‘O Mar For è oggi una vera e propria hit. Mare Fuori: un fenomeno televisivo e un successo musicale

Mare Fuori: un fenomeno televisivo e un successo musicale
Clara Soccini Crazy J in Mare fuori

Mare fuori è una serie televisiva italiana, che racconta le vite di ragazzi e ragazze detenuti in un immaginario Istituto penitenziario minorile situato a Napoli.

La serie, per ora, si compone di tre stagioni, l’ultima delle quali è uscita sulle piattaforme streaming Raiplay e Netflix il primo febbraio 2023, ed è andata in onda in prima tv su Rai 2 il 15 febbraio.

Sia in televisione che in streaming online Mare fuori ha riscosso un enorme successo, ma i numeri più alti sono stati raggiunti su Raiplay: la serie, infatti, ha superato la cifra record di 105 milioni di visualizzazioni nel mese di febbraio. Mare fuori è il titolo più cliccato di sempre sulla piattaforma.

Mare fuori è una produzione di Rai Fiction e Picomedia, ideata e scritta da Cristiana Farina. Quest’ultima, sceneggiatrice della serie, ha rivelato che Mare fuori proseguirà per altre tre stagioni.

“Ho quasi finito di scrivere la quarta e sono in programma già la quinta e la sesta (stagione, ndr)” ha dichiarato durante la conferenza stampa di presentazione della terza, appena andata in onda.

Mare fuori mostra al pubblico ciò che accade tra le mura di un carcere minorile, racconta le vicende di giovani detenuti provenienti da contesti familiari molto diversi tra loro, alcuni dei quali legati alla criminalità organizzata.

Il sistema valoriale malavitoso gioca un ruolo importante all’interno dell’Istituto penitenziario: detta le regole di condotta a cui molti dei ragazzi si attengono e rende ancor più difficile il compito della direttrice dell’Istituto (interpretata da Carolina Crescentini) di tenere i detenuti al sicuro, educandoli al contempo alla legalità.

Frequente nella serie è il riferimento al “mare fuori”, visibile dalle finestre delle celle dei ragazzi. La vista sul mare ricorda ai giovani detenuti che fuori dal carcere c’è qualcosa di bello ad attenderli: la libertà, la speranza di tornare a vivere la propria adolescenza, ma soprattutto la possibilità di riscattarsi.

Il tema del “mare fuori” è presente anche nella sigla iniziale della serie, intitolata proprio “ ’O Mar For”.

Mare fuori Clara Soccini (Crazy J in Mare Fuori)
Mare fuori – Clara Soccini – Crazy J in Mare Fuori

Il brano originale è composto da Stefano Lentini e cantato da Matteo Paolillo, che nella serie interpreta Edoardo, giovane detenuto leader del gruppo.

Matteo Paolillo, conosciuto come Icaro nel panorama musicale, ha portato la canzone al Festival di Sanremo, esibendosi sul palco dell’Ariston (nel corso del Festival appena concluso) con gli altri membri del cast.

“ ‘O Mar For” non è più solo la sigla di Mare fuori, è oggi una vera e propria hit: il brano è stato certificato disco d’oro dalla FIMI, conta 25 milioni di visualizzazioni su Youtube e dal primo febbraio è costantemente nelle posizioni più alte della classifica curata da Spotify Top 50 Italia, contenente i 50 pezzi più ascoltati in tutto il Paese.

La sigla “ ‘O Mar For” non è l’unico brano tratto da Mare fuori ad aver superato i confini della serie tv per trovare rilevanza autonoma anche nel mondo della musica: il singolo “Origami all’alba” di Clara Soccini (CrazyJ in Mare fuori), scritto in collaborazione con Matteo Paolillo, ha accompagnato le ultime puntate della terza stagione della serie ed è poi stato reso disponibile per l’ascolto in streaming il 24 febbraio.

A due settimane dall’uscita il brano occupa ancora il quinto posto della classifica Top 50 Italia di Spotify con più di 4 milioni di stream ed è tra i suoni più utilizzati su Tiktok, dove è stato condiviso da oltre 60.000 utenti.

Di “Origami all’alba” esiste anche una versione cantata da Matteo Paolillo.

La canzone racconta la dolorosa fine di una relazione, mentre l’accostamento delle parole “origami” e “alba” è un’idea di Clara: “sono due parole che mi sono venute in mente mentre ero in studio con Matteo Paolillo.

Mi trasmettono un senso di nostalgia”, scrive l’artista nel post Instagram (@soccins) in cui annuncia l’uscita del singolo.

L’esperienza Mare fuori per lo spettatore non si esaurisce nella visione degli episodi, bensì prosegue sui social e sulle piattaforme streaming musicali.

Articolo a cura di Davide Esposito

Dionysian, Hard rock made in Torino con una band giovane, ma con le idee decisamente chiare

Dionysian il nuovo singolo “Under Your Spell”
Dionysian

I Dionysian, quattro ragazzi che uniscono passione al loro talento e riescono a tirar fuori canzoni che sanno sempre sorprendere. Samuele Verona (basso), Alessandro Tafuri (batteria), Raffaella De Luca (voce) e Alex Wilkie (chitarra) si sono così raccontati tra la vittoria a Sanremo Rock e gli obiettivi per il futuro.

Buongiorno ragazzi, raccontateci come nascono i Dionysian

Alex: La band nasce nella tarda estate del 2018 e i membri fondatori siamo io, Samu e Raffa. Abbiamo, da subito, composto brani originali e suonato dal vivo… Credo che il nostro primissimo concerto sia stato dopo neanche un mese!

Dopo sei mesi abbiamo cambiato il batterista ed è arrivato Tafu. Il gruppo nasce quindi da incontri in momenti diversi della vita.

Proviamo a spiegare a chi ci sta leggendo il vostro background musicale

Alex: I Dionysian sono una sorta di insalatona… C’è una base di musica rock che parte dai grandi gruppi degli anni ‘70 e ‘80, ma la cosa particolare secondo me è che ognuno di noi ha influenze molto diverse.

Dal classico, quindi, ognuno mette la sua “spezia musicale”. Per Samu è la musica elettronica, per Tafu la musica anni ‘80, per Raffa c’è il soul o il pop moderno e per me il folk anni ‘70.

L’obiettivo nostro è fondere l’anima classica del rock con le nostre idee facendo uscire un suono che è Dionysian.

Raffa, che esperienza è stata Sanremo Rock da frontwoman?

Raffa: Emozionante e unica perché eravamo su un palco che hanno calcato tutti i grandi della musica italiana e non solo. Ritrovarsi sullo stesso suolo di artisti importanti non è qualcosa da poco… L’Ariston è, secondo me, stato il live più bello.

Da cantante sei l’elemento che viene notato subito quando salite sul palco. Il ruolo è importantissimo.. Come vivi la pressione?

Raffa: Non mi piace sempre essere al centro dell’attenzione. Quando sono in una situazione magari emotivamente difficile non è bello… Mi sento più fragile, però l’80% delle volte è una figata. L’unica cosa veramente brutta è la responsabilità del palco perché sei proprio al centro. A volte è bello e a volte no.

Dionysian il nuovo singolo “Under Your Spell”

Tafu, con te torniamo un attimo indietro. Tu sei l’ultimo arrivato nel gruppo… Cosa ti ha convinto a entrare nella band?

Tafu: Avevo visto questi ragazzi in sala prove e son rimasto subito colpito dalla loro musica. Grazie a delle donne è avvenuto il tutto… Avevo un secondo progetto con una donna che ha colpito poi il mio attuale chitarrista. Lei ci ha fatto da tramite e da lì è nata un’amicizia che è sfociata in questa collaborazione. Non ho aspettato nemmeno un secondo quando c’è stata l’opportunità di sposare i Dionysian.

Raffa, come dicevamo prima, è l’elemento che noti subito quando salite sul palco e tu invece sei quello che rimane un po’ più indietro. Dalla tua posizione ti chiedo di descrivere il suono dei Dionysian.

Tafu: Son due le definizioni credo… O un gentile schiaffo in faccia o una fortissima carezza in faccia.

Samu, tu sei stato definito quello più fotogenico del gruppo. Le mosse che fai sul palco le provi o vengono naturali suonando?

Samu: Tutto naturale, tempo fa ho provato a preparare qualcosa, ma mi sentivo quasi ridicolo. Quello che viene semplicemente viene. Guardo molti video di musicisti che mi piacciono prendendo spunto però lascio fluire la musica che ho nel sangue. Suono e basta.

I progetti futuri della band?

Samu: Stiamo lavorando a nuovi pezzi. Sanremo Rock ci ha portato una serie di proposte interessanti con dei produttori. Stiamo seguendo alcune di queste opportunità che ci sono arrivate e stiamo anche cercando un’etichetta per il nostro nuovo album.

Ultima domanda: convincete chi ci sta leggendo ad ascoltarvi

Alex: Il rock in Italia sta rinascendo in maniera piuttosto forte e i Dionysian fanno parte di questa realtà. Facciamo musica inedita e suoniamo tanto in giro in un periodo in cui possiamo essere davvero una bella scoperta per chi ci ascolta. Le nostre canzoni sono molto diverse.

Samu: Siamo uno di quei gruppi che cresceranno. Vogliamo provarci fino in fondo ed essere uno di quei gruppi di cui si dice: Ieri suonavano nel localino e oggi sono al Madison Square Garden.

Raffa: Credo che a livello di gruppi rock sia difficile trovare una band che abbia un suono così potente e una voce soul. I Dionysian hanno una musica ricercata e non è banale.

Tafu: Ricercato, non banale e di facile ascolto per tutti.

Elodie: “Sento ancora la vertigine”, la prima docu-serie è ora online

Elodie: “Sento ancora la vertigine” ora online
Elodie: “Sento ancora la vertigine” la prima docu-serie

Il 20 febbraio è andata in onda sulla piattaforma streaming Prime Video “Sento ancora la vertigine”, la miniserie diretta da Nicola Sorcinelli e prodotta da Groenlandia, in cui Elodie racconta i momenti più importanti della sua carriera degli ultimi due anni, concentrandosi in particolar modo sui preparativi per il Festival di Sanremo appena terminato.

La cantante inizia il suo video racconto comunicando il significato che per lei ha il Festival, e lo fa ricordando l’esperienza da co-conduttrice del 2021.

Nel corso della seconda puntata di Sanremo, al momento del monologo, Elodie ha deciso di raccontarsi al pubblico, rivelando come la paura di non essere all’altezza dei suoi sogni la abbia afflitta per tutta l’adolescenza.

Ha inoltre parlato di come sia riuscita a superarla soltanto grazie a Mauro Tre, musicista jazz che ha creduto in lei e le ha dato il “coraggio di fare”.

Grazie al ritrovato coraggio Elodie è riuscita a superare le difficoltà economiche che, segnando il suo contesto familiare, non le hanno permesso di studiare canto e coltivare le sue passioni.

A renderla una delle più celebri artiste italiane hanno concorso l’edizione di Amici di Maria De Filippi del 2015, nella quale si è classificata seconda, e l’edizione del Festival di Sanremo del 2017, in cui ha presentato il brano, divenuto presto disco di platino, “Tutta colpa mia”.

Dal monologo sanremese Elodie è cresciuta ulteriormente, debuttando al cinema con il ruolo da protagonista nel film “Ti mangio il cuore”, diretto da Pippo Mezzapesa e presentato a Venezia nel settembre 2022 (attualmente disponibile in streaming sulla piattaforma Paramount Plus), e posizionandosi costantemente ai vertici delle classifiche.

Hit come “Bagno a mezzanotte” e “Tribale” hanno monopolizzato radio e locali in tutta Italia diventando veri e propri tormentoni estivi.

La sua partecipazione al Festival di Sanremo del 2023 è stata accolta con grande affetto e gioia dai fan e dalla stessa cantante, molto legata a quel palcoscenico.

In “Sento ancora la vertigine” Elodie mostra il lungo percorso che ha portato lei e il suo team a scegliere la canzone “Due” come inedito da portare al Festival.

“Ci tenevo a far vedere cose a cui nessuno ha accesso. Ad esempio, quanto è dura scegliere una canzone per Sanremo” ha scritto nel post Instagram con cui ha pubblicato il trailer della serie sul proprio profilo (@elodie), uscito il 27 gennaio.

Elodie: “Sento ancora la vertigine” ora online
Elodie: “Sento ancora la vertigine”

Dalla docu-serie traspare lo stretto rapporto che lega Elodie a Max Brigante, suo manager, e a Jacopo Pesce, suo discografico, che, più che un team lavorativo, per la cantante sembrano essere una seconda famiglia.

Nelle tre puntate sono ricorrenti anche le apparizioni di altri collaboratori di Elodie, tra cui il suo make-up artist Mr. Daniel, il suo hairstylist Andrea Soriga e Lorenzo Posocco, stylist di Dua Lipa e altre celebrità internazionali, che hanno curato tutti i look di Elodie per questa edizione di Sanremo.

Protagonista di “Sento ancora la vertigine” è sicuramente la musica; infatti, Elodie mostra agli spettatori come prendono vita le canzoni attraverso il lavoro in studio di registrazione, in collaborazione con produttori e autori e altri artisti, tra cui Elisa e Mahmood.

Nella serie sono presenti diversi brani tratti da “Ok. Respira”, quarto e nuovo album di Elodie, di cui vi abbiamo già parlato, uscito il 10 febbraio 2023, tra cui “Due”, “Vertigine” e “Mai più”.

L’album si è subito posizionato al quarto posto nella classifica FIMI degli album più venduti nella settimana 10-16 febbraio, mentre “Due” è il settimo singolo più ascoltato.

Articolo a cura di Davide Esposito

Lucia Colosio, dall’Italia al resto del mondo a passo di danza. La danza per passione, la danza come scelta di vita

Lucia Colosio, dall’Italia al resto del mondo a passo di danza

Lucia Colosio

La danza non è solo un’arte che descrive l’espressione di un movimento corporeo armonico scandito da un ritmo. È molto di più.

C’è la passione di chi studia questa disciplina, la tenacia di chi insegue un sogno e la sensibilità di chi cerca in questa forma d’arte la massima espressione di finezza ed eleganza.

Ci vuole uno spirito indomabile, un pizzico di fortuna e la giusta guida.

Lo sa bene Lucia Colosio, ballerina professionista, che ha sempre approcciato la danza come un lavoro, sin dalla tenera età, quando ha capito che nella vita avrebbe voluto fare solo una cosa: danzare.

Una passione innata, scoperta per caso a pochi anni ascoltando della musica in spiaggia. Qualche tempo dopo, guardando il Lago dei Cigni in televisione, si accende il fuoco della passione e chiede cosi alla famiglia di iscriverla ad una scuola di danza.

Dopo un periodo in una scuola di paese a Lovere, nella bergamasca, la giovane danzatrice prepara le audizioni per le accademie, approdando all’Accademia Russa di Bergamo, dove incontra Svetlana Pavlova, fondatrice della Pavlova Ballet School.

Lucia intraprende gli studi sotto la direzione della Pavlova, stella del Teatro Bolshoi di Mosca, iniziando subito a distinguersi per le sue doti e il suo talento.

La danza è soprattutto disciplina e in quegli anni la Colosio studia anche dieci ore al giorno, stimolata e incoraggiata dalla sua insegnante, puntando sempre in alto.

A discapito della vita sociale e tante rinunce, la futura stella si dedica interamente allo studio della danza, continuando contemporaneamente gli studi scolastici, consapevole dell’importanza della cultura per ben collocare le opere che studia nei giusti contesti storici e culturali.

Anni importantissimi, fatti di spettacoli e studi, durante i quali si perfeziona la tecnica e iniziano a delinearsi i contorni di una grande professionista.

Nel 2012 Lucia vince una borsa di studio a Pescara, nell’ambito di un importante concorso, che la porta nel 2013 a perfezionarsi presso il Teatro Bolshoi di Mosca.

Al rientro dalla Russia riceve una proposta di contratto lavorativo dalla Compagnia Nazionale Paganini del ballerino Raffaele Paganini, a Roma. A soli 18 anni Lucia si trasferisce a Roma, affrontando le difficoltà della vita lontano dalla famiglia, che l’ha sempre sostenuta sotto tutti i punti di vista negli anni della formazione.

Ci vuole una certa follia, una propensione all’avventura e tanto coraggio per affrontare l’ignoto, uniti alla voglia di imparare. Infatti, al lavoro in Compagnia, la giovane Lucia alterna altri due lavori per potersi mantenere in città.

Lucia Colosio, dall’Italia al resto del mondo a passo di danza 1
Lucia Colosio

Sacrifici che l’hanno temprata, ma che allo stesso tempo le hanno dato grandi soddisfazioni, diventando Prima Ballerina di Hauser dei 2Cellos nell’agosto del 2019 fino ad oggi, realizzando anche una clip musicale che ad oggi conta oltre 5 milioni di visualizzazioni sulla piattaforma YouTube.

Dopo varie audizioni a Roma e un’esperienza al National Theatre di Bejing, in Cina, la danzatrice intraprende tra gli anni 2016 e 2017 una nuova sfida presso il Balletto del Sud di Lecce.

Da li a poco la carriera dell’ormai étoile fiorisce del tutto in Cina, nel 2018, nel corso di una tournée di 33 giorni, durante la quale si è esibita in ben 55 spettacoli in tutto il Paese con Giselle, debuttando nel ruolo di Giselle al Teatro Nazionale di Shangai come principal l’8 dicembre dello stesso anno.

Sono molteplici e di alto livello le esperienze internazionali che seguono la tournée in Cina, tra cui esibizioni all’estero a Copenaghen, Anversa, Oslo e molte altre città europee, oltre che in centro-sud Italia in compagnie di tournée.

Il 2019 prosegue a New York, presso il New England Ballet Theatre, prima di trasferirsi a Londra, presso il Vienna Festival Ballet, fino allo scoppio della pandemia.

Il 2021 è invece l’anno di Romeo e Giulietta presso la Royal Albert Hall di Londra e della Polunin Ink Company, esperienza che Lucia definisce tra le più belle in assoluto della sua carriera.

Dal 2021 ad oggi Lucia lavora come ballerina professionista freelance, specialmente in Spagna, Francia, Inghilterra e Stati Uniti.

Ci vogliono lucidità di mente e forza di spirito per una professione cosi competitiva, dove la sensibilità necessaria per l’interpretazione deve invece sparire nel rapporto tra colleghi, a tratti inevitabilmente contaminato da invidie e gelosie.

La diversità è ricchezza. La Colosio sostiene che «è bello lavorare all’estero con colleghi provenienti da altri paesi. La competizione è genuina».

È infine felice degli obiettivi che si è preposta e che ha raggiunto in questi anni, lieta di poter ripagare con innumerevoli successi i sacrifici dei suoi genitori per farla studiare.

Oggi ambasciatrice della Merlet (azienda leader nella produzione di scarpe da punta, ndr), la stella della danza si sta preparando per importanti eventi a livello nazionale ed internazionale.

Occorre sognare per poter far sognare, ma i sogni si realizzano con la forza, con la testa sulle spalle e con un pizzico di pazzia.

Articolo a cura di Davide Esposito

Pochi giorni al via di Professione Cantante, un percorso di formazione esclusivo insieme ad alcuni dei più grandi professionisti della musica

Professione Cantante: aperte le iscrizioni Professione Cantante - Antonio Vandoni
Professione Cantante – Antonio Vandoni

Professione Cantante è una masterclass ideata per cantautori, interpreti, autori, producers e musicisti, allo scopo di imparare i segreti del mestiere con l’aiuto di professionisti del settore della musica.

Il percorso di formazione, della durata di sedici ore, è suddiviso in due giornate di attività e formazione, sempre nel weekend, per permettere a tutti di partecipare senza vincoli scolastici e lavorativi.

Professione Cantante è organizzato dall’Associazione Minuetto Mimì Sarà, che da anni organizza anche l’evento “Buon Compleanno Mia Martini”, giunto alla nona edizione.

“L’Associazione Minuetto Mimi Sarà nasce per tutelare il patrimonio artistico di Mia Martini e di tutta la famiglia e al tempo stesso per organizzare eventi che siano trampolino di lancio per giovani di talento.

Tutto questo nel ricordo della grandissima Mia Martini, che tanta gavetta ha dovuto fare prima di conquistarsi un posto di primissimo piano nel difficile mondo dello spettacolo”, sottolinea Leda Berté, sorella di Mia Martini.

Professione Cantante: aperte le iscrizioni 1
Associazione Minuetto Mimì Sarà – Logo

Tutti i partecipanti potranno presentare i loro brani ai docenti della masterclass, ricevere feedback e pareri sui propri brani, candidare i loro brani alla compilation “Professione Cantante” e molto altro.

Si tratta di un’occasione importante per coloro che intendendo imparare la professione di musicista e ambiscono a lavorare a tempo pieno nella musica, apprendendo tecniche e segreti di un mestiere molto competitivo.

I docenti della formazione sono Kikko Palmosi, produttore, arrangiatore e autore, l’Avv. Emanuele Trocino, esperto di diritto d’autore, Federica Camba, cantautrice, autrice e produttrice e Antonio Vandoni, direttore artistico-musicale di Radio Italia Solomusicaitaliana, che afferma:

“Anche il più bel brano, o il più bravo artista ha bisogno della promozione. Ogni artista è diverso dagli altri e ogni album dello stesso artista è diverso dal precedente e va promosso con una strategia unica.

Per essere bravi nella promozione bisogna essere un pochino pazzi. Studieremo strategie promozionali personalizzate, uniche, un po’ folli…”.

Antonio Vandoni ha curato la direzione artistica di centinaia di eventi musicali live, in Italia e nel mondo, tra cui “Radio Italia Live Il Concerto” in Piazza Duomo a Milano, a Palermo, a Malta, concerti alle Olimpiadi di Pechino e Londra, ai Campionati europei e mondiali di calcio in Germania, Sudafrica e in Brasile, dal 2006 ad oggi.

Professione Cantante: aperte le iscrizioni
Professione Cantante – Logo

Dopo una lunga carriera nella discografia, successivamente anche come opinionista musicale al Festival di Sanremo del 2005, Amici ed X Factor, è stato anche docente al Master della Comunicazione musicale all’Università Cattolica di Milano.

Cantare può essere solo una passione, oppure può diventare un lavoro, ma a fare la differenza, oltre al talento, è la formazione. Infatti, per entrare nel mondo della musica occorre capirne i meccanismi e le complesse dinamiche.

La formazione avrà come scopo, tra gli altri, anche quello di conoscere meglio gli aspetti legali per tutelarsi e agire con consapevolezza, come sottolinea l’Avv. Trocino:

“Sarà un confronto sulle regole che disciplinano le attività e gli interessi degli autori, compositori e interpreti, per meglio comprendere e valutare i diversi contratti proposti nel mondo dell’industria musicale, senza però perdere di vista che la buona riuscita di un prodotto artistico, spesso, dipende anche dalla capacità imprenditoriale dell’artista stesso”.

Gli esclusivi weekend di formazione si terranno a Milano, presso Casa Mia Martini e tutte le informazioni sono disponibili su www.professionecantante.com.

Articolo a cura di Davide Esposito

“Fanny” melodramma in due atti del musicista Francesco Muraca, il bisogno di scrivere un’opera lirica

Francesco Muraca: la passione per la musica
Francesco Muraca: la passione per la musica

Francesco, sei attualmente professore d’orchestra al Teatro alla Scala di Milano. Qual è il tuo ruolo?

«Sono percussionista stabile dell’orchestra».

Dove e quando nasce la passione per la musica? 

«Tutto ebbe inizio nella banda battente dei paesini della Presila in cui sono nato.

Successivamente intrapresi lo studio della batteria per poi immergermi nello studio delle percussioni classiche in conservatorio.

In quegli anni studiai privatamente pianoforte, direzione d’orchestra e composizione»

Dopo gli studi, come accennavi, ti sei trasferito a Milano. Una città che dà e che toglie allo stesso tempo. A te cos’ha dato?

«Milano ha fornito un forte stimolo ad immergermi in una realtà musicale molto ricca, inoltre mi ha permesso di rapportarmi con una vasta gamma di stimoli esterni, in modo tale da adottare correzioni del “tiro” molto più frequentemente. In altre parole: mi ha dato grande opportunità di crescita artistica».

Nonostante i molteplici impegni tra prove in Teatro e concerti hai avuto modo di pubblicare da poco un’opera intitolata “Fanny”. Il libretto è di Elisabetta Cattaneo. Da dove nasce l’esigenza di produrre un’opera? 

«Il bisogno di scrivere un’opera lirica nasce dal desiderio di mettere le mani negli ingranaggi di questo maestoso e affascinante strumento musicale chiamato orchestra.

Mi capita di svolgere attività direttoriale con orchestre e gruppi da camera, e questo è stato sicuramente un modo per approfondire con maggiore consapevolezza molti meccanismi che governano la “fisica” del tessuto di una composizione orchestrale».

Chi è Fanny?

«Fanny è una storia ispirata alle vicende di due giovani innamorati alle prese con il sacrificio di uno sforzo patriottico, Carlo Bonardi e Fanny Bettoni, patrioti bresciani realmente esistiti.

Il nostro melodramma si avvia a partire dal resoconto storico di Tonino Mazza».

Elisabetta Cattaneo, oltre ad essere la tua compagna nella vita, è anche la tua musa ispiratrice di quest’opera?

«Con Elisabetta abbiamo deciso di unire due nostre competenze in modo parallelo. Lei ha ispirato me ed io ho ispirato lei al fine di produrre qualcosa di artisticamente complesso ma allo stesso tempo estremamente appagante».

 

 

Qual è il messaggio di quest’opera e a chi è rivolta? 

«L’opera è forse una sottile provocazione ad una scuola operistica contemporanea che ha spostato completamente i criteri estetici (che a mio avviso sono tutt’altro che soggettivi, alcune piacevolezze sonore sono il risultato di configurazioni neurofisiologiche predeterminate) per prediligere una parossistica ricerca “sperimentale”, apprezzabile ma spesso troppo difficile da comprendere.

Il messaggio è rivolto a quel pubblico spesso “annoiato” dall’ esasperata sperimentazione dodecafonica contemporanea (spesso anche gli esecutori stessi mostrano insofferenza). Io credo, col rischio di essere etichettato come anacronistico, si possa ancora dare qualcosa mantenendo la relazione con una tradizione “neoromantica” e il contatto con la modernità dei nostri tempi».

Quali sono state le difficoltà nella produzione di quest’opera? 

«Il lavoro ha avuto un decorso piuttosto regolare, senza risparmiare qualche alterco con la librettista al fine di modellare bidirezionalmente l’assetto drammaturgico e la fraseologia sillabico-musicale. In altre parole, a volte la composizione si adattava alle parole, altre volte, per non perdere il senso di frase musicale, richiedevo dei cambiamenti sostanziali nel libretto. Un vero e proprio lavoro di squadra!».

Andy Warhol affermava che nel futuro chiunque sarebbe stato popolare per 15 minuti. I reality show danno molta visibilità ma il rischio, oltre a quello di inflazionare, è di cadere nel dimenticatoio. Un’opera è per sempre, ma come renderla popolare?

«In psicologia si descrive un fenomeno chiamato “mera esposizione”. La preferenza estetica degli esseri umani è generalmente rivolta a ciò che si rende familiare, e una prolungata esposizione può produrre effetti di familiarità e preferenza, che è quello che succede nella musica pop quando in radio veniamo bombardati dalle stesse canzoni per un periodo di tempo prolungato e come per magia, amiamo quei pezzi! Se il lavoro dovesse rientrare nelle preferenze estetiche del pubblico, sicuramente aiuterebbe una frequente esposizione a renderla magari popolare».

Avete intenzione di portarla in scena? 

«Al momento è stata pubblicata dalla casa editrice di Milano Wicky Music, e insieme al nostro editore Piero Michi sogniamo di stimolare l’interesse di qualche direzione artistica affinché venga messa in cartellone.

Sentire dal vivo il lavoro realizzato sarebbe davvero un sogno».

La Calabria è una terra meravigliosa, ricca di storia, arte cultura e tradizioni. Quanto questi luoghi hanno influenzato la tua produzione artistica, in particolare dell’ultima opera pubblicata?

«La Calabria è stata la terra che ha generato l’idea di realizzazione: era l’estate del 2020 ed eravamo in una località di mare nel tirreno cosentino…

È lì che quasi per scherzo è nata l’idea di mettersi in gioco e provare a scrivere un melodramma, mantenendo la tradizione della scuola verista italiana. Il lavoro poi è stato svolto completamente a Milano».

Il Festival di Sanremo è alle porte. La musica classica sembra così lontana dalle melodie pop. Quanto in realtà la musica classica influenza la produzione musicale pop?

«Più di quello che magari si pensa. Ogni tipo di musica è frutto di una assimilazione storico-culturale di ciò che c’era prima e la tendenza a creare ciò che non c’è ancora.

La musica pop conserva ancora oggi moltissimi meccanismi, magari evoluti e modernizzati, che hanno caratterizzato, seppur in una forma totalmente diversa, la musica classica di qualche secolo fa».

Francesco Muraca: la passione per la musica
Francesco Muraca

L’uomo ha sempre cercato il bello in tutte le arti. Perché la musica classica sembra “superata” e si preferisce andare ad un concerto pop? 

«Non credo sia superata la musica classica. È una musica che richiede a mio avviso lo sviluppo di una elevata capacità introspettiva, che solitamente è prerogativa di persone più avanti con l’età.

Recluta delle risorse interne che sono sensibili al discorso “classico” solo dopo un percorso di sviluppo.

Le persone non credo preferiscano la musica pop alla classica, hanno soltanto un accesso più istintivo e diretto alla musica pop, ma col giusto percorso educativo ed evolutivo, credo che chiunque sia potenzialmente in grado di appassionarsi alla cosiddetta musica colta. Anche gli stessi amanti del pop l’apprezzerebbero!».

Come si evolverà la musica classica nei prossimi decenni? Come tenerla viva? 

«Il nostro periodo storico tende ad indebolire a livello socioculturale lo scheletro che sostiene la diffusione della musica colta, ma credo anche che questa musica sia in possesso di un’intrinseca qualità formale capace di affascinare sempre l’uomo e che avrà modo di sopravvivere nei secoli, nonostante i numerosi sabotaggi da parte di una classe politica sempre più sorda».

Infine, qual è il consiglio che daresti ad un giovane che vuole diventare musicista? 

«Il mio consiglio è quello di non approcciare lo studio della musica con finalità materiali, quali possono essere la carriera, la fama ecc…

La musica è una severa disciplina terapeutica. Si fa perché si ama così com’è, si fa perché ci aiuta a vedere le cose in un altro modo, si fa perché rende liberi e disciplinati allo stesso tempo. Si fa perché è veramente qualcosa di magico e speciale. Poi viene tutto il resto…».

Articolo a cura di Davide Esposito

Enrico Casarini: la nuova edizione de “Il duetto Mina Battisti 1972”

“Il mitico duetto RAI Mina-Battisti attraverso le emozioni di chi c’era: dopo la prima edizione (2009) lo scorso settembre è tornato in libreria, aggiornato per il cinquantesimo anniversario, il volume dedicato allo storica esibizione di Teatro 10. Musica361 ha intervistato l’autore.

Come nasce la voglia di raccontare questo evento?

«Facendo il mio mestiere di “attempato” giornalista, occupandomi da anni di spettacolo (sorride). Agli inizi del 2000, rivisto per l’ennesima volta questo duetto in tv, mi sono chiesto: ma chi erano questi famosi “cinque amici da Milano” al seguito di Battisti? Da questa ricerca inevitabilmente sono emerse tante altre intriganti storie, gravitanti intorno alla data del 23 aprile 1972. Così ha preso forma la prima edizione».

 Cosa ti ha colpito di più scoprire?

«Che incredibilmente Teatro 10 fosse frutto di un sapiente montaggio di numeri registrati a tavolino da Antonello Falqui e non uno show in presa diretta. E soprattutto il fatto che, nonostante oggi venga ritenuto un prodotto di qualità, allora il programma fosse valutato dalla critica di quotidiani e settimanali già vecchio e paludato».

In quest’ultima edizione cosa c’è di nuovo rispetto alla precedente?

«Particolari preziosi, come il modello della batteria utilizzata da Dall’Aglio (sorride). La memoria collettiva inesorabilmente va svanendo e molti ricordi risultano vaghi, quando non contraddittori. Come quelli dei “cinque amici” circa il viaggio in treno per Roma, per alcuni con Battisti, secondo altri no. Il lavoro più difficile è stato intrecciare accuratamente parole e avvenimenti, senza invenzioni, aggiornando il libro con conferme o rettifiche. L’importante è che non ci siano errori, come avvalorato anche dal disponibilissimo Massimiliano Pani».

Massimiliano Pani: “Invidio chi ancora deve scoprire questo duetto”

Chi ti è mancato di più all’appello delle testimonianze?

«Mi sono limitato agli intervistati a disposizione, senza rimpianti. Da giornalista purtroppo so bene che, per tempi e spazi, è sempre difficile proporre qualcosa di definitivo. Sicuro che non avrei potuto parlare con Battisti non ho neppure mai ragionato su cosa domandargli. E Mina invece, oltre ad alcuni articoli su Vanity Fair, non credo abbia mai avuto interesse a commentare ulteriormente. D’altra parte lo stesso duetto era finito nel dimenticatoio fino all’onda di ritorno di trasmissioni come Techetecheté o gli speciali di Paolo Limiti».

Guardando questo duetto sfatiamo un mito: “Lucio Battisti non faceva concerti perché cantava male”.

«Battisti era un valido cantante dal vivo. Gabriele Lorenzi, suo capo orchestra in tournée con la Formula 3, mi ha assicurato persino che fosse un chitarrista eccezionale. Non virtuoso, ma decisamente competente. Da perfezionista era semmai frustrato dalle ridicole possibilità tecniche del tempo per le esibizioni live. D’altra parte anche i Beatles smisero di fare concerti per lo stesso motivo».

Enrico Casarini: Il duetto Mina Battisti 1972 Teatro 10 - book cover
Enrico Casarini: Il duetto Mina Battisti 1972 Teatro 10 – book cover

“Oggi credo che se Battisti avesse 40 anni, alla luce del progresso tecnologico a disposizione, probabilmente considererebbe l’idea di esibirsi anche negli stadi, tipo Vasco”

 Quasi tutti i “cinque amici” avevano lavorato all’album Umanamente Uomo, in uscita il giorno successivo al duetto: c’era una possibilità che quella formazione potesse suonare ancora dal vivo?

«Dopo il medley gli “amici” erano elettrizzati, ma quelli più vicini a Lucio già sapevano che non ci sarebbe stato un “dopo”. Come in Mina e Battisti la percezione che quello fosse stato un momento magari non eccezionalmente unico, ma irripetibile sì».

Dall’Aglio: “Dai Lucio, facciamo una tournée!”
E Battisti, laconico: “Le tournée le lascio a Gianni Morandi”

 Ai “cinque amici” il 18 aprile 1972 bastò registrare una sola take dal vivo, senza sovraincisioni. Quanto ha contribuito la confezione di Antonello Falqui nel consegnarci questo duetto?

«La grandezza di un maestro non sta solo in quello che fa, ma anche nel capire cosa non fare. Confidando nella grande donna di spettacolo che era Mina, ha avuto la sola intelligenza di piazzare telecamere e dire “fate voi”. L’unico suo tocco sta nella capacità di mostrarci questo duetto musicale esattamente come vorremmo vederlo. Unica pecca forse Lorenzi, rilegato nell’angolo a destra, il meno inquadrato».

Sui giornali dell’epoca se ne parlò poco e niente. Perché?

«Teatro 10 era un palcoscenico pazzesco – il duetto viene visto da più di 20 milioni di persone – ma la stampa, nell’Italia del 1972, riservava solo qualche curiosità agli spettacoli. La critica televisiva invece, di qualunque parte politica, interveniva solo se necessario e in maniera molto moraleggiante. E poi come si poteva prevedere che a breve entrambi i protagonisti sarebbero “scomparsi” dagli schermi? Vero che Battisti detestava tv e tournée, ma c’era ancora una speranza da parte del pubblico. Quello stesso pubblico ormai abituato a rivedere Mina persino quando sembrava fosse stata irrimediabilmente ostracizzata dalla Rai, anni prima. In più era nota la loro stima reciproca, eppure…di fatto non ci saranno mai più altre occasioni».

Enrico Casarini:
Enrico Casarini

Qual è la cifra di questa “scheggia televisiva”?

«Ogni capolavoro nasce semplicemente dalla qualità intrinseca degli artisti che ci lavorano: professionisti di talento e cuori creativi. Una lezione che oggi ha imparato bene in questo mestiere uno come Fiorello. E qui ci sono ben sette personaggi di grande caratura. Nell’era della musica liquida non trovo nulla di paragonabile, anche in termini di evento storico».

“Chi potrebbe fare oggi un duetto del genere? Direi sempre solo Mina e Battisti.
E sempre in quei sette od otto passaggi televisivi annuali”

La portata di questo duetto per le nuove generazioni?

«Storicamente immensa. Difficile però che venga largamente scoperto, goduto e quindi riconosciuto dalla grande massa di giovani ascoltatori “polverizzati” di quest’era, sempre più pigramente orientati a monogeneri di riferimento su piattaforme e radio. Oggi chi ascolta Blanco può benissimo vivere senza aver ascoltato Battisti o Mina, duetto compreso. Questo approccio sempre più tende a impigrire la nostra – uso volontariamente questa bella parola complicata – mitopoiesi (tendenza dello spirito umano a pensare o interpretare la realtà in termini mitologici). L’unica speranza? La voglia di ascoltare. O di leggere. Gli strumenti non mancano. E loro sono sempre lì, pronti a esibirsi per nuovi spettatori (sorride)».

Enrico Casarini presenterà il volume “Il Duetto Mina Battisti 1972 Teatro 10”
Giovedì 16 febbraio 2023 ore 18 alla Biblioteca Sormani di Milano

Articolo a cura di Luca Cecchelli

Marco Mengoni vince la 73esima edizione del Festival di Sanremo con “Due Vite”

Marco Mengoni vince con "Due Vite”
Marco Mengoni

A dieci anni dalla sua ultima partecipazione e vittoria al Festival di Sanremo con “L’Essenziale”, Marco Mengoni è il vincitore del 73° Festival della Musica Italiana, con il brano “Due Vite”.

Al secondo posto si posiziona Lazza con “Cenere”, seguito da Mr. Rain al terzo posto con “Supereroi”. Il quarto posto è per Ultimo e la sua “Alba”, seguito al quinto posto da Tananai con “Tango”, ultimo classificato nella scorsa edizione. Un riscatto importante per il giovane milanese che nell’ultimo anno ha ottenuto grandi successi.

La vittoria di Marco Mengoni ha tenuto gli italiani incollati allo schermo nonostante la proclamazione sia avvenuta quasi alle tre del mattino.

A distanza di un decennio dalla vittoria a Sanremo del 2013, Marco Mengoni affronta il timore del palcoscenico in modo diverso – come afferma lui stesso in un’intervista – con maggiore consapevolezza, forte anche dei successi che ha riscosso negli ultimi anni.

Un artista molto carismatico e sensibile, come è emerso nelle conferenze stampa durante la kermesse appena conclusa.

Nel corso della festa organizzata da Radio Italia Solomusicaitaliana, il vincitore della settantatreesima edizione del Festival ha versato la prima coppa di spumante per Lazza, secondo classificato, tendendo il calice in segno di stima.

Senza filtri né paure, Mengoni vince il Festival di Sanremo, dopo aver dominato incontrastato le classifiche provvisorie dell’intera settimana sanremese, aggiudicandosi il primo posto assoluto con Due Vite, a cui è andato anche il Premio Giancarlo Bigazzi, riconoscimento come migliore arrangiamento tra i brani in gara.

La canzone vincitrice è stata scritta dallo stesso Mengoni, insieme a Davide Petrella e Davide Simonetta.

Nel testo del brano si “parla di rapporti”, afferma l’artista, mettendo al centro la relazione più intima, quella con sè stessi, la quale si consolida grazie alle esperienze della vita, le cadute e i successi.

Un’artista che si riconosce per la sua emotività, Marco Mengoni, subito dopo esser stato proclamato vincitore, ha voluto spendere alcune parole per le artiste donne in gara che non sono si sono classificate tra le prime cinque posizioni, e dedica la sua vittoria alla famiglia, in particolar modo a sua madre, che da sempre lo sostiene.

Lazza, al secondo posto, ha ottenuto tanti successi la scorsa settimana, specialmente tra i giovani, scalando la classifica Fimi fino al primo posto per la 19esima settimana con l’album “Sirio”.

Marco Mengoni vince con "Due Vite” 1

Mr. Rain, alias Mattia Balardi, si aggiudica il terzo posto con “Supereroi”. Dopo aver raggiunto solo il 17esimo posto durante la prima votazione della sala stampa, il rapper scala la classifica, conquistando il pubblico grazie anche alla rappresentazione del brano con sette bambini in scena durante l’esibizione.

Imparare ad accettare ed accettarsi, mostrando le proprie insicurezze, con l’innocenza dei bambini e la maturità degli adulti. La forza dell’amore e dei sogni sono il motore per diventare supereroi anche davanti alle paure e alle sofferenze della vita.

La canzone vincitrice “Due vite” di Marco Mengoni, scritta dallo stesso assieme a Davide Petrella e Davide Simonetta, parla di rapporti, in particolar modo il rapporto con sè stessi, la nostra relazione più intima, la quale si costruisce via via grazie alle esperienze e alle vite della nostra esistenza.

Come di consueto, il vincitore del Festival di Sanremo rappresenterà l’Italia all’Eurovision Song contest, che si terrà a Liverpool nel mese di maggio. Mengoni ha già partecipato ad Eurovision nel 2013, classificandosi settimo.

Articolo a cura di Davide Esposito 

“Le Dolce Vita” a Sanremo. Un incontro di tre diverse voci: lirico, pop e sound

“Le Dolce Vita” a Sanremo

Le Dolce Vita sono tre giovani artiste unite dallo stesso amore per la musica e dalla stessa voglia di sperimentare un genere crossover che non teme né limiti né frontiere.

L’ideatore di questo progetto musicale è il produttore Tony Labriola, che negli anni ha lavorato con grandi nomi della musica in Italia e all’estero.

In collaborazione con Stefano Govoni nasce il primo brano inedito del trio: “Fili di Luce” Secondo posto al festival di Castrocaro 2017, RAI 1.

Le Dolce Vita si raccontano in un’intervista realizzata a Sanremo, tra le esperienze che hanno caratterizzato la loro carriera, i progetti futuri e i loro impegni nella Città dei Fiori.

Il trio si affaccia con successo in Sudamerica, con Discos Musart in Messico, Columbia e Venezuela, i brani Perdoname e Only Love di Tony Renis, che ha scelto le Dolce Vita per celebrare i 60 anni del celebre brano “Quando Quando Quando” (1962-2022).

Per questa ricorrenza è stato realizzato un prezioso vinile pubblicato in poche copie numerate.

Il trio è costituito da tre giovani professioniste molto diverse tra loro, ma con la stessa passione per la musica.

Jade Tripaldi, aka Je, nata nel ravennate, è la voce rock del gruppo. Prima di entrare nel trio, partecipa a numerose kermesse, tra cui la terza edizione del contest Giulietta Loves Romeo (ideata dal maestro Angelo Valsiglio) ed Emozioni Live, con Mogol e Beppe Vessicchio

Durante l’apertura di un concerto di Rocco Hunt e Noemi, Jade riceve la proposta dalla Nada Mas Edizioni di entrare a far parte del gruppo Le Dolce Vita.

Giada Mercandelli, bresciana, ha collaborato nel corso della sua carriera con molti cantanti italiani, tra cui Marco Masini, Ivana Spagna e Laura Bono.

Mina è la sua cantante preferita e proprio dall’entourage della “tigre di Cremona” Giada viene contattata per lo spot pubblicitario di una nota marca italiana, realizzando così un suo grande sogno.

Cantante e attrice teatrale, Giada partecipa come cantante/attrice protagonista a due musical in lingua italiana ed inglese in Irlanda (“Iamo” e “The Story of Love), promossi dalla Santa Sede e dall’ambasciata italiana a Dublino.

Martina Barano, invece, è la voce lirica del trioIn giovane età scopre la passione per il canto, prediligendo il genere pop e crossover.

Avvicinatasi alla musica anche con lo studio del pianoforte e del flauto traverso, partecipa a molteplici concorsi canori, classificandosi al primo posto in numerose competizioni nazionali ed internazionali.

Giada, Martina e Jade, da poco tornate in Italia dopo una tournée in Romania, si raccontano ai microfoni di Musica361.

Articolo a cura di Davide Esposito 

Tananai ci riprova. E ci riesce con Tango, il racconto di un amore a distanza di una coppia separati dalla guerra

Tananai ci riprova. E ci riesce con Tango
Tananai a Sanremo

L’applauso in sala stampa e il quinto posto nella classifica generale del 9 febbraio. L’ultimo posto, quest’anno, sarà di qualcun altro.

Tananai cerca il riscatto ad un anno dalla sua prima partecipazione al festival di Sanremo. Tango piace, Tananai è rincorso dai fan che lo attendono a pochi passi dall’hotel.

Alberto Cotta Ramusino, in arte Tananai, da “Sesso occasionale” all’ultimo posto al Festival di Sanremo un anno fa, scala la classifica provvisoria durante la seconda serata della 73ª edizione del Festival di Sanremo con una ballad travolgente. Racconta di un amore a distanza, e piace.

Tananai ora fa sul serio. Con una poetica propria ed efficace che lo contraddistingue, “Tango” è struggente, così come lo è il videoclip ufficiale del brano, uscito ieri, diretto da Olmo Parenti per la produzione di A THING BY.

L’amore a distanza nel videoclip racconta, in modo doloroso e bruciante, la storia vera di una coppia ucraina divisa dal conflitto, iniziato proprio un anno fa, ma che non deve farcene dimenticare.

Tananai ci riprova. E ci riesce con Tango Sanremo 2023
Tananai Sanremo 2023

Olga e Maxim, i protagonisti del video, sono due ragazzi di 35 anni provenienti da Smolino, una cittadina in Ucraina nella provincia di Kirovohrag, insieme hanno una figlia di 14 anni.

L’umanità, l’amore straziante, passa attraverso le immagini girate dai protagonisti stessi con il loro cellulare e inviate l’uno all’altra raccontano nel video la nuova realtà della coppia, separata dalla guerra.

Maxim è un militare e combatte al fronte fin da febbraio 2022. Olga e la figlia Liza sono scappate in Italia il 28 marzo 2022, circa un mese dopo l’inizio dell’invasione russa.

Arrivate in Italia hanno passato qualche giorno nelle strutture statali di prima accoglienza ma dopo poco hanno dovuto cercarsi una stanza dove stare, trovando ospitalità nella casa di un signore Italiano nel quartiere Isola di Milano.

Tananai ci riprova. E ci riesce con Tango
Olga e Maxim

Le sofferenze e le vicende dei protagonisti del brano sono più che mai attuali, in un mondo dove nemmeno l’amore può splendere alla luce del sole.

Articolo a cura di Davide Esposito 

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