La musica per me è grande fonte di ispirazione. Trovo sempre musiche che mi diano l’umore di fondo

Musica a Teatro: Fabio Banfo
Musica a Teatro: Fabio Banfo La meccanica del cuore. Per quanto riguarda la colonna sonora dello spettacolo sto molto attento a non scadere nel banale, nello scontato, nel prevedibile (Foto © Nicolò Degl’incerti Tocci)

Drammaturgo, regista, attore, pedagogo, è nato a Vercelli e si è diplomato alla Paolo Grassi di Milano. Membro permanente del Teatro dei Sensibili di Guido Ceronetti, ha lavorato, oltre che in Italia, in Cile e in Argentina. Parallelamente allo studio del teatro contemporaneo ha approfondito la Commedia dell’Arte.

È stato ed è docente presso Teatri Possibili, al Binario 7 di Monza e presso il Centro MaMiMo di Reggio Emilia. Uno dei suoi spettacoli cult: Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo. Ultimamente ha scritto due monologhi per Irama.

Che tipo di musica ascolti?

Ascolto di tutto, ho avuto un periodo, quand’ero più giovane, in cui ascoltavo molto Metal, ma anche musica classica. Mi spiace molto di non averla studiata, la musica…ci ho tentato, con la chitarra, ma non ero nel periodo giusto della vita, non riuscivo ad essere metodico. La Classica la “guardo” come si guarda un bel panorama.

Come sei finito a dirigere un Rigoletto?

Uno dei grandi casi della professione. All’epoca insegnavo regia all’Accademia di Brera. Uscì un bando del Regio di Torino che metteva sul piatto un bel budget di produzione, e bisognava fare un progetto il più possibile economico, per un’opera lirica: Rigoletto. Cosa che riuscimmo a fare.

Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

Fu un’insegnante di scenografia che mi contattò pensando a me come regista. Io non avevo mai pensato di dirigere un’opera lirica ma mi sono buttato. E infatti è stata una grande esperienza.  Anche per imparare a come fare un progetto grosso. Nel frattempo ero partito per il Cile dove dovevo fare dei corsi, e mentre ero là mi è arrivata la buona notizia.

Non ho potuto sfruttare le conoscenze musicali che non avevo e non ho, per cui ho fatto una regia teatrale. Ho cercato di lavorare sulla storia, sull’evoluzione drammaturgica dei personaggi, in special modo sul personaggio di Gilda. Ho fatto un lavoro molto realistico.

Hai avuto delle difficoltà a lavorare non con attori ma con cantanti lirici?

Beh ci sono quelli che hanno in mente “Rigoletto non si fa così”… e quindi con loro diventa un po’ difficile. Ma ci sono anche quelli che si mettono a disposizione e ti seguono. Problemi ne ho avuto soprattutto in una scena in cui chiedevo al personaggio di essere un po’ vampiresco, volgarotto anche, diciamo, e il cantante era restio a eseguire certe azioni. Non voleva dare un’immagine “sbagliata” di sé. Non aveva introiettato il problema principe dell’attore, insomma: cioè il fatto che Non sei il personaggio.

Fabio Banfo Sommelweis
Musica a Teatro: Fabio Banfo – Sommelweis, breve storia dell’igiene. la musica la utilizzo come suggestione, anche se sempre non cerco l’effetto facile (Foto © Francesco Falciola)

Come la utilizzi la musica?

La musica per me è grande fonte di ispirazione. Trovo sempre musiche che mi diano l’umore di fondo. Quindi quando scrivo utilizzo quelle per recuperare il clima. La uso poi nel lavoro con gli attori, sia durante le prove che durante i laboratori.

Per quanto riguarda la colonna sonora dello spettacolo sto molto attento a non scadere nel banale, nello scontato, nel prevedibile, ma poi ovviamente dipende dal lavoro. Ad esempio quando ho diretto Tradimenti di Pinter ho cercato le musiche dell’anno preciso in cui si svolgeva la scena, mentre altre volte la utilizzo come suggestione, anche se sempre non cerco l’effetto facile.

Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

Una cosa che a teatro sconsiglio perché vedo che viene fatta spesso, è parlare sulla musica, a meno che sia un’operazione fatta proprio bene. In Semmelweis, breve storia dell’igiene, un monologo da me scritto qualche anno fa, questo succede, ma la musica era fatta su misura da Guido Tongiorgi, che avevo conosciuto tramite l’attrice ballerina che era in scena con me.

Alfredino che cos’è?

Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo, è’ uno spettacolo di narrazione. Dedicato al povero Alfredino Rampi, che tutti ricordano, è uno spunto per riflettere sul terrore mediatico, sulla spettacolarizzazione del dolore. È stato premiato come miglior spettacolo e miglior drammaturgia al Doit Festival di Roma.

Hai mai pensato di fare spettacoli alla Gaber, in cui anche canti?

Nel Confine, questo nuovo spettacolo, sono in scena con un musicista che mi accompagna, e a un certo punto un po’ quasi canto, in stile cabaret. Sono un po’ inibito a cantare veramente, un complesso che mi porto dietro da quando ero piccolo, anche se la ritengo una cosa bellissima.

Veniamo a Irama. Cos’è successo con lui?

Sempre i casi della vita. Al Binario 7 di Monza dove insegnavo recitazione avevo tra gli allievi la sorella di Irama. Lui l’ho conosciuto da ragazzino perché era venuto ad assistere al saggio finale del corso e ricordo che raccontava dei suoi primi passi nell’ambiente musicale, e lo vedevo molto determinato. Con lui avevo perso i contatti finché l’anno scorso durante la pandemia mi arriva un messaggio da sua sorella che mi avverte che lui mi avrebbe contattato. Aveva bisogno di una mano per scrivere un testo.

Stava partecipando ad Amici Vip, in gara, che poi ha vinto, e voleva portare un pezzo anche recitato, sulla vicenda di George Floyd, l’afroamericano ucciso da un agente di polizia a Minneapolis. Aveva buttato giù degli appunti ma voleva che il tutto diventasse un monologo teatrale. Mi sono fatto mandare i suoi appunti, ci siamo visti in skype, e ho lavorato sulla scia della sua ispirazione, non sul mio gusto e sul mio tipo di scrittura, cosa che faccio anche quando insegno scrittura teatrale.

Musica a Teatro: Fabio Banfo la meccanica del cuore

È  stato molto interessante per me che lui cercasse degli effetti che è abituato a cercare nella musica, e li cercava anche nel testo. Per esempio sul finale mi ha proprio spinto verso la soluzione che abbiamo trovato, mentre all’inizio io cercavo delle soluzioni troppo intellettuali. Dopo quella volta mi ha ricontattato quest’anno.

Era invitato a partecipare alla trasmissione di Massimo Ranieri sulla Rai e avrebbe cantato la canzone Rolex. La sua idea era un incontro con una prostituta. In due ore ho buttato giù l’idea del dialogo e la bozza di scena. Ho immaginato padre e figlio. Ho giocato sugli imbarazzi, sui non detti e sull’ambiguità. Sui pregiudizi. Poi abbiamo lavorato anche sulla recitazione, sempre a distanza.

Musica a Teatro: Fabio Banfo Alfredino
Alfredino, l’Italia in fondo a un pozzo. adoro lo spettacolo di narrazione e mi piacerebbe anche cantare, nel prossimo lavoro un po’ canto in stile cabaret (foto © Alessandro Villa)

Cosa hai in cantiere a breve?

Sto per riprendere il Confine, che tratta dei diversi tipi di confini nella vita delle persone (religiosi, generazionali, etnici, bene e male eccetera) tutto accompagnato dalla musica suonata da Giacomo Santini, produzione MaMiMo. In un altro progetto in via di definizione è previsto che il pubblico ascolti con cuffie, completamente immersivo, quindi. Poi riprendo Alfredino e sto scrivendo altri due testi.

Buon proseguimento, a presto quindi

A presto

Articolo a cura di Sergio Scorzillo

Leo Di Mauro: “ho una passione innata per la musica”

Note di Regia: Leo Di Mauro e il primo amore
Leo Di Mauro alla regia di Crazy Club

Un primo amore la musica, poi diventata professione per Leo di Mauro regista radiofonico di RTL che da più di 13 anni si occupa della regia del programma Crazy club oltre che di quella di una delle radio più ascoltate d’Italia. Un percorso iniziato durante l’adolescenza, in piccole realtà locali, diventato poi una professione che Di Mauro porta avanti con grande entusiasmo. Spiritoso, spigliato e preparato il regista conduce anche alcuni programmi in particolare in fascia notturna fa da spalla ad Alberto Bisi in uno dei programmi storici di RTL, il Crazy club appunto. Il suo rapporto con la musica, la gioia di poter lavorare divertendosi, li racconta Leo Di Mauro nella seguente intervista.

Ci racconti la tua passione per la musica?

Ho una passione innata per la musica. Sono quelle passioni che ci portiamo dentro fin da quando siamo piccoli e che crescono con noi. Non sono un musicista, ma mi sono divertito a creare qualche progetto retro pop o house. Il mio rapporto con la musica non può che essere ottimo ovviamente lavorando in radio. Non ho in realtà un solo genere musicale preferito, però sono dell’idea che non sia vero che la musica è tutta bella. Mi piace la musica funk, il rock di un tempo, il reggae e il rap, un po’ meno il trap.  Sono un amante delle cose fresche. Negli ultimi anni fatico un pochino ad apprezzare la musica italiana, è un po’ tutta uguale e nel momento in cui qualcuno fa qualcosa di leggermente sopra la media è individuato come genio della musica.

Come è cambiato negli anni il tuo rapporto con la musica?

Oggi tutto è cambiato con le piattaforme digitali: ogni giorno vengono distribuiti un numero elevatissimo di brani. La musica è alla portata di tutto ormai, perché è sufficiente sapere usare un computer senza nemmeno avere delle nozioni di spartito. La tecnologia ha quindi facilitato la produzione, c’è però da adire che i dischi una volta avevano un po’ più anima, energia e fantasia. Quello che trovo strano è che spesso mi capita di sentire brani veramente geniali suonati da band sconosciute e autoprodotte, che nessun produttore ha il coraggio di appoggiare e non capisco se in realtà manchi il coraggio di distinguersi. Sembra quasi ci sia una sorta di timore ad andare a scoprire l’artista più ricercato o di nicchia. È come se si puntasse molto a omologarsi e sul commerciale.

Note di Regia: Leo Di Mauro e il primo amore la musica non è tutta bella
Non ho in realtà un solo genere musicale preferito, però sono dell’idea che non sia vero che la musica è tutta bella

I tuoi primi passi nel mondo della radio?

Da ragazzino ho iniziato nelle piccole radio con il classico programma di richieste. Sono entrato in RTL come regista. Siamo stati i primi a portare la radio in tv e onestamente lo racconto con una punta di orgoglio. Il canale si chiamava Hit Channel e io lavoravo in quella redazione. Chiuso qual progetto l’editore decise di unificare sotto il nome di RTL radio e tv, siamo stati i primi a mandare in onda i messaggi di testo che arrivavano da parte degli ascoltatori. Attualmente RTL è strutturata in due diverse regie: la parte audio, di cui io mi occupo, e la parte audio-video che va in onda in tv.

Note di Regia: Leo Di Mauro e il primo amore sono ammalato di radio
Sono probabilmente “malato” di radio e ascoltarla da ragazzo mi ha sempre stimolato la fantasia

Oggi la radio ha lo stesso appeal di un tempo o secondo te gli ascoltatori si sono orientati su un diverso tipo di intrattenimento?

Tutto poi cambia nel tempo e io mi sento molto legato al vecchio modo di fare radio. Sono probabilmente “malato” di radio e ascoltarla da ragazzo mi ha sempre stimolato la fantasia. Immaginare il mondo che c’è dietro ad una voce che parla mi ha sempre affascinato. Lo schiocco della penna del conduttore sul tavolo, un rumore di sottofondo mi portava immediatamente a cercare di immaginare cosa stesse accadendo in studio. Le generazioni oggi sono cambiate e i giovani si annoiano un po’ ad ascoltare senza guardare, sono più orientati verso la tv o i social media.

Articolo a cura di Veronica Ruggiero 

Andrea Il Bonsa:  il regista di Virgin Radio, uno shaker di talento, gentilezza ed allegria.

“Milano a portata di mano. Ti fa una domanda in tedesco e ti risponde in siciliano. Poi Milan e Benfica. Milano che fatica, Milano sempre pronta al Natale che quando passa piange e ci rimane male, Milano sguardo maligno di Dio, zucchero e catrame. Milano ogni volta che mi tocca di venire mi prendi allo stomaco”.

Ed è proprio nella bellissima Milano che incontro il regista di Virgin Radio, un nome che è garanzia: Andrea Il Bonsa, uno shaker di talento, gentilezza ed allegria.

On Air 361: Lo stile Rock di Andrea Il Bonsa
Dal 1999 sempre stato dietro al mixer

Andrea grazie per aver accettato l’invito. La Radio che passione. Come ti sei avvicinato a questo mondo radiofonico?
Grazie a te Lorenzo e grazie a Mauro (ndr. Caldera di musica361). Beh mi sono avvicinato al mondo radiofonico per questioni di famiglia. Mio padre era ed è un produttore discografico e mio fratello uno speaker radio.

La Radio nel DNA. Padre discografico, fratello speaker e tu?
Ed io Regista. Sempre stato dietro al mixer da quando nel 1999 entrai a far parte di Radio Italia Network.

E dopo Radio Italia Network?
Dopo l’esperienza a Radio Italia Network sono approdato a Virgin Radio. Era il 2007.

Il 2007 è l’anno di nascita di Virgin Radio?
Giusto. Ed io sono arrivato poco prima di quel luglio 2007, mese e anno in cui ha preso vita Virgin Radio.

E a Virgin Radio qual è il programma che curi in regia?
È Virgin Generation, condotto da Andrea Rock ed in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.00 alle 20.00.

Di cosa tratta Virgin Generation?
Presentiamo le proposte musicali nuove, le nuove proposte insomma. Mantenendo il tratto musicale di Virgin Radio che è il Rock, anzi lo Style Rock.

WOW! Qualche nome di artista nuovo che passate a Virgin Generation?
Mmm, mi viene in mente Machine Gun Kelly oppure Yungblud.

E c’è interazione anche con l’ascoltatore?
Certo, sempre. A Virgin Generation si parla di sport americani, di serie tv, di argomenti young e si interagisce con l’ascoltatore tramite i canali social o whatsapp o telegram. Noi selezioniamo un argomento e lo proponiamo al pubblico.

On Air 361: Lo stile Rock di Andrea Il Bonsa e Andrea Rock
Andrea il Bonsa e Andrea Rock – Virgin Generation, condotto da Andrea Rock ed in onda dal lunedì al venerdì dalle 18.00 alle 20.00

Musica, interazione, diretta. Un bel lavoro di squadra tra regia e speaker
Si davvero. Un grande lavoro di squadra. Lo speaker (Andrea) sceglie i contenuti ed io lo assecondo con la musica, con i tempi, con le pubblicità. Sai, stare dietro al banco di regia non è semplice.

E portare la regia fuori per eventi?
Nemmeno ma il Firenze ROCKS è nel cuore

Andrea, MOMENTO MARKETTA. Perché ascoltare Virgin Generation?
Perché è una figata e quindi va ascoltato. È musicalmente di contenuto e Andrea Rock ha la capacità di tenere compagnia senza impegnare troppo.

Ed io aggiungo che consiglio a tutti anche le Repliche di Virgin Generation https://www.virginradio.it/sezioni/1178/virgin-radio-generation , un programma nato dalla professionalità e dall’amore per la radio e per la regia di Andrea al quadrato.

Io con il sorriso mi avvio verso nuove destinazioni. Salite a bordo? Passo a prendervi.

Articolo a cura di Lorenzo Amatulli 

Ultimi giorni per iscriversi al “Premio Amnesty International Italia Emergenti”. Scadenza prorogata al 18 maggio

 

Non solo talent: Premio Amnesty International Italia Emergenti Logo
Festival Voci per la libertà una canzone per Anmesty – Logo

L’idea è nata nel 1998 da un gruppo di volontari accomunati dal desiderio di diffondere e promuovere il rispetto dei diritti umani attraverso la musica nell’anno del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Nasce così il festival “Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty”, manifestazione sostenuta e promossa dalla Sezione Italiana di Amnesty International che crede nelle potenzialità dell’evento, unico nel panorama italiano.

Solo nel 2003 quel gruppo di volontari dà vita ad un’associazione, l’Associazione culturale Voci per la Libertà che prosegue il cammino del festival.

Obiettivo principale è la promozione dei diritti umani attraverso la cultura musicale e l’aggregazione giovanile, mantenendo uno spirito che le ha permesso di riunire attorno a sé, nel corso degli anni, un gruppo di volontari in continua crescita.

Il contest è dedicato a cantanti e gruppi musicali emergenti e prevede l’assegnazione del Premio Amnesty International Italia Emergenti che viene assegnato al brano che meglio riesce a interpretare e diffondere i principi della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Sia il testo e sia la musica devono essere di propria produzione anche se non necessariamente inediti.

Non solo talent: Premio Amnesty International
I Negramaro hanno vinto il Premio Amnesty International Italia, sezione Big, con “Dalle mie parti” premiata come miglior canzone sui diritti umani 2021

I vincitori del Premio Amnesty International Italia sezione Emergenti, oltre ad essere testimonial della raccolta pubblicata ogni anno per celebrare la manifestazione, avranno la possibilità di realizzare, a scelta, un singolo o un videoclip, che Voci per la Libertà s’impegnerà a diffondere a livello nazionale attraverso i propri canali di comunicazione.

Una apposita commissione (di esperti in ambito musicale, oltre che da componenti di Amnesty International e dell’Associazione Voci per la Libertà) si riunirà per selezionare gli artisti che accederanno alle semifinali del concorso.

La valutazione sarà basata sulla qualità artistica dell’esecuzione musicale e sull’affinità dei testi ai principi della D.U.D.U.

Tra tutti gli iscritti saranno selezionati otto semifinalisti, che si confronteranno dal vivo sul palco del festival.

Tra gli otto semifinalisti, si sono aggiudicati il Premio Web, indetto fra i primi iscritti gli Aftersat  con il brano “Sanpapiè”.

Il 25 luglio si terrà la finale fra i migliori cinque semifinalisti, designati da una prestigiosa giuria che verrà comunicata nel mese di luglio.

Durante la fase live del concorso, che si terrà dal 23 al 25 Luglio 2021 a Rosolina Mare (RO), il Premio Amnesty International Italia Sezione Emergenti sarà assegnato da una giuria specializzata con giornalisti di prestigiose testate a livello nazionale e saranno inoltre assegnati il Premio della Critica e il Premio Giuria Popolare.

Inoltre, negli ultimi tre anni, grazie ad un bando del NUOVOIMAIE vinto dal festival, uno dei finalisti del contest ha avuto la possibilità di realizzare un tour in tutta Italia.

Premio Amnesty International Italia Emergenti
Niccolò Fabi edizione 2020

Sul palco di Rosolina Mare (RO), dove dal 2012 si tiene il festival, sono saliti come vincitori del Premio o in veste di ospiti, i più importanti big della scena italiana, come Ivano Fossati, Modena City Ramblers, Paola Turci, Samuele Bersani, Subsonica, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Fiorella Mannoia, Frankie Hi-Nrg, Enzo Avitabile, Alessandro Mannarino, Edoardo Bennato, Nada, Brunori Sas, Enrico Ruggeri, Perturbazione, Marta sui Tubi, Africa Unite, Marlene Kuntz, Bandabardò, Morgan, Tre Allegri ragazzi Morti, Cristina Donà, Roy Paci, Niccolò Fabi e tantissimi altri.

Quest’anno I Negramaro hanno vinto il Premio Amnesty International Italia, sezione Big, con “Dalle mie parti” premiata come miglior canzone sui diritti umani.

È possibile scaricare sul sito del festival  il BANDO e la SCHEDA DI ISCRIZIONE. Altre informazioni sono reperibili sul sito www.vociperlaliberta.it.

Articolo a cura di Roberto Greco 

Valentina Privitera fotografa da “sottopalco”

C’era una volta una bambina con una macchinetta “usa e getta”

Vedere la Musica: Valentina Privitera Finley
Vedere la Musica: Valentina Privitera – Finley (Legnano 1.12.2017)

Valentina Privitera è giovane, eppure ha già fatto tanta strada per realizzare il suo sogno. Determinata e capace, scopre cosa vuole fare da grande, quando ancora bambina, ad un concerto dei Finley, armata di una macchinetta usa e getta, scatta le sue prime fotografie. Non è facile trasformare quella passione in un mestiere ma niente e nessuno può arginare quello che Valentina sente scoppiarle dentro.

La musica e la fotografia sono per lei linfa vitale e, lei ne è sicura, l’accompagneranno nella vita. Oggi Valentina ha “afferrato” il suo sogno e nonostante le difficoltà, la fatica, le incertezze (lei come tanti in questo anno che non potremo dimenticare, ha dovuto cercare di sopravvivere) guarda avanti ai tanti “sottopalco”, sguardi, palpiti che vuole poter incorniciare e raccogliere in quello che chiama il suo scrigno segreto.

In momenti difficili, ciò che abbiamo messo da parte nella stagione buona- dice Valentina – diventa motivo di resilienza e nuova energia.

Valentina come è entrata nella tua vita la fotografia?

Ho sempre amato la musica e il solo ascolto, non mi è mai bastato. Ero bambina e mi portarono ad un concerto dei Finley che ho sempre amato. “Armata” della mia macchinetta usa e getta ho scattato una fotografia dopo l’altra, senza riuscire a staccare gli occhi dall’obiettivo.

È cambiato qualcosa, dentro di me, che, ne sono sicura, ha cambiato la mia vita. Non appena ho visto le fotografie stampate, ho detto ai miei genitori: “Voglio fare questo da grande!”. Loro hanno creduto alle mie parole e da quel momento mi hanno sostenuta in tutto e per tutto. Mia mamma, mi ha fatto da modella perché potessi esercitarmi, incoraggiandomi. Ho studiato, ho lavorato tanto e finalmente, ho avuto la mia prima macchina fotografica “vera”.

Vedere la Musica: Valentina Privitera ragazza
Quel pizzico di errore, spesso, fa la differenza e firma in modo inequivocabile l’immagine.

Come è diventata il tuo mestiere?

Se non si hanno agganci, da soli, non è semplice riuscire. Il primo passo è stato aprire Outsider, il mio blog. Grazie a questo ottenevo i pass per i concerti per stare dove sapevo essere il mio posto: il sottopalco. Una postazione privilegiata per chi, come me, va cercando sorrisi, sguardi e quei guizzi che nonostante le luci e gli effetti scenici, fanno di un artista un essere umano.

Grazie proprio a Outsider, sono stata notata da Tutto Rock, che mi ha voluto in squadra. Da lì, tante conferme e concerti che rimarranno nella mia storia, come camei. Per esempio, a Genova Nervi, venni scelta come fotografa di palco per la data zero di Giorgia.

Avevo l’adrenalina a mille e la consapevolezza che i miei sogni, finalmente, diventavano realtà. Una vittoria importante, resa speciale dal fatto che giocavo in casa e potevo condividere la mia gioia con la mia città.

 Sei determinata e capace. Hai mai pensato di mollare? 

È stato difficile come ho detto, perché la fotografia è un hobby davvero costoso. Credo però, di non avere avuto scelta. Quando ho capito che musica e fotografia erano il mio mestiere, è stato impossibile rinunciarvi. Io sono Valentina e la musica e la fotografia sono imprescindibili.

La musica ce l’ho tatuata addosso – nel vero senso della parola- suono la batteria e con le mie fotografie riesco ad entrarvi dentro, regalando ciò che vedo e sento, agli altri. Ora la fotografia, quella della musica live, che preferisco, purtroppo è in stand by.

Per sopravvivere lavoro per le aziende, faccio shooting per cantanti e musicisti, ma anche matrimoni, eventi di qualunque genere. Ho fatto moltissimi lavori e per un certo periodo anche giornalismo, per potermi permettere le attrezzature e concedermi il tempo necessario a “crescere” e ancora adesso, non mi tiro indietro.

Il mio obiettivo, l’ho raggiunto ma non si arriva mai e, in tempi come questi, il gioco si fa sempre più duro. Perciò, sorrido, mi rimbocco le maniche e ce la metto tutta, sempre.

Vedere la Musica: Valentina Privitera Mendes
Shawn Mendes

Cosa cerchi nell’obiettivo?

L’emozione del cantante, il suo sguardo. La postazione che preferisco è il sottopalco, dove ho il privilegio di catturare la sua emozione, quei palpiti impercettibili, che lo raccontano. Non mi interessano le luci, gli effetti speciali: quello che conta è solo la persona.

Cerco e aspetto pazientemente, ciò che nessun trucco può nascondere. Non scatto foto a raffica ma mi lascio travolgere dalla sua musica e dal suo sentire, il momento, quello giusto, arriva. Sono una ritrattista e anche in ambito musicale, sono riconosciuta come tale.

Tra i tanti concerti, chi ti è rimasto nel cuore?

Il concerto di Ultimo, ad Assago il suo primo sold out, tre quattro anni fa. Lo stimo molto e vederlo così emozionato, esserci a condividere quel momento, davvero importante per lui, è stato indimenticabile. Poi quello di Shawn Mendes a Milano, dove scelta tra tanti fotografi, ho interagito col suo staff americano, composto da grandi professionisti che, con la loro disponibilità, mi hanno permesso di fare un’esperienza davvero formativa.

Ti lasci fotografare?

Preferisco fotografare gli altri, io sono in imbarazzo e non mi piace. Se proprio devo, preferisco fotografarmi da sola, perché è come se parlassi tra me e me. Questa è una forma di timidezza sulla quale devo ancora lavorare.

La mia rubrica è un viaggio attraverso le fotografie e le sensibilità di altrettanti fotografi. Che viaggio sarebbe quello con te?

Il mio viaggio partirebbe dalla mia città, Genova, alla ricerca di artisti di strada e persone comuni, per proseguire di città in città, ovunque nel mondo. Il mio obiettivo non cambia: sono le persone e le loro storie che si raccontano sulle geografie dei loro volti.

Porterei a casa sguardi, sorrisi, increspature delle labbra, emozioni. Un viaggio fatto di racconti di musica, persone comuni e in qualche modo di me stessa, riflessa negli occhi altrui. Perché imparo sempre qualcosa, mi rimane addosso, quello che vedo, che vivo ed è meraviglioso.

Cosa chiedi alla fotografia?

Alla fotografia chiedo di non lasciarmi, di camminarmi accanto anche nei momenti peggiori. È lo scrigno dove posso nascondere anche il dolore. È la mia migliore amica, compagna con la musica, per la vita.

Quanto è importante la tecnica?

Non mi interessa la tecnica, o meglio, credo sia fondamentale conoscerla, per infrangerla. Quel pizzico di errore, spesso, fa la differenza e firma in modo inequivocabile l’immagine.

Vedere la Musica: Valentina Privitera Ultimo
Il concerto di Ultimo, ad Assago, tre quattro anni fa, vederlo così emozionato, esserci a condividere quel momento, davvero importante per lui, è stato indimenticabile

Se ti trovassi accanto Valentina bambina con quella macchinetta usa e getta fra le mani, cosa le diresti?

Prima di tutto, sappi che è la strada giusta. Non mollare, arriveranno momenti complicati, difficili. Porta quest’emozione con te, anche quando incontrerai chi cercherà di dissuaderti. Fai tesoro di tutto e impara a fidarti di quello che senti, continua a credere nei tuoi sogni.

Valentina Privitera è una dei tanti che, invisibili, hanno continuato a sperare di tornare al lavoro. Inascoltati, hanno resistito per regalarci ancora il meglio della musica e dell’arte che sono e rimangono, la nostra vera e unica “arma”. L’unica che non ferisce, ma salva.

Articolo a cura di Paola Ferro 

Orietta Berti: l’amore di una mamma va oltre ogni diversità. Nel brano “Diverso” prende posizione contro l’omofobia.

Dentro la canzone: Orietta Berti "Diverso"
siamo nati per amare. Amando non si può far male a nessuno

Ho sempre pensato alla diversità, di qualsiasi razza fosse, come un valore aggiunto.

Quella risorsa di cui tutti, nel bene o nel male disponiamo, e che ci dona la grazia di essere unici, diamanti grezzi resi meravigliosi proprio dal fatto di poterci distinguere gli uni dagli altri.

Eppure tanta bellezza spesso non viene riconosciuta, ma al contrario additata di chissà quali assurde colpe soltanto perché una cosa, una persona, un comportamento, appaiono diversi -già, ma chi in realtà non lo è? – come se tale parola racchiudesse in sé tutti i misteri, e insieme le vergogne, dell’universo.

La verità è che per quanto possa esercitare un certo fascino attrattivo, la diversità principalmente spaventa. Molte persone hanno l’abitudine di proteggersi dietro schemi preconfezionati di cosiddetta normalità, respingendo aprioristicamente ciò che ritengono debba esserne escluso: divergenze di pensiero, questioni etniche, gusti sessuali.

La musica si è spesso soffermata su questi temi ed è importante che continui a farlo, perché le parole se cantate da un artista possono far riflettere e sensibilizzare ancora di più.

È il caso di Orietta Berti che nel suo ultimo lavoro “La mia vita è un film” con cui celebra i 55 anni di carriera (a fine aprile è uscito anche un cofanetto), ha inserito il bellissimo brano “Diverso” dedicato al tema dell’omosessualità con tutta l’infinta dolcezza che la contraddistingue.

Dentro la canzone: Orietta Berti "Diverso" Nel mio ultimo lavoro canto l’amore in tutte le sue declinazioni e non poteva certo mancare l’amore universale.
Nel mio ultimo lavoro canto l’amore in tutte le sue declinazioni e non poteva certo mancare l’amore universale.

Un contenuto sempre attuale e sul quale si sono accesi i riflettori della politica negli ultimi giorni grazie al Ddl Zan, disegno di legge contro discriminazioni e violenza per motivi fondati sul sesso, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità e rispetto al quale molti nomi del mondo dello spettacolo, compresa Orietta, si sono già detti favorevoli.

Orietta, perché hai deciso di dedicare un pezzo al tema dell’omosessualità?

Nel mio ultimo lavoro canto l’amore in tutte le sue declinazioni e non poteva certo mancare l’amore universale.

Come affronti l’argomento in “Diverso”?

Racconto di una mamma che aveva già capito tutto, perché una mamma non può non sapere, ma parla comunque con suo figlio dicendogli che avrebbe dovuto confidarsi con lei.

Non c’è niente di male se si è innamorato di una persona dello stesso sesso, noi siamo nati per amare. Amando non si può far male a nessuno, anzi.

È recentemente balzata agli onori della cronaca la notizia di una 22enne toscana cacciata di casa e ripudiata dai genitori dopo aver fatto coming out. Cosa ne pensi?

È una cosa assurda, non si può ripudiare un figlio e insultarlo per questa ragione.

Va contro ogni logica anteporre le chiacchiere dei vicini di casa all’amore per la nostra creatura che piuttosto dobbiamo continuare ad amare e proteggere sempre, per tutta la vita.

Quella ragazza, Malika, proprio come il protagonista di “Diverso” non ha nessuna colpa e poi che male può avere fatto alle altre persone? Purtroppo, ancora oggi nel 2021, molti non capiscono.

Perché, secondo te?

Io ho moltissimi amici gay e mi trovo perfettamente a mio agio con loro. Mi ritengo una persona aperta ma la verità è che io ho una mentalità normale, piuttosto è chi condanna ad avere una mente confusa e maligna.

Il 17 maggio si celebrerà la Giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia. Accetteresti di fare da testimonial?

Certo, mi sono stati chiesti pareri o clip telefoniche su questo tema. Altre volte, ad esempio in occasione del Gay Pride, ho realizzato video sul cellulare che gli ho poi girato, come forma di solidarietà e sensibilizzazione.

Dentro la canzone: Orietta Berti "Diverso" il bellissimo brano “Diverso” dedicato al tema dell’omosessualità con tutta l’infinta dolcezza che la contraddistingue.
il bellissimo brano “Diverso” dedicato al tema dell’omosessualità con tutta l’infinta dolcezza che la contraddistingue.

Mettendoci quindi la faccia e la voce…

Si, lo faccio volentieri. Figurati che con alcuni condivido una bella amicizia da 55 anni, non potrei mai tirarmi indietro.

La sola cosa da capire è che dobbiamo rispettare i sentimenti degli altri, sempre.

Articolo a cura di Sara Chiarei

Non solo rock, pop, rap o hip-hop

Etichette discografiche indipendenti: Aulicus Classics logo
Aulicus Classics – Logo

Non solo rock, pop, rap o hip-hop. Il panorama delle etichette musicali indipendenti italiane nasconde piccole gemme. Tra queste c’è Aulicus Classics, un’etichetta indipendente che pubblica musica classica, contemporanea ed elettronica.

Nel loro catalogo si possono trovare grandi classici del repertorio come Beethoven, Mozart e Busoni ma anche nuovi autori. Sul loro sito web c’è scritto “Aulicus Classics è un Auditorium virtuale dove il respiro della musica avvolge l’ascoltatore.

Un’avventura artistica che coinvolge una varietà di artisti e professionisti in registrazioni musicali che vanno dai grandi repertori di compositori noti e ammirati, a spartiti ricercati e di nicchia.

La volontà di Aulicus di allargare lo sguardo oltre la percezione sonora, ha dato vita ad una ricerca sostanziale nella scelta delle copertine per le nostre registrazioni, che attingono all’arte figurativa e pittorica e mirano a scoprire, valorizzare e promuovere il talento eclettico nel campo dell’arte visiva.”

Ne abbiamo parlato con Rosella Clementi, docente al Conservatorio di Musica G. Martucci di Salerno e direttrice artistica dell’etichetta.

L’attenzione delle etichette indipendenti non è spesso rivolta al genere musicale di cui vi occupate. Come nasce questa scelta?

L’idea nasce per vie traverse. Avevo conosciuto Romano Di Bari, un editore che da cinquant’anni si occupa di sincronizzazione perchè collaboravo con lui come autrice. Di Bari ha una casa di produzione musicale che produce musiche destinata al cinema e alla televisione.

Io, da diversi anni, mi occupavo di postproduzione e di produzione e direzione artistica per diverse case discografiche.

A quel punto della sua carriera, ha individuato in me la persona giusta per dare il via a questa nuova avventura, un’apertura alla musica classica. Ho coinvolto diversi artisti di fama internazionale con cui avevo lavorato garantendo qualità artistica ed estetica all’etichetta.

Tutto questo è successo poco più di due anni fa.

Aulicus Classics Mastroprimiano e Clementi
Aulicus Classics Costantino Mastroprimiano e Rosella Clementi

Com’è organizzato il vostro catalogo?

Nel catalogo abbiamo opere eseguite da esecutori che lavorano in prime parti nelle più rilevanti orchestre internazionali. Abbiamo un catalogo che copre diverse categorie. Musica antica, musica classica, quella ottocentesca per intenderci, musica contemporanea ed elettronica e abbiamo ampliato adesso con la categoria della musica live.

Ci tengo particolarmente alle incisioni con esecutori importanti realizzate durante una live session. Abbiamo inoltre una sezione denominata “Modern Classical Music” che accoglie giovani compositori propesi alla musica per sincronizzazione, per il cinema, la televisione e il teatro.

Questa sezione accoglie anche musiche realizzate con tecniche digitali, realizzate con suoni campionati di altissimo livello. La scelta tiene conto che questo approccio compositivo è anche entrato a pieno titolo nella formazione dei Conservatori.

Investite anche su nuovi autori, quindi.

Assolutamente si. La stessa categoria “Contemporary – Electronic Music”, che vedrà tra breve la pubblicazione dell’ultimo lavoro di Giorgio Nottoli autore affermatissimo, vede nel suo catalogo due produzioni di due giovani compositori molto bravi, Anacleto Vitolo che ha pubblicato “Obsidian” e Josè Valente che ha pubblicato un album di musica per fisarmonica dal titolo “Modern Music Spectrum”.

Aulicus Classics Giorgio Sasso Roma
Giorgio Sasso, Rosella Clementi – Insieme strumentale di Roma

Come vi siete organizzati per la registrazione degli album che, visto il genere musicale che trattate, non può essere realizzata in un piccolo home studio?

Curiamo le produzioni dall’inizio, ossia dalla progettazione alla realizzazione. A Roma abbiamo uno studio-partner di riferimento, che è “Telecinesound”, uno studio storico che è in attività da oltre 50 anni.

All’interno di quello studio c’è Simone Sciumbata, il nostro tecnico di grande fiducia, che si occupa anche delle registrazioni in esterna perché, spesso, la location di registrazione non è lo studio e in quel caso utilizziamo uno studio mobile.

La registrazione è una fase importante della qualità del suono e proprio a questa fase dedichiamo particolare attenzione. Curo personalmente la regia musicale, valuto la qualità dei take e curo direttamente la fase di montaggio al fine di poter avere un master finito che risponda agli standard qualitativi che ci siamo imposti.

Come vi siete organizzati per la distribuzione?

A livello internazionale siamo distribuiti da Egea. La distribuzione dei supporti, perché noi produciamo anche dischi fisici, la curiamo invece direttamente. Abbiamo circa trecento referenti cui sono inviate le uscite discografiche.

Questo ci ha permesso di “metterci in evidenza” e ci ha dato grandi riscontri anche nella distribuzione digitale: negli ultimi mesi del 2020 abbiamo realizzato oltre 70.000 download.

Aulicus Classics Strak
Strak Quartet e Paolo Beltramini con Rosella Clementi

Progetti per il 2021?

Diversi. Nel caso della musica antica è prevista l’uscita di Roberto Gini, un violista da gamba, con un lavoro di musica del ‘700. Costantino Mastroprimiano uscirà con l’opera 10 e l’opera 14 di Beethoven.

Abbiamo inoltre diversi live che vedono come protagonista Gabriele Pieranunzi, del teatro San Carlo, con artisti importantissimi. Sul fronte della “Modern Classical Music” usciranno invece i nuovi lavori di Alessio Miraglia, Carlo Mezzanotte e di altri ancora.

Nella nostra giovane storia abbiamo raccolto intorno alla nostra iniziativa importanti artisti nazionali e internazionali, tra questi Bruno Canino, Giovanni Punzi, Fabrizio Falasca, Costantino Mastroprimiano, Paolo Beltramini, Toke Moldrup, Costantino Catena, Olga Zdorenko, Stefania Redaelli, Marsida Koni, Sebastiano Brusco, Paolo Vivaldi e molti altri che ci hanno permesso di realizzare ad oggi, ed in breve tempo, una produzione di oltre 40 album mentre circa altri 20 sono in completamento per assicurare la pubblicazione di 2 nuovi album mensili.

 

Canino Falasca e Clementii
Fabrizio Falasca – Rosella Clementi – Bruno Canino

Come trovate i nuovi talenti? Fate scouting?

Essendo anche un insegnante, so che all’interno dei Conservatori ci possono essere talenti interessanti. L’attuale situazione non ci ha permesso di attuare lo scouting, che era uno dei nostri progetti sin dalla fase iniziale.

Diversi artisti ci inviano i master dei loro lavori che valutiamo. I giovani talenti, per la nostra etichetta, sono fondamentali. Per entrare in contatto con noi è possibile consultare il nostro sito e inviare i lavori alla mail indicata.

Spazio, quindi, anche i talenti della cosiddetta “musica colta”, alle loro reinterpretazioni e, soprattutto, alla musica che ci accompagnerà nel terzo millennio.

Articolo a cura di Roberto Greco 

Maria Antonietta Centoducati: la musica è nella mia testa e nella mia anima

Musica a Teatro: Maria Antonietta Centoducati Maria Stuarda
Ho avuto la fortuna di interpretare grandi donne, come Maria Stuarda, Desdemona, Matilde di Canossa… (Foto © Giuseppe Mastinu)

Oggi incontriamo Maria Antonietta Centoducati: Attrice, Regista, Formatrice teatrale, Docente di Lettere. Nata a Sassuolo, abita a Reggio Emilia.

La sua formazione è ricca di esperienze con diversi maestri del teatro internazionale come Marcel Marceau, Michel Azama, Josè Sanchis Sinisterra, il Living Theatre, Laura Curino, Danio Manfredini, Nicolaij Karpov, Daniele Salvo, Leo Muscato e tanti altri.

Collabora con varie compagnie di prosa professioniste e con diversi musicisti.

Che musica ascolti nel privato. Classica? Leggera? Tutto?

La musica posso dire che “abita” la mia vita da sempre, fin da quando ero una bambina e giocavo ascoltando i dischi di musica classica e le colonne sonore di mio padre. Quelle musiche bellissime erano, per me, il sottofondo di storie incredibili che recitavo da sola, nella mia stanza.

La musica mi trascinava, era lei a gestire i tempi e la durata delle mie “recite” davanti alle bambole che mi guardavano estasiate.  A volte penso che avrei dovuto fare la musicista, la musica è nella mia testa e nella mia anima.

Ricordo ancora le colonne sonore di film che guardavo da bambina e che canticchio anche adesso, la musica mi è sempre rimasta incollata addosso per giorni e giorni.

Cosa ascolto adesso? Tanta musica classica, in particolare amo la musica barocca, adoro Bach, Handel, Vivaldi. Tanta musica lirica, un’altra mia grande passione che mi porto dietro da quando ero bambina e andavo a vedere le opere con mia madre.

Quando scrivo i testi ascolto invece le colonne sonore, anche di film sconosciuti e mai visti, in casa ho più di 400 cd di colonne sonore, difficile dire quale sia la mia preferita, certamente Morricone ha composto colonne sonore straordinarie come “C’era una volta in America”, “Nuovo cinema paradiso” e tante altre.

Mi piace molto anche il compositore John Williams (sue le colonne sonore dei film “Schindler’s List” e “Le ceneri di Angela”). La musica leggera? Paolo Conte, che trovo profondo e mai banale, Renato Zero, De Gregori, De Andrè.  E infine il grande jazz, Miles Davis, Chet Baker, Ella Fitzgerald.

Hai lavorato molto come insegnante, usi la musica? Quale, come?

Come insegnante di teatro uso moltissimo la musica: le lezioni partono sempre con un training fisico con musica rilassante (spesso uso musica tratta dal Buddha Bar). Nel corso della lezione ci sono sempre momenti di improvvisazione sulla musica: gli allievi, ispirati dalla musica, devono dare vita a un personaggio, oppure vivere emozioni.

Per questi esercizi utilizzo musiche diverse: classica, jazz, brani tratti da diverse colonne sonore, musica etnica.  La musica funziona sempre: aiuta a lavorare sulle emozioni in modo estremamente intenso, soprattutto nello studio dell’interpretazione del personaggio.

Nei “saggi” finali la presenza della musica è altrettanto importante, la scelgo con molta cura, la musica diventa una “voce” che rafforza la voce degli attori.

Quando invece tengo laboratori di teatro-terapia con persone fragili o affette da disturbi della sfera espressivo-comunicativo-relazionale, utilizzo la musica classica come strumento per creare un clima sereno e avvolgente che possa tranquillizzare e preparare le persone alla lezione.

Hai fatto molto teatro classico ma tantissime volte hai partecipato a spettacoli con musica…Verdi. Beethoven. Raccontami come ci sei arrivata, quali ricordi con particolare entusiasmo e perché

Ho sempre cercato di fare un tipo di teatro che coinvolga i sensi, la pancia e il cuore e in cui la musica dal vivo è sempre presente. Ho una collaborazione, da anni, con il pianista e compositore Ovidio Bigi e con l’attore Gianni Binelli, insieme abbiamo creato il Trio Teatro dei Sentieri e realizziamo spettacoli diversi spaziando dal teatro classico, al teatro civile, storico e comico.

Ovidio Bigi, artista di grande bravura e sensibilità, compone musiche originali degli spettacoli del nostro Trio: non è un sottofondo, ma la musica è indispensabile voce che si mescola con le parole del testo e diventa una seconda pelle per noi attori.

Sono nati tanti spettacoli di parole e musica dedicati a temi civili come il Femminicidio, la Shoah, la Resistenza, la Mafia, il Gioco d’Azzardo Patologico, testi classici come Antigone, Ifigenia, Elettra; di argomento storico come lo spettacolo su Matilde di Canossa e Lucrezia Borgia.

Ogni spettacolo ha le sue musiche uniche e originali.  Nel corso degli anni ho avuto anche la fortuna di poter lavorare come MIMO e figurante speciale nelle opere liriche.

Musica a Teatro: Maria Antonietta Centoducati 2
La musica abita la mia vita da sempre (Foto © Enzo Zanni)

Ecco, essere “immersa” nella musica dell’orchestra è straordinario e appagante per una appassionata di lirica come me. Il ruolo del MIMO è ovviamente secondario nelle opere, eppure mi sono emozionata tante volte.

La mia esperienza come MIMO è iniziata nel 1995, poi nel corso degli anni ho partecipato a diverse produzioni. Quella che ricordo con più nostalgia è Candide di Bernstein, divertente e molto appagante per i tantissimi cambi di ruolo e di costume.

La più emozionante invece il film Rigoletto di Verdi con la regia di Marco Bellocchio girato nel 2010 interamente a Mantova e andato in diretta in Mondovisione.

È  molta ricca anche la mia collaborazione con cantanti lirici e musicisti. Uno spettacolo che mette insieme lirica e prosa e che ho amato molto è “Quando penso a Verdi” con il pianista Roberto Barrali e la soprano Angela Gandolfo in cui io interpreto la moglie di Verdi, Giuseppina Strepponi; un altro spettacolo molto intenso tra prosa, lirica e danza è “Le lacrime di Desdemona” dedicato al Femminicidio in cui rivivono le eroine di alcune opere liriche vittime della violenza maschile, come ad esempio Desdemona.

Aneddoti curiosi?

Me ne viene in mente uno molto divertente: nel 2010 stavo portando in tournèe uno spettacolo dedicato alle eroine delle opere di Puccini e con me c’era una cantante lirica e il suo pianista. Eravamo in Puglia, in una masseria del 1600 immersa tra gli ulivi, un posto estremamente evocativo, bellissimo.

Quel giorno c’era un pubblico selezionato, tra cui il sindaco del paese ospitante: ricordo che c’era una luce bellissima, facevamo lo spettacolo al tramonto, il pubblico era attento e tutto stava procedendo a perfezione.

A metà spettacolo, il pianista, dovette lasciare il pianoforte e correre in bagno a causa di un improvviso mal di pancia.

La cantante non sapeva come fare. A un certo punto il Sindaco ci raggiunse sul palco e si offrì di continuare ad accompagnare la cantante. Senza aspettare la nostra risposta si sedette davanti al piano e iniziò a intonare un’aria tratta da Tosca di Puccini.

Era straordinario, la cantante iniziò a cantare “Vissi d’arte” e poi continuarono con Madame Butterfly, Turandot.

Il pubblico era così contento che ci fecero fare ben tre bis. Il povero pianista non osò tornare sul palco e il trionfo della serata fu tutta del Sindaco/pianista che cinque giorni dopo ci fece fare una replica in più nel cortile interno di un castello svevo e, naturalmente, chiese di poter partecipare per fare almeno un brano con la cantante.

Cosa stai preparando ora e cosa farai nel prossimo futuro?

Attualmente, con il mio Trio Teatro dei Sentieri stiamo allestendo lo spettacolo dedicato a Cesare Pavese “Il rumore delle parole” che, Covid permettendo, dovrebbe debuttare il 18 giugno a Giussano (MI).

Contemporaneamente sto lavorando con la Fondazione Famiglia Sarzi  che si occupa di burattini e teatro di figura,  allo spettacolo per burattini e attori  scritto da me e Gianni Binelli  “Esto, il burattino” dedicato a Ernesto Rossi, colui che insieme ad Altiero Spinelli e Eugenio Colorni ha  composto il “Manifesto di Ventotene” elaborando le basi teoriche del movimento federalista europeo.

Con l’arpista Carla They, e la soprano Annalisa Ferrarini stiamo allestendo uno spettacolo dedicato ad Artemisia Gentileschi “Del mio dolce ardor”

Nel prossimo futuro spero di ricominciare i Laboratori teatrali con gli allievi (ragazzi e adulti) che ora stiamo tenendo a distanza e poi spero di recuperare almeno alcune date degli spettacoli le cui tournèe si sono interrotte un anno fa: “All’alba vincerò” sul gioco d’azzardo patologico, “Due eroi italiani” dedicato a Falcone e Borsellino e “Camille” dedicato alla scultrice Camille Claudel.

Musica a Teatro: Maria Antonietta Centoducati Matilde di Canossa
Ho studiato molto Matilde di Canossa, che ho portato in scena spesso, e sulla quale ho pubblicato un libro (Foto © Giuseppe Mastinu)

Mi dici qualcosa sui libri che hai scritto?

Nella mia vita ho sempre scritto tantissimo: in particolare poesie e i testi teatrali di molti spettacoli che interpreto come attrice e non mi sono mai decisa a pubblicare nulla!

Ultimamente sono tra gli autori del libro “Impara l’arte. Terapia come arte, arte come terapia” curato dallo psichiatra Giorgio Magnani che racconta l’esperienza importantissima di teatro/terapia che ho condotto per diversi anni presso il Centro Salute Mentale di Carpi.

Altra pubblicazione recente è il libro di poesie “Quattro stagioni, non di più” che mette insieme alcune mie poesie, i quadri del pittore Marino Iotti e i testi poetici del sociologo dell’arte Sergio Bevilacqua ed è nato per una performance che ha messo insieme un ensemble di musica jazz, due ballerini, e la mia voce recitante.

Pochi mesi fa, mi sono decisa a pubblicare il libro che raccoglie i miei testi teatrali dedicati a Matilde di Canossa, un personaggio che ho studiato approfonditamente e che ho interpretato diverse volte: nel 2015 ho indossato i panni della Grancontessa al prestigioso 50° Corteo Storico Matildico di Quattro Castella (Re) con Matteo Setti nei panni di Enrico V.

Gli ultimi testi che ho scritto (ma non ancora pubblicati) sono fortemente legati alla musica, il primo è “Amata immortale” dedicato alla vita di Beethoven che ha debuttato il 21 Giugno 2020 in prima Nazionale al Teatro Comunale di Carpi con l’attore Renato Carpentieri, il pianista Andrea Dindo e la violinista Patrizia Bettotti.

E recentissimo, “La voce dei colori” dedicato al pittore Henri Matisse che è stato registrato nel febbraio 2021 presso il Teatro Comunale di Carpi con l’attore Sandro Lombardi e il pianista Antonio Ballista.

Articolo a cura di Sergio Scorzillo 

A ricordare cosa fosse il cinema prima del digitale è Giovanni Minerba, regista ormai in pensione, ma con un grande bagaglio professionale alle spalle

Note di Regia: Giovanni Minerba il cinema dei "Diritti"
alcuni dei miei gruppi preferiti sono band che suonano in piccole realtà territoriali, in particolare nel Salento.

Come in tutti i settori anche la regia assume connotazioni diverse a seconda di come la si interpreta. Il vecchio modo di lavorare ha lasciato spazio alle nuovissime tecnologie, ma non è possibile dimenticare il passato da cui tutto è partito. A ricordare cosa fosse il cinema prima del digitale è Giovanni Minerba, regista ormai in pensione, ma con un grande bagaglio professionale alle spalle.

Nel 1982 gira, insieme a Ottaviano Mario Mai, il primo lavoro video “Dalla vita di Piero”, presentato al primo Festival Cinema Giovani, poi fra gli altri (24 film) Messaggio, Io non sono come te, Inficiati dal male, Partners, Il Fico del Regime, tutti auto prodotti, che partecipano a vari Festival ricevendo molti riconoscimenti.

Dopo aver girato vari Festival per presentare i propri lavori, nel 1986 creano il Torino Gay & Lesbian Film Festival. Nello stesso anno iniziano la collaborazione con RAI 3 realizzando sei Docu-fiction fra i quali Giovanni, “remake” di “Dalla vita di Piero”, che la Rai mandò in onda più volte anche in prima serata. Auto finanziandosi producono anche per altri autori italiani, fra questi Tonino De Bernardi, per “Viaggio a Sodoma e Accoppiamenti non giudiziosi”.

Insieme ad Ottavio Mai, nel 1990 cura il volume Derek Jarman e il suo Cinema. Nel 1994 gira il cortometraggio “Orfeo, il giorno prima”, ispirato ai Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, selezionato per i Festival di Venezia, Berlino, San Francisco, Toronto, Tokio, e molti altri. Nel 2000 la regia televisiva dello spettacolo teatrale “Che cos’è mai quest’amore – confessioni di sacerdoti omosessuali” di Carlo di Maio.

Insieme allo scrittore Alessandro Golinelli, nel 2001 gira Lo schermo svelato, trasmesso da Tele+. Sempre con Golinelli, nel 2002, in occasione del decennale della scomparsa di Ottavio Mai gira il documentario Ottavio Mario Mai, selezionato, fra gli altri, al Festival di Berlino e al Torino Film Festival.

Nel 2003 organizzando un’importante Retrospettiva su Jean Cocteau, pubblica, per Falsopiano, scritto insieme a Cosimo Santoro “Jean Cocteau e il cinema”

In occasione de ventennale della scomparsa di Ottavio Mario Mai, nel 2012 insieme a Piero Valetto cura la riedizione di “In punta di cuore”, raccolta delle Opere di Ottavio Mai, e per Espress Edizioni scrive insieme ad Elsi Perino la graphic novel disegnata da Mattia Surroz “Negli occhi il cinema, nelle mani l’Amore – Storia di Ottavio Mario Mai”.

Come è cambiato il mondo dietro a una cinepresa ce lo racconta Giovanni Minerba nella seguente intervista.

Note di Regia: Giovanni Minerba il cinema dei "Diritti" Giuliano Sangiorgi
Giovanni Minerba e Giuliano Sangiorgi dei Negramaro

Che ruolo ha avuto la musica nella sua vita?

La musica ha sempre avuto un posto in prima fila nella mia vita. A volte l’ho ascoltata anche in maniera compulsiva. Mi piace la buona musica, non per forza commerciale, anzi alcuni dei miei gruppi preferiti sono band che suonano in piccole realtà territoriali, in particolare nel Salento.

Spesso le passioni diventano interessanti anche a livello professionale e le musiche del mio territorio, quindi pizzica o tarantella, sono state utilizzate anche all’interno dei film che ho montato. Naturalmente sono un estimatore anche di artisti più noti, con alcuni dei quali ho intrapreso anche rapporti di amicizia.

… Nella sua professione invece?

Nel mio lavoro la musica è sempre stata importante. Fino a qualche anno fa dirigevo il Festival del cinema di Torino e ogni anno ho sempre voluto un importante ospite musicale in apertura e chiusura della manifestazione.

Spesso durante le serate di Festival abbiamo lanciato invece band giovani e in alcuni casi meno conosciute, un esempio su tutti i Negramaro che ospiti all’inaugurazione hanno cantato il brano “Estate”.

Per noi organizzatori era importante che il pubblico in attesa del film ascoltasse buona musica e nel contempo avevamo la possibilità di far conoscere la linfa musicale che girava negli ambienti piemontesi.

Come è cambiato il mondo della regia dai suoi esordi ad oggi?

Il mio lavoro dagli esordi ad oggi è cambiato molto. Tutto si è semplificato con l’arrivo della tecnologia. I mezzi attualmente disponibili hanno creato delle possibilità totalmente diverse.

Quando ho iniziato per produrre un film erano necessarie telecamere costosissime, si registrava tutto su Vhs oppure si passava direttamente al 16 mm o al 35 mm. Adesso questo modo di lavorare è superato, rarissimamente succede.

Oggi si gira tutto in Tvcam e con tecniche più a portata di mano, meno costosi e con una qualità migliore rispetto al passato. I giovani in epoca moderna riescono a fare cortometraggi di buona qualità e interessanti solo con un cellulare.

Note di Regia: Giovanni Minerba il cinema dei "Diritti" Torino con Orietta Berti
Festival del cinema di Torino- Giovanni Minerba e Orietta Berti

 

In che modo il digitale ha semplificato il vostro lavoro?

Lavorare con i nuovi mezzi ha rivoluzionato anche la nostra professione. Poter rivedere la scena subito dopo averla girata permette di capirne gli errori e di rifarla in tempo reale. Prima ci voleva una settimana solo per sviluppare la pellicola prima di poter capire se il risultato del girato fosse utilizzabile.

È chiaro che anche il post girato risulta più semplice. Nel rivedere la scena è possibile già immaginare come montarla e quale musica possa essere la più adatta. I programmi di montaggio oggi in commercio hanno fatto il resto.

Non si rende più necessario andare in uno studio di montaggio per creare un film, ma è sufficiente avere buoni programmi e computer adeguati e poi magari andare in studio per fare pulizia di immagine e di audio.

Articolo a cura di Veronica Ruggiero

Luigi Mantovani di Radio Torre Macauda con “Zona Mista” rende felici i suo radioascoltatori

On Air 361: Luigi Mantovani di Radio Torre Macauda
On Air 361: Luigi Mantovani di Radio Torre Macauda

Chiudo gli occhi e sogno. Sogno e mi teletrasporto. Con un cucchiteddo in mano che prendo a morsi di tanto in tanto mi dirigo verso un punto panoramico di Via Porta di Mare dove oltre al mare, c’è un muretto con tanti vasi coloratissimi di ceramica. Eh sì, sono proprio in Sicilia, sono proprio a nella meravigliosa Sciacca, città dove ha sede Radio Torre Macauda e il suo speaker Luigi Mantovani.

Luigi, grazie per aver accettato l’intervista. Speaker. Quando è nata la passione?
Grazie a te Lorenzo. Tutto è nato negli anni 90 grazie ad un mio parente che lavorava in radio e mi ha invitato negli studi come ospite.

Da ospite a speaker
Si. Ringrazio il mio parente che è stato il mio maestro e quindi mi ha insegnato a fare radio ed io mi sono appassionato. Insieme siamo stati in molte radio del territorio. Sono partito registrando le puntate e poi è arrivata la diretta.

Un pigmalione che aveva fiutato del talento
Si. Un talento che mi ha portato oggi ad essere speaker di Radio Torre Macauda nella bellissima Sciacca.

Parliamo di Radio Torre Macauda. Quando sei arrivato in questa Radio?
Sono arrivato a nel 1999, come dicevo, dopo essere stato speaker in altre 3 radio siciliane.

On Air 361: Luigi Mantovani
Luigi Mantovani in studio a Radio Torre Macauda

E andiamo nello specifico. Qual è il tuo programma a Radio Torre Macauda?
La mia trasmissione si chiama Zona Mista e va in onda ogni venerdì dalle 18:20 alle 19:20 e in replica la domenica dalle 12.00 alle 13.00.

Titolo perfetto per questo periodo storico. Di cosa tratti in Zona Mista?
Tratto argomenti vari. Si spazia dalla cronaca, dallo spettacolo. Si trattano le notizie italiane dando priorità a quelle siciliane.

E tra una notizia e l’altra ci sono anche degli ospiti?
Si anche se ho iniziato con le interviste poco prima di questa situazione che stiamo vivendo. Ho avuto il piacere di intervistare Antonio Mezzancella, i Jalisse, Tiziana Rivale e Davide De Marinis.

Wow! E c’è un episodio che ricordi con divertimento quando hai intervistato?
Si (sorride) Di recente mi è stato fornito un numero errato di un Artista da intervistare e alla fine ho proseguito l’intervista con l’Artista sbagliato. E ti dirò, era molto interessante.

Luigi, che musica arricchisce la tua trasmissione?
Beh, spazio dalla musica anni 80, a quella anni 90 fino ad arrivare alla musica dei giorni d’oggi. Insomma rendo felice tutti i miei ascoltatori di qualsiasi età.

E come possiamo ascoltarti?
Siamo una Radio FM e quindi potete ascoltarci in FM se siete in zona Agrigento o in zona Trapani. Altrimenti in streaming sul sito www.radiotorremacauda.it

Luigi Mantovani Zona Mista a Radio Torre Macauda
Luigi Mantovani Zona Mista a Radio Torre Macauda

Momento “Marketta”. Perché Luigi dovremmo ascoltare Zona Mista?
Perché è una trasmissione semplice. Per tutti. Con contenuti e linguaggio semplice e scorrevole.

Grazie infinite a Luigi Mantovani di Radio Torre Macauda e alla bellissima Sciacca, città siciliana nota anche per il suo Carnevale. Io mi rimetto in viaggio e con la mia mente mi dirigo verso altre Radio italiane.

Articolo a cura di Lorenzo Amatulli

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