Salento All Stars: “L’era del cigno bianco”, nuovo album per il collettivo musicale salentino

 

Salento All Stars: “L’era del cigno bianco”
Salento All Stars: “L’era del cigno bianco” – cover

Lo scorso 2 febbraio è uscito “L’era del cigno bianco”, il nuovo album dei “Salento All Stars”. Non una band ma un collettivo musicale e nelle dieci tracce dell’album spiccano le partecipazioni di numerosi musicisti salentini e non solo: da Michele Riondino & Revolving Bridge a Mama Marjas, da Papa Ricky a O’Zulù dei 99 Posse, passando per Erica Mou, Cristiana Verardo e Magnitudo12. Abbiamo raggiunto telefonicamente Davide Apollonio, fondatore dei SAS e già fondatore degli Après la Classe e dei Granma.

È finalmente uscito il nuovo album della SAS. Ma vorrei tornare indietro nel tempo. Qual è lo spirito che ti ha portato a fondare questo progetto, la “Salento All Stars”?

È nato tutto quasi per gioco. Questo progetto è nato perché nel 2014 compiva vent’anni un brano che avevo scritto nel 1994, “Salentu, lu sule, lu mare, lu jentu”. Nel tempo è diventato un inno, nel nostro territorio. Questo brano l’avevo già eseguito con le mie band precedenti, gli Après La Classe e i Granma.

Volevo riproporlo in una nuova veste e l’ho fatto con quello che è poi diventato il tratto stilistico e la formula dei SAS, ossia di chiamare a raccolta colleghi che provenivano dall’area musicale salentina. Da lì a scrivere nuovi brani, un live, pensare a un album c’è voluto poco. Da questo è nato “Made in Salento”, il nostro primo album.

Nel corso degli anni siamo arrivati a “L’era del cigno bianco” e il progetto ha coinvolto, da allora, oltre 80 musicisti. Di fatto i SAS più che una band sono un collettivo musicale.

Possiamo quindi considerarvi una “super band”?

In effetti la line-up dei SAS si è, nel tempo, sempre modificata. Solo in questo ultimo periodo si è stabilizzato una sorta di “nucleo storico” soprattutto per le esibizioni live anche se le collaborazioni e il concetto di collettivo rimane nel nostro DNA.

È il caso di Alfredo Quaranta, il nostro cantante voce anche dei Granma, che è un elemento indissolubile dall’esperienza dei SAS tanto che la sua voce rappresenta la continuità del progetto. Oltre a lui ci sono Marco e Ylenia Giaffreda, dei Mistura Louca, e alla batteria Manuel Fontana. Questo gruppo di musicisti è affiatatissimo e con loro pensare al live è una cosa naturale.

Salento All Stars: “L’era del cigno bianco” 1

“L’era del cigno bianco”, quanto c’entra Battiato in questo titolo?

In effetti nulla. Si tratta di una casualità e subito dopo mi sono reso conto di questa assonanza. Ho anche provato a cambiare questo titolo ma continuava ad essere il titolo giusto ed è diventato, inevitabilmente, un tributo al maestro Battiato che è venuto a mancare da poco.

Qual è la musica il cui ascolto ti ha convinto a farne parte attiva?

Ho cominciato ad ascoltare la musica in maniera consapevole intorno agli 11-12 anni. In quel periodo ascoltavo Doors, Pink Floyd – era la metà degli anni ’80 – ma anche gli U2, i Cure. Poi mi sono avvicinato al metal e da questo genere musicale ho assorbito il suo forte impatto live. Ho iniziato a suonare intorno ai 19 anni, quasi per caso.

Nella mia zona i Matrioska, una band ska, avevano bisogno di un bassista. In effetti, io strimpellavo appena un po’ la chitarra. Mi hanno messo un basso tra le mani e poco più di un mese dopo mi sono ritrovato sul palco con il ruolo di bassista. La band si è sciolta poco dopo invece io ho continuato a suonare.

Posso dire che è stato grazie allo ska che ho imparato a suonare. “Salentu, lu sule, lu mare, lu jentu”, che scrissi proprio in quel periodo, è stata proposta ai Matrioska, ma facemmo in tempo appena a provarla un paio di volte. Il brano rimase in un cassetto per un paio d’anni, fino a quando non partì l’avventura con gli Après la Classe.

Salento All Stars: “L’era del cigno bianco”

Parliamo dei vostri testi.

La maggior parte dei testi di questi brani è scritta a quattro mani, con Peppe Levanto che è anche, assieme a me, il produttore artistico di quest’ultimo album.

Sei soddisfatto di come riesci, con la tua musica, a trasmettere lo spirito del Salento?

Senza presunzione, debbo dirti di sì anche se non si finisce mai di imparare. Così come sono molto soddisfatto della crescita dei SAS e del percorso che abbiamo fatto. Dal sound tipico del primo album, un lavoro sicuramente più Gypsy, Raggae e Combat Folk, siamo arrivati al suono di quest’ultimo lavoro in cui siamo riusciti ad abbracciare anche altri generi come il punk e il pop ma riuscendo a mantenere chiaro lo spirito salentino, con le sue contaminazioni contemporanee, quelle che fanno del salentino un cittadino del mondo.

A tutti gli effetti, i SAS rappresentano quello che era la mia mentalità musicale negli Après la Classe, che non è caratterizzata da un unico modello di suono ma più aperta alle diverse sonorità che ci circondano perché penso che sia più adatta alla narrazione delle nostre storie.

Salento All Stars: “L’era del cigno bianco” 2

La produzione de “L’era del cigno bianco” è avvenuta in piena pandemia. Penso che per un collettivo musicale la mancanza dell’energia “in presenza” vi abbia reso le cose un po’ più difficili.

Abbiamo dovuto fare di necessità virtù, come si dice in questi casi. Lo scorso anno non era possibile muoversi per incidere in studio. Ognuno di noi ha lavorato nel proprio home studio. Le tracce sono state poi inviate a distanza e abbiamo “assemblato” i singoli brani.

Certo che non è la stessa cosa del lavoro collettivo in studio, quando puoi mettere mano all’ampli della chitarra per sperimentare, accordare in maniera diversa il rullante ma l’abbiamo fatto perché era importante esserci, proprio nel periodo della pandemia anche per la testimonianza storica di questo periodo la cui narrazione è importante.

I SAS sono un collettivo e, nel tempo, come ci dicevi prima, le collaborazioni sono state tantissime. C’è però un artista che ti piacerebbe coinvolgere in uno dei prossimi lavori dei SAS?

Sarò campanilista ma devo dirti che mi piacerebbe molto coinvolgere Emma che conosco da prima della sua svolta pop e che è anche una mia compaesana.

Articolo a cura di Roberto Greco 

Paolo Vallesi festeggia 30 anni di carriera. Liberi e indipendenti per mantenersi “Giovane per sempre”

Dentro la Canzone: Paolo Vallesi "Giovani per sempre"
Ho capito che è importante essere liberi e indipendenti da tutto, questa è la condizione che aiuta a mantenersi giovani

“È dentro noi un fanciullino, che non solo ha brividi…ma lagrime ancora e tripudi suoi. e sue gioie…Quando la nostra età è tuttavia tenera, egli confonde la sua voce con la nostra…ma quindi noi cresciamo ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare ed egli vi tiene fissa la sua antica serena maraviglia …”.

Così Giovanni Pascoli nel suo celebre saggio “Il fanciullino” spiega l’esistenza dentro ognuno di noi di uno spirito giocoso, capace di andare oltre ciò che i nostri sensi ci restituiscono, e la ragione ci presenta come l’unica realtà possibile. Crescendo, tendiamo a non percepire più quella voce che ci sussurra sebbene, per fortuna, non si silenzi mai del tutto.

Paolo Vallesi, che celebra i suoi 30 anni di carriera con ben due album in uscita in autunno (uno di inediti ed un secondo in cui duetta con amici e colleghi sui suoi più grandi successi) per anticipare il suo nuovo progetto ha scelto il singolo “Giovane per sempre”, in cui raccomanda appunto, di mantenere sempre di alto profilo i propri sogni.

Nonostante la sopraggiunta maturità, entusiasmo, desideri e speranze non devono mai spegnersi ma al contrario potersi equilibrare con un altrettanto necessaria pragmatica razionalità. È una sfida che vale la pena accettare, poiché solo così mantenendo vivo quel fuoco che sentiamo ardere in noi a 18, 20, 30 anni, sarà possibile restare giovani per sempre.

Perché hai scelto questo pezzo come apripista del tuo nuovo lavoro?

Perché è una provocazione. Sono passati 30 anni dal primo disco, perciò è inevitabile che io sia cambiato ma comunque non ho spento i miei sogni.

Ho capito inoltre che è importante essere liberi e indipendenti da tutto. Ecco, questa è la condizione che aiuta a mantenersi giovani.

Quindi cosa significa essere giovani per sempre?

Significa conservare lo spirito che si aveva da ragazzi, pur con quella naturale maturità in più.

Il brano sembra strizzare l’occhio anche ai giovani di oggi, affinchè non rinuncino ai loro desideri.

In effetti molte persone si riconoscono nel pezzo e, a prescindere dall’età, sposano questa idea. Il monito è quello di tenere alto il mento e pensare fermamente ai propri obiettivi.

Canti “Non omologare il tuo pensiero, insegui sempre il vero”. Cosa pensi dell’omologazione?

A dire il vero è un rischio che corriamo tutti ogni giorno. Le nostre vite sono troppo scandite dall’uso di social, e-mail, internet. È sufficiente fare una ricerca in rete per essere subito profilati circa gusti, preferenze eccetera. Questa è una canzone di rottura perché invita a rimanere staccati, per quanto possibile, da questa macchina che ti omologa e ti schiaccia.

 Qual è il bilancio dei tuoi 30 anni di carriera?

Il mio è stato un percorso molto altalenante, un ottovolante direi.

Però mi rendo conto che sia nei momenti di maggior successo che in quelli di “anonimato”, la fame di far ascoltare le mie canzoni è rimasta lo stessa. Per me la musica è sempre stata la risposta a tutto, sia da ascoltatore che da artista.

In ogni caso il bilancio è senz’altro positivo, ho venduto 1 milione di dischi, e i miei pezzi sono stati pubblicati in quasi tutte le lingue.

Paolo Vallesi "Giovani per sempre"
Dentro la Canzone: Paolo Vallesi “Giovani per sempre” -Crescere è bello, significa acquisire consapevolezza, maturità, ti aiuta a vedere le cose in modo diverso e con una mente nuova

In “Giovane per sempre” parli anche di sensi di colpa. Tu ne hai?

Fanno parte della vita adulta. Si manifestano dopo aver compiuto delle scelte, perché in genere ogni scelta equivale ad una rinuncia. Capita a chiunque prendere decisioni sbagliate cui seguono, prima o poi, i sensi di colpa. Credo però che si debba andare avanti, senza mai voltarsi indietro “Conquista mille cuori…rinasci ogni mattino e non rimpiangere mai niente”.

È stato bello coniugare nel video (che hai curato personalmente) le tue due passioni, musica e calcio?

Molto. Ho chiamato Stefano Sorrentino che oltre ad essere un gande portiere è un vero amico. Prima della pandemia, con la nazionale cantanti abbiamo fatto una partita a Gerusalemme e in questo intenso viaggio la nostra amicizia si è intensificata.

Chi vuole essere giovane per sempre è un moderno di Peter Pan?

No. Nella mia canzone “Grande” c’era un po’ la sindrome di Peter Pan, il non voler crescere. Invece in questo ultimo singolo si tratta di uno stato d’animo molto diverso. Crescere è bello, significa acquisire consapevolezza, maturità, ti aiuta a vedere le cose in modo diverso e con una mente nuova. L’importante è che questa mente riesca a mantenere lo spirito del ragazzo e la voglia di continuare a sognare, un po’ come il Fanciullino pascoliano.

Articolo a cura di Sara Chiarei 

Meltina Records cerca di dare voce a quei progetti musicali meritevoli di essere diffusi e conosciuti, senza esclusioni di genere

Etichette Discografiche Indipendenti: Meltina Records logo
Meltina Records – Logo

A Città di Castello, in provincia di Perugia, c’è Meltina Records, una label indipendente. Nel loro sito c’è scritto “nata con l’intento di dare spazio ad artisti emergenti e scoprire nuovi talenti. In una realtà sempre più chiusa al mercato delle nuove proposte, Meltina Records cerca di dare voce a quei progetti musicali meritevoli di essere diffusi e conosciuti, senza esclusioni di genere”. Ne abbiamo parlato con Alessandro Cecconi, founder della label.

Quando nasce l’idea di aprire un’etichetta discografica?

Io mio approccio con la musica è nato live, sui palchi delle piazze. Nel tempo, era la prima metà degli anni ’90, mi organizzai prima con un 4 tracce e poi con un 8 tracce per registrare queste idee musicali che nascevano dalle esibizioni live. Mi sono reso conto che la mia nuova attività era interessante anche per i diversi musicisti della zona in cui vivevo. Nacque così lo “Studio Alex”. Mi sono man mano nel tempo reso conto che mi passavano per le mani delle belle idee e, qualcuna, dello stesso spessore di quelle degli artisti di fama nazionale. In quel momento ho deciso di aprire una piccola etichetta proprio per dare voce a questi artisti. Nel 2009, cambiando il nome, nasce l’etichetta discografica.

Meltina Records Alessandro Cecconi
Alessandro Cecconi – Founder Meltina Records

A questo proposito, da dove viene il nome Meltina Records?

È il mio quartiere, quello in cui vivo e ho ritenuto importante mantenere questo legame con il territorio. Produzione dopo produzione sono arrivato ad occuparmi non più solo di artisti locali o regionali perché i demo che mi venivano sottoposti arrivavano da tutta Italia.

Quando hai capito che le cose stavano cambiando?

Me ne resi conto quando inizia a produrre Ed Menichella. La sua cover di “Sabato” di Jovanotti fu notata da molti addetti ai lavori e questo mi servì anche per capire che il mio fiuto aveva visto giusto. Ed fece un ottimo lavoro con questa cover che fu apprezzata dallo stesso Lorenzo. Non fu un caso che poi si trovò ad aprire i concerti di Salmo per due anni raggiungendo così il grande pubblico. Da quel momento per Meltina iniziarono delle collaborazioni interessanti, come quella con Fabio Picciocchi, in arte Berlino 84.

Qual è lo stile di Meltina Records?

In effetti non c’è. Non ci occupiamo di un genere specifico. La musica, per me, deve arrivare e trasmettere emozioni. Le mie radici si immergono nel cantautorato italiano, da lì viene il mio immaginario musicale, quello che veste le mie produzioni.

Meltina Records interno studio
Meltina Records interno studio

Quali servizi offrite ai vostri artisti?

Dipende dal materiale che ci viene proposto. In presenza di prodotti già finiti e pronti, ci occupiamo della promozione e della distribuzione. Accettiamo però anche prodotti da produrre in modo completo. In quel caso nasce una vera sinergia con l’artista e questo è quello che preferisco, prendere un’idea grezza, costruire con l’artista il brano nella sua complessità e portarlo a compimento.

Come avete affrontato le problematiche relative alla produzione dei videoclip?

Abbiamo una rete di videomaker esterni che se ne occupano. I brani che produciamo vengono analizzati da loro che ci propongono uno storyboard.

Com’è andato quest’anno e mezzo di pandemia?

Artisticamente non molto bene. Lavorare a distanza ha tolto molto al nostro lavoro. L’impossibilità del contatto fisico ci ha costretto a dinamiche diverse da quelle che, ritengo, facciano bene alla musica. Evidentemente non è la stessa cosa assemblare tracce registrate in giro per l’Italia dal lavorare assieme in studio.

Meltina Records studio
Meltina Records studio

A chi vi siete affidati per la distribuzione?

I brani dei nostri artisti sono distribuiti da Artist First e a Believe. Anche loro hanno però le nostre stesse difficoltà, ossia la presentazione dei brani agli editor dei player digitali che raggiungono direttamente il pubblico.

Com’è strutturato oggi il vostro roster?

Ti ho già citato Berlino 84, un artista fuori dai canoni ma di grande spessore. Oltre a lui c’è Benedetta Tirri, un artista che ha molto seguito sui social con una voce soft, delicata; si tratta di un bel progetto di pop italiano. Il terzo si chiama Diego Puddu, sardo trapiantato a Firenze. La sua voce, molto graffiata, ha un sound anni ‘80/’90. Poi c’è una new entry di cui però non posso ancora parlarti.

Com’è possibile per un artista proporvi la sua musica?

È semplicissimo. Basta inviare una mail all’indirizzo info@meltinarecords.com con il link per l’ascolto del brano. Quando parlo di brano intendo anche il classico e vecchio provino chitarra e voce, non necessariamente un brano già ipoteticamente strutturato con arrangiamento. Un minimo di bio e di foto possono inoltre aiutarmi a “vedere” l’artista.

Articolo a cura di Roberto Greco 

Un equilibrio perfetto tra successi dance e ballad romantiche

Ivana Spagna: mai smettere di amare e di sognare Cover
Ivana Spagna – cover

La bellezza si cela dietro ad ogni cosa, sta a noi saperla riconoscere.

Proprio come il bene, la cui ricerca potrebbe portarci ad affrontare prove e delusioni, ma con tutta probabilità ne sarà valsa comunque la pena. Tuttavia, l’esistenza della guerra rappresenta un’eccezione a questa semplice regola, poiché di bello e buono non possiamo riconoscere niente.

Ivana Spagna, la cui infinita quanto rara dolcezza emerge a chiare lettere già da una breve conversazione, ha deciso di pubblicare la cover del celebre pezzo “Have you ever seen the rain” dei Creedence Clearwater Revival lo scorso 30 aprile, giorno in cui si celebra la fine della guerra in Vietnam.

La canzone racconta proprio questo conflitto, ancora oggi al centro di riflessioni e dibattiti. Un brano che Spagna ha fatto suo senza risparmio di emozioni, e che ha inserito in un 45 giri il cui lato B è “Bridge over troubled water” di Simon & Garfunkell. Del resto solo il vinile poteva rispettare appieno lo spirito degli anni’70.

Insomma, l’artista oltre ad averci abituati a grandi successi dance, raggiungendo nell’87 la seconda posizione nella classifica britannica con la hit “Call me” – nuovi analoghi progetti sono già in cantiere- ci ha più volte stupiti rivelando la sua spiccata sensibilità in famose ed apprezzate ballad romantiche. Una di queste è “Nessuno è come te” in cui Ivana canta tutte le sfumature che rendono l’amore ciò che è.

Ivana Spagna: mai smettere di amare e di sognare
L’Amore è la forza che fa andare avanti e che coltiva in me il desiderio di continuare a sognare (Foto © Enrico Petrelli)

Cosa è l’amore?

La forza che fa andare avanti e che coltiva in me il desiderio di continuare a sognare. Spesso è la voglia di innamorarsi che porta a scriverci su, anche se in quel preciso momento non hai nessuno al tuo fianco. Io non ho ancora incontrato la vera anima gemella ma la voglia di amore non cessa mai.

L’amore però è anche quello per i tuoi gatti…

Senza dubbio. Io amo tutti gli animali e ho sempre cercato di aiutare gli altri, non riesco a girare la testa dall’altra parte se mi accorgo che qualcuno è in difficoltà. Ad esempio, se vedo un gatto o un uccellino che sta male lo porto a casa e lo curo, infatti attualmente ho ben sette gatti!

Nel brano parli di delusioni, secondo te fanno crescere?

Non so se abbiano questo potere. Sicuramente segnano e insegnano, ma non si impara mai veramente. Le delusioni fanno crescere perché ti spiegano cosa è la vita, magari proprio in virtù di qualche batosta subita, ma il mio più grande difetto è che non ho mai imparato del tutto dalle esperienze. Ogni volta mi lascio prendere dalla fiducia nel prossimo e resetto tutto. Crescere per me significa anche capire come è la vita, nel bene e nel male.

mai smettere di amare e di sognare
Ivana Spagna “non riesco a girare la testa dall’altra parte se mi accorgo che qualcuno è in difficoltà” (Foto © Enrico Petrelli)

Tendi a vedere il bello delle persone?

Si, è sempre stato così. Mi lascio andare perché ho grande fiducia nel prossimo.

Nelle tue canzoni traspare la voglia di continuare a sognare. Ti rappresenta?

Moltissimo, se si smette di sognare e di sperare la vita è finita.

Proprio quando le cose non vanno bene bisogna sperare che il domani sia migliore del presente.

Articolo a cura di Sara Chiarei

Mariangela Ungaro: la musica come missione

Musica a Teatro: Mariangela L'arte è fondamentale all'umanità, ora come non mai
L’arte è fondamentale all’umanità, ora come non mai (Foto © Emanuele Contreras)

Mariangela Ungaro è una pianista, compositrice (specializzata in colonne sonore per cinema e teatro) e saggista. Ha suonato in veste di pianista solista e in varie formazioni cameristiche, corali ed orchestrali, in tutto il mondo. Nel 2000 ha vinto il premio “Shakespeare” alla Letteratura. Ha realizzato decine di colonne sonore originali, arrangiamenti, trascrizioni, ha scritto e pubblicato diversi saggi critici, romanzi, poesie, recensioni, sceneggiature. Ha lavorato anche come assistente di regia, videomaker e speaker radiofonica. È inoltre docente di ruolo di Lettere dal 1995.

Che musica ascolti quando non lavori? Per relax, diciamo.

I miei ascolti musicali sono a 360 gradi, qualsiasi cosa mi ispira, anche come non comporre! Ascolto tutto, di qualsiasi genere e proveniente da qualsiasi parte del mondo. Soprattutto ciò che non viene diffuso.

Rilassarmi è un verbo che non ho davvero il privilegio né di conoscere né tantomeno di esercitare, ahimè, soprattutto da quando sono vedova con prole… Se riesco a staccare, ascolto Mahler, ecco, Lui sicuramente mi dà pace interiore assoluta, va benissimo qualsiasi produzione.

Mi dici qualcosa a proposito dei tuoi inizi? Approccio con la musica e come hai deciso di farne una ragione di vita.

Il caso non esiste: ciascuno ha uno scopo preciso e deve lavorare per raggiungerlo. Solo così il destino lavora per te e non contro di te.

Io sono nata così, musicista.

Avevo tre anni: ero ferma nella mia stanza dei giochi e mi misi a dirigere la nona di Beethoven, che ascoltavo dal mio giradischi Penny rosso.

Pochi mesi dopo, a Natale, mi regalarono una tastiera Bontempi Farfisa, erano gli anni ’70: mi misi a suonare imitando i jingle pubblicitari che sentivo alla TV e le canzoni che avevo imparato all’asilo. A 5 anni mia madre fu contattata da una sua compagna dell’Università: sua figlia aveva iniziato a prendere lezioni di pianoforte dalla signora Rosanna Rossi Vallini, rinomata concertista milanese: la bambina però non andava molto volentieri e la sua mamma chiese a mia madre se potevo andare anche io, molto amica di questa bambina.

Mia madre acconsentì. Facevo da uditrice. Un giorno, dopo l’ennesimo fallimento della mia amichetta al pianoforte, la concertista disse che forse anch’io avrei saputo suonare quel pezzo! Lo disse con ironia, evidentemente…Immagina la sua faccia quando io suonai da cima a fondo a memoria, a orecchio, la sonatina.

La donna si presentò a casa dei miei genitori (allora nemmeno trentenni), disse che dovevo assolutamente prendere lezioni. E così cominciai.

Dopo diversi lustri, la signora Vallini, prima di morire, mi chiese un concerto nel suo circolo culturale: ormai ero una pianista davvero. Alla fine del concerto mi ringraziò e disse che ora poteva morire in pace. Ho ancora la sua lettera d’addio.

Ho studiato pianoforte con Paola Girardi, dagli 11 ai 21 anni. Ricordo ancora che spesso in concerto sbagliavo la memoria dei brani che eseguivo e, senza batter ciglio, mi mettevo ad improvvisare in stile. Nessuno si accorgeva di nulla, se non i professori che assistevano ai miei concerti, chiedendosi quando avrei fatto le variazioni su tema, cosa che li divertiva molto.

La mia indole era compositiva, non esecutiva. Iniziai composizione a 24 anni. Era un mondo soprattutto maschile, ma il mio insegnante, che non prendeva donne nella sua classe, cedette quando ascoltò le mie prime colonne sonore per film: ero già stata a Roma a studiare e avevo già fatto esperienza col cinema.

Non avevo nemmeno il biennio di composizione quando vinsi il premio internazionale Mario Nascimbene, di musica per film, musicando il Messia di Rossellini. A 19 anni lavorai con Franco Zeffirelli per Cinecittà. Il regista che doveva andare al mio posto non poté presenziare e la produzione mandò me, la sua assistente.

Presentai il materiale e le referenze. Ad Assisi, luogo della conferenza, mi vennero a prendere alla stazione. Mi chiesero dove fosse mio padre: credevano che il maestro Ungaro fosse un uomo anziano.

Mi pare vivi questo non come un lavoro ma come una missione. È vero?

Presa in pieno: verissimo.

Il poeta del film “Il cielo sopra Berlino” è il mio mentore: non ha più nulla da dire ad un mondo che non comprende più, che non lo rappresenta, ma poi decide di tornare a fare il suo lavoro, di continuare per la sua strada: “Se smettessi, l’umanità perderebbe il suo cantore” asserisce.

Io sono solo una musicista, ma il mondo ha bisogno di persone che lo amino, che curino le anime, qualcuno che dimostri che c’è ancora tanta bellezza nel mondo.

Il dono del suono è immenso. Corredato di studi approfonditi e ricerche infinite, porta ad uno stato di coscienza superiore, a vedere dove altri non vedono. L’arte è fondamentale all’umanità, ora come non mai!

Quali sono i tuoi autori di riferimento, quelli a cui ti ispiri?

Sebastian Bach, Gustav Mahler, Miklos Roska, Queen, Blind Guardian, Morricone, Bacalov, Schumann, Bjork, Emanuele Contreras, Mozart.

Musica a Teatro
La mia indole era compositiva più che esecutiva. Iniziai composizione a 24 anni (Foto © Lorenzo Alfieri)

Scrivi soprattutto per il cinema, mi parli dei tuoi rapporti col teatro?

Amo profondamente il teatro, i miei migliori amici sono attori con formazione accademica teatrale: Carlo Ottolini, Gianni Lamanna, Lorenzo Alferi, Andrea Salierno.

Il teatro è una disciplina psico-fisica, induce ad una forma mentis molto affine a quella di un compositore. È un creare entro limitazioni precise e giuste, e la libertà che ne deriva è quella esatta e concorde, per quanto sia perennemente perplessa, come il mare: una perenne perplessità, ma esatta e concorde.

Ho scritto per diversi spettacoli teatrali: non è facile, perchè non si deve scadere nel descrittivismo, ma si deve giungere, attraverso il linguaggio musicale, alla connotazione profonda (attraverso il suono) di fatti, situazioni e personaggi. È più difficile scrivere per teatro che per cinema, in quanto più simbolico, ma a me dà estrema soddisfazione.

Qualche notizia sul tuo libro?

Cinema d’ascolto è il mio progetto più longevo che non sia prettamente musicale: come dicevo, sono musicista, almeno mi ritengo tale, ciascuno di noi ha bisogno di un posto nel mondo, ma mai “archiviare” sè stessi… Desideravo scrivere un libro, dire a tutti, dopo anni di studi e ricerche, perchè la musica è definita il linguaggio universale.

Per capire davvero le ragioni più nascoste della Musica, ho scelto ciò che aveva, seppure in poco tempo, dato voce a tutte le masse del mondo, aveva messo in scena storie piccole e grandi, la Storia stessa, diventando, come già tutte le altre arti, di cui è la settima, metafora della vita del singolo e dell’umanità: il cinema.

Proprio per divulgare alle masse i suoi messaggi, il cinema ha intelligentemente utilizzato il linguaggio universale per eccellenza: la musica.

Ma perchè la musica è un linguaggio universale? Perchè tutti gli esseri umani, (e anche animali e vegetali) senza distinzione di sesso, razza, credo, cultura, contesto storico e territoriale, e senza aver mai studiato seriamente la musica, riconoscono gli stati d’animo e i messaggi che essa ci invia?

In che modo comunica la musica? Come fa ad essere così chiara?

Per capire tutto questo e teorizzare il “Totem sonoro”, cioè tutti quei gesti, timbri, altezze, volumi, ritmi già preesistenti in ciascuno dei viventi, neanche fossero cellule nel nostro corpo, o sinapsi del nostro cervello, ho guardato ed ascoltato migliaia di film provenienti da ogni dove nel mondo e contestualizzati in tutte le epoche, dalla nascita del cinema ai giorni nostri.

Il primo volume edito infatti è in realtà l’ultimo che ho scritto, perchè è quello in cui tiro le conclusioni di anni di ricerche, per poi esemplificare e approfondire quanto desunto, attraverso i volumi successivi, ciascuno “polarizzato” su un dato contesto territoriale.

Coloro che hanno letto il primo volume, hanno detto di aver avuto una sorta di “espansione di coscienza”, cioè hanno capito come ascoltare e capire in modo critico tutti i messaggi sonori che spesso recepiamo acriticamente, mentre invece, dopo la lettura del solo primo volume riuscivano facilmente -e con grande autostima conseguente- ad ascoltare davvero il mondo, non solo un film, a vedere davvero, ritrovando la musica sopita dentro.

Gli addetti ai lavori sono incuriositi da una descrizione alternativa del linguaggio musicale, oltre a godere delle varie “chicche”, mentre i non addetti ai lavori, a cui soprattutto dedico il mio lavoro, dicono che hanno capito che l’umanità è davvero tutta uguale, seppure molteplice, proviamo e riconosciamo le stesse sensazioni, attraverso suoni e immagini, i sentimenti sono sempre gli stessi, davvero c’è una fratellanza sottesa e forse la pace è possibile in una prospettiva di cammino per il bene comune.

Mariangela Ungaro Il mondo ha bisogno di persone che amino la musica e che dimostrino che c'è tanta bellezza nel mondo
Il mondo ha bisogno di persone che amino la musica e che dimostrino che c’è tanta bellezza nel mondo

E sui prossimi progetti?

1- spettacolo teatrale “Terra” con Lorenzo Alfieri, regia di Gianni Lamanna.

2- un disco per violino e pianoforte, pezzi in stile liederistico romantico

3- girare un videoclip di una canzone che ho scritto per una cara amica, interprete del brano e del video

4- finire il disco di canzoni di Alfieri (con miei arrangiamenti orchestrali)

Chi volesse contattarla può scrivere a  mariangelaungaro@gmail.com

Potete trovare il suo canale youtube a questo link:

http://www.youtube.com/user/TheCompositrice

Sul sito degli STARDUST ARTISTIC STUDIOS, potete trovare tutte le sue aree lavorative. https://mariangelaungaro.wixsite.com/stardust-art-studios/services

A questo link il suo ultimo lavoro:

https://mariangela-ungaro.blogspot.com/2018/01/tutta-la-verita-su-cinema-dascolto.html

Sul gruppo facebook potrete leggere alcuni saggi

https://www.facebook.com/groups/cinemaascolto

e questo è il suo blog, a sfondo didattico-musicale.

Http://scuolawebpertutti.blogspot.it

Articolo a cura di Sergio Scorzillo 

Casa Marconi: la cultura, in maniera comprensibile,  insieme ai suoi protagonisti tra cinema, teatro, libri e musica

On Air 361: Marco Casa "Benvenuti a Casa Marconi" studio
On Air 361: Marco Casa “Benvenuti a Casa Marconi” – Radio Marconi – studio

Non riesco a staccarmi da questa bellissima città, Milano. Il Duomo, il Castello Sforzesco, la Galleria Vittorio Emanuele. Guardo la città ammirato e sognante fino ad arrivare alla mia next stop che è Radio Marconi dove incontro lo speaker Marco Casa.

Marco che onore. Entro nel tuo mondo radiofonico e sono curioso di sapere quando tutto ha avuto inizio
Grazie Lorenzo. La Radio è stato sempre un mio sogno sin da bambino. In famiglia abbiamo sempre ascoltato la Radio e pensa a soli sei anni sono entrato in uno studio radiofonico.

Uno speaker prodigio
Avevo un cugino che faceva lo speaker in una radio di Torino e una sera, a sei anni appunto, andai a trovarlo e anche a parlare al microfono.

E poi cosa è successo? Quando la Radio è diventata il tuo lavoro?
Questo è successo molto dopo. Ho fatto passare un po’ di tempo, tempo che ho utilizzato per studiare teatro e doppiaggio. E a ventisei anni ho iniziato il mio primo programma su Radio Proposta con il mio amico Dario Basile.

Ma poi da Torino ti sei trasferito a Milano?
Esatto. A Milano è iniziato il mio viaggio a Radio Marconi.

Ed è in Radio Marconi che hai portato Casa tua con Casa Marconi?
Si. Casa Marconi è il mio programma che va in onda dal lunedì al venerdì dalle 17.00 alle 18.00.

On Air 361: Marco Casa "Benvenuti a Casa Marconi" 1
Marco Casa e Casa Marconi

Quali argomenti tratti nella tua Casa Marconi?
Parlo di novità. Presento libri, film, album, dischi. Tutto ciò che riguarda cultura e spettacolo e spazio dalla rockstar al compositore.

A livello locale? Intervengono gli Ospiti a presentare le novità?
Parlo di spettacolo e cultura a livello nazionale ma se presento delle mostre cerco di raccontare quelle su territorio lombardo. Spesso intervengono scrittori, musicisti e cantanti ma telefonicamente, anche se ho avuto il piacere di ospitare Alex Britti che ha suonato dal vivo.

E la musica che accompagna Casa Marconi qual è?
È la musica da classifica ma a volte riesco a mandare in onda anche qualche brano non da classifica come successo con l’Associazione Aquilone di Milano che ha presentato un pezzo contro il bullismo.

Casa Marconi è su Radio FM ma posso ascoltarti anche in streaming?
Ma certo. Al nostro sito https://www.radiomarconi.info/casa-marconi dove trovi anche i miei Podcast. E devi sapere Lorenzo che puoi ascoltarmi anche nel weekend con Marconi Weekend, un contenitore dove finisce tutto il meglio della settimana di Radio Marconi.

Ma allora tutti i giorni da oggi ci sarà solo Marco Casa. Nel weekend a che ora che me lo segno?
Dalle 7.00 alle 12.00 sia il sabato sia la domenica.

Momento MARKETTA, perché ascoltare Casa Marconi?
Perché mi piace divulgare cultura in maniera comprensibile per tanti. Mi piace che sia popolare leggere un libro, ascoltare un disco. E riesco a farlo bene. Io durante l’ora sparisco e metto in risalto il mio ospite. Servo all’ascoltare un piatto molto digeribile.

E Marco Casa trasmette anche nell’intervista la voglia di arrivare all’ascoltatore in maniera semplice ma colta. Io felice chiudo gli occhi e mi teletrasporto … dove? Lo scoprirete martedì prossimo. Stay tuned.

Articolo a cura di Lorenzo Amatulli 

L’Accademia di Musica di Pinerolo sostiene i giovani di grande talento

Non solo talent: Concorso Internazionale Musica da Camera
Concorso Internazionale Musica da Camera – ICM International Chamber Music Competition – Logo

Il concorso nasce nel 1994 dalla progettualità e dalla passione di Laura Richaud e Giorgio Bresso, rispettivamente direttore artistico e presidente dell’Accademia di Musica di Pinerolo.

Da sempre l’Accademia sostiene i giovani di grande talento, li forma con docenti di fama internazionale, crea per loro occasioni pre-professionali e professionali.

Opera sul territorio con corsi annuali, masterclass e workshop che coinvolgono quasi 500 allievi ogni anno, e con corsi estivi, stagioni concertistiche, eventi e manifestazioni.

Ha al suo attivo più di 1000 concerti e la creazione di un’orchestra e di un coro. Nella scorsa edizione il montepremi complessivo di 23.000 euro è stato assegnato selezionando i vincitori tra più di 130 musicisti, in 52 formazioni under 33 di musica da camera in gara, provenienti da 29 paesi del mondo.

Giuria Concorso Internazionale Musica da Camera
Marco Zuccarini (Italia), direttore d’orchestra – Giuria

Le ultime edizioni del Concorso hanno visto la partecipazione di concorrenti provenienti da Italia, Albania, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bielorussia, Brasile, Bulgaria, Canada, Cile, Cina, Corea, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania,

Non solo talent: Concorso Internazionale Musica da Camera

Giappone, Gran Bretagna, Grecia, India, Irlanda, Israele, Kazakistan, Lettonia, Lituania, Malesia, Moldavia, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Serbia, Siria, Slovacchia, Spagna, Stati Uniti d’America, Sud Africa, Svizzera, Taiwan, Turchia, Ucraina, Ungheria, Uzbekistan, Venezuela.

La prestigiosa giuria del premio è formata da: Lukas Hagen (Austria), violino; Klauss Kaufmann (Germania), pianoforte; Liisa Randalu (Estonia), viola; Joel Hoffman (USA), compositore; Marco Zuccarini (Italia), direttore d’orchestra; Miklós Perényi (Ungheria), violoncello; Gabriele Mirabassi (Italia), clarinetto.

La prossima edizione dell’International Chamber Music Competition “Pinerolo e Torino Città Metropolitana”, membro della World Federation of International Music Competitions di Ginevra, si svolgerà tra Pinerolo e Torino dal 6 al 12 marzo 2023.

A causa dell’emergenza sanitaria della pandemia, è prevista una nuova fase di preselezione tramite video nel 2022 e le iscrizioni dovranno avvenire entro il 31/1/2022.

Concorso Internazionale Musica da Camera Miklós Perényi (Ungheria), violoncello
Miklós Perényi (Ungheria), violoncello – Giuria

Sono ammesse le seguenti formazioni, la cui età media dei componenti non superi i 33 anni al 1/03/2023:

  • duo (pianoforte a 4 mani; violino e pianoforte; viola e pianoforte; violoncello e pianoforte; clarinetto e pianoforte)
  • trio (violino, violoncello e pianoforte; clarinetto, violoncello e pianoforte)
  • quartetto (violino, viola, violoncello e pianoforte; due violini, viola e violoncello)
  • quintetto (due violini, viola, violoncello e pianoforte; clarinetto, due violini, viola e violoncello; due violini, due viole e violoncello)
  • sestetto (due violini, due viole e due violoncelli).

Le domande di iscrizione al Concorso, che sottintendono l’accettazione di tutte le norme del Regolamento, dovranno pervenire debitamente compilate entro il 31 gennaio 2022 all’indirizzo e-mail segreteria@accademiadimusica.it.

Le 25 formazioni selezionate nel 2022 dovranno confermare la presenza al Concorso in presenza 2023 entro un mese dalla comunicazione dell’esito della preselezione.

Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito.

Articolo a cura di Roberto Greco 

Sabina Filice e il suo viaggio infinito con la fotografia

                      Una donna forte dalle tante fragilità

Vedere la Musica: Sabina Filice, il ricordo tra le mani Robert Redford e Jane Fonda Venezia
Robert Redford e Jane Fonda Venezia (Foto © Sabina Filici)

Sabina Filice, appare decisa ed estroversa. Eppure, osservandola attraverso le sue fotografie, scopriamo di lei una fragilità, che la rende speciale. Lei è una di quelle che ce l’ha fatta, partendo da zero senza appoggi o conoscenze. Sabina sa perfettamente quando ha capito che cosa avrebbe voluto fare nella vita e conosce il dolore, che può travolgere o spingerci, come un’onda anomala verso la realizzazione dei nostri sogni. Sabina è concreta, ha lavorato sodo per conquistare un’indipendenza che è stata, da sempre, il suo obiettivo. Deve il suo successo, oltre che al talento e alla determinazione, ad un incontro. Restia a raccontarsi, oggi ha deciso di intraprendere questo viaggio con me e la ringrazio per aver aperto il suo cuore. Una storia, la sua, che può essere di incoraggiamento a chi sta cercando dentro di sé, la propria strada.

Sabina, parlami di te…

I miei genitori sono calabresi ed io sono nata e cresciuta a Torino, che è la mia città. Oggi per motivi di lavoro, vivo a Roma, ma non appena possibile torno e, per questo, ho ancora casa. Mio marito è romano e facendo tanta TV e cinema, la capitale è diventata la mia seconda casa. Qui sono molto contenta per il lavoro e le relazioni che ho intrecciato, ma gli affetti, quelli del cuore sono ancora e, per sempre, legati alla “mia” Torino.

Se dovessi in poche parole, delineare i tratti salienti della tua persona, cosa diresti di te?

Sono affetta da tenacia, determinazione e da un’attrazione “fatale” e infinita verso l’altro. Amo me stessa, mi rispetto e allo stesso modo rispetto e amo gli altri. Sono libera e forte ma con tante fragilità. Queste, non sono limite ma attitudine a comprendere. Guardo con criticità quello che faccio, non m’accontento mai, chiedendo a me stessa, sempre di più.

Quando hai capito che la fotografia sarebbe stata così importante per te?

Una passione che ho avuto da sempre, ma l’evento che ha segnato indelebilmente, la mia vita e investito la fotografia del suo ruolo, è stata la perdita di mio padre. Avevo solo dodici anni e quella che avrebbe dovuto essere una meravigliosa giornata di festa, è diventata un punto di non ritorno. Ho visto mio padre morire davanti a noi, all’improvviso, per infarto. Quell’ultima gita domenicale, ci ha riservato sulla via del ritorno, il dolore più grande. Quello sguardo che chiedeva aiuto e implorava di non lasciarlo andare via, mi è rimasto impresso e scolpito nel cuore. In seguito, ho capito che i ricordi diventavano immagini sfuocate, che non volevo perdere. La fotografia è stata la risposta.

La fotografia è stata la risposta e ti ha indirizzata, spinta a trasformarla in un mestiere. Quali sono stati i tuoi primi passi?

Ho frequentato l’Istituto di grafica e fotografia, dove si lavorava ancora in camera oscura. Il mio chiodo fisso era l’indipendenza. Avevo vissuto il dramma di mia mamma che, oltre al dolore della perdita di papà, s’era trovata con due figlie piccole senza lavoro. La vita ci aveva scaraventate violentemente in una realtà che era sconosciuta per noi, una situazione che io mi ripromisi di non subire mai più.

Ho visto mia mamma faticare per arrangiarsi da sola e crescerci con mille difficoltà, questo mi ha spinta a costruire concretamente il mio futuro. Ho fatto un lavoro che mi permetteva di guadagnare bene e in sicurezza, a ventinove anni ho acquistato la mia casa.

Questo era da sempre un obiettivo e la risposta a quell’indipendenza che ritenevo essere fondamentale. Poi appena ho potuto, raggiunti gli obiettivi che mi ero prefissata, a trentacinque anni ho stravolto, in modo calcolato la mia vita.

Sapevo che volevo fare qualcosa di artistico, avevo un groviglio di serpenti dentro che si agitavano e mi spingevano a fare qualcosa per me. I miei migliori amici erano tutti musicisti, respiravo creatività. Ho fatto teatro, ho dipinto, fino a quando mio marito, con la concretezza che lo contraddistingue, mi ha iscritto a un corso.

Questo mi ha permesso di capire che era esattamente quello che volevo fare: ero in cassa integrazione, ma ho preso aspettativa e deciso di fare il salto. L’arte è parte di me e dovevo solo trovare quale fosse il miglior modo per esprimerla. La risposta, come ho detto è stata la fotografia. La possibilità di fermare il ricordo, cristallizzarlo, conservandone ogni dettaglio, soddisfava la mia fame di creatività.

Vedere la Musica: ricordo tra le mani
Tiziano Ferro e Carmen Consoli Sanremo (Foto © Sabina Filici)

I tuoi migliori amici sono musicisti…Che ruolo ha la musica nella tua vita?

Mi ha sempre accompagnata, ho sempre avuto intorno musicisti ed ha sempre esercitato un forte fascino. All’inizio, ho cercato anche di capire se fosse quella la mia strada, senza però, esserne convinta. Ho capito col tempo che è una compagna di viaggio, che sottolinea il mio lavoro, mi segue in ogni dove esattamente come gli amici più cari che sono, ancora e sempre, musicisti.

Che cosa è la fotografia per Sabina?

Guardando le foto, ricordo tutto: la sensazione provata, l’emozione. L’immagine diventa uno scrigno dove conservare ogni dettaglio, dall’abito, al profumo. Le stampo tutte per questa ragione, perché in quella fotografia che tengo tra le mani, c’è ogni ricordo e lì rimane.

Come è arrivata “la tua occasione”?

È arrivata con tantissimi sacrifici, stando fuori dodici, tredici ore. Un investimento su me stessa, davvero importante. Avevo capito che era fondamentale esserci, sempre e il più possibile ed è proprio ad uno dei tanti eventi che inseguivo, che incontrai Duccio Forzano, a Milano.

Mi sono avvicinata, senza conoscerlo e folgorata dalle sue parole, ho fatto qualche scatto. Lui diceva come fosse importante insistere, se si vuole riuscire. Io sono rimasta colpita dalle sue parole e qualche giorno dopo, istintivamente, l’ho contattato utilizzando il suo monito e le sue parole, quasi come battuta, dicendo che avevo recepito il suo messaggio e che avrei insistito.

La sua risposta è stata: credici e stressami. A distanza di un anno, gli ho mandato il suo ritratto, uno di quelli scatti fatti a Milano. Lui, a quel punto, inaspettatamente, mi scrive, chiedendomi di andarlo a trovare in studio a Che tempo che fa.

Vedere la Musica: Sabina Filice, Brad Pitt
Brad Pitt Venezia (Foto © Sabina Filice)

Che tempo che fa è stato il tuo “battesimo”?

Questo è stato l’inizio di tutto. Duccio mi ha voluto come fotografa, non di scena, ma sua. La mia postazione era dalla scrivania con i cameramen. Io ero incredula e so di avergli detto, senza vergogna, che era pazzo, che non avevo mai fatto niente del genere.

Duccio, dicevano in studio perplessi, che non aveva mai voluto fotografi in quella postazione. Io ero terrorizzata e sicura di sbagliare. Non sono nessuno – dissi- e mi ritrovo a Che tempo che fa! Lui mi rispose: “Ricordo che eri sottopalco. La donna, la tenacia c’era.

Sono andato a vedere se c’era anche la tecnica e l’ho trovata.”

Quello che so è che ha letto la mia voglia di riscatto e, per un attimo i nostri sguardi si sono incrociati. Ci siamo “visti” l’uno negli occhi dell’altro, capendoci.

Cosa ti sei portata via di quell’esperienza?

Finita la stagione, ci siamo salutati e in qualche modo mi ha incoraggiato ad andare avanti. Duccio Forzano mi ha dato una possibilità importante, che io ho colto e saputo sfruttare appieno. Ho cercato di imparare da tutti, dallo scenografo, dai tecnici, dal direttore della fotografia. Alla conclusione della stagione televisiva, sapevo con certezza che quello era il mio mondo, che il mio posto era lì. Oggi il Maestro mi guarda con ammirazione e io gli sarò grata per sempre per aver visto dentro di me, quello che ancora io non sapevo.

Vedere la Musica: Penelope Cruz & Javier Bardem Venezia
Penelope Cruz & Javier Bardem Venezia (Foto © Sabina Filice)

Da quella bella partenza, qual è oggi il tuo viaggio con la fotografia?

Ho girato tutti gli studi televisivi, facendo esperienza, entrando in contatto con tantissime persone. Da anni faccio i grandi eventi, come il Festival del Cinema di Roma e Venezia e il Festival di Sanremo. Parto avendo già i servizi commissionati, da vetrina.

Sono accreditata negli studi Rai, Mediaset, La7, Sky. Sono presente ogni volta che c’è un’anteprima delle fiction. Faccio tanto cinema e adoro i set dove mi muovo come se fossi a casa. Mi viene naturale e, forse, è quello che preferisco. Poi Book agli attori, con i quali mi piace lavorare anche per tutto lo studio che c’è dietro.

Quest’ anno, fortunatamente, ho fatto tante consulenze per le produzioni televisive. A facilitarmi è una buona capacità organizzativa, che ho coltivato col lavoro che ho svolto prima della fotografia e questo, non guasta. Oggi mi capita anche di fare l’ufficio stampa ad attori emergenti viste le tante conoscenze e contatti che ho collezionato. Insomma, fondamentalmente, non sono mai ferma e, anzi in continuo “subbuglio” creativo.

Se dovessimo idealmente viaggiare con te e le tue fotografie, che viaggio sarebbe?

Un viaggio infinito, dove spero di non arrivare mai: le emozioni sono molteplici e vado a cercarle, senza fermarmi. Il viaggio è crescita e credo, anche sinonimo d’intelligenza. Sono introspettiva e questo si legge anche nei miei scatti, dove la tecnica è importante, ma il ritratto è fondamentale. Non faccio lo scatto continuo ma mi piace riflettere, osservare e solo dopo, con calma, scattare. Ho già in testa cosa sto cercando e lo vado a cercare. La fotografia è anche pazienza e attesa.

Il Festival del Cinema è un po’ la tua casa. Hai il privilegio di fotografare i grandi, raccontaci…

Ho avuto la fortuna di fotografare tanti, tra cui Meryl Streep, Robert Redford, Brad Pitt. Mi ha colpito moltissimo Geraldine Chaplin sul set, dove riusciva a trasmettere un pathos incredibile, senza rinunciare, non appena aveva un attimo, a stringersi a suo marito.

Lady Gaga è arrivata a Venezia, sotto la pioggia battente e, rifiutando di essere riparata ha sorriso e incontrato i suoi fans, senza lesinare selfie e autografi. Potrei andare avanti per ore ma mi fermo qui con Di Caprio che si è guadagnato il mio premio “speciale” come il più indisponente…

Sabina Filice, il ricordo tra le mani Meryl Streep Venezia
Meryl Streep Venezia (Foto © Sabina Filice)

Grandi eventi e anche grandi reportage…

Porto nel cuore il reportage a Lonavala in India organizzato con l’aiuto di Action Aid di Mumbai. Un servizio che a livello umano mi ha segnata e regalato moltissimo. Un altro in Messico, partendo da Città del Messico fino ad arrivare sulla costa a Playa del Carmen.

Due viaggi ricchi di colori, occhi grandi e intensi che ridono alla vita, un vero parco giochi per chi come me, ama fare ritratti e immortalare i segni del tempo sul viso.

Ci salutiamo, consapevoli che ci sarebbe ancora tanto da dire e con la voglia e la promessa di incontrarci di persona. Sabina è davvero “tosta”, ma a colpirmi è stata la sua “forte fragilità” con cui firma i suoi scatti, speciali ed intensi.

Articolo a cura di Paola Ferro 

“L’amore merita” libertà, rispetto e attenzione. Le Deva schierate contro l’omofobia e ogni forma di violenza

Dentro la canzone: Le Deva "L'amore merita"
La scuola è l’ambiente dove i ragazzi si trovano tutte le mattine, per questo motivo crediamo sia il luogo deputato allo sviluppo di una cultura del rispetto indirizzata alle donne e agli uomini di domani. (Foto © Marco Piraccini)

Fuoco, aria, acqua e terra.

Sono i quattro elementi della natura che insieme scatenano forze ancestrali, dando origine ad uno spettacolo unico e meraviglioso. Così come lo è il progetto de Le Deva (il cui nome trae appunto ispirazione dagli elementi naturali).

Si tratta dell’unica band pop femminile attualmente in circolazione in Italia che attraverso la musica racconta spaccati di vita, lancia messaggi, talvolta veri e propri gridi di allarme, e che lo scorso marzo ha condiviso il palco dell’Ariston con Orietta Berti nella serata sanremese delle cover, piazzandosi al secondo posto.

Greta, Roberta, Verdiana e Laura (le ultime due ci hanno fatto da portavoce) esordiscono nel 2016 con un singolo certificato disco d’oro, uscito in concomitanza del decimo anniversario di Gay Help Line, e divenuto un vero e proprio inno della bandiera arcobaleno e appunto, dell’amore universale.

“L’amore merita” affronta un tema delicato, quanto è importante cantare brani come questo?

Moltissimo. Noi artisti abbiamo la fortuna di possedere una voce che può essere ascoltata da tante persone, è perciò indispensabile utilizzarla al meglio impegnandoci a sensibilizzare su temi come l’omofobia, di cui non si parla mai a sufficienza.

Secondo voi sarebbe utile introdurre l’educazione sessuale come materia scolastica?

Senza dubbio è necessaria la massima diffusione dell’argomento. La scuola è l’ambiente dove i ragazzi si trovano tutte le mattine, scambiandosi contenuti e background familiari, per questo motivo crediamo sia il luogo deputato allo sviluppo di una cultura del rispetto indirizzata alle donne e agli uomini di domani.

Il punto è che bisognerebbe pensare ad una educazione sessuale volta a responsabilizzare i giovani sulla tutela della donna e i diritti in genere, attraverso un linguaggio che sia alla loro portata e nel quale si possano riconoscere.

Dentro la canzone: Le Deva
Le Deva a Sanremo 2021 con Orietta Berti

Ritenete che qualche cambiamento sia già in atto?

Dei piccoli passi avanti sono stati fatti ma non è mai abbastanza.

Favorevoli al Ddl Zan?

Assolutamente sì, siamo tutte convintamente schierate. Abbiamo sposato la causa e l’abbiamo resa visibile sui nostri social, mettendoci letteralmente la faccia e ovviamente il palmo delle mani su cui abbiamo scritto Ddl Zan.

Cosa è l’amore universale?

È l’amore verso qualsiasi cosa, un fratello, una sorella, la famiglia, un amico, il prossimo, le proprie passioni e, in primis, verso sè stessi.

È un’energia che si espande a macchia d’olio, perciò bisognerebbe riempire il mondo d’amore e metterlo a dieta dall’odio.

Cosa merita l’amore?

Libertà di scelta. Chiunque deve poter amare chi vuole ed è fondamentale sentirsi liberi anche all’interno di una coppia, l’amore deve essere onesto, sincero, capace di creare la magia della condivisione.

Poi, naturalmente, merita rispetto. Ricordiamoci che non è giusto accontentarsi, dobbiamo puntare alla felicità perché solo così il posto nel quale ci scopriremo a vivere sarà irradiato dal sole. L’amore merita la luce.

 "L'amore merita" l’amore deve essere onesto, sincero, capace di creare la magia della condivisione.
L’amore deve essere onesto, sincero, capace di creare la magia della condivisione (Foto © Marco Piraccini)

Avete partecipato ad eventi o registrato video per sostenere questa causa?

Si, siamo molto compatte nel sostenere ed amare l’essere umano in tutte le sue sfaccettature, noi che possiamo alzare la voce lo facciamo volentieri per gridare i diritti di ognuno.

Basti pensare anche a brani pubblicati dopo “L’amore merita” come “A.I.U.T.O.” oppure al nostro nuovo singolo “Brillare da sola”, un inno alla forza interiore in cui parliamo del fatto che noi donne siamo troppo spesso abituate a sentirci dire dagli altri se siamo belle o capaci, brillando perciò di luce riflessa, quando in realtà dovremmo realizzare che siamo stelle in grado di splendere da sole.

Del resto, le stelle brillano anche se nessuno glielo dice.

Articolo a cura di Sara Chiarei

La canzone è una forma di comunicazione, cerchiamo artisti che abbiano già qualcosa da dire e che vogliano intraprendere un percorso di crescita artistica che gli permetta di stare sul mercato

Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records
Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records – Logo

Un’etichetta che produce pop e che ha deciso di stare nel mercato. Ne abbiamo parlato con Ioska Versari, co-founder e direttore artistico dell’etichetta.

Quando e perché nasce l’idea di aprire la vostra label?

Nasce durante la mia esperienza di producer per Mara Maionchi nelle edizioni di Xfactor del 2017 e 2018. In quel contesto ho scoperto qualcosa di diverso da quello di cui mi ero occupato sino a quel momento. Avevo già un’attività come produttore ma non avevo l’occhio sul mercato discografico.

In quella situazione ho avuto la possibilità di lavorare con grande libertà sui mondi artistici dei talenti della squadra di Mara. Per me è stata una grande possibilità che ha dato ottimi risultati, tant’è che nella prima edizione vincemmo con Lorenzo Licitra e nella seconda con Anastasio.

Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records

Il lavoro di Mara è sempre stato molto lontano dalle tipiche dinamiche televisive. I nostri artisti non erano scimmiette ammaestrate ma artisti che cercano la strada per la loro musica. Proprio in quella fase ho avuto, per così dire, l’illuminazione. Mi sono chiesto se le capacità che avevo scoperto di avere potesse diventare una label. Con me nell’avventura, sin dall’inizio c’è Rossella Falcone, che aveva lavorato per lungo tempo in Sony Music.

Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records cofondatori della label
Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records Versari e Rossella Falcone

Dove nasce il nome della vostra label?

Anche dal punto di vista dell’uscita economica (ride, nda) è stato un dissanguamento, inoltre le mie iniziali, IV, in inglese significano “flebo”. La nostra label vuole essere un’iniezione di musica sul mercato. Non siamo avulsi alle logiche del mercato, non siamo un’isola autonoma nel mondo della musica.

Abbiamo semplicemente deciso di portare avanti la nostra visione. Mi confronto e mi rapporto con le major da oltre dodici anni. Sappiamo perfettamente che le major da tempo non si occupano più direttamente della produzione artistica e dello scouting. In questi ultimi anni le etichette che l’hanno percepito hanno iniziato a occuparsene contribuendo così al potenziamento del mercato.

Noi siamo appena nati, dopo tutto, ma questo è quello che vogliamo fare: trovare artisti che nel 2021 abbiano qualcosa da dire e che possano stare sul mercato. La canzone è una forma di comunicazione e questa è una visione che rappresenta la vera potenzialità per chi vuole farlo per mestiere. Molti degli artisti dell’ultima generazione non sanno cantare e molto spesso non suonano nessuno strumento musicale ma sanno comunicare.

Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records Meazza
Meazza

Quali artisti cercate quindi?

Cerchiamo la voglia di potenziarsi per raggiungere un alto livello di comunicazione. Cerchiamo artisti che abbiano già qualcosa da dire e che vogliano intraprendere un percorso di crescita artistica che gli permetta di stare sul mercato.

Per quanto riguarda i brani, invece, se da un lato preferirei lavorare alla radice, di fatto, oggi anche l’artista che già possieda una dimensione e un’identità sonora e che è disponibile a mettersi in discussione per trasformarsi e trasformarla migliorandola ti da la possibilità di intervenire artisticamente.

Nasce il lavoro di squadra, quello in cui l’autore scrive i testi, il compositore la musica e se l’artista la sa interpretare la interpreta. Spesso si lavora in maniera collettiva sul testo, quindi ancora una volta la squadra. Il lavoro della musica è un migliorarsi continuo e la squadra è fondamentale.

Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records - La Monarchia
La Monarchia, una band toscana che fa pop intriso di sonorità anni ’90

Quali sono le punte di diamante del vostro roster?

Potrei dire tutte. Non abbiamo, in questo momento moltissimi artisti anche perché abbiamo deciso di seguirli a 360°. Con noi oggi c’è Meazza, un cantautore milanese che viene dal rap e che ha iniziato a cantare. Lavoriamo assieme da due anni e oggi c’è una sua identità artistica che sta emergendo.

Nel mese di maggio è in uscita il primo singolo dei La Monarchia, una band toscana che fa pop intriso di sonorità anni ’90. La sfida con loro è stata quella di portare nel 2021 il sound di quegli anni. A questi si aggiunge Tommy Lean, un producer con cui stiamo lavorando a progetti internazionali.

Etichette discografiche indipendenti: Flebo Records Tommy Lean (dj producer)
Tommy Lean (dj producer)

Com’è possibile per un emergente proporvi la sua musica?

È veramente molto semplice. Basta inviare una mail a fleborecords@gmail.com con un link che ci permetta di ascoltare i brani. Rispondiamo sempre a tutti.

Articolo a cura di Roberto Greco 

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