Alisia Jalsy, una delle esponenti del nuovo cantautorato femminile che si sta facendo largo anche attraverso partecipazioni a festival dedicati, come “Il Tenco Ascolta”
Abbiamo incontrato Alisia Jalsy prima della sua esibizione nella rassegna “Contemporary – Parola D’Autore” che si è tenuta dall’8 al 10 dicembre 2023 a Pescara.
Una delle esponenti del nuovo cantautorato femminile che si sta facendo largo anche attraverso partecipazioni a festival dedicati, come “Il Tenco Ascolta” che si è tenuto nella città abruzzese lo scorso agosto.
Alisia Jalsy inizia il suo percorso musicale a soli 16 anni in Sicilia. Poi la partecipazione al Talent “Italia’s Got Talent” (IGT) del 2017 arrivando alle semifinali.
E da lì ha iniziato a pubblicare singoli: dall’esordio con “Se solamente tu” (2017), passando attraverso “Tram” (2019) dopo il suo trasferimento a Pescara e arrivando al recente “Vertigine” (2022) in feat. con Erreanderre.
L’improvvisa notorietà dopo IGT la porta a calcare dei migliori palchi di Palermo, TG e TV private regionali.
Nel frattempo, studia canto Jazz al Brass con Lucia Garsia e Pianoforte con Giovanni Conte. Nel giugno 2017 apre la stagione concertistica della Fiera del Mediterraneo insieme ai giovani dopo una tappa in Umbria al CET di Mogol organizzato da TMF che diventa la sua seconda scuola di formazione.
È un lavoro serio con i ragazzi della scuola d’arte e nel periodo intercorso di IGT, dopo diversi arrangiamenti, arriva un definitivo grazie alla collaborazione con il maestro Conte.
L’edito di cui è compositrice e autrice “Se solamente tu”, pubblicato il 4 novembre 2017, riceve un ottimo riscontro. Nel 2018/19 continua a studiare pianoforte con Giovanni Conte e sposta i suoi studi di canto da Jazz a Pop con Pietro Lo Piccolo.
A ottobre del 2019 si trasferisce da Palermo a Pescara per studiare composizione pop al conservatorio “Luisa D’Annunzio”.
Il 24 novembre 2019 esce il suo quarto singolo dal titolo “Tram”. Il brano fu scritto da Alisia dopo essersi diplomata esprimendo tutte le sue perplessità sul suo futuro.
Il promo è stato selezionato da Metromusic e andrà in onda sugli schermi nelle metro di Milano, Brescia, Roma e Genova e in 15 aeroporti italiani.
Per poi arrivare a “Vertigine”, con l’artista siciliano Erreanderre, pubblicato nel 2022. Un giorno in Finlandia, grazie ad un progetto “House of Europe, i due artisti s’incontrano e nasce così una collaborazione. Entrambi classe ’99, entrambi siciliani lasciano la Sicilia per la loro passione, la musica.
Durante il processo di scrittura/produzione lei ha un attacco di labirintite che ironicamente diventa poi il fulcro del brano.
Da un malessere fisico Vertigine diventa una canzone sulla sensazione di vorticare e di perdere l’equilibrio e lasciarsi indietro tutto per trovare un punto fermo da cui ripartire.
Video intervista a cura di Domenico Carriero
SeinInLove: un nuovo universo chiamato “Cosmica”
SeinInLove la band romana, di origine ciociara, si prepara all’uscita del primo album presentando questo nuovo singolo
La cantautrice, Camilla Ciminelli, ci racconta la sua esigenza di allungarsi per riavvicinarsi ad un universo a cui non arrivava più. Trionfa quindi l’amor proprio, in mezzo a un delicato assaggio di trame indie-pop-rock che si sviluppano in modo morbido e con buona padronanza melodica.
Per fondare un universo personale il primo passo è scegliere di amare sé stessi perché essere è più importante di avere.
Vorrei aprire questa intervista domandandoti da dove deriva il nome “SeinInLove”?
È un nome che ho inventato io, viene da “Sein” che in tedesco significa Essere, “InLove”, in amore; questa scelta è dettata dal fatto che io abbia voluto ammorbidire il suono, perché mi sarebbe piaciuto “da sein”, ovvero esserci, poiché deriva dal filosofo tedesco Martin Heidegger.
Arriva in un momento della mia vita in cui c’è stata una muta di pelle, uno spartiacque perché provengo dalla musica lirica e dal teatro di ricerca. Come musicista viravo sulla musica classica e dal punto di vista teatrale ho sperimentato veramente di tutto, fino ad arrivare a scrivere testi miei che già li pensavo come canzoni; ho lavorato sulla mia voce cercando di portarla ad un’ulteriore espressività.
SeinInLove è una scelta, essere in amore per sé stessi e rimanere allineati con le proprie esigenze e desideri, capire in che modo ci vuoi essere in questa vita, come diceva anche Heidegger, nel modo più autentico possibile.
I tuoi testi sono autobiografici?
Nascono principalmente da alcuni spunti, mi capita di scrivere sulla mitologia, non sempre parlano di me ma si possono comunque trovare dei riferimenti.
In fase di scrittura ti ispiri a qualche artista in particolare?
No, perché venendo dalla musica classica e avendo ascolti prettamente anglosassoni come l’indie e il folk americano e inglese, non c’è una volontà di scrittura, non riesco nemmeno ad imitare formalmente.
Il tuo approccio alla musica ha delle influenze?
Sì, soprattutto dalla musica classica, suono il pianoforte ma lo suono classicamente; scrivere un pezzo lo trovo davvero edificante e quando scrivo con la voce c’è un testo da cui parto, è raro che io parta da un frammento melodico; lavoro insieme a Pierluca, il chitarrista della band, con il quale costruiamo il prodotto finale.
Testi e melodie sono miei, costruzione armonica e struttura la facciamo insieme. Ci tiriamo fuori il meglio a vicenda, volendo aiutare l’altro facciamo di più che se non fossimo da soli. Io servo a lui per chiudere alcune cose e lui serve a me per iniziarle. È una simbiosi abbastanza rara che viene da un legame molto lungo sia a livello umano che emotivo.
Come nasce il nuovo singolo “Cosmica”?
È il primo testo che ho scritto e che ho provato a mettere in musica, c’è l’idea e la voglia di rifondarsi completamente su delle basi diverse, rifondare un universo sia esistenziale che pratico. Cosmica è proprio un allungarsi, un uscire fuori da tutta una serie di situazioni un po’ ingabbianti e aderire maggiormente a sé stessi.
Quindi è questo il messaggio che vuole trasmettere?
Sì, però non c’è una risoluzione. Il video del brano è molto significativo: lei ha questa bocca che piano piano diventa sempre più larga ma non si vedono mai gli occhi, traspare dunque quest’idea di costrizione. Alla fine, lei compare a volto pieno ma non è felice; ha preso sicuramente consapevolezza che deve allungarsi e rifondarsi un suo universo personale.
Mi ha incuriosito la scelta del titolo in italiano e del testo in inglese. Ci spieghi perché?
Questa è una bella domanda su cui non mi ci ero mai soffermata più di tanto. All’inizio io le chiamavo tutte “Cosmica song”, “Like a song”. È un processo spontaneo e naturale, non c’è nulla di artificioso. Io lavoro sempre molto sul contrasto e l’ossimoro, questo viene molto dalla scrittura e dalla pratica del teatro.
Lavorare sul cortocircuito della forma e del contenuto è sempre molto forte, ridere su una musica triste è molto più forte che piangere su una musica triste. Spesso i nomi delle canzoni non ci sono proprio nel testo. L’ultimo pezzo che abbiamo registrato e che uscirà insieme all’album si chiama “CF2”, è un acronimo che significa “Comunismo per 2”, ma in inglese; in realtà dove compare in inglese lo ritroviamo anche nel testo, dov’è in italiano non ha riferimenti testuali.
Ti è mai capitato di fondere questi due aspetti, la musica lirica e il teatro?
Sì, mi è capitato, in qualche spettacolo cantavo in scena dal vivo improvvisando liricamente. Così come mi capita nel momento in cui canto adesso, c’è sempre molta interpretazione, ma questa è una peculiarità che viene dal teatro, il cosiddetto recitar cantando.
Il mio linguaggio è influenzato nettamente dal teatro, è costituito prettamente da corpi, di cose tattiche. Per me è molto più interessante la fase creativa e di prova rispetto a quella di restituzione al pubblico, sia a teatro che nella musica. Il pubblico è necessario, ci vuole perché la sua energia nella scena mette a punto tutto quello che viene pensato e scritto. Ma quello non è il mio vero obiettivo, il piacere maggiore risiede nella fase creativa.
A proposito del pubblico, che tipo di rapporto hai con loro?
Io penso al pubblico come qualcuno al quale regalare delle cose e con cui interagire profondamente. Negli spettacoli teatrali il mio pubblico partecipava attivamente, mangiando, scrivendo, facendosi toccare in scena. Con la musica questo diventa un po’ più difficile essendo una musicista giovane poiché ho iniziato da poco a suonare.
La tua band da quante persone è composta?
Noi siamo cinque, io e Pierluca siamo i fondatori, il nucleo di base; abbiamo trovato anche queste altre tre persone, un bassista, una batterista e una seconda chitarra introdotta da pochi mesi. Sono tutti musicisti molto esperti ma in generale il progetto ruota molto intorno a me perché l’ho voluto io fortemente.
Quanto ti senti legata alle tue origini geografiche?
Moltissimo, anche perché ho studiato in Conservatorio a Frosinone. Inoltre, io vivo a Roma ma tutta la band si trova in Ciociaria e questo mi ha aiutata a riscoprire la bellezza di questa terra, ci passo molto più tempo e si anche allargata la mia cerchia di amicizie e di luoghi conosciuti.
Adesso mi sento molto più radicata, mi sono sempre sentita ciociara e mai romana, non credo di avere caratteristiche tipiche di chi è nato e cresciuto a Roma. Attraverso la musica ho veramente riallacciato i contatti con le mie origini, tanto è vero che sto scrivendo in ciociaro, perché l’italiano non lo sento mio. Mi piace essere una persona autentica, non riesco a fare nulla che non sia tale.
Avete già vissuto delle esperienze in qualche live?
Assolutamente sì, in questi ultimi mesi abbiamo già fatto 6-7 live che precedono l’uscita ufficiale che dovrebbe essere qui a Roma. Sto aspettando risposte da luoghi in cui fare questo showcase con la stampa perché vogliamo fare un qualcosa di più strutturato e visibile.
Ci sono programmi concreti per il futuro?
Sì, il 19 gennaio esce il primo album che contiene anche Cosmica, dal titolo “Ehy you, have you found God?”, che mi è arrivato in sogno direttamente in inglese.
Altri progetti in cantiere invece?
Chiaramente il desiderio è continuare con questo progetto musicale intorno al quale ruota tutta la mia passione e le mie ambizioni. Stiamo scrivendo cose nuove e li stiamo arrangiando, c’è l’intenzione di proseguire con questa linea di ricerca. Ovviamente mi piacerebbe anche suonare e portare in giro questi prodotti per vedere in giro che impatto hanno sul pubblico.
Articolo a cura di Simone Ferri
Federico Sirianni, ponte verso i giovani cantautori
Federico Sirianni, un ponte virtuale tra il cantautorato storico, che Sirianni costantemente valorizza nelle sue esibizioni, e quello futuro
Abbiamo incontrato il cantautore Federico Sirianni prima della sua esibizione nella rassegna “Contemporary – Parola D’Autore” che si è tenuta dall’8 al 10 dicembre 2023 a Pescara.
Ospite d’onore della manifestazione che ha visto esibirsi tanti giovani cantautori emergenti.
Un ponte virtuale tra il cantautorato storico, che Sirianni costantemente valorizza nelle sue esibizioni, e quello futuro.
A inizio dicembre ha portato in scena a Genova “Altre città invisibili”, liberamente ispirato a “Le città invisibili” di Italo Calvino, nel centenario della nascita del gigante della letteratura italiana.
Nella stessa Genova, sua città natale, si è esibito nella scorsa estate in “20 anni senza Signor G”, un viaggio nel mondo di Gaber, tra musica e narrazione, tra racconti e note.
Uno spettacolo unico che nasce dalla volontà di riproporre i temi trattati nelle canzoni di Giorgio Gaber nel ventennale della sua scomparsa.
E per il prossimo Capodanno sarà in scena nella sua città attuale, Torino, per rendere omaggio a Fabrizio De Andrè.
Federico Sirianni, pluripremiato cantautore genovese, dagli anni Novanta ottiene una quantità incredibile di riconoscimenti fino ad essere definito da Bruno Lauzi “erede” della storica scuola dei cantautori.
Una continua riscoperta e valorizzazione del cantautorato, come con il recente album “Domani si vive e si muore” con testi di Michele Straniero (1936-2000), cantautore e fondatore a Torino del gruppo Cantacronache, considerato precursore dell’esperienza diretta dei cantautori italiani.
Una “operazione culturale” di grande valore, che riporta alla ribalta quella straordinaria figura di intellettuale a tutto tondo che fu Straniero che con la fondamentale esperienza di Cantacronache fu capace di coinvolgere e aggregare alcuni dei più significativi intellettuali italiani dell’epoca, a cominciare da Italo Calvino e Umberto Eco.
Video intervista a cura di Domenico Carriero
Franco Simone, il cantautore dei sentimenti
Franco Simone, il cantautore dei sentimenti, ambasciatore della musica italiana nel mondo e da poco anche Cavaliere per meriti artistici
Uno dei grandi cantautori che il nostro paese può vantare, Franco Simone, autore di grandi capolavori come Respiro, Cara Droga, Fiume Grande, Gocce, Sogno della Galleria e di tanti altri meravigliosi brani conosciuti in tutto il mondo (come evidenziato dai dati di ascolto su Spotify). Un vero ambasciatore della musica italiana nel mondo e da poco anche Cavaliere per meriti artistici (titolo conferito dal Presidente della Repubblica).
Un’attività musicale sempre florida e che lo vede ancora oggi grande protagonista. Infatti, dal 1° dicembre, è disponibile in radio e nelle varie piattaforme digitali, Callas (etichetta Clodio Music) il brano inedito di Franco Simone e Rita Cammarano per ricordare La Divina a cento anni dalla sua nascita.
Una carriera partita da lontano e ricca di musica. Un viaggiatore che ha trovato nella musica il suo porto sicuro. Un cantautore di successo che è entrato nel cuore di diverse generazioni e di milioni di persone.
Franco Simone, l’artista che da oltre cinquant’anni emoziona il pubblico. Una vita dedicata alla musica e con grandissimi successi alle spalle. Una vita sempre di corsa, ma come sta?
Posso dire di stare bene, vivo con entusiasmo il mio lavoro e mi sembra di andare controcorrente. Più vado avanti e più amo il mio lavoro. Ogni giorno scopro nuovi aspetti, belli e intriganti. Più si conosce una cosa e più la si ama con il passare del tempo. Ho inoltre iniziato a capire che non siamo eterni, da un lato la trovo una considerazione triste, ma dall’altro la trovo ottimistica. Non essere eterni riesce a dare importanza alle cose che contano veramente nella vita.
Da poco è uscito il suo nuovo singolo dal titolo Callas, interpretato insieme al soprano Rita Cammarano, un omaggio alla Divina Maria Callas…
La Callas è stata la voce più bella che l’umanità abbia mai ascoltato. Quando si parla di Maria Callas, si deve parlare di qualcosa di gigantesco. Un personaggio unico nella storia, un genio al femminile. Il brano nasce dalla solitudine e dai pericoli del successo. Purtroppo il suo grande successo l’ha resa più sola che mai e io questo racconto. Lei ha vissuto le sue grandi tragedie, è stata capace di vestire i panni delle grandi eroine del melodramma, però non ha mai saputo essere serenamente Maria.
La sua è una carriera ricca di premi, musica e soprattutto collaborazioni. Grandi artisti internazionali come appunto Miriam Hernandez e Rita Cammarano, solo per citare le ultime collaborazioni in ordine di uscita. Quanto sono stati importanti questi incontri per influenzare in modo positivo la sua musica?
Avere vicino delle persone che ti influenzano positivamente è fondamentale. Quando si è molto sensibili, anche i rapporti e le persone vicine ti possono influenzare. In questo momento, mi sento circondato da persone positive che mi stimolano e la conseguenza è questa mia grande produzione. Spesso in passato, per via della mia timidezza mi sono precluso grandi occasioni. All’inizio, non avevo una grande considerazione delle mie canzoni e ricordo che quando composi Cara Droga, la volevo dare a Loredana Bertè.
Alla fine però la feci io e dopo anni, quando ormai era un successo, glielo dissi alla Bertè e lei mi rispose: e bravo e perché non me l’hai data a me? Un’altra volta portai invece una canzone a Mina ed era anche piaciuta a lei e al suo team. Però, l’idea di avere a che fare con Mina mi schiacciava e non sono andato oltre. Non mi piace essere arrogante, ma a volte sarebbe stato utile in questo mondo. Sarà che quando sei sincero, non ti accorgi del valore esterno delle cose. Il confronto con gli altri fa capire che invece quelle cose hanno senso.
Amore per la musica e amore per il suo trasversale e internazionale pubblico. Una grande emozione per ogni artista.
È una cosa bellissima. Tuttavia, io cerco sempre di stabilire un rapporto paritario con il mio pubblico. Non amo il divismo e se mi fanno i complimenti cambio discorso. Mi piace sentirmi sullo stesso livello. Lì nasce la sconfitta della solitudine. Stare su un piedistallo invece ti porta a stare solo. L’incontro vero avviene solo quando c’è uno scambio paritario di emozioni.
Tra gli incontri, anche quello con il Presidente della Repubblica. Una carriera vissuta sempre al massimo…
È stata una bellissima emozione. Per me è stato un momento di grande orgoglio e un grande attestato di stima.
Lei però è uno degli ambasciatori della musica italiana nel mondo. Un corso universitario americano l’ha anche indicato anche come uno dei nostri cantautori più rappresentativi, insieme a Domenico Modugno, Lucio Dalla e Fabrizio De Andrè. Senza fare polemica, ma come mai il suo successo è più grande all’estero?
La differenza è stata solo nelle promozioni, per anni mi hanno considerato come uno che faceva solo canzonette leggere e romantiche. Mentre in Sudamerica ho avuto gente che mi ha ascoltato con più attenzione e con promozioni più serie.
Una carriera vasta e ricca di canzoni memorabili. C’è un momento che però ricorda con particolare affetto?
Sicuramente la vittoria a Castrocaro. Arrivavo da un piccolo paese del Salento e lì mi sono sentito amato e compreso. È stato un qualcosa di indimenticabile. Poi, sicuramente una grande emozione, l’ho vissuta nello scrivere la canzone Figlia. Perché ho sentito di essere riuscito ad esprimere tutto quello che pensavo e provavo per la creatura più importante della mia vita: mia figlia.
Lei è stato anche protagonista al Festival di Sanremo, ma le piacerebbe ritornare in gara?
Non mi sento a mio agio a Sanremo. Preferisco essere semplicemente uno spettatore. È chiaro che se mi chiamassero andrei, ma onestamente non fa parte dei miei progetti al momento. Ho partecipato due volte e non sono andato neanche tanto male, una volta con Fiume grande dove ho raggiunto anche ottimi risultati di vendita e un successo mondiale e poi ho partecipato con Ritratto, altro brano che ha raggiunto ottimi risultati. Posso dire che non mi è andata male con Sanremo. Guardando ad oggi, Amadeus ha fatto un grande lavoro con il festival e quest’anno ha scelto un super cast. Il mio Salento è rappresentato benissimo dallo straordinario talento di Diodato, dai meravigliosi Negramaro, da Emma e da Alessandra Amoroso.
In conclusione, possiamo definire la sua musica e la sua vita artistica come sincera?
Sicuramente! Anche se qualcuno dice che non è un grande pregio. Negli anni ho fatto bellissime interviste con Marco Liorni, Gigi Marzullo e Serena Bortone. In quei programmi è uscita una bellissima immagine di me e lì sono riuscito ad essere me stesso. Con tanta gente ho instaurato un buon feeling e anche questo mi fa essere più sincero. Spero che questo mio modo di essere arrivi sempre al pubblico.
Articolo a cura di Francesco Nuccitelli
Edoardo Bennato, “Le vie del Rock sono infinite”
Edoardo Bennato, Peter Pan della musica italiana, sold out anche a Isernia per il suo tour nei teatri, “Le vie del Rock sono infinite”
Lo scorso 15 dicembre è approdato anche all’Auditorium Unità d’Italia di Isernia il tour nei teatri di Edoardo Bennato, “Le vie del Rock sono infinite”.
Ennesimo sold out nella più che cinquantennale carriera del Peter Pan della musica italiana, del cantastorie che immortala con le sue canzoni il mondo odierno, fatto di buoni e cattivi, sbeffeggiando i potenti e inneggiando alla forza umana della gente, passando per il più classico tra i sentimenti ispiratori dei poeti della canzone, l’amore.
Tanto Rock e Blues in scaletta: “Abbi dubbi”, “Sono Solo Canzonette”, “Il gatto e la volpe”, “La torre di Babele”, “A cosa serve la guerra”, “L’isola che non c’è”, “Mangiafuoco”, “A Napoli 55 è ‘a musica”, “La calunnia è un venticello” (dedicata ad Enzo Tortora e Mia Martini, uccisi dalla stessa calunnia), “La fata”, “Cantautore”, “Italiani, “Stop America”, “Rinnegato”, “Il rock di Capitan Uncino”, “In prigione, in prigione” per citarne alcune.
Più di due ore di musica, con video coinvolgenti, aneddoti e riflessioni sul nostro passato, sulla nostra quotidianità con uno sguardo al futuro.
Un’esperienza emozionale con brani e melodie che sono entrati a far parte del nostro immaginario collettivo.
Ad affiancarlo sul palco la BeBand, la formazione storica che lo segue da anni, composta da Giuseppe Scarpato, chitarre, Raffaele Lopez, tastiere, Gennaro Porcelli, chitarre, Arduino Lopez, basso e Roberto Perrone, batteria.
Da Via Campi Flegrei 55 a Bagnoli ai teatri, palazzetti e stadi nel mondo passando attraverso una discografia che ha venduto milioni di dischi.
Una delle voci rock più inconfondibili del panorama musicale italiano, punto di riferimento dell’anticonformismo musicale e ideologico.
Nel 2020, in pieno lockdown, realizza con il fratello Eugenio il brano “La realtà non può essere questa”, il cui ricavato è andato completamente all’Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli; a novembre dello stesso annoi è uscito il suo ultimo album “Non c’è”: otto i brani inediti (“Non c’è”, “La bella addormentata”, “Il mistero della pubblica istruzione”, “Geniale”, “L’uomo nero”, “Maskerate”, “La realtà non può essere questa” e “Signore e signori”) e quattordici canzoni di repertorio, che hanno reso Edoardo Bennato uno dei più grandi artisti della nostra musica.
Abbiamo intervistato Edoardo Bennato in camerino subito dopo il live a Isernia.
Video intervista a cura di Domenico Carriero
Damien McFly torna con “Who you are”
Damien McFly torna con “Who you are” il nuovo singolo del cantautore padovano
È uscito lo scorso 17 novembre “Who you are” (Jambotree Music) il nuovo singolo del cantautore padovano Damien McFly.
Come racconta Damien il singolo era nato nell’aprile del 2022, ma era rimasto nel cassetto perché considerato troppo rock rispetto alle produzioni precedenti, ma: «nel viaggio di ritorno in traghetto da Vlieland, un’isola olandese in cui mi trovo spesso a suonare, mi ritorna in mente la melodia di questo pezzo e in un’ora ho scritto tutto il testo You can change by making peace with who you are.
Gli ultimi sono stati anni di grande analisi della mia personalità e del mio modo di relazionarmi agli altri. Ho iniziato a creare una mia scala di valori e priorità, cosa che mi ha portato ad un maggiore benessere morale e mentale.
Quest’anno festeggio i 10 anni di carriera, un numero che porta con sé il fatto di accettare di essere diventati grandi per davvero, consci e maturi».
BIO
Damien McFly è un cantautore Padovano che con la sua voce graffiante, le melodie senza tempo del Folk e il sound dell’Indie moderno, continua a conquistare il pubblico dopo aver suonato più di 700 concerti in 15 stati.
Il tour del suo primo album “Parallel Mirrors” (2015) lo porta in tutta Europa, UK, USA e Canada, dove partecipa a festival come: SXSW, Canadian Music Week, BBC Carfest, International Richmond Film Festival e Home Festival.
“I Can’t Reply”, New Start” e il nuovo singolo “Leap” (2018) vengono acclamati da prestigiose testate (MTV new Generation, Rolling Stone, ContactMusic, Gigslutz), mentre Damien viene intervistato anche da Rai Radio 1 e BBC Scotland.
Sempre nello stesso anno vince il Grand Prize nella categoria Folk del John Lennon Songwriting Contest di New York con il brano “Mesmerised” e l’honorable Mention nell’International Songwriting Competition e all’interno dell’Unsigned Only Music competition di Nashville con “I can’t Reply”.
Il 29 Giugno esce il singolo “On Our Own” in anteprima su Billboard Italia, mentre nel 2021 “Underneath my skin” viene recensito dal blog inglese Clashmusic.com
Nel frattempo il nuovo singolo “No Connection” viene inserito in rotazione nella New Zone su MTV MUSIC Italia.
Tra il 2021 e 2022 assieme ad Alessandro De Crescenzo, arrangia i brani “Chimica” e Psyco” di Cesare Cremonini, produce l’album “50-30” di Nek co-scrivendo i singoli La Teoria del Caos e Money Honey.
Nel 2022 Damien partecipa al SXSW ad Austin (TX) e dopo due tour europei esce il nuovo album “Frames” che conta già più di 800k streaming tra le diverse piattaforme.
Il 2023 segna i 10 anni di carriera dell’artista, che ha all’attivo più di 13 milioni di streaming tra le varie piattaforme.
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina
Jaboni, il ritorno con “Rain” il nuovo singolo
Jaboni, il ritorno con “Rain” l’essenza di un viaggio verso la riscoperta di sé stessi e l’abbandono delle preoccupazioni quotidiane
Ad un anno di distanza dalla sua ultima pubblicazione, Jaboni torna con “Rain” (GIL Produzioni), il suo quinto singolo che anticipa il primo EP di prossima uscita. Il brano, prodotto da Giorgio Lorito, incarna l’essenza di un viaggio verso la riscoperta di sé stessi e l’abbandono delle preoccupazioni quotidiane.
Con “Rain”, incorniciato in un arrangiamento elettro-pop di ampio respiro che dona un affascinante intreccio di emozioni, Jaboni vuole regalare una nuova esperienza musicale che invita a riflettere sulla bellezza di lasciarsi andare e ritrovare la connessione con la natura superando le barriere autoimposte che separano l’umanità dalla sua essenza più profonda.
«Quanto è bello lasciarsi andare, non aver paura che la pioggia ci bagni ma lasciare che lavi via di dosso tutte le nostre preoccupazioni!» Afferma Jaboni.
Spesso, la società moderna ci porta a costruire muri tra noi e la guarigione che la natura vuole offrirci, dimenticando che siamo parte integrante di essa.
In “Rain” Jaboni ci invita a metterci a nudo, ad esplorare le diverse sfaccettature della nostra anima e a ricostruire i pezzi di noi stessi. È un invito ad una nuova prospettiva, un richiamo a ritrovare la gioia nell’esperienza semplice di ballare sotto la pioggia e ad abbracciare l’essenza della vita.
“Rain” cattura la bellezza di ricomporre i frammenti della nostra identità come se fossimo riflessi in mille specchi rotti, ognuno dei quali mostra un aspetto diverso di chi siamo. È un inno all’umanità, un richiamo all’autenticità e alla consapevolezza di sé.
BIO
Simone Iaboni, in arte Jaboni, classe 1982, cantautore, interprete, architetto.
Nato a Frosinone, si trasferisce a Roma all’età di 20 anni. Qui frequenta l’Accademia di musica Scarlatti, partecipa a diversi concorsi locali e nazionali, tra cui il Tour Music Fest nel 2017, anno in cui partecipa al Music Camp presso il CET di Mogol.
Nel 2018 entra a far parte del coro romano gospel All Over Gospel Choir con il quale si esibisce nei teatri e palcoscenici della capitale.
Lo stesso anno diventa membro del coro Le Mani Avanti diretto dal maestro Gabriele D’Angelo, con cui partecipa a diverse manifestazioni canore a Roma e in Italia, come il Vokal Fest all’Auditorium Parco della Musica.
Con loro, durante il lockdown, partecipa alla realizzazione di una cover a cappella del brano di Des’ree You gotta be andato in onda su Rai1 nel programma Musica che unisce.
Scrive testi in italiano e in inglese e collabora attivamente alla composizione di brani con la GIL produzioni, del produttore artistico Giorgio Lorito.
Il 16 aprile 2021 esce il suo singolo di debutto “Love comes back to me” prodotto da Giorgio Lorito per Gil Produzioni.
Il brano supera i 60k streams su Spotify e il videoclip viene trasmesso in anteprima su Sky Tg24 e in onda sugli schermi Telesia delle maggiori metro ed aeroporti italiani.
Il 3 dicembre esce il secondo singolo “Endless Time”. Il videoclip del brano viene presentato in anteprima su Il Messaggero.
Nel 2022, l’artista torna con i singoli “Heads up” (marzo) e “Out Of Water” (settembre).
A un anno di distanza dalla sua ultima uscita, il 20 Ottobre 2023 esce il quinto singolo “Rain”.
Video intervista a cura di Vincenzo Salamina
Lara Ferrari: “Amy’s box” il nuovo progetto
Lara Ferrari ha recentemente avviato il progetto “Amy’s box”, un omaggio musicale alla grandissima Amy Winehouse, icona della musica jazz dei tempi moderni
Una performer in grado di accendere l’atmosfera riuscendo a spaziare con la sua voce nei diversi generi musicali. È il colore della voce di Lara Ferrari, che passa dallo swing di Ella Fitzgerald e Louis Amstrong accarezzando gli anni ‘30 e ‘ 40, al rock’ n roll degli anni 60 con i Beatles e i Rolling Stone, fino al pop moderno con un stile molto espressivo arricchito da un’ironia travolgente.
La voce dello storico gruppo swing “Sugarpie & Candymen” ha recentemente avviato il progetto “Amy’s box”, un omaggio musicale alla grandissima Amy Winehouse, icona della musica jazz dei tempi moderni.
Lara Ferrari ci racconta questo affascinante progetto.
Come è nato il progetto artistico “Amy’s box”?
È nato qualche anno fa. Ho sempre avuto un amore per Amy ma non legato al suo esordio carriera. All’inizio mi sembrava un fenomeno pop. Successivamente l’ho approfondita, andando oltre l’ascolto dei brani che le radio proponevano.
Mi sono ritrovata molto vicina ai suoi testi dei primi brani, molto autobiografici, diretti e autoironici, con i quali lei riusciva a prendersi in giro e ad analizzare la sua sofferenza. Dopo la sua morte ho lavorato nell’ascolto dei suoi brani e ho approfondito la sua storia personale: una ragazza fragile, ma nono stupida, segnata negativamente da un successo arrivato troppo presto.
Il primo disco aveva sonorità più jazz, mentre il secondo è stato pensato con un’intenzione commerciale e più pop: questo secondo lavoro l’ha un po’ spenta a livello musicale perché si è trovato addosso un vestito diverso.
L’amore verso Blake Fielder, purtroppo tossicodipendente, l’ha risucchiata in vortice di disperazione: per sentirsi amata lo seguiva nei suoi comportamenti negativi, assumendo sostanze in quantità grandi e distruggendosi in poco tempo.
Ti sei ritrovata non solo musicalmente ma soprattutto nei testi di Amy. Quali sono gli aspetti che ti hanno colpito?
Io mi sono ritrovata nei testi che Amy scriveva sugli uomini, come l’assenza del padre nella sua vita. Lei si è sentiva poco protetta rispetto a quanto accaduto.
Nella mia vita ho dovuto affrontare dei momenti difficili perché ho avuto il papà all’età di sei anni, che mi ha cresciuta e dato il suo cognome Ferrari. Mentre quello biologico ha lasciato mia madre e me dà piccola.
Come è strutturato questo progetto artistico appena iniziato con la data del 7 dicembre a Bologna?
L’omaggio prende la forma di una scatola, dove all’interno ci sono i 14 brani, con i suoi testi caratterizzati da emozioni contrastanti, verità crude e sofferenze. Tutto affrontato con grande ironia. Sono pezzi estratti dai vari dischi di Amy soprattutto dal primo e altri suoi standard.
Ho cercato di fare un progetto per mantenere la sua vena ironica, le sue melodie e i suoi Groove.
Nel 2021 ho fatto un primo lavoro con una formazione, dove c’erano basso, batteria, clarinetto e voce. Un lavoro un po’ di nicchia. Purtroppo, Il covid non ci ha permesso di portarlo avanti per potenziarlo.
L’anno scorso Angelo Valori direttore artistico del Pescara Jazz mi ha proposto di fare concerti presso l’auditorium con i brani di Amy Winehouse. Abbiamo fatto due live con degli splendidi arrangiamenti di Michele Corcella (musicista, arrangiatore e compositore), che hanno dato ai brani una veste più completa.
Ho proposto l’idea di fare i brani con quintetto composto (Michele Corcella – chitarra e arrangiamenti, Stefano Senni – contrabbasso, Alfonso Deidda – Sax alto, flauto e pianoforte, Enrico Smiderle – batteria).
Questo tentativo ha fatto arrivare Amy al cuore della gente. È nato uno scenario meraviglioso che mi fa impazzire e sicuramente da portare avanti per farlo fiorire.
Amy’s box è un progetto musicale molto particolare, non è solito tributo di una cover band e questo lo rende unico.
Hai altri progetti musicali per il 2024?
Attualmente sto registrando delle versioni di alcuni brani di Duke Ellington, uno dei grandi pianisti e compositori jazz, perché l’anno prossimo è il 50° anniversario della sua scomparsa.
Con Michele Corcella, uno dei più grandi esperti mondiali di Duke, stiamo costruendo un progetto artistico con voce, chitarra e sassofono. L’idea è realizzare un disco da promuovere il prossimo anno.
Con gli Sugarpie & The Candymen, state lavorando a un nuovo album, dopo ultimo lavoro “un po’ sperimentale”?
L’ ultimo disco è stato un po’ scommessa diversa perché abbiamo messo swing e cover diverse con nuovi arrangiamenti, e abbiamo dato una piega più blues e soul, perché durante il covid abbiamo scritto dei brani che andavano verso quel mood. Avevamo un bisogno spirituale che ha fatto andare il nostro swing verso un’altra dimensione.
Attualmente stiamo preparando il concerto di Capodanno alla Sporting Club di Montecarlo: sarà una grande emozione tornare alla “Salle Des Etoiles” sullo stesso palco sul quale hanno cantato Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, Whitney Huston, Shirley Bassey, Stevie Wonder, Joe Cocker, Tina Turner, Elton Joh. Nelle scorse edizioni abbiamo condiviso momenti speciali con i Gipsy King, le Sister Sledge, i Simple Minds e Gianna Nannini.
Dopo un tour di due anni dove abbiamo promosso il nostro ultimo album “Something’s Cooking”, da gennaio avremo un nuovo contrabbassista e ci metteremo al lavoro sul nuovo disco.
Qual è il segreto degli Sugarpie che li rendi unici?
Noi facciamo swing con tante contaminazioni, Renzo Arbore ci ha definito una formazione “progressive swing”.
La nostra parola chiave è swing, da dove siamo partiti e abbiamo aggiunto pop, rock fino a Led Zeppelin.
Offriamo uno show partendo dal jazz tradizionale/classico fino ad arrivare altri generi utilizzando lo swing.
Ci piace la sperimentazione nel nostro lavoro e il nostro segreto è la capacità di divertirci sul palco, ci prenderci in giro e saper scherzare. Questa armonia è fondamentale e ci permette di costruire dei progetti interessanti e incanalare la giusta energia, in un contesto attuale bombardato dai social e dai media.
Siamo una famiglia composta da grandi musicisti composta da Renato Podestà voce e chitarra elettrica, Jacopo Delfini voce e chitarra Gipsy, Roberto Lupo alla batteria, Alessandro Cassani al contrabbasso che saluto e auguro altri successi futuri.
Articolo a cura di Raffaele Specchia
Laboa: un giro into the wild! “Fiumi”, il primo EP
Laboa: un giro into the wild! La natura è il quadro giusto per il loro chiodo fisso e fa il giro di boa con l’uomo, in un rapporto logoro di amore e odio
Laboa, band torinese, esordisce nel panorama musicale con “Fiumi”, il primo EP, composto da cinque tracce nate dall’esigenza di portare a galla tutte le emozioni nascoste che bloccano il normale fluire delle proprie vite. Le loro canzoni sono concepite come dei pezzi che sgorgano dalla parte più profonda di noi stessi e come un fiume che si porta via tutto ciò che non va, senza guardarsi indietro.
Vorrei partire proprio dalla base: come nasce il vostro gruppo?
Laboa è un progetto che viene da lontano, dopo circa dieci anni che suoniamo insieme abbiamo deciso che era arrivato il momento di dare un nome all’identità di band che in questi anni abbiamo creato.
Da dove deriva il nome Laboa?
Laboa è frutto di due concetti: da una parte un punto fermo e di appoggio in mezzo alla vita in continuo mutamento e dall’altra un modo per andare in profondità nei nostri sentimenti. Il punto fermo nelle nostre vite è sempre stata la musica, scrivere canzoni invece è un modo per scendere in profondità nelle nostre vite e riemergere con testi di canzoni in cui riconoscersi. Abbiamo pensato ad un oggetto che potesse rappresentare questo concetto ed ecco la boa, che per comodità abbiamo deciso andasse fosse scritto legato.
Quando avete iniziato a fare musica?
Insieme da circa dieci anni e negli ultimi tre a noi si è unito Andrea. Individualmente, invece, abbiamo iniziato tutti da adolescenti.
Vi ispirate a qualche artista in particolare?
Sicuramente ci ispiriamo a tutto il rock di matrice inglese e americana, con uno sguardo alla musica italiana soprattutto per quanto riguarda i testi. Nelle nostre canzoni ci sono i Ministri e gli Zen Circus ma anche Foo Fighters e Royal Blood.
Quale messaggio vuole trasmettere “Fiumi”?
Fiumi parla alla nostra generazione ovvero i trentenni che combattono ogni giorno per trovare il proprio posto nel mondo. Ogni canzone racconta relazioni o episodi che accadono a noi o a chi ci sta intorno, spesso sono riflessioni sul nostro mondo, ma siamo sicuri che siano simili alle esperienze che fanno molti nostri coetanei.
È il vostro primo EP: come vi sentite dopo l’uscita di questo progetto?
Entusiasti! Siamo felici di poter condividere la musica che descrive i nostri ultimi tre anni di vita.
La natura è parte integrante delle tracce. Vi ha ispirato in fase di scrittura? Come concepite il rapporto tra uomo e natura?
La natura ci circonda da sempre, veniamo tutti dalla provincia, quindi, è normale per noi avere un contatto diretto con la natura. Sicuramente, come dici tu, è parte integrante delle tracce ma questo è un ragionamento che abbiamo fatto a posteriori: una sera abbiamo ascoltato le canzoni una di fila all’altra e ci siamo accorti che erano tutte accomunate dalla presenza di elementi naturali. Chiamare l’Ep “Fiumi” ci è sembrato un modo coerente di chiudere il cerchio.
C’è un brano al quale siete più legati?
Credo che ognuno abbia il suo, è normale. Personalmente la mia preferita è Guerra Fredda perché è la prima che abbiamo scritto in quattro ma con ogni canzone c’è un legame particolare.
Qual è il significato della copertina del disco?
Una barca in mezzo al fiume che nonostante tutto, come la musica, ti permette di rimanere sempre a galla.
I testi sono autobiografici?
Quasi sempre, sì. E quelli che non lo sono direttamente partono sempre da un’esperienza successa a qualcuno di noi o a qualche conoscente. Spesso partiamo da un episodio e ci lasciamo trascinare in riflessioni più ampie, sembra una specie di terapia di gruppo. Un esempio è “Diventare Grandi” in cui non parliamo di un qualcosa successo veramente a qualcuno di noi ma è una sorta di riflessione circa il timore di crescere.
“Ero cieco davanti allo specchio
ho messo a fuoco i miei difetti
brucia il fegato perché non sono perfetto,
anche tu sei come me, siamo stronzi a modo nostro
funzioniamo galleggiando sullo stesso compromesso”
Questa strofa mi ha colpito particolarmente: potete spiegarci il significato?
Questo ritornello e in generale tutta la canzone parlano di quel momento in cui ti specchi nel partner e ti metti nei suoi panni. In quel momento ti rendi conto di non essere sempre nel giusto come pensavi, ma di essere anche un po’ stronzo, forse riconosci i difetti che non vedi più o che pensavi di aver cancellato. E invece, sono lì.
Ho visto che siete molto attivi su Youtube: lo usate solo nell’ambito professionale?
Siamo grandi fan di YouTube e da sempre lo usiamo per imparare cose o seguire personaggi che ci piacciono. Nel 2020 volevamo documentare la nascita di questo Ep e abbiamo deciso di farlo attraverso un racconto settimanale che documentasse man mano la registrazione dei pezzi. Pubblicando un video a settimana potevamo raccontare quasi in tempo reale il susseguirsi dei lavori e quest’idea ci attirava molto.
Peccato che fosse febbraio 2020, e dopo i primi tre video siamo rimasti chiusi in casa per tre mesi. A quel punto ci siamo detti: “ci fermiamo o andiamo avanti?”. Non potendo proseguire i lavori in studio sono nati altri format (ad esempio le interviste) che potevamo affrontare anche a distanza. Oggi il nostro canale YouTube ha più di 170 video che raccontano il dietro le quinte della nostra band, ma non solo. Dentro ci sono interviste, riflessioni, blog!
A proposito dei social: mi è piaciuto molto il tema del brano “Posti”, lo trovo molto attuale e interessante. Al giorno d’oggi i social quanto influenzano le nostre vite? E voi come li usate?
Influenzano le vite in maniera totale. Il punto, però, è sempre quello: il social è un mezzo, la differenza la fai tu in base a come lo utilizzi. Se lo utilizzi bene può essere uno strumento di conoscenza e promozione straordinario.
Condividete anche qualcosa di personale o di vita privata oltre alla musica?
Si certo. Enrico, Nicholas ed io ci conosciamo fin da bambini, siamo sempre stato amici oltre che compagni di band. Andrea è arrivato dopo ma abbiamo avuto la fortuna di trovare una persona incredibile, con cui sai di poter condividere tutto anche fuori dalla band. E a proposito di social, Andrea l’abbiamo conosciuto proprio tramite Facebook!
Che rapporti avete con il vostro pubblico?
Conosciamo quasi tutte le persone che ci ascoltano o a cui piacciamo, d’altronde il primo giudice sono gli amici. Grazie a YouTube la community si sta allargando e non vediamo l’ora di far ascoltare le nostre canzoni a nuove persone.
Avete già fatto delle esperienze in qualche live o vi è mai capitato di partecipare a dei festival?
Certo, come dicevo prima Laboa è una band che nasce dopo molti anni di musica scritta insieme e di concerti suonati in giro. Inoltre, parteciperemo il 15 di dicembre al Break Front Fest a El Barrio di Torino. Siamo stati contattati dagli organizzatori e non vediamo l’ora di suonarci!
“Diventare grandi” è un brano che descrive lo slancio verso il domani. Quindi vi chiedo: quali programmi avete per il futuro?
Scrivere nuove canzoni, macinare km e fare concerti in giro oltre che far crescere la community di persone che ci ascolta e ci segue su YouTube.
Articolo a cura di Simone Ferri
Vito Di Modugno, dal Jazz a Fausto Leali
Vito Di Modugno: “Black, White and Blues” il nuovo disco del Vito Di Modugno Quartet con Fausto Leali
Disponibile dallo scorso 31 ottobre, in digital download e in CD, “Black, White and Blues” (Abeat Records), il nuovo disco del Vito Di Modugno Quartet con Fausto Leali. Un lavoro imperdibile, caratterizzato da grandi arrangiamenti, espressività interpretativa e un suono di Hammond strepitoso.
Questa la tracklist:
Angelitos Negros Manuel Álvarez Rentería- Blanco Guzman Andres
What Mama told me Federica Lorusso – Gianni Giannotti
Georgia on my Mind Hoagy Carmichael
Come together John Lennon – Paul McCartney
Hurt (A chi) J. Crane – A. Jacobs – Mogol
Memories on my mind Rosanna D’Ecclesiis – Vito Di Modugno
Mi manchi Fabrizio Berlincioni – Franco Fasano
Knock non wood Eddie Floyd – Steve Cropper
The eyes of soul Federica Lorusso – Vito Di Modugno
Vito Di Modugno è tra le figure più note al pubblico nell’ambito del jazz contemporaneo segnatamente al suo ruolo di hammondista tra i più quotati a livello internazionale. Apparso anche nella speciale classifica di Down Beat, la più autorevole rivista di jazz al mondo, tra i migliori interpreti dello strumento.
Alla guida del suo quartetto, che include musicisti di grande prestigio nazionale (Massimo Manzi, Michele Carrabba, Pietro Condorelli), affianca il gigante italiano Fausto Leali, conosciuto in tutto il mondo per la voce graffiante che gli fruttò l’appellativo di negro bianco, con successi nell’ambito della musica leggera italiana che sono entrati nell’immaginario collettivo: “A chi” (cover di Hurt), “AngelitosNegros”, “Un’ora fa”, “Io camminerò”, “Io amo”, “Mi manchi”, “Ti lascerò”(con cui vincerà il Festival di Sanremo 1989 in coppia con Anna Oxa).
Le caratteristiche vocali hanno ispirato questo album dove il feeling jazz del quartetto di Vito Di Modugno si sposa perfettamente con l’anima black, soul e blues di Fausto Leali.
Il repertorio attinge ad alcuni grandi classici che hanno reso famoso Leali, più alcuni inediti ed il contributo di Germana Schena che canta in duetto in “Memories on my mind”. Una vera eccellenza audiofila.
“Black, White and Blues” è stato registrato al Mast Studio (Bari). Sound engineer Massimo Stano. Mixato all’Artesuono Recording Studios (Cavalicco, Udine) da Stefano Amerio. Design: Marina Barbensi. Video diregistrazionilive.it. Video operator ed editor Roberto Ficarella. Hanno suonato: Vito Di Modugno, hammond – Fausto Leali, voci – Michele Carrabba, sax tenore e soprano – Pietro Condorelli, chitarra – Massimo Manzi, batteria – Germana Schena, voce nella traccia 6.
VITO DI MODUGNO
Organista, pianista e bassista. Eletto per tre anni di seguito tra i migliori dieci organisti al mondo dalla prestigiosa rivista americana “Downbeat”.
Ha intrapreso giovanissimo gli studi musicali sotto la guida del padre (Pino Di Modugno, noto fisarmonicista) studiando pianoforte, organo, basso elettrico e contrabbasso.
Si è diplomato in seguito in pianoforte e in musica jazz. Nel 2003 è stato eletto tra i migliori nuovi talenti nel referendum “Top Jazz” indetto dalla rivista “Musica Jazz”, ed è pluri-vincitore del “Jazzit Awards” come miglior organista italiano.
La rivista “Musica Jazz” lo ha inserito tra gli specialisti dell’Organo Hammond nell’inserto e cd dedicato alla storia di questo strumento.
Ha suonato come solista con l’Orchestra Sinfonica “Arturo Toscanini” di Parma e con l’Orchestra Sinfonica della Provincia di Bari.
Docente di pianoforte jazz presso il Conservatorio “E.R. Duni” di Matera, e dal 1985 tiene corsi di pianoforte, basso elettrico e musica d’insieme presso “il Pentagramma” di Bari.
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