Tenco, nella versione con cui l’artista ha aperto l’ultima edizione del “Premio Tenco”, quando lo scorso ottobre ha ricevuto il prestigioso ed esclusivo “Premio alla Carriera”, testimonianza di un affetto e di una stima nei suoi confronti sempre più ampi da pubblico e addetti ai lavori.
I biglietti sono disponibili sui principali circuiti di prevendita. Tutte le informazioni sul tour su www.internationalmusic.it
Sul palco con RON (chitarra, pianoforte e voce) Giuseppe Tassoni (piano e tastiere); Roberto Di Virgilio (chitarre); e Stefania Tasca (voce, percussioni e chitarra acustica).
Prodotto da IMARTS, il tour è l’inizio di un lungo viaggio che lo porterà a girare per tutto il 2024, un anno che si apre con il tour “Al centro esatto della musica” e che andrà avanti con successive due nuove produzioni live e soluzioni sceniche e artistiche differenti le une dalle altre, sorprendenti anche per chi segue da sempre il cantautore.
RON – AL CENTRO ESATTO DELLA MUSICA
27 febbraio VERCELLI @Teatro Civico (data zero)
28 febbraio AOSTA @Teatro Splendor
1 marzo CORTE FRANCA (BS) @Auditorium 1861 Unità d’Italia
3 marzo ROMA @Palazzo dei Congressi EUR
13 marzo NAPOLI @Teatro Acacia
16 marzo FOGGIA @Teatro del Fuoco.
17 marzo CAMPOBASSO @Teatro Savoia
5 aprile LEGNANO (MI) @Teatro Citta di Legnano Talisio Tirinnanzi
6 aprile CONCORDIA SULLA SECCHIA (MO) @Teatro del Popolo
7 aprile CAMOGLI (GE) @Teatro Sociale
19 aprile PONSACCO (PI) @Teatro Odeon
20 aprile PESARO @Teatro Rossini
Video intervista a cura di Domenico Carriero
Ivana Spagna “Happy station” nuovo singolo
Ivana Spagna con Happy station, la stazione di Milano Cadorna dove tutti ballano in allegria a ritmo di dance
Metti una stazione trafficata come Milano Cadorna, aggiungi un pezzo dance anni 80 fortissimo rivisitato in chiave 2024, impreziosisci con il tocco della regina dell’italodisco Ivana Spagna e il risultato non potrà che essere una stazione dove tutti ballano in allegria. Happy station, la stazione che balla a ritmo di dance.
La musica aggrega, incuriosisce, rallegra, è il punto di contatto per vedere la frenesia quotidiana da un altro punto di vista, ovvero un mondo fatto di incontri, sorrisi, energia, abbracci, positività: questo è lo scenario del video di Happy Station, il nuovo singolo dance di Spagna, nato in collaborazione con il dj Paul Jockey e girato nella stazione di Cadorna in collaborazione con FerrovieNord.
Happy Station è sbarcato in Italia lo scorso febbraio ma sta già conquistando le piattaforme digitali e il mondo social, Tik Tok in primis, al punto che è apparso anche nei billboard di un’altra grande stazione, nientemeno che Times Square a New York!
L’idea del remake trae ispirazione dal gruppo cult dei primi anni 80 “Fun Fun”, nato proprio da una produzione che vide il nome di Ivana prima del grande boom di Easy Lady.
Sull’onda poi dell’enorme successo di Clap your hands, il pezzo scalaclassifiche di Kungs nato da una campionatura di Happy Song dei Baby’s Gang (anche in questo caso scritto da Ivana) il manager e avvocato Ugo Cerruti insieme al dj milanese Davide Ippolito hanno prodotto la nuova versione di Happy Station: il risultato è un pezzo adrenalinico frutto della più gradevole italodisco, potente nella sua radiofonicità ed irresistibile nella sua euforia. Così come accade in discoteca anche la quotidianità può diventare un momento spensierato, tutto da ballare.
Un gradito ritorno per Ivana che abbiamo visto recentemente al Festival di Sanremo in coppia con Clara nella serata delle cover, durante la quale ha festeggiato i 30 anni de Il cerchio della vita.
Iconica nell’immagine e soprattutto nelle acconciature, Spagna nel video non delude le aspettative anni ’80, cambiando diversi look tra la curiosità e lo stupore della gente che al momento del suo ingresso in stazione è come freezzata indicandola come un portatrice di quell’allegria sana e coinvolgente che ha il sapore di dance.
Articolo a cura di Alberto Nano
Vitto: la melodia rallenta la “Tachicardia”
Vitto, il suo nuovo singolo “Tachicardia” è un viaggio attraverso la resilienza dell’amore in una relazione complessa che, seppur sia finita, è ancora piena di vita
Vittoria, in arte “Vitto”, è una giovane cantautrice romana che si appassiona alla musica fin da bambina e trova nella chitarra acustica una compagna perfetta. “Tachicardia” suona come un inno alla potenza delle emozioni e dei ricordi, è un brano che descrive quella sensazione di elettricità che si sente in un rapporto terminato da poco tempo. La sua voce crea un’esperienza sonora unica, con melodie coinvolgenti che catturano l’ascoltatore.
Vitto, come la vivi questa tua passione per la musica?
È la tipica storia di tutti i cantanti. Fin da quando sono piccolissima, i miei ricordi sono sempre scanditi dalla musica. Nei primi viaggi in macchina con i miei genitori c’era sempre la musica in sottofondo, un’eterna e instancabile compagna di viaggio. Ascoltavamo le canzoni dei Village People e spesso mi mettevo a ballare. Mia madre, tra l’altro, suonava la chitarra e mi ha trasmesso tutta la sua passione per questo strumento che sento molto mio.
È lo strumento che prediligi?
Sì, ho iniziato con quella classica e adesso sto usando quella acustica. Quest’ultima la considero l’estensione di me stessa e nelle mie canzoni è sempre presente, anche quando mi esibisco durante i live. Le performance voce e chitarra sono quelle più intime, trasmettono più emozioni ed infatti sono quelle che mi piacciono maggiormente.
Hai intenzione di imparare a suonarne anche altri?
Sì, voglio assolutamente espandermi. Da poco ho cominciato a suonare il basso, nel mio piccolo vorrei fare qualche produzione da autodidatta. Ho intenzione di prendere confidenza anche con il pianoforte, mi piacerebbe moltissimo comporre lì sopra.
La musica è il tuo canale di comunicazione migliore?
Sì, è la parte che mi aiuta ad esprimere le emozioni più importanti e tutto ciò che provo in generale. Quando sento che devo esprimere qualcosa mi rifugio sempre dentro di lei.
Quando hai scritto la tua prima canzone?
In realtà io ho iniziato a scrivere sulle canzoni degli altri. Quando avevo 13 anni scrivevo dei testi sulla musica dei Jonas Brothers; inoltre, mi ricordo anche che, quando frequentavo le scuole medie, scrissi una canzone di Natale e tutta la scuola poi la cantò insieme a me.
Senti l’influenza di qualche artista in particolare nella tua musica?
Qual è il messaggio che si cela dietro il tuo ultimo singolo “Tachicardia”?
È un brano che nasce dopo la fine di una mia relazione. Dopo circa quattro mesi che non vedevo la mia ex, ci siamo rincontrate per caso in un locale a Roma. La canzone racconta tutti i sentimenti che sono riemersi in quella sera, il gioco di sguardi e i due sorrisi sui nostri volti.
Quando ci siamo riviste è come se tutto si fosse fermato, ci siamo avvicinate e abbiamo parlato di come avevamo vissuto in quel periodo. Questa canzone vuole anche soffermarsi su quelle sensazioni che rimangono ancora un po’ aperte dopo la fine di un rapporto.
Durante la notte, mentre sono tornata a casa, ho scritto di getto la canzone e il giorno dopo era già pronta. Avevo il cuore a mille e in qualche modo dovevo far uscire tutto quello che provavo.
In genere scrivi le tue canzoni di notte?
Tutti i miei brani nascono la notte, mi sento più ispirata. È un momento che arriva come un fulmine e non posso far altro che prendere in mano la chitarra e buttare giù quello che viene. Arrivano due o tre accordi, anche casuali, li metto insieme e automaticamente escono parole che metto subito per iscritto. Mi dispiace solo per i miei genitori che sono costretti a sentirmi suonare mentre dormono.
I tuoi testi sono prettamente autobiografici?
Per ora sì. Purtroppo, non ho ancora imparato a scrivere dal punto di vista degli altri o di un qualcosa che non riguarda me direttamente. Uso la musica come valvola di sfogo quindi racconto soprattutto esperienze personali e vicende vissute.
Ci racconti com’è andato il Release Party del 22 febbraio? Cosa hai provato?
È stato il mio primo Release Party ed è stata un’esperienza incredibile che mi ha riempito di emozioni, non pensavo che sarebbero venute tutte quelle persone, il locale era pieno.
L’evento si è svolto a San Lorenzo in un posto chiamato “Charleston”. Ho avuto un ospite, un mio amico, Luca Lala, un cantautore bravissimo, e inoltre c’erano altri miei amici ai quali voglio molto bene. Era molto tempo che non facevo un live perché mi trovavo in un periodo creativo in cui volevo solamente produrre.
Come ti senti quando sei sul palco?
L’aspetto che adoro di più è condividere con gli altri le parole che scrivo. La cosa più emozionante è ascoltare e vedere loro che le cantano. Alcuni miei amici conoscono diverse canzoni e le cantano con me quando mi esibisco.
Il palco è veramente elettrizzante, ho capito che volevo fare questo mestiere quando nel 2022 sono salita sul palco dell’Alcazar e ho iniziato a cantare un brano di Coez. In quel momento ho realizzato che era ciò che volevo fare nella mia vita, mi ha riempito totalmente e mi ha messo a proprio agio.
Notare come le persone si rispecchino nelle mie canzoni è una sensazione bellissima. Sono dei momenti di pura connessione con il pubblico.
Durante i live hai già costruito una tua scaletta?
Assolutamente sì, la mia scaletta ti porta all’interno di una relazione, si inizia con la fase dell’innamoramento, la storia che prosegue, che finisce, come stai dopo e cosa succede quando si rincontrano. È una storia che segue un filo logico e sentimentale.
Quale traccia funge da tuo biglietto da visita?
A dir la verità ce ne sono due che ho pubblicato da sola quando ancora non avevo l’etichetta: si chiamano “Vino Rosso” e “Letto singolo”. Sono due brani a cui voglio bene, il primo parla dell’anno che ho vissuto all’estero in Erasmus in Spagna, mentre il secondo rappresenta la nascita di questo percorso con la musica.
Elencami tre aggettivi che descrivono la tua musica
Sentimentale, catchy ed empatica.
Ho letto che hai avuto l’opportunità di aprire il concerto di Franco126. Com’è andata quest’altra esperienza?
È stato incredibile, ho incontrato il pubblico più bello che abbia mai avuto davanti. Sono stati tutti super accoglienti, Franchino in primis, mi ha fatto i complimenti a fine concerto. C’erano tantissimi ragazzi, tutti giovanissimi, che hanno voluto scambiare due chiacchiere con me e mi ha fatto estremamente piacere. È stata una grande occasione per me.
Come riempi le tue giornate oltre alla musica?
Ho un lavoro, mi sono laureata in giurisprudenza e adesso mi trovo in una società di consulenza legale. La maggior parte delle mie giornate le passo lì, poi quando stacco il tempo libero che rimane lo dedico alla musica, agli amici. Sono una persona molto sociale e socievole, esco il più possibile e spesso vado ai live di cantanti emergenti.
Se non avessi fatto la cantautrice avresti preso definitivamente quest’altra strada?
La domanda che mi pongo è un’altra in realtà, ossia se avessi iniziato a dare più importanza alla mia musica prima. Per molto tempo non ho creduto che fosse possibile realizzarsi in questo lavoro, l’avevo un po’ repressa e per questo motivo ho iniziato una carriera nella giurisprudenza. Il posto che ho adesso in consulenza è arrivato perché in precedenza non ho dato abbastanza spazio a questa mia passione. A breve spero diventi definitivamente la mia strada.
Hai dei programmi precisi per il futuro?
A breve usciranno nuovi singoli perché sto continuando a produrre. Se tutto va bene l’idea dell’album diventerà concreta. C’è la volontà da parte mia di fissare tutti i singoli in un unico progetto.
Qual è il sogno musicale che hai nel cassetto?
Sicuramente le grandi esibizioni, come ad esempio il primo maggio o Sanremo. Ci metto anche qualche featuring di spessore.
Articolo a cura di Simone Ferri
Jack Scarlett: “Senza più perdermi” celebra l’unicità
Jack Scarlett: l’emozionante grido contro il bullismo, un inno di resilienza e speranza per chiunque abbia affrontato simili sfide
Jack Scarlett torna in radio e nei digital store con “Senza più perdermi” (Keyrecords), una struggente e potentissima poesia in musica contro il bullismo.
In questa nuova attestazione del suo talento da fuoriclasse e della sua assoluta sensibilità artistica, Jack Scarlett si immerge in un tema profondamente personale e sociale. Il brano è un tributo alle vittime di bullismo, un inno di resilienza e speranza per chiunque abbia affrontato simili sfide.
Attraverso la sua musica, Scarlett non si limita a creare un’opera d’arte, ma costruisce un’ancora di salvezza, un rifugio e un abbraccio di incoraggiamento per coloro che combattono silenziosamente contro le cicatrici fisiche e animiche lasciate da queste esperienze traumatiche, ancora troppo spesso rimaste impunite.
Con “Senza più perdermi”, l’artista nato a Roma e cresciuto a Milano si pone come voce di sostegno e guida per chi è vittima di tali violenze, spesso sottovalutate dalla società, ma profondamente dannose per l’integrità emotiva e psicologica dell’individuo.
Scarlett esplora con la delicatezza, l’empatia e l’eleganza che lo contraddistinguono sin dalla sua prima release la complessità dell’esperienza di chi subisce atti vessatori, dando voce alle loro storie, alle loro lacrime, ai loro silenzi e tutti i sentimenti nascosti in quei cuori spezzati da gesti e parole che sanno ferire più di mille lame.
Le sue release diventano uno spazio di ascolto e comprensione, dove le emozioni relegate in ombra trovano luce, espressione, comprensione e accettazione.
«Qualche settimana fa – dichiara – ho subito un’aggressione in stazione, dopo la quale sono tornato a casa estremamente terrorizzato. Per giorni non sono riuscito ad uscire, avevo paura anche ad avvicinarmi alle finestre ed essere visto da questa società bestiale.
Per ogni minimo spostamento, mi facevo accompagnare in auto, con la fobia anche solo di avvicinarmi ad una stazione. Gli sguardi della gente erano come pugnalate; questa esperienza mi ha creato un trauma ed una fortissima ansia sociale, per questo motivo ho sentito la necessità di raccontare questo fenomeno che non è più tollerabile e mettermi in prima linea per combatterlo.
Per me è un grido disperato, contro queste baby gang, un grido per farci sentire da politici e forze dell’ordine per sorvegliare maggiormente le strade, anche di giorno. Vogliamo essere tutelati, abbiamo il diritto di esserlo».
Il videoclip ufficiale che accompagna il singolo, diretto da Chiara Bettiga e girato al Multiset Studio di Milano Bicocca, include la partecipazione di influencer e attivisti come Eddie Bunny, celebre portavoce della comunità gay. Il video rappresenta varie realtà discriminate, creando un potentissimo messaggio audiovisivo di inclusione e comprensione.
«Nel videoclip – conclude Scarlett – ho cercato di racchiudere più realtà discriminate possibile. C’è Eddy Bunny, tiktoker e attivista con centinaia di migliaia di followers che si erge come portavoce della comunità gay. Sono presenti anche una donna che canta contro la violenza sulle donne, e la molestia ed una persona genderfluid che ha scelto di metterci la faccia per sostenere tutta la comunità trans e gender neutral»
Biografia. Jack Scarlett, al secolo Giacomo Caruceru, è un artista italiano nato a Roma il 15 ottobre 2000 e cresciuto a Milano. La sua passione per l’arte, si manifesta sin dalla tenera età, attraverso molteplici forme espressive che consentono alla sua famiglia di notare in lui un talento comunicativo unico.
A soli sette anni, inizia a studiare canto, perfezionando nel corso del tempo la sua formazione attraverso una serie di esperienze significative che ne hanno consolidato artistry, personalità e cifra stilistica.
Nel 2018, ha l’opportunità di sviluppare ulteriormente le sue abilità artistiche partecipando ad una produzione associata ad Amici di Maria De Filippi, esperienza fondamentale per la sua evoluzione professionale e personale, grazie all’intenso lavoro con il suo vocal coach che lo allena con rigore e dedizione.
L’anno successivo, abbandona il mondo dei talent per poter avviare un progetto più personale e rappresentativo che fluisce, nel 2021, nella pubblicazione di “Io che Vorrei”, il suo primo singolo ufficiale. Jack Scarlett si distingue non soltanto per il suo talento musicale, ma anche per il suo impegno nel trasmettere messaggi profondi attraverso i testi dei suoi brani ed i concept grafici che li accompagnano.
Attivista nella comunità LGBTQ+ di cui è rappresentante sin dagli esordi, si dedica alla lotta contro il bullismo e l’omofobia, promuovendo la libertà di genere e dell’espressione di sé senza limiti o pregiudizi.
Il suo stile unico fluisce anche attraverso scelte audaci in termini di outfit, trucco e originalità, sfidando i convenzionali stereotipi e dimostrando che gli abiti non hanno genere e che la creatività non dev’essere limitata da idee superficiali e retrograde.
La missione di Jack è dare voce a tutti coloro che si sono sentiti vessati dal bullismo e dai pregiudizi, facendo sì che riconoscano finalmente il loro valore e trovino il coraggio di affermare senza timore la propria personalità con orgoglio e fierezza, una missione importantissima che si riassume nel suo motto: “La nostra unicità è il nostro vero super potere”.
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina20
Claudym, Incidenti di percorso è l’album d’esordio
Claudym, “Incidenti di percorso” è l’atteso album d’esordio di uno dei nomi più interessanti del nuovo pop made in Italy
Incidenti di percorso, l’atteso album d’esordio di Claudym per Island Records è disponibile in tutti gli store digitali e anticipato in radio dal brano Più di così. Quello di Claudym è tra i nomi più interessanti del nuovo pop made in Italy, artista di grande curiosità e di talento.
Claudia Maccechini, alias Claudym, è un’artista a tutto tondo con un’autoironia innata, una cifra stilistica ben definita, e l’attitudine di chi sa prendersi non troppo sul serio.
Incidenti Di Percorsoè un album così ricco di sfumature e dal sound internazionale, per una centrifuga esplosiva di sonorità urban ed elettroniche e dove convivono senza difficoltà ballad intime e delicate. All’interno, trovano vita anche le varie anime di Claudym, che si alternano e si rispettano. Giocando così con suoni, emozioni, temi e canzoni.
Anticipato dai singoli Bugia, Joanne, Cose che si dicono, Uomini Alfa e Una settimana Da Dio(God’s Plan) – Incidenti Di Percorso è prodotto insieme a due tra i producer più apprezzati dell’attuale panorama musicale italiano, okgiorgio e Marcello Guava, ad eccezione di Una settimana Da Dio (God’s Plan), coprodotta con Celo (Pietro Celoni).
Incidenti di percorso è un album che all’interno vede diverse influenze, dal pop UK ad artiste contemporanee come Upsahl e Renforshort per passare al sound di giganti come Blur, Gorillaz e Smashing Pumpkins. Influenze che trovano il giusto spazio e che danno anche la giusta cifra stilistica e caratura ad un’artista di grande interesse e talento. Insomma, una cantautrice da tenere d’occhio.
Incidenti di percorso rappresenta quindi un progetto ben definito, che parte dall’identità artistica e visiva, dagli artwork delle copertine agli storyboard, per passare alla musica e fino alla produzione dei videoclip.
Inoltre, per chi volesse ascoltare dal vivo Claudym e il suo Incidenti di percorso, potrà farlo mercoledì 27 marzo all’Apollo Club di Milano, concerto speciale organizzato da Magellano Concerti.
Tracklist di Incidenti di percorso
Ragioni Sbagliate
Una Settimana Da Dio (God’s Plan)
Blahx4
Joanne
Trigger
Cose Che Si Dicono
Bugia
Uomini Alfa
Ex
Più Di Così
Articolo a cura di Francesco Nuccitelli
Perso giovane cantautore romano e la misteriosa “MB”
Perso giovane cantautore romano continua a dipingere i suoi primi amori con la vitalità e l’autenticità che lo contraddistinguono, continuando a fare della gentilezza la sua cifra distintiva
Anticipazione del primo album solista, in uscita per Pioggia Rossa Dischi, Perso con “MB” racconta la storia di due adolescenti che si innamorano per la prima volta. Un cane diviene la metafora delle emozioni: fedele compagno quando tutto va bene, viene lasciato a casa – per qualche ora – quando le cose si complicano e il cuore va in mille pezzi.
La canzone si conclude con l’immagine della stazione, luogo che assiste al passaggio di migliaia di persone, testimone di innumerevoli storie, compresa quella dei protagonisti, iniziata proprio con un treno, che non farà più ritorno.
MB, l’abbreviazione del nome della ragazza che ha ispirato la nascita brano, origine e depositaria di ogni sensazione.
Leonardo Filippo Longhi Persico, in arte PERSO, nasce a Roma il 30 agosto 2006 e si avvicina alla musica a soli 6 anni, quando comincia a studiare chitarra presso un insegnante privato.
Frequenta la scuola media con indirizzo musicale dove, oltre la chitarra, inizia a suonare altri strumenti, tra cui il pianoforte e il basso. Partecipa a due concorsi nazionali, classificandosi al secondo e al terzo posto.
A 13 anni, con la sua ormai fedele chitarra, affronta il suo primo concerto in piazza a Cisterna di Latina, città in cui si è trasferito all’inizio della scuola media: presenta cover dei Måneskin, Coez e alcuni suoi brani originali, che riscuotono un notevole successo.
Segue l’incontro con Stra Studio dove incide la prima cover, “Faccio un casino” di Coez. L’esperienza nella sala di registrazione lo stimola così tanto che decide di comprarsi un taccuino per annotare parole, dalle parole la musica. Torna in sala per incidere le proprie canzoni e, insieme all’etichetta Pioggia Rossa Dischi, produrre il suo primo album.
CREDITI DEL SINGOLO
Scritta da Leonardo Filippo Longhi Persico e Giorgio Maria Condemi
Produzione e Mix di Giorgio Maria Condemi e Gianni Istroni
Master di Gianni Istroni
Etichetta: Pioggia Rossa Dischi
Edizioni: Boc Music Group
Distribuzione: Ada Music Italy
Video intervista a cura di Domenico Carriero
Zibba, con “La città dall’alto” l’incontro con Calvino
Zibba “La città dall’alto” è il nuovo album, un percorso cantautorale, un disco fortemente ispirato per raccontare le difficoltà del nostro vivere quotidiano
Il nuovo album di Zibba “La città dall’alto”, un disco fortemente ispirato, da abitare per riconnettersi all’essenza delle cose.
“La città dall’alto” è un viaggio fuori dal tempo: un percorso cantautorale e umano caratterizzato dall’incontro tra le nostre storie personali e quelle contenute nella raccolta “Ultimo viene il corvo” di Italo Calvino, dedicate alla resistenza, alla morale e al discernimento tra bene e male.
“La città dall’alto” si basa sulle coincidenze, oltre ai racconti del giovane Calvino e all’improvvisazione tra Zibba e Samuele Puppo in studio. Le musiche sono state ispirate dalla lettura, improvvisate in session; i testi delle canzoni sono nati da quello che musiche e racconti hanno creato nel tempo. Un groviglio orchestrato nei suoi modi, un’idea costruita su continui stimoli e ricerche.
L’autore, musicista e producer, ligure come Calvino, si è sempre distinto per la capacità di descrivere i sentimenti di un mondo che cambia, rimettendo al centro una parola piena di anima. Con “La città dall’alto” attinge dalla letteratura per raccontare la complessità del nostro vivere quotidiano, costruendo una musica fatta di tempi distesi e una ruvida e palpabile contemporaneità.
Zibba adagia il suo lessico schietto su un tappeto acustico delicato e contemplativo, una scelta che lo avvicina alla poetica dei grandi cantautori italiani e restituisce autenticità a una narrazione che non manca mai di delicatezza e profondità.
“La città dall’alto” è stato prodotto da Zibba, scritto da Zibba e Samuele Puppo e registrato negli spazi di Lab22 da Zibba con l’aiuto di Prinzy del Boombastic Studio. Il disco è stato anticipato dal singolo “Si dorme come cani”.
LA CITTÀ DALL’ALTO
Tracklist
SI DORME COME CANI
PADRIFIGLI
NUDI
LA CITTÀ DALL’ALTO
ALVEARI
STE
AMERICANIDOLLARI
NON PIANGI MAI
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Cantautore, arriva al grande pubblico grazie ai Premi della Critica al Festival di Sanremo 2014 con la canzone “Senza di te”. Vince alcuni tra i premi più prestigiosi della musica italiana, come la Targa Tenco per il miglior album, il Premio Bindi nel 2011, gli On Stage Awards 2015 e molti altri riconoscimenti del mondo indipendente e cantautorale.
Producer e produttore artistico, collabora con diverse etichette del mondo indipendente. Dal 2017 è direttore artistico del Premio Bindi.
Pubblica come autore una raccolta di dialoghi surreali e alcune biografie di artisti dello spettacolo per le maggiori editrici.
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina
Francesco Tricarico: Faccio di Tutto Tour
Faccio di Tutto Tour è il progetto musicale che il cantautore Francesco Tricarico sta portando in giro nei diversi teatri sparsi sul territorio con il musicista e compagno di viaggio Michele Fazio
Voce e pianoforte rigorosamente in acustico con Francesco Tricarico che mette in scena il suo repertorio artistico di oltre 20 anni di carriera, condito di storie e aneddoti e tutto il resto da scoprire, da inventare e immaginare.
Con il grande cantautore milanese, scopriamo quel bambino che rideva sempre, amava disegnare e poi scoprì la musica.
Faccio di tutto Tour, come nasce l’idea di questo progetto musicale?
Abbiamo iniziato a girare dal 2008 con questo Tour, prima con varie formazioni perché il gruppo era più ampio, mentre ora siamo in duetto io e Michele Fazio. È una forma acustica che mi piace, dove c’è spazio alle canzoni, alle parole e all’essenzialità dei brani e permette di avere tempi più larghi rispetto a un’esibizione con un gruppo.
Ci divertiamo ed è sempre interessante proporre i brani con pianoforte e voce. È nato strada facendo e in questo periodo tecnologico e apparentemente moderno, questo spettacolo è forse più moderno.
C’è parecchia improvvisazione, come chiamare il pubblico, raccontare la storia del lupo. Sembra un’opera un po’ teatrale.
C’è una parte di recitato e un piccolo canovaccio. Non manca l’improvvisazione con la quale tendo a coinvolgere il pubblico in “pomodoro” nella storia del lupo o della campagna. Ci sono anche delle riflessioni che nascono naturalmente nelle serate e non sono mai le stesse.
La mia sensazione è che durante il tuo live, possa accadere tutto e dentro di me ho pensato “chissà cosa inventa Tricarico”!
Mi fa piacere il fatto di fare accader “qualcosa”. Io ascolto il pubblico e c’è una parte che accade, in base alla gente che posso trovare.
La bellezza è essere presente ed è la parte più affascinante di questo lavoro, dove lavoro molto di fantasia. Il legame con la realtà è molto pragmatico, oggettivo e lucido, ma è fatto anche di spazi di fuga perché io tento di fuggire dalla realtà.
Il palco è un luogo in cui sono presente, dove nascono le idee, mi diverte e dovrebbe essere un momento che smuova qualcosa.
Il live inizia con “Io sono Francesco” il tuo pezzo che ha segnato il tuo debutto. Solitamente nei concerti gli artisti partono con i pezzi più recenti, invece tu sei partito con il pezzo più famoso. Hai la necessità di presentarti al pubblico?
La scelta non è casuale. È la canzone più conosciuta. Abbiamo pensato con Franco Godi – un amico manager e produttore con il quale spesso riflettiamo – di farla subito senza che diventi un’attesa.
È una presentazione. Da quel momento inizia un percorso in discesa per certi aspetti ma anche in salita per altri.
Quando hai scritto questo brano non hai avuto timore di essere censurato con il “Puttana la maestra” in un momento storico più difficile rispetto ad oggi?
Non mi posi il problema, ma se lo pose la casa discografica Universal con la quale stavo preparando il disco. Infatti, lo censurò e fece tre versioni: una normale con lo sfogo di questo bambino, una con un beep che comunque rendeva leggibile “puttana” (seminascosto) e una con beep più lungo che cancellava tutto.
Si diede la possibilità alle radio che avrebbero potuto trasmetterlo scegliendo tra le 3 versioni. Ero contento perché la parolaccia aveva un senso, in quanto era in contesto e non era gratuita. La ritenevo giustificata, anzi all’interno della canzone aveva un suo perché e non era messa a caso. A me tutto quadrava.
Nel corso del tempo riflettendo sull’episodio che era rimasto nella mia memoria, come uno spartiacque tra un periodo e un altro, il tema sul papà era meglio non darlo: noi eravamo in quarta e la maestra ci conosceva tutti, eravamo in una classe un po’ disastrata, dove c’erano orfani e altre situazioni. Da parte della maestra c’era stata poca attenzione.
Lei venne a sapere della canzone che la riguardava dal suo fidanzato e mi telefonò dicendomi che in quel momento era giovane e aveva 26 anni.
Io la ritenni giusta e mi fa piacere che questo senso fu colto, sebbene i ragazzini abbiamo preso la parte più volgare. È una canzone che ha tante sfumature che la rendono interessante.
Nei tuoi brani hai sempre colto con ironia, attenzione e grande capacità di scrittura i volti della società. Il testo “Mi state tutti profondamente sul cazzo” è uno sfogo molto diretto. Perché un testo così gridato, tu che sei sempre contenuto?
Dopo la pandemia, penso che si viva un momento molto drammatico per tanti aspetti. Assisto a un reiterarsi di tante cose a livello mediato e a livello di social, stranamente ripetitive, quasi coatte, laddove le cose giuste appaiono.
Noto un tentativo quasi di manipolazione dell’informazione nelle guerre, nell’uso dei termini, nell’interpretazione che non avrei mai pensato in una versione quasi propagandistica della realtà che mai avrei pensato di vivere.
Vedo che la Russia è l’invasore dell’Ucraina mentre Israele non è l’aggressore della Palestina. È tutto fuorviante perché siamo liberi però tutti devono fare un vaccino, andiamo verso un portafoglio digitale ma vogliamo togliere la moneta: si sta forzando verso una direzione poco libera.
Ci stiamo muovendo verso l’intelligenza artificiale ma non sappiamo nulla dell’aspetto spirituale e umano. È un momento brutto per il pensiero.
Questa canzone fa un elenco di cose dove si assiste alla propaganda delle macchine elettriche, quando realizzarle è un disastro per la produzione dei minerali che servono per le batterie.
La canzone è poco poetica, ma sentivo di farlo e sottolineare un fatto pericoloso.
Nella tua esperienza artistica hai incontrato la pittura, che definisci un altro linguaggio come la musica. È sempre Francesco, che torna sul banco per fare il tema sul papà… e inizia a dipingere? È il bambino che porti dentro che te lo chiede?
Io ho sempre disegnato dalle scuole medie. A liceo ho iniziato a fare opere più grandi e andavo presso le Gallerie, perché avevo un professore molto bravo al Conservatorio che dipingeva, Vigentini che mi aveva “iniziato” assieme ad altri ragazzi all’arte. Questa è stata una fortuna per me.
Il mio disegno ebbe un fine e capii che potevano aprirsi delle porte. Al Conservatorio suonavo, mentre la simil pittura era un diletto, che iniziava a prendere piede. La musica, invece, era un qualcosa che tenevo per me. Io ho sempre fatto le mostre (piccole) ma negli ultimi sette anni ho conosciuto un gallerista per cui ho iniziato a realizzare lavori grandi su grandi tele.
All’età di dieci anni, come ogni ragazzo che inizia a guardare il mondo, mi ponevo delle domande quello che accadde con il tema fu una presa di coscienza: mi resi conto che nulla sarebbe stato facile e mi sarei trovato a fronteggiare la mancanza di un genitore.
Il disegno, come tu dici, era un modo per suonare, disegnare, stare da solo e riflettere. Oggi si parla di più e si presta maggiore attenzione ai ragazzi, come faccio io con i miei figli, ma negli anni ’70 eravamo poco seguiti.
Hai studiato al Conservatorio il flauto traverso, come è nata la passione verso questo strumento che i ragazzi hanno un po’ bistrattato?
Io andavo a una scuola media di Milano che si chiamava “Rinascita” dove c’era grande offerta di strumenti musicali, tra i quali: flauto traverso, clarinetto, chitarra, violino.
Io scelsi la chitarra, come facevano tutti i ragazzi, ma i professori mi consigliarono il flauto traverso, che non è quello dolce, dritto che viene dato alla media (a becco). Da quel momento iniziai a suonarlo e mi accorsi che ero bravo. Conobbi un grande maestro, mi segui molto e dalle medie andai al Conservatorio: fu una fortuna perché io non avevo grande passione per la musica.
Io ho fatto la dizione per entrare in Conservatorio e poi ho fatto tutto il percorso accademico. È stato un incontro fortuito. Se avessi di fatto studiato la chitarra non avrei delle cose che il flauto traverso mi ha permesso di fare. Comunque io scrivo al pianoforte e suono la chitarra.
Ho curiosato nei tuoi video su YouTube su Sanremo, quando hai portato “Vita Tranquilla”, “Un bosco delle fragole”. Ho letto anche osservazioni dei fan, e ascoltatori. Parlavano di alcune stonature durante il canto, volute o quasi cercate. Come le definisci tu?
In quel momento ritenevo che fosse l’interpretazione migliore da dare a quel brano. Adesso mi approccio in un altro modo rispetto al canto. Allora era funzionale cantare in un modo molto libero.
Eri anche più chiuso, e più riservato in quel momento?
La cosa bella della musica è che ti permette di conoscerti e di fare accadere degli avvenimenti, ma soprattutto nel mio caso di diventare più consapevole delle cose. In quel momento ero meno socievole e più riservato. La mia indole in quel momento era forse più arrabbiata.
Parlando di Sanremo, tu hai partecipato nelle edizioni del 2008, 2009 e 2011. Le ultime edizioni hanno segnato il passo verso una kermesse molto legata al mainstreaming, con la pop dance, la urban, il rapper (i generi del momento). Sanremo non è più una manifestazione nelle tue corde?
Nelle corde di Sanremo o nelle corde di Amadeus? Non escludo di tornarci perché è un grande palco, che dà la possibilità di portare a molti la propria canzone, bella e curata. Meglio andarci con una canzone forte in cui si riconosce perché ci si gioca qualcosa di importante.
Ritengo che ci siano pochi autori, infatti, c’è stata una polemica a fronte di 30 canzoni con solo 10 autori.
Dopo tanti anni, l’ho riascoltato e ho notato un grande appiattimento nella melodia e nella produzione. Un po’ tutto uguale e noioso. Sembra un Festivalbar di serie B.
Mancano un po’ i cantautori come te, Carmen Consoli, Daniele Silvestri per fare dei nomi?
Io penso che lui non li abbia nemmeno cercati perché cinque anni sono tanti. Io presentai un brano due anni e capii che non mi avrebbe mai chiamato. Dipende da che potere hai, con chi sei e con chi ci vai.
Amadeus non dice nulla finché lui non sceglie Gli vengono presentati i pezzi e non da giustificazione rispetto alle sue scelte. È un circolo chiuso, quasi un meccanismo automatico. Baudo (come altri presentatori) avevano una commissione tecnica con maestri di musica che è andata persa.
Amadeus non se ne avvale ed è presuntuoso. Non ha nessuna esperienza se non radio e Festivalbar. Credo che sappia poco di musica. Mi spiace per Sanremo e non escludo di non tornarci, nel momento in cui ci sarà un altro approccio con un altro presentatore o una commissione. A parte il cantautorato è importante che venga dato più spazio ad autori e più interpreti.
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