Cronache spettinate di un rocker emiliano
Complice il lockdown, Marco Ligabue ha deciso di ripercorrere la sua vita e metterla nero su bianco attraverso il suo “Salutami tuo fratello”, un libro autobiografico che ci propone un racconto intimo e sincero che si dipana tra vita privata, ricordi, aneddoti ironici, tanto rock’n’roll e tanta Emilia-Romagna.
Edito da Pendragon, casa editrice bolognese nata nel 1994, il libro è in vendita a partire dall’8 marzo ed è organizzato in trentatré capitoli. Ogni capitolo un frammento del lungo viaggio che ha vissuto il palco da ogni lato: prima da fan del fratello poi da addetto ai lavori, musicista e infine da protagonista non più solo fratello di una rockstar.
Trentatré racconti autobiografici che lo raccontano dall’infanzia e arrivano fino a oggi, quando Marco, appena varcata la soglia dei cinquant’anni, ha deciso di ripercorrere i momenti più importanti e belli della sua vita e di darli alle stampe.
“È nato dallo spunto di un giornalista – ha dichiarato Marco – che mi ha detto che con la vita che avevo fatto, da addetto a lavori all’essere fratello di una rockstar, avrei potuto farlo e pagina dopo pagina tutto mi è sembrato normale e facile da trasporre in parole sulla carta.
Ho parlato senza pudore delle mie fragilità proprio perchè essere ‘il fratello di’ mi ha fatto affrontare aspetti interiori che ho scoperto di possedere.
Ho approfondito la mia musica, la mia vita privata e ho tirato fuori una tenacia e una testardaggine tutta emiliana.
Per questo è nato questo libro, per raccontare una vita in cui mi hanno sempre detto ‘salutami tuo fratello’”.
L’Emilia, la sua profonda vena rock che sembra le scorra nelle vene come il grande fiume la percorre per la sua interezza, il sapore delle vecchie osterie in cui si sentono l’odore del lambrusco e il rumore delle carte da gioco sbattute sul tavolo, il ‘Tropical’, la balera gestita dai suoi genitori elemento fondamentale per la sua formazione: “Proprio al Tropical, avevo 4 o 5 anni, ho capito che la musica, quell’onda sonora magica, mi faceva stare bene e mi è rimasta dentro per sempre – ci ha detto Marco – Ero piccolo e non capivo bene i meccanismi legati alla musica dal vivo e ai concerti. Luciano invece aveva 13 anni, quindi ha potuto approfittarne e viversi appieno quelle serate speciali anche limonando nei divanetti in ombra nella balera”.
Lucido anche nel rapporto con Luciano, il fratello maggiore: “Ho cercato di lavorare sempre a testa bassa, con caparbietà. Non ho mai vissuto il nostro rapporto con un senso di disagio o delle difficoltà particolari anzi ci vogliamo molto bene da sempre e lo dimostra quanto ha scritto nella quarta di copertina del libro.
Luciano è meno espansivo di me, ma quando parla è molto centrato perchè dà peso ad ogni singola parola. Per me è sempre stato molto bello camminare al suo fianco e vivere questo percorso insieme”.
A riprova di questo, Marco ha detto: “Iniziai a sostenerlo fin dal primo momento quando, nel 1987, Luciano iniziò a esibirsi nei suoi primi concerti. Facevo il “butta dentro”, ossia raccoglievo amici e avventori dei bar della zona per portarli ai suoi concerti e spesso (ride, nda) gli promettevo un bicchiere di spuma e una nutrita presenza femminile.
Poi arrivò il 1990 e la sua ‘Balliamo sul mondo’ con la quale vinse il Festivalbar nella categoria giovani. Da quel momento la nostra vita cambiò. Improvvisamente la cassetta della posta si riempì di lettere e cartoline, i bar del paese iniziarono a riempirsi di fans, che venivano apposta a Correggio per farsi fare un autografo da mio fratello.
Spesso portava a casa i discografici e i produttori per mangiare un piatto di cappelletti e bere un bicchiere di lambrusco perché la cucina della Rina, nostra madre, era un segno di ospitalità superiore che non un pranzo in un ristorante”.
Booktrailer di “Salutami tuo fratello”
Ma non sempre è stato facile essere il fratello di Luciano. Marco ricorda che “Mi ha sicuramente cambiato la vita, anche se c’è sempre un altro lato della medaglia e normalmente è quello che non luccica. Farsi il mazzo ed essere sempre associati al proprio fratello, ogni tanto può pesare”.
La presenza della sua terra, l’Emilia, è forte sia nei suoi brani sia nel suo libro: “L’Emilia per me è stata decisiva. Ovviamente uno cresce in una terra e quindi fa i conti con quello che lo circonda.
Nel mio caso è stata la terra ideale, una terra fatta di gente molto solare, conviviale ma gente molto concreta che va al sodo delle situazioni. È gente che non molla, cocciuta, testarda.
Un’altra caratteristica incredibile è quella di sapersi unire nelle difficoltà. Pensiamo all’ultimo terremoto il cui epicentro è stato ad appena trenta chilometri da Correggio. Ecco, dal giorno dopo ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo subito cercato di risolvere la situazione soprattutto senza voler esasperare il dramma che stavamo vivendo.
L’Emilia me la sento cucita addosso, come un abito su misura realizzato da un grande sarto. Proprio il capitolo del libro dedicato all’Emilia è uno di quelli che mi ha fatto soffrire di più nella fase di scrittura perché ci tenevo a raccontarla al meglio con i suoi profumi, i suoi sapori.
E se penso all’Emilia penso al profumo della nebbia. Unico, uno di quegli odori che ti dà la certezza di essere a casa”.
Il futuro di Marco? Sicuramente ancora tanta musica ma ora per lui, grazie a questo libro, si è aperta una nuova finestra sul mondo: “Mi piacerebbe sicuramente scrivere una sceneggiatura, so di non averne le competenze tecniche, ma percepisco di avere la capacità di catturare determinate sensazioni e situazioni, così come di avere tanta fantasia e creatività. E poi potrebbe essere una nuova sfida”.
Mai dire mai, quindi. Intanto leggiamo il suo “Salutami tuo fratello” e ascoltiamo la sua musica. Ma soprattutto cerchiamo di ricordarci che al prossimo incontro con Luciano, dovremmo salutarlo dicendo: “A proposito, salutami tuo fratello”.
Articolo a cura di Roberto Greco