“Musica è” si propone l’obiettivo di scoprire e promuovere voci e volti nuovi nell’ambito della musica leggera italiana
Il contest è aperto a Cantautori, Interpreti, Rapper, Band, Autori. I vincitori vengono presentati alle selezioni di Sanremo Giovani.
Musica è nasce da un’idea di giovani ed esperti artisti nel campo musicale italiano. La voglia di trasmettere questa passione ai giovani per un eventuale obiettivo lavorativo ha portato alla realizzazione di questa kermesse.
A tale scopo il nucleo centrale del Progetto consiste negli Stage proposti ai partecipanti e tenuti da alcuni tra i più importanti nomi del mondo discografico italiano.
Gli Stage, parte integrante e principale del Format di Musica è, fanno sì che la kermesse diventi una sorta di Accademia per i partecipanti, piuttosto che di un semplice Concorso Canoro. Musica è istituisce a tal fine una commissione artistica composta da nomi di rilievo del panorama italiano sia in ambito musicale che manageriale.
Si potrà partecipare, attestando il versamento della quota d’iscrizione, alle Audizioni di Selezione preliminare, che si svolgeranno tra la seconda metà del mese di Aprile e il mese di Luglio 2021 in streaming, tramite piattaforma Zoom con la Commissione Artistica di Musica è.
Musica è vuole creare le premesse per diventare un punto di riferimento nei confronti di nuovi talenti della canzone italiana. Tramite un gruppo di lavoro formato da musicisti, autori e arrangiatori, il vincitore del concorso avrà la possibilità di essere preparato per affrontare il mondo professionistico della musica pop italiana.
In questi anni si sono succeduti sulle cattedre di Musica è grandi protagonisti del panorama discografico italiano, nonché rappresentanti di case discografiche quali Warner Music Italia, Universal Italia, Emi, BMG Italia.
Tra questi: Alessio Bernabei, Piero Romitelli, Rory Di Benedetto, Valeria Romitelli, Alice Paba, Matteo Becucci, Pietro Napolano, Giuseppe Anastasi, Bungaro, Tosca, Gradi Di Michele, Franco Fasano, Nino Buonocore, Daniele Groff, Massimo Calabrese, Carlotta, Paola Folli Vincenzo Incenzo.
Sul palco di Musica è si sono esibiti in qualità di ospiti artisti provenienti dai maggiori Talent televisivi
(Amici, X Factor, The Voice Of Italy). Tra questi Giada Agasucci (Amici), Alice Paba (The Voice of Italy), Rosario Canale (Amici), Luca Tudisca(Amici), Daniele Coletta (X
Factor), Gregorio Rega (The Voice of Italy) , Samantha Discolpa (Amici), Silvia Aprile (X Factor), Antonio Marino X Factor/The Voice of Italy).
Tra i vincitori o partecipanti a Musica ètroviamo alcuni Artisti che dopo la loro presenza al Concorso hanno avuto una piccola o grande occasione in importanti trasmissioni televisive.
Primo fra tutti Alessio Bernabei (Premio “Miglior Cantautore” 2013) che, dopo aver presentato il suo primo singolo in italiano “Anima Gemella”, proprio a Musica è è entrato proprio con quel brano ad “Amici”, iniziando la sua brillante carriera e partecipando poi a ben tre edizioni del “Festival di Sanremo (2015, 2016, 2017) e tornando graditissimo giudice a Musica èdal 2017.
Poi un discreto successo lo ha avuto anche Alice Paba (terza classificata a Musica è 2014), che dopo una breve apparizione ad ”Amici”, ha vinto “The Voice Of Italy” 2016, partecipando successivamente in coppia con Nesli al “Festival di Sanremo 2017”. Anche Alice è tornata a calcare il palco di Musica èprima come ospite nel 2017 e nel 2018 anche come Giudice.
Anche il nostro Vocal Coach per tante edizioni Antonio Marino, che aveva già partecipato alla prima edizione di “X Factor”, nel 2018 ha raggiunto la Semifinale di “The Voice of Italy”.
Ecco altri Artisti che vantano una partecipazione a vari Talent, dopo la loro partecipazione a Musica è:
Gregorio Rega “The Voice Of Italy” 2015, Jennifer Vargas “The Voice Of Italy” 2016, Cristina Cascone “The Voice Of Italy” 2016, “Amici Casting 2017”, Mirco Pio Coniglio “The Voice Of Italy” 2018, Marica Fortugno “The Voice Of Italy” 2018, Asja Cresci “The Voice Of Italy”
2018, Ylenia Aquilone “The Voice Of Italy” 2018, Simone Leonardi “Amici Casting 2018”, Alessandro Piscitella “The Winner is” Ed. 2017, Mirko Algieri “The Winner is” Ed. 2017, Iza & Sara “Tu si que vales”, Ella Finalista a Castrocaro 2012, Luca Micheletti Finalista a Castrocaro 2014, Simona Meda Finalista a Castrocaro 2015, Lucia Golemi Finalista a Castrocaro 2016.
Etichette discografiche indipendenti: il grande passo
Per ottenere una risposta positiva dalle label, il brano vi deve rispecchiare intimamente perché solo così potrete dimostrare la vostra unicità
Il tentativo è forte. Spesso, nonostante la buona volontà delle label indipendenti, molti artisti rimangono appesi al filo dell’attesa.
In una prima fase inizia lo sconforto misto alla sensazione che dall’altra parte della mail cui si è inviato il proprio demo ci sia il classico muro di gomma.
Molto spesso, l’artista debuttante, uso questo termine perché non amo particolarmente la parola emergente, inizia a pensare che il brano presentato non sia piaciuto.
A questo punto scatta l’ulteriore step, quello in cui l’egocentrismo dell’artista vince su tutto e che, spesso, lo porta a pensare che i suoi interlocutori non capiscano nulla di musica perché non sono in grado di apprezzare il brano proposto.
A dar man forte a questa convinzione sono il gradimento già ottenuto dalla ristretta cerchia di amici e collaboratori che hanno portato alla realizzazione del brano.
In realtà il meccanismo di selezione da parte delle label, seppur indipendenti, si basa su logiche ferree che devono tener conto, innanzitutto, del rientro economico dell’investimento che si apprestano a fare ma non solo.
Molto spesso il brano non rientra in quello che potremmo definire lo stile della label piuttosto che il genere. Uno stile che è caratterizzato dalle scelte editoriali ma, ancor prima, dal sound che rende la label stessa riconoscibile.
Etichette discografiche indipendenti: il grande passo
Lo stesso meccanismo di selezione, inoltre, tiene conto della richiesta dell’artista. Mi spiego: inviare un brano già definitivo piuttosto che in versione demo, ma questo lo analizzeremo dopo, accompagnato dalla richiesta della produzione di un album di 10-12 brani o anche solo di un EP di 6 brani, perché questo è il progetto dell’artista, non è assolutamente conveniente.
Le label indipendenti, proprio perché tali, preferiscono accompagnare il processo di crescita dell’artista che decidono di far entrare nel loro roster.
Preferiscono seguire il progetto con il meccanismo del “work in progress” anche perché oggi il mercato discografico è mutato rispetto al passato.
Già, il solito passato che torna fuori, quello in cui l’artista realizzava un album che era messo in vendita grazie al supporto fisico e dal quale, nei primi mesi di vita del prodotto, erano estratti i singoli da promozionare direttamente anche attraverso i passaggi radiofonici.
Oggi, invece, i player digitali che si occupano della “prima distribuzione” lavorano sui singoli e non sempre, discograficamente parlando, i vari singoli del medesimo artista che vengono proposti all’interno delle varie playlist sfociano in un album.
Di fatto, aver realizzato nella propria carriera un solo brano, purtroppo e al di là della qualità del brano, non vuol dire automaticamente che l’artista sia in grado di sviluppare una narrazione più organica, un’omogeneità di stile tale da far intravedere la potenzialità di un progetto più complesso.
Etichette discografiche indipendenti: il grande passo
Rimane, inoltre, la grande incognita rappresentata dallo “state of art” del brano. Oggi, soprattutto grazie agli home studio, che spesso sono realizzati con un semplice pc e un’interfaccia audio, mettono a disposizioni librerie che contengono decina di migliaia di suoni, spesso di media qualità.
È sicuramente eccitante per l’artista riempire le molteplici tracce che si trova a disposizione di tutti gli strumenti della libreria realizzando, troppo spesso, un muro compatto di suoni mediocri che crea una pesante sovrastruttura al brano.
Parlavamo di stile, qualche riga fa, e tutto ciò può cozzare con quello della label cui stiamo proponendo il brano precludendo parte del suo lavoro.
Peraltro nessuno mette in dubbio le vostre capacità autorali, sia per quanto riguarda il testo sia per quanto riguarda lo sviluppo melodico del brano ma ciò non significa che in voi ci sia anche l’arte di arrangiare e, comunque, che siate voi il miglior arrangiatore per vostre creazioni.
Il tentativo è forte, soprattutto quando ci s’ispira ad un movimento musicale ben preciso, ma il rischio è quello che la qualità intrinseca del vostro brano cali drasticamente e risulti, per così dire, déjà entendu, ossia già ascoltato.
Etichette discografiche indipendenti: il grande passo
Un brano che sembra troppo uguale ad altri, magari brani mainstream che hanno centinaia di migliaia di ascolti, deve combattere due volte con il mercato: la prima è per convincere qualcuno a produrlo e la seconda perché è costretto ad entrare in un’arena piena di contendenti che
hanno già occupato la fascia di mercato che, nonostante si sviluppi su piattaforme virtuali, non è infinita e assai poco remunerativa sia per l’artista sia per la label che ha investito in lui.
Meglio, quindi, un classico demo voce e pianoforte, piuttosto che chitarra o beat, o un brano già arrangiato e finito? La risposta non esiste ma per ottenere, invece, una risposta positiva delle label, il brano vi deve rispecchiare intimamente perché solo così potrete dimostrare la vostra unicità.
E l’unicità, è evidente, vi rende unico quindi interessante. E spesso sono proprio le cose semplici, in un universo musicale costruito su 64 tracce, sono quelle che risultano essere interessanti.
Articolo a cura di Roberto Greco
On Air 361: Tiziana Iannarelli di Rai Radio Live
Tiziana Iannarelli: “Dieci Passi Nella Storia” su Rai Radio Live
Fermo una settimana senza tappe, senza mete ma con tanti progetti da riordinare. È tempo di rimettersi in moto e quindi di riprendere il mio viaggio tra le Radio Italiane.
Questa volta non chiederò autostop, non prenderò bus e nemmeno bici, voglio camminare.
Farò mia una frase di Nietzsche “Tutti i più grandi pensieri sono concepiti mentre si cammina” e nel mio cammino so già che incontrerò una forza della natura di speaker, una donna che vive di cammino, Tiziana Iannarelli di Rai Radio Live.
Incontro Tiziana dopo qualche giorno di sue passeggiate nella natura e alla domanda “come stai?” mi risponde “benissimo”. Ah, che vita meravigliosa.
Tiziana grazie infinite per questa chiacchierata.
Grazie a te Lorenzo e grazie per la disponibilità.
Partiamo subito e quindi ti dico: Rai Radio Live Eheh Rai Radio Live è la Radio per la quale lavoro. È tra le 12 radio Rai ed è una Radio digitale.
Fantastico! E il tuo programma su Rai Radio Live è Dieci Passi Nella Storia
Ebbene sì Lorenzo. Abbiamo appena concluso la quinta stagione andata in onda sia il venerdì sia la domenica e siamo pronti per la sesta stagione che partirà a settembre.
Dieci Passi Nella Storia. Di quali argomenti tratti?
Racconto i cammini d’Italia e dei camminatori. Si promuove il territorio d’Italia meno conosciuto e camminando si camminano aree depresse dal turismo.
Com’è nata l’idea di una trasmissione sui cammini? Ho sempre avuto la passione dei cammini. Sin da bambina ho sempre utilizzato il cammino per spostarmi. Ho preso parte alla valorizzazione e al recupero di alcuni sentieri bellici storici. Quando c’è stata l’opportunità di presentare un progetto in radio, ho messo lo zaino in spalla e camminando con il mio cane “Apailana” ho trovato la risposta e quindi ho pensato di raccontare il turismo lento.
Una risposta che è stata vincente
Si. Il programma è stato un azzardo ma è piaciuto molto al Responsabile Rai Radio Live, Fabrizio Casinelli. Dovevano essere 10 puntate ma in queste 5 stagioni ho raccontato le storie di 350 camminatori, pellegrini e 60 cammini.
Tiziana fammi sognare con un cammino che hai raccontato
Il Cammino nelle Terre Mutate. Ideato nelle aree terremotate, si cammina da Fabriano all’Aquila.
È un cammino molto importante che attraversa zone meravigliose terremotate. È importante per la micro economia perché molte strutture si sono organizzate in funzione dei camminatori. Per i terremotati vedere un viandante con lo zaino in spalla per quelle strade è un segno di speranza.
Ma immagino ce ne siano tanti altri
Certo. Il Sentiero Italia CAI, Il Cammino di San Benedetto, Il Sentiero del Brigante. I cammini che raccontiamo partono da 100km in più. Cammini organizzati e riconosciuti dal Ministero del turismo. Sono quelli che hanno guide cartacee, mappe gps e che prevedono anche settimane di cammino.
I camminatori sono tuoi ospiti telefonici? Non solo Lorenzo, a volte li raggiungo durante il loro cammino, a volte sono telefonici.
Vogliamoricordare alcuni camminatori che hai intervistato? Ma certo. Elia Origoni, Francesco Lanzino che ha camminato con 2 mule ed 1 asinella e Valeria Masala che dopo un gravissimo incidente non ha mollato e piano piano sta tornando con piccoli cammini.
Tiziana ma non dimentichiamo la musica giusto? Assolutamente no. Il mio hastag è #camminarerock e la musica che ascolti da noi è Rock anni 80/90/2000.
Non finirei mai questa intervista. MOMENTO MARKETTA. Perché ascoltare Dieci Passi Nella Storia? Perché raccontiamo l’Italia meno conosciuta, quella più autentica. La facciamo conoscere dai racconti di chi la vive. Diamo voce a quei sentieri che nel periodo di chiusura sono stati salvifici. In più nel nostro programma sono presenti consigli utili per chi vuole iniziare a camminare, per chi vuole preparare un lungo cammino.
Ed ora zaino in spalla e via per sentieri, pronto a portarvi a conoscere nuovi speaker e nuove radio. Grazie Tiziana, energia pura e fonte di nuove scoperte.
Non solo talent: Concorso Internazionale Musica Sacra
Una grande occasione per far emergere i futuri talenti della lirica
Il Concorso Internazionale “Musica Sacra” 2021, il più grande concorso al mondo dedicato ai giovani cantanti solisti di musica sacra, è alla ricerca di ben otto nuovi talenti da premiare e far debuttare nel progetto europeo “Let’s Sing Oratorio Music!”.
Oramai giunto alla XVI edizione, il concorso è una grande occasione per far emergere i futuri talenti della lirica, avendo avviato alla carriera 180 sconosciuti di talento che adesso si esibiscono regolarmente nei più grandi teatri italiani ed europei.
L’edizione 2021 è dedicata alla selezione del doppio cast solistico per la messa in scena dello spettacolo “A Promised Land” basato su arie e cori tratti dagli oratori di Handel principalmente dal “Messiah” e da “Israel in Egypt”.
I ruoli a premio del Concorso Internazionale Musica Sacra 2021 sono:
Soprani o Sopranisti
Mezzosoprani, Contralti o Controtenori
Tenori
Baritoni, Basso-Baritoni o Bassi
Il Concorso Musica Sacra 2021 si terrà con formula mista: online per l’Eliminatoria tramite l’invio di un video entro il 30 giugno 2021 e live a Roma per Semifinali e Finale con il Concerto di Gala dal 15 al 18 settembre 2021.
I premi del concorso consistono in Borse di studio per un totale di € 10.000,00, offerte dai Partner del progetto europeo “Let’s Sing Oratorio Music!”.
Per gli 8 vincitori ci saranno inoltre Coppe e Diplomi, workshop gratuiti e rimborsi dei viaggi e dei soggiorni per tutte le attività e gli spettacoli che saranno realizzati nel 2022 in Italia, Repubblica Ceca, Romania e Grecia.
Concorso Internazionale Musica Sacra
La Giuria del Concorso Internazionale Musica Sacra 2021 è formata da tre tra i massimi esponenti delle Accademie Liriche di perfezionamento d’Italia oltre che dai responsabili artistici del progetto europeo Let’s Sing Oratorio Music:
Gianni Tangucci – Coordinatore Artistico Accademia del Maggio Musicale Fiorentino
Vincenzo De Vivo – Direttore Artistico Accademia Lirica di Osimo e Direttore Artistico Stagione Lirica Fondazione Teatro Le Muse di Ancona
Eleonora Pacetti – Responsabile Young Artist Program – Teatro dell’Opera di Roma
Ilja Racek – Sovrintendente Teatro di Opava (Slezské divadlo Opava – Repubblica Ceca)
Ludek Golat – Regista Lirico e Consulente Teatro di Opava (Slezské divadlo Opava – Repubblica Ceca)
Fabrizio Da Ros – Direttore d’Orchestra degli spettacoli Let’s Sing Oratorio Music in Rep. Ceca e Italia
Nikos Efhtimiadis – Direttore d’Orchestra e Presidente della Federazione Panellenica dei Cori e dei Direttori di Cori (Grecia)
Pavel Ionescu Ambrosie – Direttore Artistico della Filarmonica Mihai Jora di Bacau (Romania)
Daniela de Marco – Fondatore e Direttore Artistico Concorso Internazionale Musica Sacra
Il Concorso Internazionale Musica Sacra ha ottenuto molteplici e prestigiosi patrocini, concessi considerata la valenza internazionale e culturale della manifestazione.
Concorso Internazionale Musica Sacra
Tra questi il Patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, delle Ambasciate di Germania, Grecia, Romania, Spagna, Armenia, Belgio, Finlandia, Lettonia e Slovacchia presso l’Italia e le Ambasciate di Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Slovenia e Svizzera presso la Santa Sede.
Tutte le fasi live saranno trasmesse in mondovisione in modo da permetterne la partecipazione del pubblico anche da remoto tramite TV, Radio e Social.
Le semifinali, che si svolgeranno nella Chiesa di Santa Maria dei Miracoli a Piazza del Popolo, saranno trasmesse in streaming su Maria TV e sui social del concorso.
La Finale, in forma di Concerto di Gala che si terrà nella Basilica SS. Apostoli sarà trasmessa su Tele Pace e su Radio Vaticana e sarà condotta dall’attore Vincenzo Bocciarelli.
Il Concorso Internazionale Musica Sacra è parte del progetto “Let’s Sing Oratorio Music!” che ha vinto il Programma Europa Creativa della Commissione Europea.
Let’s Sing Oratorio Music, mira a far conoscere il genere musicale dell’Oratorio tra i ragazzi europei mediante la produzione di spettacoli dedicati ai giovanissimi.
Il Concorso Musica Sacra è la selezione internazionale per trovare i protagonisti di tali spettacoli che si terranno in 4 Nazioni. In Italia si proporrà “La Creazione” di Haydn il 22 e 24 ottobre al Teatro Rendano di Cosenza a favore dei bambini della Provincia bruzia.
Tutto ciò è stato possibile grazie al partenariato con il Comune di Cosenza e con il Conservatorio S. Giacomantonio di Cosenza e grazie a numerose altre realtà del territorio.
Fotografo “sincero” (come le sue fotografie). Il fotografo e l’uomo che ha fatto della fotografia, la sua vita
Maurizio D’Avanzo è un uomo che ha fatto della fotografia la propria vita. Nessuno studio, nessuna accademia, ma solo un fuoco sacro, una passione che non gli lascia scelta. Un bambino con una macchina fotografica come compagna, un ragazzino che, invece di desiderare il motorino, va alla ricerca nelle botteghe dell’usato, di una nuova macchina per realizzare quello che sa essere il suo “mandato” nel mondo. Oggi, Maurizio è un fotografo di grande esperienza, che in trent’anni di carriera ha fotografato chiunque ci venga in mente del mondo dello spettacolo. Nonostante il meritato successo, quello che colpisce di lui, è l’uomo.
Maurizio è come i suoi ritratti e nella nostra piacevole chiacchierata, mi è subito chiaro il perché tante star del cinema e dello spettacolo, abbiano riposto in lui questa fiducia: limpido e sincero, come le sue fotografie, non ama le finzioni come i trucchi estremi da post-produzione, sa essere un amico di cui fidarsi ed affidarsi, quello che non tradisce e sa raccontare rispettandola, la vita di ognuno. Lavora da anni durante kermesse come il Festival di Sanremo (dal ’79), Miss Italia, il Taormina Film Festival e il Festival di Venezia, solo per citarne alcuni, ma parlando con lui, nonostante la brillante carriera, mi sorprende la sua umanità e quello slancio, ancora intatto, che da bambino non gli ha lasciato scampo.
La fotografia è la tua vita?
Assolutamente: l’ho capito da ragazzino, non avevo ancora il motorino, quando andavo per hobby, a scattare per un quotidiano. Prima le partitelle di calcio e poi la cronaca a La Spezia, la mia città natale. In seguito, cominciai a lavorare per i settimanali, una tra tutte La Versilia, ai tempi d’oro della Bussola, La Capannina, dove cantava Mina e dove ho cominciato a fare questo tipo di lavoro. Se cerco di andare indietro nei ricordi, mi rivedo con la macchina fotografica in mano, tanto che mi viene da pensare di esserci nato. Andavo a caccia nei negozietti dell’usato, di macchinette per risparmiare. Poi, l’occasione giusta di un lavoro in un’agenzia di Roma, poi Milano poi definitivamente a Roma dove mi sono stabilito, innamorato e sposato, ho fatto la mia casa, ho messo radici.
Come hai coltivato questa passione?
Sono autodidatta, un fotografo della strada. Tutto quello che sono diventato, lo devo a questo fuoco sacro che mi brucia dentro
che con l’esperienza e la passione, mi hanno fatto crescere professionalmente. Chiunque oggi, con la tecnologia che si ha a disposizione, può fare fotografie: scatti che si possono rivedere immediatamente, scegliere o rifare all’infinito. Una volta non era così e solo in camera oscura, ti rendevi conto se avevi colto quello che stavi cercando. I miei genitori all’inizio non mi hanno appoggiato, anche se venni a sapere che mio padre, un uomo tutto d’un pezzo, mostrava orgoglioso le mie fotografie. Lui aveva un’azienda e per me, sarebbe stato ovvio e semplice seguirne le orme.
Qual è la fotografia che hai scelto?
Ho scelto la fotografia ritrattista giornalistica.
Mi piacciono i ritratti e la vita dei personaggi, dove cerco di entrare rispettandone i confini, il loro privato.
È fondamentale la confidenza e la fiducia assoluta, perché una fotografia può raccontare il giusto, ma anche distruggere, fare male.
Ho visto e sentito cose, che devono essere custodite e tenute lontano da occhi e orecchie indiscrete. Tra me e la mia fotografia, non ci sono discrepanze o separazioni: chi sceglie di essere ritratto da me, sa che non sarà travisata la sua immagine.
Ci sono momenti o persone che hanno segnato il tuo percorso artistico?
Devo essere sincero, chi mi ha dato una grande mano, è stato qualche direttore che ha visto in me la potenzialità fidandosi e affidandosi. Sono partito da zero, senza conoscenze o entrature. La determinazione e la voglia di fare, accompagnata alla mia serietà, alla schiettezza dei miei scatti che tracciavano anche un identikit del mio modo di pormi, è valsa molto di più. Il mio vero biglietto da visita, sono stato io.
Rimpianti?
Non credo sia un rimpianto, ma una di quelle “sliding doors” che talvolta ci si prospettano. Collaboravo con un giornale argentino Caras, viaggiavo in tutta Europa con grandi soddisfazioni e l’opportunità di fare servizi fantastici e ben pagati. Mi chiamavano ovunque e quando aprirono la testata anche in Brasile, mi proposero di andare ad istruire i fotografi a Rio De Janeiro. Non me la sono sentita: ero appena sposato e ho scelto la famiglia. Ogni tanto ci penso e so che probabilmente, avrei fatto tutt’altra vita. Nessun rimpianto, perché, sono dove voglio stare e sono felice di avere scelto mia moglie e la nostra vita.
Quando guardi nell’obbiettivo, cosa cerchi?
Quando scatto, se è un lavoro per un settimanale, cerco lo spunto giusto per la loro linea editoriale. Se lo faccio per me, cerco l’anima, cercando di comprenderla a fondo, mettendoci anche qualcosa di mio. Per scelta, non ho mai fatto nudi, che ritengo essere molto intimi, riservati. Non è nel mio sentire, sarebbe una forzatura. Le mie foto sono pulite, come il rapporto che cerco di instaurare. Il mio è un lavoro delicato, che non può prescindere dal rispetto: nel mio obiettivo ci sono persone, le loro storie, le loro fragilità. Devo poter ritrarre quello che sono, con onestà e coerenza, per loro e anche per me stesso.
Se ad essere fotografato, sei tu, come reagisci?
Sono in imbarazzo, se devo me la faccio fare, ma il personaggio non sono io. Io sono il fotografo dei personaggi, ad ognuno il suo ruolo.
Che viaggio ci fai fare con le tue fotografie?
Un viaggio tra le bellezze e la positività.
Io sono convinto che ci sia sempre rimedio a tutto. Amo il bello. Non sopporto l’arroganza, la maleducazione. Nessuno mi ha mai regalato nulla, ho costruito tutto con fatica, con serietà. Le mie fotografie raccontano persone, ma anche la mia vita di uomo e di fotografo che si è fatto da solo e che ha fatto della fotografia la sua vita.
Se dovessi definirti come fotografo, cosa diresti di te?
Che sono un amico, uno che non tradirebbe mai la fiducia di nessuno.
È facile, nel mio lavoro, venire a conoscenza di fatti privati, ma bisogna saper custodire i segreti, il privato altrui. Un rapporto deve essere costruito affidandosi e fidandosi. Si può fare anche il fotografo di gossip, ma questo non ci dà licenza “di uccidere” e di utilizzare la cattiveria.
La post-produzione giornalistica, non la concepisco. Sono sincero e credo che si veda anche nelle mie fotografie.
Sei il fotografo dei vip e nell’ambiente dello spettacolo, probabilmente hai fotografato tutti. C’è qualcuno che ha lasciato maggiormente il segno?
Quelli che mi hanno trasmesso sensazioni forti e indelebili sono il Dalai Lama che seguii per tre giorni a Palermo e poi, il grande Valentino, nel suo studio. Il bello del mio lavoro è che ognuno mi trasmette sempre qualcosa che mi rimane addosso e mi porto via. Ogni anno faccio Miss Italia e tutte, mi regalano emozioni: la loro allegria, la timidezza, l’ansia per un’esperienza del tutto nuova e inaspettata. Anche Sanremo che seguo dal ’79, pensa ben 42 anni!
Maurizio grazie del tempo che mi hai dedicato; spero che questo ritratto rispecchi il tuo essere, la tua cristallina sincerità. Voglio chiederti un’ultima cosa: cosa diresti a quel ragazzino che invece del motorino, comprava macchine fotografiche?
Se una cosa la vuoi fare, falla, con convinzione.
I momenti bui ci sono per tutti, ma bisogna superare la paura e…compralo il motorino!
Articolo a cura di Paola Ferro
Dentro la canzone: Enrico Capuano “Viva”
Enrico Capuano: Un Cuore nuovo che batte a ritmo di musica
Il capostipite del folk rock canta in “Viva” la sua gratitudine e l’amore per la vita. Alla fine è sempre una questione di cuore.
Inteso come organo di forma più o meno triangolare e dai cui battiti dipendono le nostre vite, ma anche come sentimento. Quella passione cioè con cui dovremmo prenderci cura di ogni particolare e, ancor più, di ogni singolo essere vivente.
Fare le cose senza cuore, del resto, significa alterare il risultato delle azioni stesse portando a casa un compito, magari ben eseguito, ma asettico e privo di complicità con la nostra anima.
Dentro la canzone: Enrico Capuano “Viva”
Lo sa bene Enrico Capuano, considerato il capostipite del folk rock, una vita trascorsa sul palco (girando letteralmente il mondo) ed una seconda avuta in dono a seguito di un trapianto di cuore che gli ha permesso di riprendere con la musica da dove era rimasto, e al tempo stesso sensibilizzare sull’importanza di donare gli organi.
Nasce così “Viva” un brano che trasuda energia e vitalità pur affrontando un tema personale e delicato. Per una luce che si spenge se ne può accendere un’altra, grazie al dono più grande che ci sia, quello della vita.
A quante edizioni del Concertone del 1° Maggio hai partecipato?
Dal 2002 al 2014 a ben 11 edizioni più tre presentate in anteprima nel pomeriggio.
Per altro si tratta di due emozioni totalmente diverse perché suonando c’è il rapporto diretto con il pubblico, anche quello forbito di musica per cui entrano in gioco elementi come il groove, il ritmo e il ballo; condurre un evento implica una grande responsabilità, si devono rispettare i tempi, sempre scanditi, e le cose da dire.
Cosa è la Tammurriatarock?
Nell’80 ho avuto l’idea di unire l’amore per la musica etnica e le tradizioni popolari e quello per il rock (sono cresciuto col mito di Jimmy Hendrix, Beatles, Deep Purple). Mixando tutto insieme, e strizzando l’occhio al cantautorato, è uscita fuori la Tammurriatarock, ovvero il folk rock italiano che ha come basic la tarantella che io considero il nostro blues.
Quindi sei veramente un pioniere.
In effetti si, tanto che inizialmente mi guardavano con sospetto anche se la prima tarantella rock della storia è il brano “È festa” della PFM.
Come sei arrivato al trapianto di cuore del 2016?
Nel 2014 partecipavo ad un Festival in Irpinia e ho perso i sensi mentre cantavo, sono stato salvato dalle scariche elettriche. Fu un chiaro campanello d’allarme: il mio cuore era malato ed io dovevo subire un trapianto. Un’attesa di due anni, per ovvie ragioni di compatibilità tra donatore e ricevente, durante i quali riuscivo a malapena a salire le scale e suonavo soltanto nei pressi di Roma. In quel periodo mi capitò di fare lo stesso sogno per due notti consecutive che ancora oggi ricordo nitidamente, mi trovavo in un posto non ben definito e c’era una ragazza con capelli biondi e ricci.
Poi un giorno mi hanno chiamato perché c’era un cuore compatibile. L’intervento fu praticamente immediato. Mi trovavo in sala operatoria, prima di addormentarmi, e ricordo di aver sentito che quello era il cuore di una ragazza. Quando mi sono risvegliato ho pensato subito a lei ed è nata “Viva”.
Come definiresti questa canzone?
Intanto non vuole essere una canzone strappalacrime, piuttosto intende parlare della vita con impegno e ringraziare questo angelo custode che mi accompagna ogni sera sui palchi.
Quale è l’obiettivo di “Viva”?
Raccontare un mondo che ha le sue cose belle ma anche le sue ingiustizie, il dono che ho ricevuto non le nasconde ma a maggior ragione bisogna vivere e gridare “Viva la vita”. Non c’è bisogno di essere eroi, ognuno di noi può impegnarsi a dare un minimo contributo per migliorare la realtà circostante.
Quindi da una parte c’è l’impegno a cambiare le cose che non funzionano e dall’altra c’è una forte senso di gratitudine verso questa persona che mi salvato.
Può essere anche un monito a volerci più bene?
Certamente. Andiamo sempre di fretta e invece bisognerebbe fermarci a toccarci le mani, a guardare il cielo ed apprezzare anche le piccole cose nel tentativo di migliorare noi stessi e ciò che ci circonda. “Viva” contiene un messaggio positivo, il vero senso della vita è il sorriso, è l’amore come valore rivoluzionario, la musica, lo stare insieme.
Ti sei mai sentito diverso dopo il trapianto?
Sono diventato molto più sensibile, mi commuovo più facilmente di prima.
Come incentivare alla donazione?
Dal sangue agli organi la donazione deve diventare un fatto culturale, soprattutto per i più giovani. Lo stimolo dovrebbe partire dalle scuole e da persone che per esperienza diretta possono farsi portavoce in termini di sensibilizzazione. Io a esempio sono testimonial dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi).
Articolo a cura di Sara Chiarei
Etichette discografiche indipendenti: New Music International
New Music International “artigiani della musica”
New Music International è casa discografica e casa editrice fondata negli anni ’80 che ha dato un grande contributo al mercato della dance e della musica latina nel corso degli anni ’90, creando successi internazionali che ancora oggi sono conosciuti ed apprezzati.
Nel loro sito, c’è una frase di Friedrich Nietzsche: “Senza musica la vita sarebbe un errore.” Ne abbiamo parlato con Monica, figlia di Pippo Landro, founder della label, che all’interno di NMI si è sempre occupata di promozione.
Quando nasce NMI?
New Music International nasce nel 1986. La fonda Pippo Landro, mio padre. Si tratta di un percorso spontaneo che arriva a completare il suo percorso personale.
Arrivava da un percorso come musicista e cantante nei Gens, un gruppo degli anni ’70 e dall’apertura di un negozio di dischi, il “Bazar di Pippo”.
Attorno al negozio, e a lui, nasce un gruppo d’intenditori e appassionati. Da lì l’apertura di “New Music International” è stata, come ti dicevo, spontanea.
All’inizio NMI è stata anche un distributore e, così com’era già successo con “Il Bazar di Pippo”, distribuivamo musicassette, 45 giri e long playing in tutta Italia.
Quali sono i primi artisti che NMI ha prodotto?
Le prime produzioni sono state intercontinentali, con artisti che provenivano dagli States, hanno riguardato artisti che ancora oggi sono noti. Parlo di Gloria Gaynor, Sister Sledge, Black Machine e di altre produzioni di dance internazionale.
Pippo Landro ha sempre avuto la passione per i cosiddetti “balli di gruppo”, strumento d’intrattenimento e di socialità e questo l’ha portato a occuparsi e produrre la “latin dance” con, ad esempio, i Los Locos e Cecilia Gayle.
Quali sono i servizi che offrite oggi ai vostri artisti?
Quello che cerchiamo di fare è mediare tra la tradizionale attività di produzione, in studio, durante la fase di registrazione del prodotto musicale anche con il supporto di producer, turnisti e autori spesso con il contributo diretto di Pippo e l’attività di promozione più contemporanea, supportando direttamente l’artista nelle varie fasi che permettono di conoscere e diffondere la sua musica, ovviamente utilizzando anche gli strumenti tecnologici e i player digitali che oggi sono fondamentali.
Abbiamo, ad esempio, un canale Youtube ben organizzato e molto seguito. Cerchiamo anche, quando possibile, di promuovere anche direttamente le serate dei nostri artisti. Quest’attività, ovviamente, risente direttamente del peso della pandemia.
Avete uno studio di registrazione di riferimento?
Pippo Landro appartiene alla cosiddetta vecchia scuola. Collaboriamo con diversi studi perché, come dice Pippo, ci sono lo studio giusto e il fonico giusto per ogni diverso sound.
Per i videoclip, invece, come vi siete organizzati?
Noi, come label, abbiamo vissuto il periodo di Videomusic prima e di MTV poi quindi siamo sempre stati sensibili alla produzione dei videoclip dei brani dei nostri artisti.
Certo che, rispetto alle scelte del passato, oggi il videoclip è prodotto subito, in contemporanea con il brano mentre una volta veniva realizzato per consolidare una presenza in un mercato in cui il brano era già ben posizionato.
Con l’avvento delle radio-visioni, fenomeno che ritengo molto interessante, il videoclip è diventato lo strumento principe per la fruizione della musica.
Com’è andata durante la pandemia?
Abbiamo attraversato diverse fasi. Durante il primo lockdown abbiamo vissuto un primo momento di paura.
Per quello che riguarda NMI devo dirti che, proprio in quel periodo, abbiamo pensato se fosse il caso di produrre e promuovere la musica che, tipicamente, rappresentava divertimento e convivialità.
Abbiamo cercato, allora, di non essere fuori luogo e abbiamo prodotto brani, per così dire, più soft, preferendo i brani che potessero essere di supporto al grande clima di dolore che avvolgeva l’Italia e non solo.
In quel periodo, ad esempio, abbiamo prodotto musica più ambient e produzioni che non sembrassero sopra le righe, tra queste quelle di Miss Dag, nome d’arte di Dagmar Segbers, cantante e songwriter di origine Tedesco-Olandese da anni residente in Italia.
Nei periodi successivi abbiamo ripreso le produzioni tipiche di NMI sempre con il limite che le discoteche sono rimaste chiuse. In quest’ultimo periodo abbiamo ripreso, per così dire, a regime.
Punte di diamante del vostro roster per questo 2021?
In questo momento sono attivi diversi progetti. Inizierei da “Mamasa”, un brano di Tate’ Nsongan, cantante camerunense che ha suonato e collaborato con grandi Artisti come Miriam Makeba, Manu Chao, Ivano Fossati, Inti Illimani e tantissimi altri portando in giro per il Mondo la cultura e tradizione della Musica Africana.
È stato realizzato da Roby Giordana e DJ Jump. Un ballo di gruppo allegro il cui testo, però, è denso di contenuti che parlano di uguaglianza, fratellanza e che pome la musica come elemento di comunione sociale.
Altro progetto interessante è quello di Andrea Crimi, che ha realizzato un album ispirato al libro di Simone Di Matteo, “L’amore dietro ogni cosa”. Tredici tracce per tredici capitoli che hanno portato alla realizzazione di un album i cui testi sono scritti da Simone Di Matteo e Simone Pozzati mentre le musiche sono di Andrea Crimi.
Si tratta quindi di un autenticoconcept albumin cui ogni canzone ha la sua storia e ogni storia la sua canzone, e tutte insieme contribuiscono a comunicare il messaggio originarioche si cela dietro il libro.
Uscirà inoltre a breve il nuovo inedito di Miss Dag e un altro progetto interessante è quello di Over2Over. Si tratta di un progetto internazionale che sta riscuotendo un grande successo in tutto il mondo. Continuiamo a muoverci a 360° all’interno della musica.
Come acquisite i nuovi artisti?
Si fa sempre meno scouting, purtroppo. Oggi riceviamo la nuove proposte tramite una mail dedicata, mp3@newmusic.it ma, normalmente, in NMI arrivano direttamente i produttori che ci propongono i diversi progetti.
Dopo oltre trent’anni, qual è il vostro sogno?
Abbiamo sempre prodotto poche band. Abbiamo prodotto, a suo tempo, i Modà e oggi mi piacerebbe avere un gruppo musicale che mette al primo posto la musica.
Ti faccio un esempio: i Negramaro, un gruppo solido forte sia dal punto di vista compositivo sia dal punto di vista musicale, senza le sovrastrutture che appartengono più al marketing che non alla musica.
NMI vuole continuare a essere “artigiano della musica” e produrre una band potente, che abbia storie da raccontare potrebbe essere una bella sfida che accetteremmo volentieri.
Monica, un’ultima battuta. Quando eri bambina che mestiere volevi fare da grande?
(ride, ndr) C’è stato un periodo in cui Pippo faceva anche il DJ, oltre che il musicista. In quel momento era qualcosa che mi sarebbe piaciuto fare.
Ho avuto una grande passione per il teatro, ho sognato di poter fare l’attrice ma, devo confessarti, sono molto soddisfatta non solo per ciò che faccio oggi ma anche per tutto il mio percorso. Amo stare dietro le quinte e questo lavoro mi ha dato moltissime gratificazioni.
Articolo a cura di Roberto Greco
Vassily Sortino: “Renzo Arbore e la rivoluzione gentile”
Omaggio a Renzo Arbore: la storia di un artista che cambiato il modo di fare radio e televisione in Italia
S’intitola “Renzo Arbore e la rivoluzione gentile” ed è la biografia scientifica del poliedrico artista di origini foggiane. L’ha scritto Vassily Sortino, giornalista che si occupa di spettacolo per il quotidiano “la Repubblica” e che vive e lavora a Palermo.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente e ci siamo fatti raccontare i perchè di questo suo lavoro.
Lei è relativamente giovane, quando ha iniziato a seguire, televisivamente o musicalmente parlando, Renzo Arbore?
«Fin da bambino. Io sono nato nel 1980 e appartengo a una delle ultime generazioni che dai genitori era gentilmente invitata ad andare a letto presto la sera.
Però, non so spiegarmi il perché, mia madre e mio padre, tutte le sere che, anche a ora tarda, questo signore che si chiamava Renzo Arbore, che nella mia testa da “piccolo” ho associato da sempre alla trasgressione.
Certo, gli altri bambini ridevano per Nino Frassica. Ma io già mi sentivo “avanti” e superiore. Guardavo il migliore e lo sentivo mitico: Renzo Arbore».
Quando è invece maturata la scelta di raccontarlo attraverso una biografia scientifica?
Il libro “Renzo Arbore e la rivoluzione gentile”, disponibile nelle librerie, nei portali online e su Amazon, è il figlio naturale ed evoluto della mia tesi di laurea del 2004 – io sono un laureato in Scienze della Comunicazione – dove dimostravo scientificamente come quest’uomo ha cambiato il modo di fare radio e fare televisione in Italia e di approcciarsi alla musica degli italiani.
Un lavoro che l’Università degli studi di Palermo ha giudicato negativamente, dopo che mi hanno fatto laureare in giornalismo, classificandolo come “eccessivamente giornalistico”.
Una tipica stranezza del mondo chiuso del “baronato”. In compenso, a distanza di parecchi anni dalla laurea, sono l’unico del mio corso che giornalista ci è rimasto. Ed è rimasto anche Renzo Arbore. Avevo ragione io.»
Quando vi siete invece conosciuti personalmente e soprattutto, quando gli ha detto che stava scrivendo la sua biografia?
Personalmente ci siamo conosciuti nel 2002, durante la mia fase di “ricerca” intorno alla figura di Renzo Arbore. Quando ha saputo che trattavo di lui mi ha detto “Ma io sono ancora vivo”, poi mi ha nominato suo “agiografo”, perché spesso, sostiene “Tu ricordi cose che io ho vissuto e che ho dimenticato”.
Una medaglia sul campo. Il rapporto è continuato nei 20 anni successivi. E’ nata una buona amicizia tra un uomo che non ha mai avuto nipoti diretti e uno giornalista che non ha mai avuto un nonno maschio con cui potersi confidare».
Nei lunghi anni di ricerca, ha mai pensato di buttare la spugna? Mi spiego meglio. Nello scrivere la biografia di un personaggio vivente e in continua attività, come nel caso del suo lavoro su Arbore, alla fine si deve tener conto del presente che è in continua evoluzione. Ha mai pensato che il suo fosse un lavoro senza fine?
«Proprio per non incorrere in questo rischio, la biografia si limita a incentrarsi su alcuni programmi radiofonici e televisivi e anche alcune tappe dell’Arbore musicista.
Le più importanti. La summa completa si trova in una specifica area che riassume le azioni più recenti dell’Arbore pensiero. Certo, se mi fossi occupato di Pippo Baudo o di Carlo Conti, sarebbe stato tutto più complicato, ma meno credibile».
E poi è arrivato il momento di far leggere la bozza del suo libro a Renzo Arbore. Ansia?
No. Ha approvato tutto e io ero certo di ciò che avevo scritto. A lui bruciano un po’ certe critiche di Red Ronnie o di Alberto Abruzzese, che classifica come “frutto di gelosia”, ma non mi ha fatto cancellare nulla.
Proprio sul libro si è sviluppato uno “scazzo” tra Dario Salvatori e Red Ronnie, narrato anche su Dagospia. Mi sono limitato a osservare la cosa da lettore».
Perché “rivoluzione gentile” nel titolo del suo libro?
Perché i grandi cambiamenti che ha portato Renzo nel panorama mediatico italiano sono il risultato di una operazione fatta non gridando e mai volgare.
Nello specifico mi sono ispirato alle parola di un pontefice, Papa Giovanni XIII, che sosteneva che “Le grandi rivoluzioni non si fanno con la violenza, il terrore e l’odio, ma col sorriso, l’allegria e la gentilezza”. E nessuno meglio di Renzo Arbore ha saputo fare suo questo messaggio»
Qual è la cosa che riguarda Arbore che ha scoperto e che l’ha più meravigliata durante la sua fase di ricerca?
Il suo essere un sincero “bambino” che ha sempre mantenuto uno sguardo di meraviglia nei confronti di tutto quello che lo circonda, dalle cose alle persone»
Ha deciso di tacere qualche aspetto del personaggio che ha raccontato o ha deciso che il racconto doveva essere terzo e imparziale?
Il racconto è totale e sfido chiunque a confutarlo. Non mancano anche interventi di critici o esponenti del mondo musicale che condannano l’opera arboriana. Dell’uomo e artista Arbore ne ho raccontato ogni aspetto»
Arbore conduttore e autore radiofonico, conduttore e autore televisivo, musicista, intellettuale e innovatore. Qual è l’aspetto che ama di più di Renzo Arbore?
Tutte queste cose sono collegate al fatto d’essere un improvvisatore. Una tecnica che lui ha mutuato dalle jam session del jazz e che non porta avanti con casualità e poca professionalità, ma con una tecnica precisa incentrata sul non fare mai annoiare il suo “bambino interiore” e di conseguenza il pubblico.
Ci racconta due degli aneddoti meno noti che riguardano Renzo Arbore?
Il primo: Lui colleziona di tutto, basta che sia colorato. La sua casa privata è arredata da tanti piccoli oggetti, che chiama “strunzatine”, che sono parte integrante del suo mondo.
Spesso ama dire che non teme che gli possano entrare i ladri in casa, perché tutto quelle cose prese nell’insieme hanno un valore. Da sole valgono molto poco.
In realtà tutta l’oggettistica arboriana, ma anche il mio libro, faranno parte di un museo permanente la cui costruzione è in corso a Foggia, completamente dedicata all’universo arboriano.
Il secondo: Lui ama tanto mangiare, ma anche cucinare per gli amici. Spesso, quando li invita a cena, la mattina presto parte da Roma con l’areo per raggiungere Palermo e con la sporta fa un giro dei mercati tipo Ballarò, compra il pesce, la carne e la frutta fresca e poco dopo ora di pranzo è già ripartito verso Roma dove preparerà la cena per gli amici con i prodotti provenienti dalla Sicilia»
In realtà no. Tutti quelli di cui avevo bisogno sono stati identificati e raggiunti. Certo, ci sono voluti quasi 20 anni per fare bene tutto. Se proprio vogliamo trovare qualcuno che non mi ha voluto parlare, penso a Caterina Caselli, che mi ha fatto pervenire un “no, grazie” dalla sua segreteria.
Idem Adriano Celentano, che mi ha respinto tramite lo staff della moglie Claudia Mori. Poi c’è Umberto Eco, che sosteneva che la mia visione arboriana era una “perdita di tempo”. Diciamola tutta. Quelli gentili come Renzo Arbore mi hanno detto di sì e hanno risposto con entusiasmo. Tutti gli altri si sono perduti nel loro ego».
Dica la verità: Arbore è stato veramente un innovatore illuminato e lungimirante o era invece un provocatore che ha travolto regole e linguaggio?
Per capire l’intera summa arboriana bisogna identificare il suo lavoro più rivoluzionario, che è stato “L’altra domenica”. Quella è stata una cesura tra il prima e il dopo del mezzo televisivo e non solo.
L’altra domenica è stata il primo contenitore televisivo della domenica pomeriggio, un anno prima di Domenica in; è stato il primo programma tv a colori della storia della tv italiana.
L’altra domenica è stato il primo programma a introdurre il quiz telefonico in tv e a ricevere la prima parolaccia in diretta dal pubblico e il primo programma tv con delle Drag Queen, le famose Sorelle bandiera.
Tutti questi esempi mostrano quanto Arbore sia stato innovatore. Se fosse stato un provocatore in Rai non lo avrebbero mai fatto lavorare»
Senza dubbio il lavoro su questo libro ha occupato parte della sua vita. Pensa di far uscire un “sequel” per continuare a raccontare tutto quello che Arbore ha continuato a fare dalla chiusura in stampa del libro a oggi?
Il testo sarà aggiornato. Nella realtà ho il desiderio di scrivere altre biografie. Ma non di famosi. Il migliore l’ho già affrontato. Ma biografie di gente comune che vorrebbe raccontare la propria storia e lasciarla ai posteri. Perché quella di ognuno di tutti noi è una bellissima storia.
Un’ultima domanda, dottor Sortino. Nei suoi progetti c’è un nuovo lavoro? Di chi le piacerebbe scrivere una biografia?
Ho scritto questa biografia proprio perché mancava un lavoro completo su Renzo Arbore nel panorama letterario. Mi piacerebbe tornare a scrivere di un’altra persona di cui nessuno si è accorto che non esiste alcuna biografia o storia di vita. Si chiama Paola Cortellesi.
Se lo vorrà sono a sua completa disposizione per scrivere tutto entro i suoi 50 anni. Ne mancano ancora tre. Altrimenti, se seguiranno le mie orme, ci penseranno i miei figli, che ancora non ho, quando la signora compirà settanta o ottanta anni».
Articolo a cura di Roberto Greco
Musica a Teatro: Harry e Yuri il teatro/canzone
Harry e Yuri, nel nome di Federico Salvatore
Federico Salvatore non ha bisogno di presentazioni. Il cantautore performer napoletano è stranoto, soprattutto dopo le sue ospitate presso il Maurizio Costanzo Show e le sue partecipazioni a Sanremo. Ha al suo attivo anche due dischi di platino. Le sue “canzoni” ironiche, graffianti, sono cabaret, avanspettacolo, racconti…insomma teatro.
Ma non è lui che ho il piacere intervistare oggi. Differentemente dal solito voglio presentare ben due giovani, che a Federico si rifanno come nume tutelare, come maestro artistico. Yuri è suo figlio, Harry è un suo figlioccio d’arte. Cominciamo da Harry.
Perché hai scelto il nome d’arte di Harry?
Io mi chiamo Eros, ma è mia madre e i miei amici più intimi che mi chiamano così da sempre. Credo che l’amicizia sia molto importante…Mi è sembrato di buon augurio
Mi racconti i tuoi inizi nel mondo dello spettacolo?
A sei anni ho iniziato a suonare il pianoforte, ma due anni dopo ho imbracciato la chitarra, che è diventata il mio strumento privilegiato. Il primo approccio con il teatro l’ho avuto invece alle elementari, quando una prof mi assegnò il ruolo di Luca in “Natale in casa Cupiello” del maestro De Filippo.
Dopo ho avuto l’occasione di recitare in diversi musical, grazie anche all’aiuto di un mio angelo custode “Giusy Mezzaner”, che nel 2015 mi scelse per il ruolo di angelo in “C’era una volta scugnizzi”, presentato alla sua scuola di ballo, la “Passional Dance di Poggiomarino”. Con lei ho partecipato a 7 musical e a diversi eventi.
Da cosa nasce la tua passione per Federico Salvatore? I tuoi spettacoli si ispirano a lui…
Per un caso fortunato. A sedici anni mi trovo a cantare in un locale uno dei suoi brani più fortunati: “Azz”. La stessa sera conosco la persona che poi diventerà il mio manager, fonico e produttore: Giuseppe Santiago. E poi ho l’onore di conoscere personalmente il maestro, che apprezza il mio lavoro…il resto è venuto di conseguenza.
Dal teatro e dal musical sei approdato quindi al cabaret…
Diciamo che volevo un genere che unisse la mia passione per la musica e per il teatro…il teatro/canzone era il genere perfetto. La comicità poi ce l’ho nel sangue. Ecco, quindi ora il mio spettacolo. “AZZ!”
Ti vedi come nuovo esponente di quel genere che una volta era l’avanspettacolo? E oltre a Federico Salvatore ti ispiri ad altri?
Ho sempre seguito gli esponenti dell’avanspettacolo, nonostante la mia giovane età. Mi sento un po’ “fuori da quest’epoca”, diciamo. Miei modelli d’ispirazione sono senz’altro Totò, Eduardo, ma anche Troisi, Salemme e Gli Squallor.
Ma Federico Salvatore è il tuo riferimento principale.
Certamente. Perché mi piace chi dice le cose come stanno, chi è sempre rimasto sé stesso. Non è il solito artista. È un uomo vero, davvero e lo ammiro, sono “io”, ci sono affinità profonde.
E così nasce il tuo spettacolo. Testi e canzoni sue…
Certo. Sono su tutti i social, e da poco è uscita la mia prima cover “Ninna Nanna”, disponibile su youtube. E sono pronto per portare in giro il mio spettacolo in tutti i locali e in qualsiasi evento. Ogni canzone è introdotta da uno sketch
Prossimamente cosa vedremo in rete?
Il prossimo video sarà “Nun pozzo parlà”, ribattezzata “Donna Amà”.
Veniamo a Yuri, musicista, attore, che ha arrangiato i brani di Harry.
Come hai conosciuto Harry?
È stato nel 2018, quando una conoscente mi disse che c’era un ragazzo totalmente “impazzito” per mio padre, e lo vorrebbe conoscere.
Io sono molto severo in genere nei confronti di chi interpreta le cover di papà, perché ritengo che siano talmente intime e personali che siano davvero difficili da replicare.
Quando invece ho sentito Harry mi colpì il suo personalizzarle. Non imitava, insomma. Le rendeva sue. Ci siamo quindi sentiti, sembrava anzi che potessimo fare una serata insieme, cosa che non si è verificata per un improvviso impedimento mio.
Hai collaborato quindi come arrangiatore
Come arrangiatore mi sono molto divertito. Ho collaborato per un paio, finora, di basi musicali di questo suo progetto. Io opto per la semplicità. È stata una bella cosa, divertente per entrambi. Intanto auguro ad Harry di studiare e perfezionarsi sempre più
Il tuo rapporto con il teatro?
Il mio rapporto con il teatro è molto confidenziale. Sono cresciuto con un modello, quello del teatro Napoletano.
Credo che il teatro sia il posto più sicuro quando trovi una sorta di tristezza quotidiana. Infatti le parole di Eduardo: Il teatro è il disperato sforzo di un uomo di dare un senso alla vita, è la mia frase chiave.
Ho fatto teatro nel 2013, con la mia prima band musicale, dove cantavo due brani ed ero il tastierista: “The sound of the angels”.
Ho fatto due anni in radio, promuovevo musica di artisti emergenti. La musica c’è sempre stata perché mentre mio padre e mia madre cantavano io…nascevo…
Ma fai anche audiofiction, vero?
Infatti. Alla musica poi ho abbinato il progetto della compagnia audiovisiva. Per il mio problema visivo, con cui sono nato, io vedo attraverso le voci. Riconosco nel timbro di voce la persona. Se ascolto una voce che mi trasmette delle sensazioni, alla fine non ho delusioni.
Vedo con il “terzo” occhio, insomma. Le mie lotte anche sociali vengono anche da questo dono. Raccolgo voci e con la mia compagnia “Le voci di dentro” mettiamo in scena delle audiofiction.
Di progetti ne ho tantissimi. Voglio percorrere la mia strada da indipendente, essendo il manager di me stesso. Ci tengo ad aggiungere che in questi mesi oltre portare avanti “Le voci di dentro” sto lavorando a una fusione musicale che tocca la musica russa e ucraina miscelata con suoni antichi napoletani.
È anche un omaggio alla musica napoletana che in questo periodo secondo me non sta passando un bel periodo. Vorrei coinvolgere artisti russi e ucraini. Ti terrò informato
Extraliscio, il loro “Punk da balera” ora è un film
Gli Extraliscio nella rassegna de “La Milanesiana”.
E’ cominciata ieri, 13 giugno, con un concerto di Enrico Ruggeri a Sondrio, la rassegna La Milanesiana. La cultura, dalla musica alla letteratura, saranno al centro della scena fino al 6 agosto coinvolgendo tantissime città italiane. E da oggi, nella kermesse, ci sarà anche un po’ dell’ultimo Festival di Sanremo. Arriva infatti un nuovo incredibile progetto con gli Extraliscio.
Un mix affascinante di radici musicali, ricordi ed emozioni del passato, contaminazioni con chitarre noise, l’elettronica, il rock, il pop in un’esplosione di suoni, ironia e libertà. Tutto questo è una bellissima storia/documentario dedicata alla musica della Romagna che diventa così universale:
“EXTRALISCIO – PUNK DA BALERA. Si ballerà finché entra la luce dell’alba” è il nuovo film di Elisabetta Sgarbi, nelle sale dal 14 al 16 giugno.
L’uscita rientra nel programma della ventiduesima edizione deLa Milanesiana, ideata e diretta dalla stessa Sgarbi.
Tra i protagonisti del film, oltre a Mirco Mariani, Moreno Il Biondo e Mauro Ferrara, troveremo degli ospiti davvero speciali. Tra questi Biagio Antonacci, Orietta Berti, Francesco Bianconi, Vasco Brondi, Roberta Cappelletti, Riccarda Casadei, Lorenzo Cherubini Jovanotti, Elio e Lodo Guenzi.
La pellicola racconta il gruppo degli Extraliscio e il loro percorso.
Circa cinque anni fa Moreno il Biondo, leggendario capo orchestra negli anni ’90 di Casadei, star del liscio e delle balere, principe del clarinetto, incontra Mirco Mariani, sperimentatore di suoni, compositore raffinato, conoscitore e collezionista unico di strumenti antichi e rari. Così, sotto i buoni auspici di Riccarda Casadei (figlia di Secondo), i due musicisti, di formazione così diversa, ma accomunati dall’amore e dalla dedizione assoluta alla musica, fondano gli Extraliscio. Non poteva mancare, nella formazione originale, la voce di Romagna mia nel mondo, l’Alain Delon della Romagna, Mauro Ferrara.
Dunque, la tradizione del liscio romagnolo, quello vero, quello che “si balla finché non entra la luce dell’alba”, finché la gente ha voglia di ballare, incontra suoni e luoghi nuovi, incrocia traiettorie impensabili, dalla musica elettronica, al rock, al pop. E il folklore romagnolo si apre a nuovi orizzonti, e la Romagna incontra il mondo.
Ermanno Cavazzoni – straordinario scrittore emiliano, autore di il Poema dei lunatici, da cui Federico Fellini ha tratto il suo ultimo film, La voce della luna – è la voce narrante del film, e segue, con le sue movenze stralunate, il viaggio degli Extraliscio dalle origini del liscio ad oggi.
La verve trascinante di una band unica aggiunge poesia, umanità e passione al racconto, che è già valso alla regista il Premio Siae per il talento creativo ed il premio FICE a Mantova, dopo esser stato presentato in anteprima alla 77ª Mostra del Cinema di Venezia.
La band sarà in tour in tutta Italia dal 26 giugno con “È BELLO PERDERSI – TOUR D’ITALIE”, un concerto imprevedibile e fuori dagli schemi.
Tutti coloro che comprano un biglietto per il cinema possono usufruire di uno sconto per assistere a una tappa del tour.
Mirco Mariani, Moreno Conficconi e Mauro Ferrara presenteranno, per la prima volta live, le canzoni del loro nuovo album lanciato a Sanremo qualche mese fa: ad accompagnarli nel tour ci saranno Alfredo Nuti (chitarra e basso), Enrico Milli (tromba e fisarmonica), Roberto Forti (batteria) e Fiorenzo Tassinari (sassofono).
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