Lunea,  “Teen Drama” racconta una storia in cui è facile immedesimarsi,  i problemi di un rapporto di coppia in età giovanile

Lunea - Teen Drama - Cover
Lunea – Teen Drama – Cover

Giulia, in arte Lunea, è una cantautrice che scrive testi autobiografici con l’intenzione di coinvolgere l’ascoltatore nel suo vissuto, mescolando diversi generi come pop, soul e jazz. Nell’ultimo singolo ci racconta una storia in cui è facile immedesimarsi, ovvero i problemi di un rapporto di coppia in età giovanile: raggiungere gli anni della maturità ma indietreggiare in dinamiche adolescenziali suona come una sconfitta.

Si è trasferita da Torino a Roma per sbocchi professionali e si è portata dietro la luna, da sempre sua gran fonte d’ispirazione sia nella vita che nella musica.

Vorrei partire con il chiederti come hai ereditato questa passione per la musica?

Fin da quando ero piccola, i miei genitori ascoltavano tantissima musica a casa e mi hanno trasmesso da sempre questa passione, facendomi ascoltare grandi cantautori come i Queen. Tutti i weekend c’era sempre MTV acceso, l’ho assorbita fin da subito tanto che mi veniva voglia di cantare qualsiasi cosa che mi veniva in mente in quell’istante. In età adolescenziale ho seguito il consiglio di mia madre di studiare canto e musica.

Il tuo approccio alla musica è stato influenzato da artisti in particolare?

Tendenzialmente sì, sono pienissima di influenze, ogni volta ne scopro di nuove tutt’ora. Uno dei nomi che posso farti è sicuramente quello di Giorgia, cantante ascoltata moltissimo da mia madre, Lucio Dalla, i Queen. Attualmente posso citarti Taylor Swift e Adele, tutta musica molto internazionale.

Il tuo nome d’arte “Lunea” da dove viene?

Ci sono tre motivi principali: il primo è la luna che mi ha sempre affascinata molto, anche solo guardarla, funge da fonte d’ispirazione; il secondo riguarda me stessa perché le persone che mi conoscono mi definiscono lunatica quindi può esserci un’affinità a riguardo; e infine, perché sono nata di lunedì e quindi da una serie di coincidenze è venuto fuori Lunea, ci ho messo la E in mezzo per personalizzarlo, Luna mi suonava un po’ anonimo.

Lunea: “Teen Drama” è lo specchio della società di oggi
Lunea: “Teen Drama” è lo specchio della società di oggi

Da poco è uscito il tuo ultimo singolo “Teen Drama”. Com’è nata l’esigenza di scriverla?

L’ho scritta in un periodo in cui notavo sulla mia persona e su chi mi sta intorno, ossia gli amici, che le relazioni sentimentali vanno complicandosi sempre di più e vengono trattate come se fossero dei drammi pazzeschi, quando invece potrebbero essere semplificate senza incappare in diversi problemi. A volte sembra che tutto venga vissuto come quelle serie tv adolescenziali in cui regna un po’ di “drama”. La vita sentimentale dei trentenni non è così diversa da quella degli adolescenti, con l’aggravante che noi siamo persone mature data un’età un po’ più avanzata. Così ho deciso di scriverci un brano sopra, scherzandoci un po’ ma non troppo perché c’è una base di verità.

Se dovessi dare un consiglio ai ragazzi che ascoltano questo brano cosa gli diresti? Cosa vuoi comunicare?

Il messaggio di fondo è quello di non complicarsi la vita più del dovuto quando si tratta di relazionarsi con gli altri e soprattutto cercare di costruire una base di autostima sufficiente in modo tale da non cadere in queste dinamiche un po’ tossiche che possono verificarsi a causa dei vari tira e molla che sono frequenti in un rapporto. Quando succede forse la miglior cosa da fare è andarsene, cercando di non sprecare tempo ed energie. Bisogna lasciar andare per ritrovare sé stessi.

In questo singolo quale sound hai scelto di utilizzare?

Un neosoul, quasi un po’ jazzy; è molto ispirato a qualche vecchia canzone che potrebbe essere un brano di Giorgia, quella che ascoltavo da bambina.

Un giorno ti piacerebbe duettare con lei?

Sì, assolutamente, sarebbe bellissimo cantare insieme a lei, ma anche con Elisa, Cremonini per esempio.

Lunea
Lunea

C’è un processo creativo che segui per incidere i tuoi pezzi?

Per scrivere parto sempre da un’idea di concetto che voglio esprimere a parole, spesso personale o di qualcuno a me vicino. Dopodiché, ci sviluppo una melodia sopra, perfeziono la metrica e le parole e successivamente penso all’arrangiamento e all’armonia insieme al produttore. Sono una cantautrice che parte dal testo e dalla melodia, la musica la cerco dopo.

I singoli pubblicati nel 2023 hanno un unico comune denominatore?

Sì, perché sono stati scritti tutti nello stesso periodo, ovvero la pandemia. Possono essere visti come una specie di percorso: il primo uscito, “Equilibri”, parla di un rapporto con sé stessi, alla ricerca di un equilibrio mentale e una pace interiore; il secondo pubblicato è “Filofobia” che parla della paura e dell’innamoramento, del provare dei sentimenti dopo varie delusioni. Inquadrandoli in un percorso, prima mi rapporto con me stesso e trovo un equilibrio, e solo dopo esserci riuscito posso approcciare con qualcun altro. “Teen Drama” narra il vivere una relazione incasinata nonostante potrebbe non esserlo. E infine “Decollo” invece parla di quando un rapporto tossico finisce e ci si va a risollevare in vista di nuovi orizzonti.

Perché allora non è uscita prima Teen Drama e poi Decollo?

Perché a livello di sonorità Teen Drama risulta un po’ più leggera ed essendo il quarto di questa raccolta l’ho voluto far uscire per ultimo.

A quale verso di un tuo brano ti senti più legata?

Sicuramente mi sento legata al primo singolo uscito, ovvero Equilibri, perché parla del rapporto con sé stessi. Nella seconda strofa ho scritto: “fammi stare al centro, fammi spazio perché voglio brillare ma non guardarmi tutto il tempo perché troppi occhi mi fanno soffocare.” È una sorta di dualismo mio, mi piace stare al centro dell’attenzione ma non troppo perché poi mi viene l’ansia, un bipolarismo latente che ogni tanto viene fuori.

Lunea: “Teen Drama”

Ora mi sposto un po’ sulla tua vita personale. Come mai ti sei trasferita da Torino a Roma?

Perché è come se avessi sentito una sorta di chiamata verso Roma, dal punto di vista professionale. Sono venuta per un seminario di musica nel 2019 e mi sono innamorata della città e dell’atmosfera, quindi, in quel momento ho deciso che volevo che diventasse casa mia. In un anno ho terminato i miei progetti nella mia città natale, poi ho deciso di fare questo passo e mi sono trasferita nella capitale. Mi sento più a casa qui che a Torino, anche per come sono fatta di carattere essendo molto espansiva ed estroversa, questo fattore qui trova più sfogo e casa; Torino, da questo punto di vista, è un ambiente più chiuso e più restio alla socialità.

La città di Roma è entrata anche nella tua scrittura e nei tuoi testi?

Sì, sicuramente nelle nuove produzioni ci sarà un’influenza romana, anche nei testi. Tra l’altro, ho riarrangiato una cover che uscirà tra un po’, inedita, ovvero “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla, ispirata proprio a Roma; è uno dei miei brani preferiti in assoluto e molto significativo.

Dammi tre aggettivi che definiscono la tua persona in base alla musica…

Personale, melodica e didascalica, perché tendo a descrivere in maniera abbastanza semplice ma profonda quello che voglio comunicare.

Il rapporto con il tuo pubblico com’è?

Spero che diventi sempre più confidenziale. Il pubblico è la parte più importante di un artista in quanto corrisponde al proprio feedback. È un rapporto davvero stretto, l’artista è anche il pubblico stesso perché si mette al pari livello degli altri. Cerco sempre di trovare un collegamento, un punto d’incontro tra quello che provo io e quello che potrebbe provare un’altra persona. In fin dei conti siamo tutti esseri umani e abbiamo dei sentimenti comuni.

E con il mondo dei social come ti trovi? Li usi prettamente a scopo lavorativo?

Non proprio, amo condividere sempre qualcosa di mio perché penso che in questo modo con il pubblico si instauri un rapporto ancora più stretto. A loro piace sapere chi sei, cosa pensi, cosa fai, come vivi. Secondo me questa è la fonte di quello che poi un artista butta giù sul foglio bianco, le proprie sensazioni e quanto altro.

Nella vita hai mai avuto un piano B se non avessi fatto la cantautrice?

Sì, avrei voluto fare la criminologa. Ho notato che ci sono sfumature che hanno a che fare con la psicologia, con un ramo umanistico e un approfondimento della propria persona.

Programmi per il futuro?

Attualmente mi sto concentrando sull’attività dei live quindi continuare a portare in giro la mia musica. Inoltre, sto scrivendo roba nuova che sarà un po’ più distaccata come sound rispetto ad adesso. Le prossime tracce avranno un’influenza più pop. Ovviamente si lavora sulle varie sonorità anche in base al periodo di vita che stai scrivendo.

Articolo a cura di Simone Ferri

Namida:  “Paranoia Park” il nuovo singolo della cantautrice punk rock un’artista pungente, che riesce a mischiare cattiveria e dolcezza 

Namida: vi porto nel mio “Paranoia Park”
Namida: vi porto nel mio “Paranoia Park”

Dal 12 gennaio 2024 è in rotazione radiofonica “Paranoia Park” (Matilde Dischi), il nuovo singolo della cantautrice punk rock Namida.

“Paranoia Park” è un luogo che abita ognuno di noi. Namida racconta la società della performance dal punto di vista di una ragazza di 20 anni: l’essere sempre in ritardo, il sentirsi sommersi dalle cose da fare, correre dietro alle aspettative altrui. Per tutto questo Namida ha creato uno spazio, seppure immaginario, che descrive e prende un’identità così reale attraverso la musica e le parole. Diventa così un luogo aperto a tutti, abitato da chiunque si senta solo a scalare le montagne della vita.

Spiega l’artista a proposito del brano: «Quante volte ci siamo messi in discussione? Quante volte abbiamo bloccato degli interi progetti perché non ci sentivamo all’altezza o altri ci hanno fatto credere di non esserlo? Quante volte non ci siamo sentiti abbastanza? Viviamo in una società che ci mette in competizione l’un l’altro e ci viene insegnato che per essere il migliore devi battere gli altri sul tempo».

Il videoclip di “Paranoia Park”, diretto e prodotto da Riccardo Sammartini, rappresenta una lotta continua con le nostre insicurezze che spesso ci impediscono di affrontare la quotidianità e di rincorrere i nostri sogni. In un’ambientazione asettica e quasi deserta, Namida è costretta a battersi con una poltrona che piano piano le diventa stretta e sempre più scomoda e che in modo retorico rappresenta quello che vive ogni giorno quando lotta contro la sua testa e le sue credenze.

Claudia Pregnolato, in arte Namida (Torino, 20 febbraio 2000) è una cantautrice “Pop Punk” dal sapore internazionale. La sua voce calda e potente è il marchio di fabbrica del suo primo progetto discografico.

Si avvicina alla musica da molto piccola e infatti all’età di 6 anni, si esibisce per la prima volta su un palco, partecipando ad alcuni concorsi canori della provincia.

Namida - Paranoia Park - cover
Namida – Paranoia Park – cover

Nel 2018 è stata semi-finalista al Festival di Castrocaro e nel 2019 finalista al Festival Show. Ha partecipato a concorsi nazionali con ottimi risultati, uscendo vincitrice al Festival di Cittadella 2019. Nello stesso anno, per la prima volta, affronta con entusiasmo l’esperienza di Area Sanremo classificandosi 14^.

Il 2021 la vede come una degli 8 finalisti del Festival di Castrocaro 2021 e vincitrice di Area Sanremo 2021 con il brano “Estate di Merda”.

Nel 2022 è stata scelta tra i 35 ragazzi di Deejay On Stage, arrivando in semi-finale con il brano “AIP”.

Durante il 2023 ha continuato a sperimentare con la scrittura e ha pubblicato diversi singoli che hanno ottenuto l’approvazione di Spotify. Infatti, sono stati inseriti nelle playlist editoriali “New Music Friday” e “Rock Italia” vedendosi anche in copertina di quest’ultima grazi al singolo “Figli dei Fuori”.

Namida: vi porto nel mio “Paranoia Park” 1
Namida

Durante l’estate è stata scelta da festival importanti aprendo diversi Big della musica italiana: Meeting del Mare in apertura a Bresh, Sequoie Music Park in apertura a Tananai, Tanta Robba Festival con i Nu Genea, Antifestival in apertura a Hell Raton.

Inoltre, è stata scelta tra i 35 ragazzi di Deejay on Stage 2023 e da RDS per suonare sul palco dell’RDS Summer Festival 2023 in apertura a Fedez, Annalisa, Articolo 31, Boomdabash.

Attualmente è impegnata nella realizzazione del suo primo album. Namida è un’artista pungente, che riesce a mischiare cattiveria e dolcezza allo stesso tempo, trasportandovi così in un meraviglioso viaggio fatto di istinto, colori ed emozioni contrastanti.

Video intervista a cura di Domenico Carriero

La PFM canta De André, lo storico gruppo rock progressive ha fatto tappa a Legnano con lo spettacolo “PFM canta De André Anniversary” 

Legnano, standing ovation per la PFM che canta De André
PFM che canta De André

Lo storico gruppo musicale rock progressive ha fatto tappa a Legnano nel teatro Galleria sold out per il grande evento venerdì 17 febbraio, con lo spettacolo “PFM canta De André Anniversary” un tour che rende omaggio allo straordinario sodalizio tra la prog band più famosa al mondo e il grande cantautore genovese.

La Pfm si è presentata sul palco con Franz Di Cioccio – batteria e voce,   Patrick Djivas (Zivas) – basso, Lucio Fabbri – violino, 2ª tastiera, 2ª chitarra, voce,  Alessandro Scaglione – tastiere, Roberto Gualdi – 2ª batteria; Marco Sfogli – chitarra, Alberto Bravin – tastiere aggiunte, voce  e  tre ospiti d’eccezione: Flavio Premoli (fondatore PFM) con l’inconfondibile magia delle sue tastiere, Michele Ascolese, chitarrista storico di Faber e Luca Zabbini, leader dei Barock Project.

Legnano, standing ovation per la PFM che canta De André 1
PFM che canta De André

                                                            Il live                                     

Un concerto entusiasmante che ha confermato l’eccellenza dei musicisti e la loro capacità di dare ad ogni live qualcosa di diverso perché la scaletta non è mai la stessa: un’estasi pura tra brani e performance tecnica di alto livello.

La band ha aperto la serata deliziando il pubblico con “Addio a bocca di rosa” un vestito perfetto per un capolavoro arrangiato magistralmente dal marchio Pfm.

Altri numerosi successi hanno fatto cantare e scaldato l’atmosfera che è diventata più intima con “La canzone di Marinella”: un leggìo e la voce di De André accarezzata dalla batteria di Franz Di Ciccio  e  il dolce suono delle chitarre.

Legnano, standing ovation per la PFM che canta De André 2

Toccante l’esecuzione del brano “Amico fragile” che ha generato grande emozione grazie anche al magnifico assolo di chitarra.

Nel gran finale la Galleria si è scatenata con la ballata “Branca, branca, branca…. leon leon”.

Un bis del “Il pescatore” e la serata si è chiusa con “È festa”: standing ovation da parte del pubblico di Legnano.

Il teatro Galleria chiude saluta con un arrivederci la Pfm che ha toccato il cuore dei fan e degli amanti della musica di autore, intrisa  di poesia e testi profondamente attuali.

Articolo a cura di Raffaele Specchia

Andrea Satta, “Niente di nuovo tranne te” il primo album da solista di Andrea Satta, un album pieno di vita vissuta e di collaborazioni 

Andrea Satta, “Niente di nuovo tranne te”
Andrea Satta, “Niente di nuovo tranne te” (Foto di Simone Cecchetti)

È fuori dallo scorso 1° dicembre, “Niente di nuovo tranne te”, il primo album da solista di Andrea Satta, volto e voce storica dei Têtes De Bois. All’interno, ben dodici inediti, dodici tracce profonde e coinvolgenti e nelle quali è condensata una lunga vita artistica e professionale. Un album ricco di vita vissuta e di collaborazioni.

L’artista, infatti, è riuscito a coinvolgere ospiti importanti e amici di una vita, come Paolo Benvegnù, Daniele Silvestri, Giovanni Truppi e gli stessi Têtes De Bois. “Niente di nuovo tranne te” è una raccolta di storie di vite normali, come tante, persone qualunque alle prese con gli amori, i problemi quotidiani, il lavoro che sfibra o che manca, i ricordi del proprio passato, coppie di innamorati che lasciano spazio alla routine di una donna solitaria, la malinconia di un amore passato che si mescola alla perplessità di un bambino che vede per la prima volta un clochard sulle strade di Roma.

“Niente di nuovo tranne te”, il tuo primo album da solista, ma quali sono le emozioni che ti porti dietro?

Tante emozioni, tantissime. Un lavoro lungo che mi sono divertito a fare. Per me la vacanza non è solo l’arrivo, molto importante è il viaggio. Io sono contro il trasporto e faccio il tifo per il viaggio. Il tempo che attraversa la vita. Così nello scrivere le canzoni e poi lavorare per arrangiarle, scegliere i compagni, vederle crescere, modificarsi e diventare, questo mi appassiona.

Andrea Satta - Niente di nuovo tranne te - Cover
Andrea Satta – Niente di nuovo tranne te – Cover

Qual è invece l’esigenza dietro questo album?

Raccontare. Io non sono un cantautore, sono piuttosto un raccontatore di storie. Ho la fortuna di fare una vita particolare, di vivere in mezzo a tanta gente semplice che affronta la vita reale tutti i giorni e di quella parlo. Nessun canovaccio preordinato, solo storie, volti, pensieri, trame, partenze, ritorni, abbracci amori finiti e nuovi amori.

Come cambia lavorare in una band e lavorare da solista?

Beh, all’inizio è stato, in alcuni momenti, come baciare labbra che non conoscevi, incertezza e timore. Però in fondo io faccio da tempo molte cose senza la mia band, certo non le canzoni, ma La Fisarmonica Verde e Mamme Narranti, due meravigliosi progetti speciali dal sapore teatrale che non prevedono i Têtes De Bois. Cercavo un suono nuovo, sapevo l’aria che mi intrigava per far vivere queste canzoni che ho scritto e ho trovato in Giorgio Maria Condemi un compagno fantastico, un talento puro. Poi abbiamo registrato con i tempi della creatività in un piccolo studio di Centocelle, con la passione e la competenza di Gianni Istroni che ha curato i suoni. Fra gli altri, vorrei anche ringraziare per gli archi scritti e diretti in “Bellissima”, un genio come Roberto Martinelli e i fiati molto evocativi di Mauro Ottolini in “Amore al Centri Commerciale”.

Paolo Benvegnù, Daniele Silvestri, Giovanni Truppi e ovviamente i Têtes de Bois, sono tra i nomi che ti accompagnano in questo progetto. Come sono nate queste collaborazioni?

Sono tutti miei amici. Mi piaceva che ci fossero proprio loro con me. Sono artisti rari. Nonostante l’amicizia, sono andato a trovarli a casa con il mio disco, ho fatto ascoltare loro le mie canzoni e ho aspettato le loro reazioni. Ne sono rimasti affascinati e allora è stato tutto molto naturale. Hai presente quando si è davvero felici di fare una cosa insieme?

AndreaSatta (Foto di Simone Cecchetti)
AndreaSatta (Foto di Simone Cecchetti)

Questo album è una raccolta di storie di vita vissuta e di normalità. C’è un qualcosa di vissuto anche da te in prima persona?

Si è vero, molto in questo disco pesca in un vissuto profondo, attraversato … ma storie personali intendi?  Forse…

C’è un brano che più di tutti rappresenta questo progetto?

Ovviamente tutti lo rappresentano e ogni tanto mi pare che un brano lo rappresenti più’ di altri. Oggi scelgo tre pezzi: “Il meccanico”, “Io amo te” e “Amore al Centro Commerciale”, ma domani cambierò idea.

Andrea Satta, “Niente di nuovo tranne te” il primo album da solista
Andrea Satta (Foto di Simone Cecchetti)

Sei un cantautore che ha un qualcosa da dire e da raccontare, sei quasi un’eccezione in questo momento storico per la musica italiana.

No comment e in fondo non sono d’accordo, però grazie per quello che pensi di me. In realtà come dimostrano i miei ospiti, in questo momento, ci sono grandi artisti in giro in Italia. I primi ad affossarli sono le case discografiche e le televisioni.

Tante sono le esperienze e le curiosità di una vita e di una grande carriera. C’è però un evento o un momento particolare che ricordi con maggior affetto?

Per Natale, il sindaco di Lengenfeld, il paese della Sassonia, in Germania, dove mio padre è stato prigioniero in un lager nazista, mi ha inviato una cartolina con gli auguri. Chissà cosa penserebbe il mio papà oggi a sapere che il sindaco del posto dove lui è stato torturato e offeso ha inviato a suo figlio gli auguri di Natale. Io lo trovo meraviglioso. È come dire che si può sempre rinascere. Ogni volta che ci penso, mi riascolto “Cosa ti ricordi di tuo padre”.

Articolo a cura di Francesco Nuccitelli 

Mattia Rame, “Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” il suo viaggio musicale, l’intero album, con la sua diversità di toni e atmosfere, offre un’immersione profonda nell’anima dell’artista

Mattia Rame, “Lo Spazio, l'Egitto, Battiato”
Mattia Rame (Foto Gioele Vettraino)

Il primo disco del cantautore romano Mattia Rame disponibile dal 12 gennaio in digitale e accompagnato in radio dal nuovo singolo e videoclip “I Ghiacciai”, “Lo Spazio, l’Egitto, Battiato”, prodotto da Alessandro Giovannini (White Rock Studio) per Gallia Music; una collezione di brani che fonde poetiche introspezioni dalle audaci sonorità sperimentali.

L’intero album, con la sua diversità di toni e atmosfere, offre un’immersione profonda nell’anima dell’artista. Attraverso inni d’amore e tributi a figure iconiche come Marilyn Monroe Frida Kahlo, Mattia Rame racconta storie di amore e di cambiamento intessute in suggestioni letterarie che trasportano l’ascoltatore in un percorso concettuale. 

“Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” si distingue per la sua eccentricità, incorporando elementi elettronici, sonorità rock, citazioni poetiche e musicali in un’opera che riflette l’essenza stessa dell’artista con riflessioni sulla lettura, l’amore, la solitudine, e la ricerca della propria identità tra sfaceli cosmici ed interiori.

Il disco, anticipato nel corso del 2023 dai brani “Muoviti” “Mare Mare” è accompagnato in radio dal 12 gennaio dal singolo e videoclip “I Ghiacciai” per la regia di Alessandro Siccardi. Una canzone sull’urgenza di cambiare che esplica il concetto di fondo di tutta la musica e della ricerca di Mattia Rame. Un disco d’esordio è, infatti, come una nascita perché tutti siamo chiamati a Nascere.

Nascere a noi stessi, a rinascere, per la prima volta; a trovarci, identificarci, oltre i condizionamenti familiari e sociali, le ferite aperte, le brutture, oltre le nostre infinite morti quotidiane alle quali siamo e saremo sempre condannati. “Apritevi, apriamoci” è l’imperativo categorico, gioioso e amorevole, che ci dà la Vita quando ci intima, in fondo, di seguirla. “Seguiamola, dolcemente, senza riserve!”. 

 

“Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” – Traccia per traccia

  1. I Ghiacciai

È il singolo e videoclip che accompagna l’uscita del disco, una canzone sull’urgenza di cambiare, sul Mondo che cade e sulla rivoluzione. Sull’Amore che abbiamo nel Cuore e nelle vene, a volte disperato, a volte limpido come una bella canzone o come il Sole. Per un’ecologia dell’Anima. Tra gli sfaceli cosmici e quelli interiori, verso la rivoluzione o la resurrezione.

  1. Con le Doctor Martens blu

Una canzone d’amore sulla fine di un’illusione e di tutte le illusioni. Sui trent’anni e le cose fatte e quelle ancora da fare. Il ritornello si apre con il trittico “Lo Spazio, l’Egitto, Battiato” che dà poi il nome all’intero disco. Il brano è idealmente cantato alla madre di una delle ragazze che l’artista ha amato di più nella Vita. Le celebratissime Doctor Martens, in questo caso blu, erano le scarpe con cui vide quella ragazza per la prima volta.

  1. Muoviti

Acclarato che, anche un piccolo movimento del nostro corpo, innalza i livelli di serotonina nel sangue e sprigiona le endorfine che donano luce significativa alle cose gettate nell’ombra, restare fermi pare non essere mai una buona soluzione. “Muoviti”, nato dall’esperienza stessa dell’artista, è un brano autobiografico che ruota intorno alla citazione nascosta di William James, uno dei padri della psicologia americana e di quella empirica: “È impossibile rimanere tristi manifestando i sintomi dell’allegria”.

Mattia Rame (Foto Gioele Vettraino)
Mattia Rame (Foto Gioele Vettraino)
  1. Marylin Monroe

Un pezzo sulla storia dell’Amore. La Storia delle storie. Il racconto dei racconti. Dedicata a Marylin Monroe, la Musa, il simbolo degli amori e dell’Amore tormentato, idealizzato, irraggiungibile e lancinante, l’archetipo dell’angelo caduto sulla Terra e spezzato per sempre nell’arco della sua tensione estrema verso qualcosa di irraggiungibile. Ed è quasi tutta, come molto spesso e come tante canzoni del disco, costruita su un intreccio di citazioni, questa volta, tutte tendenzialmente ispirate e dedicate alla lettura di un bellissimo libro di interviste di Paola Maugeri, storico volto e voce di Mtv e nota giornalista musicale che l’artista ha ricevuto in regalo da sua sorella.

  1. Scendi

Il pezzo più vecchio del disco, una delle prime cose che Mattia Rame ha scritto, una vera e propria canzone d’amore, pensata come una serenata, cantata alla finestra per la donna che fu il suo primo vero incredibile Amore, indimenticabile e consegnato all’Eternità. È una canzone completamente di “cuore”, meno mentale e meno intellettuale.

  1. Leggere

Una canzone intorno al concetto di lettura. Il leggere nel senso più ampio del temine: i libri, le persone, il mondo, sé stessi. La prima strofa è composta, principalmente, da titoli di libri uniti apparentemente a caso, messi semplicemente gli uni accanto agli altri misti a riflessioni dell’artista. Come il fatto che spesso ci sentiamo soli, pur non essendolo. O che non ci rendiamo conto che per alcune persone rappresentiamo il Sole. “E ho pensato che in fondo è da bastardi saperlo. In fondo, per restare un minimo innocenti, per non farci mangiare dal narcisismo e non restare solo Egomostri, l’unico modo per preservare un piccolo spazio di innocenza, è mantenere un minimo di incoscienza, di estraneità alla e dalla propria Bellezza.” 

Mattia Rame - Lo Spazio, l'Egitto, Battiato - cover
Mattia Rame – Lo Spazio, l’Egitto, Battiato – cover
  1. Come un cane

Un pezzo scritto dentro i perimetri di una piccola solitudine. Non è un inno alla solitudine, anzi, è vero il contrario. Scritta nel giro di due minuti dall’inizio alla fine con una nota vocale in una notte d’ospedale e la voce sottotono e monotono. Insieme al produttore, Alessandro Giovannini e gli altri amici e colleghi con cui è stata arrangiata e prodotta, l’artista ha poi deciso di lasciare questo tono monocorde nella voce, estatico come un vapore non definito, colorandola, appena, nella musica, con atmosfere ispirate a “Drive”, il celebre film di Refn con Ryan Gosling e un ritornello nel quale l’artista vive un vero e proprio momento di sublimazione.

  1. Mare Mare

Nato come omaggio all’indimenticabile Franco Battiato che ha influenzato in maniera potente anche le liriche dell’artista romano, il brano offre un’esperienza musicale intrisa di citazioni letterarie e riflessioni profonde sul nostro tempo. Il ritornello del brano è, infatti, un omaggio esplicito al celebre ritornello di “Summer on a solitary beach” che va a fondersi con le parole di Mattia, creando un’atmosfera unica. La melodia che vuole trarne ispirazione, insieme ai versi che mescolano le parole del Maestro con i sentimenti dell’artista romano sulla precarietà dei nostri tempi, creano un connubio di emozioni e riflessioni.

  1. Frida Kahlo

È la canzone più pazza del disco. L’idea di Mattia Rame era quella di fare un pezzo kitsch, un kraut rock dell’Anima. Unire veramente elettronica e brit-rock volgare alla Thin Lizzy, anche se loro sono propriamente irish e di irish quì non c’è nulla. “Quella roba coi chitarroni aperti, la batteria pestata sul rullante. Insomma, una cosa fuori dalle righe.” 

Mattia Rame (Foto Gioele Vettraino)
  1. Alle Anime

Una piccola poesia stralunata cantata alla Luna e all’Anima. “La misura della mia vera cifra, la cosa più vicina a me Stesso e alla mia anima, che io abbia mai scritto.”. Il ritornello è una citazione di Montale, piena di immagini surreali miste alle personalissime storpiature di Mattia Rame con la chiusa epica: “La Vita è la Via con la T: senza uscita. Quindi apritevi, apritevi, apritevi, apritevi!”.

Questo è il concetto di fondo che riassume tutta la musica di Mattia e la sua ricerca, e che chiude il percorso raccontato in questo disco. È, infatti, come una nascita, anche il disco d’esordio arrivato così tardi, perché tutti siamo chiamati a nascere: da quando nasciamo fino alla nostra morte, che è presumibilmente una nuova nascita.

Video intervista a cura di Domenico Carriero

Chicca, la svolta con “Babyboy”  brano che racconta della confusione e della perdita di lucidità che si avvertono nel gioco di seduzione 

Chicca, la svolta con “Babyboy" il nuovo singolo
Chicca, la svolta con “Babyboy” il nuovo singolo

Dal 12 gennaio 2024 disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica “Babyboy”, il nuovo singolo di Chicca.

“Babyboy” è un brano che toglie dalla lista dei tabù un argomento scomodo da trattare, il tradimento o, meglio ancora, l’attimo che lo precede. Ed il tema scotta di più se il punto di vista non è quello della vittima.

Cedere alla tentazione, la fragilità dell’essere umano, la perdizione, “Babyboy” racconta della confusione e della perdita di lucidità che si avvertono nel gioco di seduzione tra amanti, dell’impotenza che si avverte di fronte al desiderio, e della consapevolezza che si sta per commettere un errore.

Tra giochi di parole e battute pungenti, Chicca ci regala uno scenario intimo e seduttivo, e la produzione di Matteo Liotta dona alle sonorità pop-reggaeton del brano la sensualità perfetta per il tema trattato.

Commenta l’artista a proposito del suo progetto musicale: «Un giorno preciso di qualche anno fa ero di turno al lavoro e mi sono chiesta cosa stessi facendo della mia vita, e soprattutto perché non stessi facendo ciò che da sempre desideravo fare: scrivere, cantare, fare musica.

Poi un giorno preciso di qualche anno dopo ho raccolto tutto il mio coraggio, ho mollato la mia vecchia vita e ho iniziato a lavorare sodo, ma stavolta per qualcosa in cui credevo. Ho scritto e pubblicato il mio primo singolo così, di impulso, senza sapere cosa fosse un’armonia, una scala, un palco, figuriamoci una società di collecting.

Sapevo solo scrivere e cantare, ma avevo l’urgenza di liberarmi, di essere me stessa, di far sapere a tutti quello che avevo da dire. Oggi, dopo aver iniziato a studiare, a conoscere, dopo essere cresciuta ed essermi analizzata a fondo, sorrido della ragazzina impulsiva di qualche anno fa che rincorreva un sogno, e ho imparato a gustare la bellezza del processo e del percorso più che la fine.

Ma il motivo per cui continuo a fare musica resta sempre lo stesso: liberarmi, essere me stessa, e far sapere a tutti quello che ho da dire. I miei due ultimi singoli “You & Me” e “Babyboy” sono il frutto di questa riconnessione con me stessa e l’emblema della Chicca senza filtri, che ama ciò che fa e si diverte a farlo».

Chicca, la svolta con “Babyboy"
Chicca

All’anagrafe Nicole Marini De Filippi, Chicca è una cantautrice romana classe ’94 che si muove tra Roma, Napoli e Milano per curare il suo progetto musicale.

Musicalmente attiva dal 2020, è a partire dal 2022 che l’artista inizia a raccogliere i frutti del suo lavoro, con la finale del TMF 2022, la vittoria del Lunatika Contest 2022 e il Premio della Critica IVISIONATICI Music Festival 2023.

Nello stesso anno si trasferisce a Napoli per studiare produzione musicale e lasciarsi contaminare dalle magnetiche atmosfere partenopee; da qui la svolta del suo progetto con la pubblicazione dei suoi singoli “You & Me” e “Babyboy”, brani dalle sonorità pop con contaminazioni dance e reggaeton.

D’altronde Chicca cresce tra gli anni ‘90 e gli anni ‘00 ascoltando per lo più dischi pop di artiste statunitensi che la influenzeranno sia artisticamente che stilisticamente.

Chicca - Babyboy - cover
Chicca – Babyboy – cover

Sagittario ascendente Vergine, impulsiva e perfezionista, eccentrica e colorata, amante dell’arte e della moda. “La ragazza con la valigia”, la chiamano scherzosamente. Con gli studi in lingue orientali, Chicca ha viaggiato spesso tra Asia, Europa e America, nutrendo così il suo desiderio di conoscere quante più culture esistenti al mondo.

I suoi testi parlano sempre di esperienze vissute che racconta attraverso immagini vivide e giochi di parole, come se mettendo in play una sua traccia volesse ricreare un film nell’immaginario dell’ascoltatore, da guardare ad occhi chiusi. Le piace l’idea che anche solo una persona al mondo ascoltando i suoi brani possa rivedersi nelle sue parole, e sentirsi speciale.

Video intervista a cura di Vincenzo Salamina

Millirem, “Più leggero” è una delle prime canzoni della band di Novara, tassello iniziale di un più lungo e produttivo viaggio

Millirem, “Più leggero” anticipazione del nuovo album
Millirem, “Più leggero” anticipazione del nuovo album (Foto dal profilo Instagram della band – autorizzate dall’Ufficio Stampa)

Lo scorso 10 gennaio è uscito “Più leggero”, il nuovo singolo dei Millirem, band di Novara

I Millirem descrivono così il brano: «”Più leggero” è una delle prime canzoni che abbiamo composto. È frutto delle primissime prove in saletta e delle idee iniziali dell’allora neonata band. Arrangiamento musicale e testo si sono susseguiti in maniera spontanea; sono il risultato di un lavoro di gruppo al quale tutti i componenti hanno contribuito. “Più Leggero” è stata uno dei primi tasselli iniziali di un più lungo e produttivo viaggio fino ad arrivare ad oggi».

Il testo parla di una relazione sentimentale terminata, sfociata in distanza incolmabile ed oramai solo in immagini mentali della stessa. Pur essendo una storia finita, non manca di far sentire emotivamente effetti postumi.

La band è così composta:

Millirem, “Più leggero” anticipazione del nuovo album 1
Millirem (Foto dal profilo Instagram della band -autorizzate dall’Ufficio Stampa)

La Voce: Alessia, 23 anni, è la voce. Cantare è il centro del suo mondo, le ha sempre dato senso di libertà poiché riesce a trasmettere tutte le sue emozioni senza per forza doverle spiegare. Da sempre l’aiuta a combattere le insicurezze: è necessità, come l’acqua per vivere.

La scrittura è di Samuele, 27 anni, anche batterista.  La musica per lui è sempre stata fonte essenziale delle sue giornate.
Sin da quando suo padre ha iniziato a mettergli le prime canzoni alla radio da piccolo non ha più lasciato andare quell’arte.

Millirem, “Più leggero” anticipazione del nuovo album 2
Millirem (Foto dal profilo Instagram della band -autorizzate dall’Ufficio Stampa)

Le Musiche sono di Lorenzo, 23 anni, anche chitarrista. Il suo rapporto con la musica lo definisce intimo e costante, di quella costanza che passo dopo passo riesce a salvarti la vita. Suona perché sostanzialmente ne ha bisogno, poiché suonando ha imparato molte cose importanti anche al di fuori dello strumento.

Omar ha 19 anni e suona anche lui la chitarra. È il più giovane della band. Ha sempre avuto una grande passione e attrazione verso la musica, grazie anche a suo padre. Suonare lo fa evadere dal pensiero e dalle ansie, per questo ritiene sia diventato vitale.

Michele ha 33 anni e suona il basso. È attivo in campo musicale da più di 15 anni e ha militato in diverse band. Suona per esprimere la propria creatività, per poter stare sul palco e perché sostanzialmente da grande vuol fare la rock star.

La band sta preparando il suo nuovo album.

Video intervista a cura di Vincenzo Salamina

Andrea Andrillo con “Canto per te che vai”  celebra la musica come biglietto di andata e ritorno, un canto ostinato di un amore che non intende finire al finire del tempo

Andrea Andrillo “Canto per te che vai”
Andrea Andrillo (Foto di Rita Meloni)

Il brano, contenuto nell’album “Bella Cantendi”, di Andrea Andrillo è un canto ostinato di un amore che non intende finire al finire del tempo; la voglia di non arrendersi di due persone che si amano prevale sul filo di un limite che li divide.

Andrea Andrillo è un musicista esperto e un artigiano in tal senso, sardo di radici e di vita. Anziché un cantautore, ama definirsi un “portatore di canti”, perché ciò che sente dalla vita lo trasforma in musica; inoltre, possiede una voce particolare e una scrittura molto figurativa.

“Bella Cantendi” è un disco combat, un concept poetico e politico che racconta un cammino condiviso che dal buio porta verso la luce. Un progetto corale e profondo, dalla struttura solida e potente. Le tracce presenti sono pensate come stazioni di un sentiero virtuale, un tributo alla memoria di chi non c’è più, ma è anche un inno senza compromessi al coraggio e alla dignità di chi, invece, ancora c’è e prosegue la lotta.

Volevo aprire questo nostro dialogo domandandoti che impatto ha avuto e ha tuttora la musica nella tua vita?

Un impatto decisamente totalizzante. Io nasco, muoio, rinasco e rimuoio di nuovo per anni come musicista. Dopo anni di silenzio sentivo il bisogno di ricominciare, fuori dalle logiche delle band. Comincio con un EP autoprodotto nel 2015 e poi nel 2018, grazie all’interessamento di Gianni Maroccolo che mi presenta all’etichetta toscana, la Radici Music Records, entro in contatto con determinate persone e realizzo il mio primo disco da solista. Il mio motore è basato tutto sul grande principio della condivisione. Non riesco ad immaginare la mia vita senza la musica, mi ha salvato ripetutamente.

Andrea Andrillo (Foto di Rita Meloni)
Andrea Andrillo (Foto di Rita Meloni)

Qual è lo strumento che ti dà più gusto suonare?

Sono un ex suonatore di tromba ma ho voluto fortemente abbracciare la chitarra affinché mi accompagnasse in questo lungo viaggio. Per come sono fatto, la chitarra non la suono ma la canto, è un prolungamento della mia voce. Mi sta dando delle soddisfazioni immense. Dentro di sé questo strumento ha un’acustica e uno scibile di suoni che ti sorprendono. Mi racconta sempre qualcosa di diverso a seconda di come metto le mani e di come tocco le corde.

Come nasce questo nuovo album “Bella Cantendi”?

È un album variegato e strutturato un po’ come un sarto intento a cucire un abito da sposa, c’è qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di prestato e qualcosa di blu. Di tracce prestate ce ne sono ben 2, una dei Brigata Stirner dal titolo “Parlami d’Amore”, un brano appartenente a questo gruppo che ho voluto collocare nella prima parte del disco, e l’altra di Giacomo Deiana, un bravo cantautore, chiamata “Tutto tramonta”, inserita appositamente nella seconda parte.

Principalmente questo progetto è diviso in 2 parti: la prima è buia, composta dalle prime 5 tracce, e poi c’è una parte di rinascita che prende forma dalla poesia di un poeta visionario come William Blake, “Morning”, una cerimonia contro la rabbia, in cui si rientra nella luce, per poi arrivare in fondo con “Canto per te che vai”. Questo cammino, che si svolge dal buio verso la luce, nasce come un disco che esprime solidarietà alle persone transgender, diventa immediatamente anti-misogino e mediante la band citata precedentemente assume una valenza anche antifascista. Seguendo passo dopo passo la tracklist diventa un cammino poetico condiviso, tenendosi per mano. È un album che rende di più all’analogico anziché al digitale.

Andrea Andrillo - Premio Andrea Parodi 2023 - (Foto di Paolo Piga)
Andrea Andrillo – Premio Andrea Parodi 2023 – (Foto di Paolo Piga)

Ho visto il videoclip del tuo ultimo singolo “Canto per te che vai”: mi ha colpito che questa artista abbia realizzato un tuo ritratto. Com’è nata quest’idea?

Questa canzone fa la stessa cosa con la musica e le parole, cioè ti ritrovi difronte a un muro oltre il quale non si può andare. Il messaggio è: tu sei andato oltre e io sono qui, non ti posso più raggiungere. Non voglio arrendermi e ti lancio un messaggio d’amore…“ci provo sai, canto per te che vai…”. Volevi restare ma se dovuto andar via. Quando lei termina il ritratto i due si sorridono, lei ancora qui, lui che sta dall’altra parte, lei si alza, esce dalla stanza, si sfila l’abito usato per dipingere, apre la porta, viene immersa dalla luce e procede oltre rientrando nel mondo dei vivi. È tutto profondamente simbolico, è una cerimonia di evocazione. È l’ultimo brano che chiude il disco.

Spostandoci sulle tue origini geografiche, la Sardegna per te funge da fonte d’ispirazione?

Sì, totalmente. Questo continuo miscuglio di lingue può da un lato confondere il pubblico ma nel mio caso non è mai successo perché tutto ciò nasce da un desiderio di autodeterminazione di affermazione della propria identità, diventa un discorso serio. In un mondo che ti vuole diverso imposti un canto su una lingua come il sardo che ha poco interesse attualmente, ma al tempo stesso ti contraddistingue e ne costruisci la tua base anche quando non lo usi direttamente. Rendi viva una lingua in via d’estinzione. La canzone deve essere gradevole, deve arrivare, può essere intesa anche come un momento di svago. Chi l’ascolta deve provare piacere nel farlo.

(Foto di Rita Meloni)

Ti volevo chiedere infatti perché questa scelta di usare più lingue diverse all’interno dello stesso album o addirittura dello stesso brano?

Perché in questo modo porti qualcosa di personale, qualcosa di te che ti definisce; la porti a contatto con cose esterne. C’è l’italiano, l’inglese, il sardo, e un pizzico di francese: servono a creare questa piccola torre di Babele che comprende più suoni e più atmosfere. Ha una connotazione politica ma non solo, prevale l’essere se stessi. È una presa di posizione forte verso un mondo che non ti vuole come sei.

Ho letto che hai conquistato diversi premi in questi anni: che effetto ti fa ogni volta guardarli nella tua bacheca?

Innanzitutto, ti dico che, anche se non li avessi vinti, non sarei minimamente cambiato. I premi ti dicono che quello che tu fai può avere una valenza pubblica. È una cosa che tu fai con il tuo privato e diventa pubblica dal momento in cui riesci a condividerla.

Questa è la base di tutto, se non condividi rimani chiuso in te stesso; se lo fai puoi notare in che direzione va la tua condivisione. Però bisogna stare attenti a non rimanere intrappolati: il vero premio è quando ogni sera ti rimetti in gioco e a fine concerto ti fanno sapere che sei arrivato al tuo pubblico, li hai stupiti e li hai presi in pieno emozionalmente parlando.

Quelli non sono premi ufficiali ma sono i più importanti perché ti danno la forza di andare avanti. Mi capita spesso che alla fine dei live la gente viene, ti abbraccia; anche questo è sinonimo di salvezza. Loro non lo sanno ma è così, è una grande forma di condivisione reciproca. Loro ti restituiscono tutto quello che tu gli doni durante i live. È un’energia meravigliosa che va e che viene, che si muove tra la gente all’interno della platea.

(Foto di Rita Meloni)

Come descriveresti la tua musica con tre aggettivi?

Diversa, facile e difficile.

Scegli una tua canzone a cui sei particolarmente legato…

Si intitola “Si ‘ocit sa vida”, che in sardo significa ci uccide la vita. Che sia leggera o pesante, ciò che ci uccide è la vita, ma canterò in faccia al mondo che l’amore che sento dentro di me è quello che mi salverà. Credo sia il mio brano più rappresentativo perché dà l’idea del perché faccio quello che faccio.

Qual è il verso di una tua canzone che ti racconta meglio?

Deve ancora uscire ma te l’anticipo: “vorrei avere la saggezza di un fiume che docile si lascia andare, si stende, muore, diventa mare”. C’è tutto qui.

Articolo a cura di Simone Ferri 

Chessa, “Me stesso” un brano  autobiografico che racconta un periodo  particolare e di come grazie alla musica lo sta superando

Chessa “Me stesso" il nuovo singolo
Chessa “Me stesso” il nuovo singolo

Dal 12 gennaio 2024 disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica “Me stesso”, il nuovo singolo di Chessa.

“Me stesso” è un brano autobiografico che racconta un periodo particolare per l’artista e di come lo sta superando grazie alla musica, attraverso la determinazione e la forza di volontà nell’andare oltre qualsiasi ostacolo si presenti nel percorso e superare ogni difficoltà visualizzando un obbiettivo principale o prefissandosi degli obbiettivi momentanei ogni giorno per trovare stimoli e per non rischiare di buttarsi giù per troppo tempo.

Commenta l’artista a proposito del brano: «Il mio è un progetto tendenzialmente Pop/R&B che può spaziare nel blues e nel soul, quello che sto cercando di portare è un qualcosa di nuovo che potrebbe trovare spazio anche qui in Italia.

I miei artisti di riferimento principali sono Chris Brown e Justin Bieber, ma prendo spunto anche da tanti altri artisti R&B come per esempio Selah Sue, Sza, Ella Mai, Vedo, Jacquees, Ne Yo, Jason Derulo, Usher e tanti altri, è uno stile abbastanza ampio in cui si può variare molto e non rischiare appunto di avere brani sempre tutti in unica wave.

Claudio Chessa, in arte Chessa, è nato ad Alghero nel 1996.

Fin da piccolo l’influenza musicale in famiglia è tanta, da Zucchero a Pino Daniele passando per Vasco Rossi. Inizialmente si avvicina molto cantautorato italiano, ma il blues e il soul sono i generi che lo hanno colpito fin da subito.

Chessa - Me stesso - cover
Chessa – Me stesso – cover

Con il passare degli anni si accorge di quanto la musica faccia parte della sua vita e diventa un obbiettivo.

All’età di 12 anni si iscrive ad una scuola di canto locale e dopo 4 anni con più consapevolezza vince un concorso canoro nazionale che gli permette prendere parte ad un progetto accademico di 5 anni a Milano con la VMS di Loretta Martínez.

In 5 anni ha ricevuto gioie ma anche dolori e, dopo essere diventato papà, decide di stoppare con la musica per un po’ finché non arriva al limite in cui non può più farne a meno e torna ad essere il suo obiettivo principale.

Chessa
Chessa

Trasferito così a Torino decide di contattare un suo vecchio insegnante che aveva conosciuto a Milano (che nel mentre è diventato il miglior vocal coach in circolazione), Pachy, grazie al quale è riuscito a sbloccarsi e a fare lo step successivo, scrivere e arrangiare i propri brani, allontanando la paura e buttando fuori tutte le emozioni in musica.

Una volta sbloccato non smette più di scrivere, tenta e ritenta finché non trova la sua strada, l’R&B, il genere che fin da piccolo l’aveva influenzato.

Dopodiché grazie a questa crescita e grazie a dei brani che aveva scritto firma un contratto di co produzione con Up Music a Milano e ha iniziato a capire ancora di più cosa vuol dire lavorare con la musica, quell’obbiettivo che ricerca fin da piccolo.

Video intervista a cura di Vincenzo Salamina

Fabio Massimo Colasanti, Labyrinth il nuovo album, ogni brano è un momento di riflessione sul percorso appena compiuto e su quello che sta per accadere dopo

Labyrinth il nuovo album di Fabio Massimo Colasanti
Labyrinth il nuovo album di Fabio Massimo Colasanti

È uscito da poco Labyrinth, il nuovo lavoro condiviso tra Fabio Massimo Colasanti, produttore, musicista e collaboratore storico di Pino DanieleKyung Mi Lee, la talentuosa violoncellista volto noto anche della trasmissione Propaganda Live. Il nuovo album, disponibile sulle piattaforme digitali e su supporto fisico, rappresenta un’avventura musicale, un percorso condiviso che ha preso forma nel periodo post-lockdown, dove i due artisti hanno unito le loro competenze e le loro storie, sfidando le convenzioni musicali. Per un’esperienza emotiva e immersiva, attraverso due stili differenti e dalle atmosfere uniche. L’album è stato realizzato con il contributo del Nuovo Imaie.

Ciao Fabio, quali sono le emozioni dietro a questo progetto?

Prima di tutto, c’è il desiderio di ricerca e sperimentazione. Personalmente poi ho cercato di staccarmi dalla logica della “canzone”, con intro, strofa e ritornello… È stato un ritorno agli inizi, quando cominci a studiare uno strumento e cerchi di capire tutte le possibilità che hai tra le mani.

Un progetto che si sviluppa anche attraverso la collaborazione con Kyung Mi Lee, ma come nasce questa collaborazione?

Conoscevo Kyung Mi Lee da tempo. Ogni tanto ci incrociavano negli studi di registrazione romani e quando Pino Daniele decise di fare un po’ di date con l’orchestra, Kyung Mi era lì sul palco.

Fabio Massimo Colasanti - Labyrinth - cover
Fabio Massimo Colasanti – Labyrinth – cover

Come mai il titolo “Labyrinth”?

È un percorso, che vede un’entrata ed è alla ricerca di una qualche uscita. Ogni brano è un momento di riflessione sul percorso appena compiuto e su quello che sta per accadere dopo.

Un progetto che nasce dalle vostre conversazioni nel post lockdown. Lo possiamo considerare anche un modo per esorcizzare quel periodo?

Sicuramente ci ha aiutato a passare il tempo a casa. Poi, ogni tanto scappavamo in studio a registrare, ma sempre da soli. Piano piano, abbiamo ricostruito una finestra e ci siamo entrati dentro.

Quali esigenze porta un progetto come questo?

Quella di esplorare e sperimentare musicalmente cose che magari da soli, non avremmo mai avvicinato.

Fabio Massimo Colasanti: Labyrinth, nuovo album

Produttore, musicista e collaboratore storico di Pino Daniele, c’è un aneddoto particolare sul rapporto con lui?

Che ovviamente ci sono 20 anni di quotidiano accanto a lui. Studio, tour e tante altre esperienze… posso dire di essere stato la persona che è stata al suo fianco per più tempo nella musica! Certo non è stata una passeggiata, anche perché Pino era molto esigente. L’idea era che: “non si puoi sbagliare”. Con tutti gli annessi e connessi. Però mi ha dato una determinazione ed un modo di lavoro che non ha prezzo.

Ci saranno anche dei live ad accompagnare questo progetto?

Assolutamente si! In questi giorni stiamo iniziando a preparare il setup per il live. Ci piacerebbe includere dei Visual e sto anche cercando degli artisti per sviluppare dei video da poter proiettare live. E poi c’è la parte musicale, che è un po’ complicata da eseguire dal vivo. Lo immaginiamo come una sorta di Installazione. Video Sonora e live. Vediamo dove ci porta…

Articolo a cura di Francesco Nuccitelli 

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