“L’Arcobaleno” storia vera di Lucio Battisti di Gianfranco Salvatore

“L’Arcobaleno” storia vera di Lucio Battisti
Lucio Battisti

Ennesima biografia di Lucio Battisti in cui il sottotitolo recita “Storia vera di Lucio Battisti vissuta da Mogol e dagli altri che c’erano”.

In questo caso si tratta di una ristampa che contiene, rispetto all’edizione originale pubblicata nel 2000 da Giunti editore, diversi aggiornamenti.

Chi fosse Lucio Battisti è noto a tutti e, nel tempo, molti autori si sono concentrati su di lui, sulla sua vita, sulle sue canzoni.

Chi era Lucio? Lucio che era “un orso scontroso, uno scorbutico, un presuntuoso, maleducato, arrogante, strafottente, e pure diffidente, e cupo, misogino, indisponente…”.

“L’Arcobaleno” storia vera di Lucio Battisti - book cover
“L’Arcobaleno” storia vera di Lucio Battisti – book cover

Lucio che era “taciturno, timido, riservato, impacciato, introverso…”; Lucio che era “ordinato, preciso, determinato, caparbio, rigorosissimo, meticolosissimo”… Lucio che era “divertente, simpatico, casinista, autoironico…”.

Tutte chiacchiere. Lucio era tirchio ma prodigo, furbo ma naif, simpaticissimo ma molto antipatico. Te lo dico io (dicono tutti).

Perché Lucio lo conoscevano tutti, ma forse non l’ha mai conosciuto nessuno.
A parte quei pochissimi a cui lui teneva veramente» scrive Gianfranco Salvatore nella parte iniziale del libro pubblicato da Diarkos.

Le testimonianze su Battisti, raccolte tra gli amici e i collaboratori che realmente l’hanno accompagnato nel periodo più importante della sua vita, grazie alla visione d’insieme dell’autore, che ha saputo sintetizzare i tratti rilevanti del suo carattere, le sue apparenti contraddizioni, le sue evoluzioni e gli aspetti rimasti immutati, in un “arcobaleno” di colori che percorre simbolicamente le diverse fasi della sua vita.

Lucio Battisti e Mogol
Lucio Battisti e Mogol

Gianfranco Salvatore, l’autore, ha avuto la collaborazione di persone che conobbero bene sia il Lucio personaggio quanto quella persona, e da questo trae la sua forza permettendosi di tracciare una biografia dettagliata e sicuramente più ricca sia di informazioni sia di aneddoti attendibili rispetto alle altre biografie, molte, in circolazione. Primo tra questi Mogol che, per la prima volta, racconta Lucio.

In realtà, stante la presenza di Mogol in qualità di testimone, egli è anche protagonista di questa storia e ciò modifica il giusto equilibrio che questa biografia dovrebbe avere.

È evidente che si tratti di una fonte privilegiata ma è altrettanto evidente che sia anche direttamente coinvolto, quindi non necessariamente imparziale.

Altro significativo elemento di sbilanciamento narrativo consiste nel fatto poco più del 10% del libro riguarda la storia di Battisti post-1980.

Lucio Battisti

Il volume è nettamente concentrato, per quanto riguarda la vita e le opere dell’artista, dal suo anno di nascita, il 1943, sino al 1980, anno in cui volontariamente Battisti scomparve dalla scena pubblica.

Probabilmente è giusto che sia così, ma da una storia vera, completa, basata su testimonianze non convenzionali, mi sarei aspettato anche il racconto di quei diciotto anni di assenza, proprio per colmarla.

Un libro la cui è lettura è particolarmente scorrevole e piacevole anche grazie ad aneddoti poco noti, leggende riportate alla credibile realtà, come ad esempio quella riguardante l’episodio, spesso narrato, in cui Alfiero, il padre di Lucio, fracassò la chitarra in testa al figlio mentre «si sarebbe limitato a farla a pezzi, provvedendo a farne sparire tutti i mesti frammenti».

Un libro da leggere perché fa rivivere, anche a chi non c’era, l’atmosfera sociale e musicale che si respirava negli anni ’60 e ’70 e una narrazione di un’Italia e di un tempo che non c’è più.

Sicuramente un libro per gli amanti di Battisti e della sua musica che può ben figurare sia come unica biografia posseduta sia di fianco ad altre già stampate nel passato.

 “Registrando i Beatles” di Geoff Emerick, colui che guardava, oltre il vetro della regia

“Registrando i Beatles", oltre il vetro della regia
“Registrando i Beatles”

Scritto da colui che guardava, oltre il vetro della regia, i Beatles mentre incidevano le note che li avrebbero resi immortali e che, alla fine, aspettavano il suo pollice alzato per avere conferma della qualità del loro lavoro

Che un libro possa essere la “macchina del tempo” in grado di permetterci di essere in luoghi e tempi diversi dal nostro, è normale ma questo libro riesce non solo a questo e, come suggerito nelle note di copertina, ci permettere di trasformarci in una mosca che gironzola liberamente all’interno degli Abbey Road Studios quando ancora erano, semplicemente, gli studi londinesi della EMI.

Geoff Emerick
“Registrando i Beatles” di Geoff Emerick

Geoff Emerick non è solo l’autore di questo “Registrando i Beatles”, scritto con il supporto di Howard Massey, ma ne è il protagonista.

Un romanzo? Un diario? Un saggio? Forse il lavoro di Emerick riesce a essere tutto ciò perché con incredibile dovizia di particolari e con un taglio romanzesco che restituisce intatta l’atmosfera di un’epoca irripetibile che prende il via, narrativamente parlando da quella che potremmo definire “la notte prima degli esami”, dal racconto dei dubbi e delle inquietudini di un giovane fonico di 19 anni promosso, su richiesta dello stesso George Martin, ingegnere del suono dei Fab Four prima che diventassero Fab.

“Registrando i Beatles", oltre il vetro della regia
Registrando i Beatles – book cover

Gli appassionati dei baronetti di Liverpool sanno che Geoff Emerick è stato il fonico di studio che, a fianco del produttore George Martin, seguì le sorti musicali della band dopo l’abbandono di Norman Smith.

La storia di un ragazzo che vede non solo, giorno dopo giorno, concretizzarsi il suo sogno ma lo vede prendere forma all’interno di quello studio di registrazione in cui i Beatles davano sostanza alle loro idee e alle loro sperimentazioni.

La storia di un ragazzo che vide il suo desiderio di incidere profondamente sulla musica di quella che era già diventata la band più famosa del mondo diventare realtà.

1 febbraio 1968: Paul McCartney dà l'ok durante la produzione del nuovo film dei Beatles, un lungometraggio animato intitolato "Yellow Submarine". (Foto di Keystone Features/Getty Images)
1 febbraio 1968: Paul McCartney dà l’ok durante la produzione del nuovo film dei Beatles, un lungometraggio animato intitolato “Yellow Submarine”. (Foto di Keystone Features/Getty Images)

Molti degli attuali fonici, forse, non sanno che Emerick cambio completamente le tecniche di posizionamento dei microfoni, soprattutto per la batteria, così non immaginano nemmeno lontanamente che le prime manipolazioni sperimentali sulla voce si devono a lui, come fu quando Lennon chiese a Martin di volere che la sua voce suonasse “come il canto del Dalai Lama dalla cima di una montagna, a chilometri di distanza” e il giovane Emerick pensò di utilizzare un Leslie, che tipicamente si utilizzava per l’organo Hammond.

“Registrando i Beatles” è uno di quei libri che racconta qualcosa di davvero importante e significativo sull’epopea beatlesiana, perché è opera di chi lì, in quegli studios, durante quei giorni e quelle notti dense in cui l’utopia era qualcosa di palpabile e i fumi psichedelici e del flower-power, era presente, seduto dietro il mixer.

Beatles in studio
Beatles in studio

Colui che guardava, oltre il vetro della regia, i Beatles mentre incidevano le note che li avrebbero resi immortali e che, alla fine, aspettavano il suo pollice alzato per avere conferma della qualità del loro lavoro.

Nelle sue 380 pagine, con la prefazione di Elvis Costello, questo libro si candida a essere uno dei libri musicali più coinvolgenti e potente degli ultimi vent’anni anche perché contiene «aneddoti unici e alcune opinioni sorprendentemente critiche», come scrive Costello.

Il libro è pubblicato, nella sua versione italiana tradotta da Luigi Abramo, da Coniglio Editore che, dopo 10 anni di assenza, torna nelle librerie con la dichiarata volontà di occuparti di racconti di musica.

“Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva”, è uscita nei giorni scorsi la ristampa a cura di Bifo e Gomma

Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva
Radio Alice – la voce alle donne

«Carneade! Chi era costei?». Mi sia consentito di parafrasare una frase che Alessandro Manzoni mise in bocca al suo don Abbondio.

Ma chi (è) era Alice? «Alice era il diavolo, l’assalto totale allo stato dell’oppressione, il nostro sorriso, il nostro corpo sempre più libero, capace di amare», parola degli autori e di tutti quelli per i quali, in quella seconda metà degli anni ’70, “l’immaginazione al potere” era non un semplice slogan ma un formale invito a cambiare punto di vista, angolo di posizionamento sociale, necessità di libertà senza limiti.

È uscita nei giorni scorsi la ristampa di Shake edizioni per la collana Underground del libro curato da Bifo e Gomma dal titolo “Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva”.

Ancora una volta, mi reimmergo in un vissuto personale. Uno di quei vissuti in cui le narici del proprio naso respirano l’odore dei gas lacrimogeni e della polvere da sparo.

Alice è il Diavolo. Storia di una radio sovversiva - book cover
Alice è il Diavolo. Storia di una radio sovversiva – book cover

Un libro che ha capacità evocativa non solo per quanti, in quel periodo tra il 1976 e il 1977, hanno vissuto una città come Bologna ma, anche, per quanti hanno sempre creduto che la radio possa essere il primario strumento d’informazione, non mero contenitore di musica mainstream ma vero e proprio strumento di agitazione sociale.

Un libro che ripercorre il periodo che va dalle prime prove di trasmissione sino ai giorni della gigantesca e violentissima rivolta del marzo 1977, quando tutta Bologna scese in strada e i carri armati del Governo di allora invasero la città.

Sino a quel 12 marzo 1977 in cui avvenne lo sgombero di Radio Alice, la radio del movimento (senza che questo voglia sembrare riduttivo), la radio che mandava in diretta quanti telefonassero, senza filtri e ce(n)sure, la radio che ebbe l’ardire, con un concetto che anticipò il cosiddetto street journalism oggi tanto di moda, di documentare in tempo reale tutti gli scontri di quel marzo del ’77, compresa la morte di Pier Francesco Lorusso, studente.

Più che un saggio, anche se il rigore della scrittura di diritto lo inserisce in questo filone editoriale, il libro è il romanzo di un pensiero, di una nuova visione del linguaggio, di un’innovazione della cultura underground, di un gruppo di dadaisti, demenziali e libertari che furono l’anima di quello che è passato alla storia come il “Movimento del Settantasette a Bologna” e che pagarono, in prima persona, con il carcere le loro imprese.

Radio Alice, Storia di una radio sovversiva
Radio Alice

I curatori utilizzano documenti, volantini, sbobinature di trasmissioni ma anche i file audio contenenti le registrazioni delle trasmissioni, rimaste sotto sequestro per più di vent’anni, che testimoniano con le parole e la musica chi fosse davvero Radio Alice attraverso le duecentosedici pagine corredate da illustrazioni e da un Cd audio che contiene le messe in onda del 1976 e del 1977.

Nella postfazione Franco “Bifo” Berardi filosofo, saggista, teorico della comunicazione ed attivista politico italiano riattualizza quel momento storico e ne analizza la trasformazione sociale.

Da leggere perché «Radio Alice è oscena come la lotta di classe» e perché Alice è stata la voce di chi non aveva voce.

Rettore “Dadauffa (Memorie agitate)”, l’autobiografia da leggere e rileggere tutta d’un fiato

“Dadauffa (Memorie agitate)” di Rettore
Donatella Rettore

Da “Io sono Donatella” a “Io sono Rettore” e ritorno.

«Ciao mamma, vado a vivere con Mick Jagger» questo era il contenuto di un biglietto che la giovane Donatella, aveva allora 11 anni, lasciò a sua madre.

Donatella Rettore, in realtà dovremmo chiamarla Rettore perché come lei stessa disse «Continuavano stramaledettamente a chiamarmi Donatella, quando io imponevo Miss Rettore…

L’idea era di ammazzare la persona, metaforicamente, per far vivere il personaggio. Lo dicevo in ogni modo: Donatella è uscita, a casa non c’è, è scoppiata, è cascata, spappolata nel blu.

Donatella è sparita, non sta più con me, s’è impiccata sul bidet».

“Dadauffa (Memorie agitate)” di Rettore - book cover
“Dadauffa (Memorie agitate)” di Rettore – book cover

“Dadauffa (Memorie agitate)” è il titolo della sua autobiografia edita da Rizzoli. Un lungo racconto che la racconta senza mezzi termini.

Il ritratto che ne esce, ma ricordiamo che si tratta di un’autobiografia, è quello di una pioniera di mille battaglie e di mode che sarebbero state formalizzate solo anni dopo le sue scelte.

Rettore affida il suo manifesto alle prime pagine del libro: «Dire quello che penso, soprattutto quando si tratta di qualcosa di scomodo, è sempre stato un mio pregio, e quindi anche un mio difetto».

Pregi, difetti della ragazza di Castelfranco Veneto, dalla formazione de “I Cobra”, la sua prima band, alla collaborazione con la “Nuova Compagnia di Canto Popolare” sino a oggi.

E lo fa attraversando le sue tappe raggiunte, le sue sconfitte, le sue delusioni, il suo impegno nelle battaglie civili e sociali che l’hanno contraddistinta e il racconto della malattia che l’ha colpita «Sin da piccola ho pensato alla morte.

“Dadauffa (Memorie agitate)” di Rettore - copertina del 45 gire Kobra
Rettore – copertina del 45 gire Kobra

Vivevo vicino all’ospedale e, ogni tanto, andavo pure all’obitorio a vedere i morti. Mi rendevo conto che tutti, prima o poi, saremmo finiti lì.

Sono sempre stata molto cosciente di questo, della nostra fragilità, che la vita è un passaggio. Noi siamo un bel mistero, non sappiamo dove viviamo e dove andremo».

Il suo debutto, nel 1974, al Festival di Sanremo passò inosservato ma non il suo passaggio al rock, nel periodo 1978-1979, quando uscì con “Eroe” e “Splendido splendente”.

Rettore, proprio in quegli anni, anticipa la cosiddetta “generazione di MTV” sfornando videoclip dei suoi brani ispirati alla scuola del glam inglese e caratterizzati da una forte vena punk.

“Dadauffa (Memorie agitate)” di Rettore - esordi
Donatella Rettore – esordi

Pacifista convinta, lo scorso anno dichiarò al Corriere «Mio padre è tornato dai campi di Buchenwald e Mauthausen che pesava trenta chili, era scappato con un gruppetto di internati.

Vennero i partigiani a chiedergli di combattere e lui disse che mai avrebbe ripreso un’arma per uccidere qualcuno. Trovo che ci sia scarsa mobilitazione per la pace» e oggi tra le sue battaglie c’è anche il diritto all’eutanasia.

Duecentoventiquattro pagine. Una vita vissuta senza mai rinnegarsi e rinnegare le proprie scelte. Un racconto fluido, avvincente, quasi mai autocelebrativo. Un racconto per capire, finalmente, chi è Rettore.

“Lady Gaga – Applause” di Annie Zaleski. La biografia scritta da Annie Zaleski racconta un’artista appassionata e poliedrica

“Lady Gaga – Applause” di Annie Zaleski 1
Lady Gaga

Senza dubbio, rigirandoselo tra le mani, il libro di Annie Zaleski colpisce. L’edizione italiana, tradotta da Serena Parisi e pubblicata da Gremese Editore, di “Lady Gaga – Applause”, è un volume di grandi dimensioni, con un’importante copertina rigida e sfogliarlo, ancor prima di leggerlo, è un’esperienza visiva straordinaria grazie all’impaginazione, costellata dal Gaga-pensiero e alle 170 foto, ovviamente a colori, che sono a corredo del testo.

La biografia scritta da Annie Zaleski racconta un’artista appassionata e poliedrica.

Un’artista che negli anni ha saputo reinventarsi costantemente, dimostrando di non essere semplicemente una pop star e riuscendo, nel suo percorso artistico, a toccare livelli di eccellenza anche in ambito jazz, rock e disco.

Lady Gaga, che ha dimostrato di non rifiutare alcuna sfida, è stata scelta, peraltro con ottimi risultati, anche come protagonista per film di successo quali “A star is born” del 2018 e “House of Gucci”, uscito nel 2021 ma anche da serie televisive.

Lady Gaga e Tony Bennet
Lady Gaga e Tony Bennet

Oltre 124 milioni di dischi venduti, numerosi importanti riconoscimenti, tra cui 12 “Grammy Awards”, 3 “Brit Awards” e 18 “MTV Music Video Awards”, Lady Gaga compare nella classifica di Time dei 100 artisti più influenti del pianeta, occupa la quarta posizione della classifica di Forbes sulle celebrità più potenti del pianeta ed è al 7° posto nella classifica delle donne più potenti del mondo, prima tra le cantanti.

Su Youtube un suo video ha superato il miliardo di visualizzazioni, diventando il filmato più visto su Internet nella storia della Rete. Sono questi i numeri che, per ora, raccontano il mito di Lady Gaga, un mito che continua a crescere e, inevitabilmente a stupire.

Lady Gaga è anche un’attivista per la difesa dei diritti LGBT e della lotta alla violenza sulle donne, oltre ad essere la fondatrice della “Born this way Foundation”, un’associazione no profit che incoraggia e sostiene i giovani.

Il racconto della vita di Stefani Joanne Angelina Germanotta, vero nome di Lady Gaga, inizia dal «Pythian Temple, situato al 135 West 70th Street nell’Upper West Side.

book cover
“Lady Gaga – Applause” di Annie Zaleski book cover

L’edificio salta agli occhi per i dettagli di ispirazione egiziana: costruito nel 1927 come quartier generale e luogo di incontro per i Cavalieri di Pizia, finì poi per ospitare uno degli studi di registrazione della Decca Records» dal quale «assorbì senza dubbio parte della magia musicale (…) dopo esservisi trasferita nei primi anni Novanta. (L’edificio era stato convertito in appartamenti nel decennio precedente).

Sebbene all’epoca avesse appena cominciato a frequentare le elementari, era già sulla buona strada per la celebrità, grazie a un amato cimelio della famiglia Germanotta: un pianoforte color miele che apparteneva ai suoi genitori, Joe e Cynthia Germanotta.

In origine, i nonni paterni di Gaga avevano acquistato il modesto strumento della Everett Piano Co. nel 1966 per 780 dollari, e lo avevano poi lasciato in eredità al figlio e alla nuora», pianoforte che Stefani cominciò a suonare ad orecchio.

Grazie ai racconti testimoniali raccolti, interviste, recensioni e cronache musical-sociali del lungo periodo che parte, artisticamente parlando, dal 2008, anno d’uscita del suo album d’esordio “The Fame”, sino all’uscita di “Love for Sale” nel 2021, Annie Zaleski riesce ricostruire un percorso umano e artistico anche grazie alla perizia narrativa che le è propria.

Lady Gaga
Lady Gaga

Ricordiamo che si tratta di una giornalista e editrice pluripremiata che ha collaborato con le più grandi testate d’Oltreoceano di musica, e non solo, scrivendo profili artistici, interviste, recensioni e che ha firmato molti articoli di Rolling Stone, NPR Music, The Guardian, Salon, Time, Billboard, The A.V. Club, Vulture, Classic Pop, Record Collector, The Los Angeles Times, Stereogum, Cleveland Plain Dealer e Las Vegas Weekly.

In chiusura del volume una discografia commentata di Gaga e un nutritissimo elenco di fonti online cui l’autrice ha fatto riferimento.

Un libro che accontenterà i fans di Lady Gaga ma che consiglio anche a quanti interessa l’aspetto socio-culturale di un mito, di quella normale adolescente con i comuni tratti della ribellione che ha saputo mettere a frutto il suo talento prodigioso e precoce.

“Back in Black” di Brian Johnson, un libro per capire che non è sempre stato “sesso, droga e Rock’n’Roll”

Brian Johnson: "Back in Black", il libro
Brian Johnson and AC/DC (Photo by Daniel Pockett/WireImage)

«Avevo già incassato qualche duro colpo in passato, ma questa volta era diverso. Questa volta soltanto un miracolo mi avrebbe fatto rialzare da terra.

Ero in Canada, a Edmonton, nel 2015 quando arrivarono le prime avvisaglie che qualcosa si stava mettendo male. Era la fine di settembre, a metà del Rock or Bust World Tour degli AC/DC; stavamo suonando al Commonwealth Stadium, il più grande stadio all’aperto del Paese.

Era stracolmo, oltre sessantamila spettatori, faceva un freddo cane e davanti al palco la pioggia cadeva a secchiate.

Angus aveva già la febbre alta e io avevo la sensazione che di lì a poco mi sarei ritrovato nelle sue stesse condizioni (…) Ci eravamo presentati nei nostri abituali costumi di scena: io in jeans e T-shirt nera, Angus con la sua divisa da scolaretto, camicia bianca e pantaloncini corti.

Almeno il palco era all’asciutto e un po’ di calore ci arrivava dalle luci di scena anche se, a dire il vero, sia a me sia a Angus piace sempre spingerci fin sulla passerella per stare più vicini al pubblico.

Brian Johnson - Angus Young
Brian Johnson – Angus Young


Difatti quella sera passammo lì sopra buona parte del concerto e, correndo avanti e indietro, dopo le prime canzoni eravamo già sudati fradici.

Eppure, nonostante le temperature da semicongelamento, non ci importava granché di inzupparci fino al midollo».

Inizia così l’autobiografia di Brian Johnson che ha come titolo “Back in Black”, ossia del primo album con gli AC/DC, band in cui, nel 1980, Bon Scott, morto prematuramente.

Nessun ghostwriter, nessun giornalista blasonato lo ha affiancato nella realizzazione di questo volume che, nella sua edizione italiana, è pubblicato da Rizzoli in una veste editoriale e grafica di altissimo livello.

Le pagine iniziali di questa importante, 384 pagine, autobiografia di Brian Johnson sono preziose perché, come avete potuto leggere sopra, si apre narrativamente con il dolore per la perdita dell’udito.

Brian Johnson: "Back in Black", il libro book cover
Brian Johnson: “Back in Black” – book cover

Ma la prima domanda che è lecito farsi nell’approccio a questo libro è la seguente “Si tratta della versione di Brian?”. Assolutamente sì anche perché questa scelta è dichiarata dallo stesso autore che mette ordine, e per certi versi minimizza, quello che all’epoca sembrava irreversibile.

Ma la versione di Brian è raccontata con grande onestà intellettuale e con quella ruvidezza che contraddistingue la storia dell’autore, il suo percorso di vita, facendo emergere il ritratto di un uomo colto, amante e dedito al proprio lavoro, da quello all’interno di una fabbrica a quello di cantante e frontman di una band che nessuno riuscirà mai a scalzare dal proprio ruolo nella storia della musica, quella di un artista che ha avuto bisogno di «tirare fuori tutta quella rabbia che mi permette per due ore, senza soste e senza ballate, di essere la voce degli AC/DC».

In lungo racconto personale che lo vede protagonista di un’infanzia vissuta fra delusioni e povertà e una madre italiana che cerca di tenerlo legato al suo paese di origine.

Johnson, un’adolescenza fatta di sogni a Newcastle, una città che sembra far di tutto per reprimerli, renderli effimeri.

Poi la scoperta della musica, l’inizio di una gavetta durissima raccontata senza miti, senza esagerazioni, quella storia di un ragazzo che, all’estrema periferia dell’Impero, si muove come può per raggiungere il suo sogno.

Brian Johnson: "Back in Black", il libro 2

Un sogno che, alla faccia di Newcastle, si realizza e si concretizza quando, dopo svariate esperienze musicali, viene chiamato dagli AC/DC. Johnson racconta la storia del disco “Back in Black” e della sua registrazione alle Bahamas, all’interno di un tecnologico studio di registrazione.

Un album realizzato velocemente, come racconta, dove si passava da una registrazione all’altra senza pensarci troppo. Per questo motivo dopo sei settimane, Brian ha pensato che il lavoro prodotto fosse una «schifezza».

Invece l’album fu un vero trionfo per la band, il loro disco di maggior successo. L’album che, ancora oggi, dopo “Thriller” di Michael Jackson, è il disco più venduto di tutti i tempi.

Un libro da leggere anche se gli AC/DC non sono tra le vostre band preferite, da leggere perché, molto spesso, le leggende metropolitane si sono sostituite alla realtà.

Un libro per capire che non è sempre stato “sesso, droga e Rock’n’Roll” ma, prevalentemente, Rock’n’Roll.

“Un uomo solo” di Antonio Iovane, il mistero delle ultime ore di Luigi Tenco

Luigi Tenco: "Un uomo solo"
Luigi Tenco

Si è celebrato, pochi giorni fa, il 56° anniversario della morte di Luigi Tenco. Erano le 2:10 del 27 gennaio quando il suo corpo fu ritrovato senza vita nella sua stanza all’albergo Savoy di Sanremo.

Luigi Tenco aveva 28 anni e stava partecipando alla diciassettesima edizione del Festival di Sanremo che si tenne dal 26 al 28 gennaio 1967.

Durante la prima giornata, il 26, aveva cantato la sua canzone “Ciao amore, ciao” in coppia con Dalida, canzone che fu bocciata e non passò in finale. Poi rientrò in albergo.

La sua morte ha una versione ufficiale, ossia che si sia ucciso con un colpo di pistola alla tempia destra.

Luigi Tenco: "Un uomo solo" - book cover
Luigi Tenco: “Un uomo solo” – book cover

Ma i misteri sulla sua morte, nel tempo, hanno creato dietrologie, interpretazioni e alimentato sospetti compresa una versione dei fatti di Lucio Dalla che, nel 2011, ha raccontato che «di Luigi ero molto amico e all’Hotel Savoy io alloggiavo proprio nella stanza accanto. Non mi accorsi di nulla. Quando mi avvicinai alla stanza vidi le gambe di Luigi steso a terra. Convinto di un malore mi misi a cercare un medico».

Tenco lasciò una lettera di addio in cui scrisse «Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale e a una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi».

Antonio Iovane, l’autore di “Un uomo solo” edito da Mondadori, con un taglio tipicamente giornalistico, scrive un saggio che non ha la presunzione né di giustificare tantomeno di assolvere.

Luigi Tenco e Dalida
Luigi Tenco e Dalida

Nel suo lavoro Iovine cerca di mettere a fuoco il carattere, i dubbi, le fragilità, i tormenti di un artista complesso: Un artista non del tutto a suo agio con i suoi tempi, un artista che affrontava la sua vita e la sua arte, demone interiore, con uno sguardo rivoluzionario da “uomo solo”.

Sicuramente Tenco era un uomo incompreso, anche da chi diceva di amarlo. Il lavoro di Iovine rappresenta una testimonianza per le generazioni a venire, per permettergli di comprendere il passato dei loro padri.

Attraverso un’imponente ricerca d’archivio, l’autore cerca di ricostruire le ultime ore di vita di un uomo, di un artista preda delle sue ossessioni e dei suoi tormenti.

Ma, come cantava Freddy Mercury, «the show must go on» e così quel festival continuò imperterrito mentre sul palcoscenico della vita di Tenco calò il sipario ma non l’oblio.

Luigi Tenco: "Un uomo solo"
Luigi Tenco

Il libro è un excursus intimista e psicologico su una delle pagine più nere della musica italiana, in cui l’estrema fragilità della coppia Luigi-Dalida è messa in luce.

Dalida, 20 anni dopo, in preda a una profonda depressione, si toglierà vita con un’overdose di barbiturici.
Un libro scorrevole, senza alcun segreto rivelato, da fedele cronista della storia.

«Secondo me, un cantante non deve essere soltanto una macchina da soldi. Per prima cosa deve esprimere quello che ha dentro. Uno scrittore lo farebbe con un romanzo, uno scultore col marmo, perché il cantante non dovrebbe farlo con una canzone? Credo anch’io, come Jacques Brel, che un uomo debba essere interamente quello che vuole essere» disse Luigi Tenco. E questo rimane il suo testamento.

“Giancarlo Bigazzi, l’artigiano della canzone” di Ciro Castaldo

Giancarlo Bigazzi: cinquant'anni di musica
Giancarlo Bigazzi

Parlare di Giancarlo Bigazzi vuol dire, inevitabilmente, parlare di quasi cinquant’anni di musica italiana ed è questo che Castaldo ha fatto in questo suo lavoro edito da Edizioni Melagrana.

Giancarlo Bigazzi è stato un vero e proprio colosso della musica leggera italiana.

Musicista, produttore e paroliere di eccezionale talento, è stato il fondatore del gruppo più irriverente della musica italiana, gli Squallor ma anche l’autore dei testi di alcuni dei brani italiani più famosi di sempre, come Rose rosse per Massimo Ranieri e Gloria e Notte rosa per Umberto Tozzi, ma anche di diversi brani di Caterina Caselli, Claudia Mori, Raf, Milva, Marco Masini, Fiordaliso, Mia Martini e gli Stadio.

Giancarlo Bigazzi con la moglie Gianna Albini
Giancarlo Bigazzi con la moglie Gianna Albini

Ha vinto il Ciak d’Oro nel 1991 per la miglior colonna sonora per il film Ragazzi Fuori di Marco Risi. Dopo una vita “dietro le quinte”, in realtà con la penna in mano, ci ha lasciati 13 anni fa.

Castaldo, attraverso un serio e accuratissimo lavoro, utilizzando note biografiche, ricordi, testimonianze, interviste, retrospettive, aneddoti, foto e manoscritti ha voluto rendere omaggio ad uno straordinario artigiano toscano, era nato a Firenze, mettendone a fuoco il percorso artistico e umano.

L’autore, docente liceale di Matematica e Fisica, è autore anche di Martini Cocktail, un libro, con interviste e testimonianze, e di un cd, della durata di 60 minuti, in cui Mia Martini si cala nel ruolo di speaker radiofonica, raccontando il suo percorso artistico, aneddoti, curiosità e numerosi spunti di riflessioni.

Grazie al supporto della famiglia Bigazzi, la moglie Gianna Albini e il figlio Giovanni, Castaldo ha raccolto le testimonianze e i ricordi di decine di persone, tra queste Pippo Baudo, Andrea Bocelli, Caterina Caselli, Tiziano Ferro, Marco Masini, Gianni Morandi, Massimiliano Pani, Raf, Umberto Tozzi, Renato Zero cui si aggiungono le testimonianze di persone comuni che hanno conosciuto o lavorato con Bigazzi.

Giancarlo Bigazzi - book cover
Giancarlo Bigazzi – book cover

Libro importante perché, spesso, ci si dimentica che dietro le quinte di un grande successo c’è la mente di un artista che l’ha partorito e non è detto che sia l’interprete o l’esecutore.

Troppo spesso si è propensi a identificare automaticamente l’interprete, o l’esecutore, con l’autore, dimenticando che non sempre le due figure coincidono.

E questo è il caso non solo di Bigazzi ma tanti altri artisti che hanno contribuito a rendere grande la musica sia italiana sia internazionale.

Giancarlo Bigazzi con Marcella Bella
Giancarlo Bigazzi con Marcella Bella

Un libro, quindi, che oltre all’omaggio reso a Bigazzi, rende omaggio ad una categoria di artisti e professioni spesso sconosciuti.

Le 176 pagine del libro sono arricchite dalla prefazione di Massimo Ranieri e dalla postfazione di Marco Masini che, senza retorica, parlano dell’amico con cui hanno condiviso una parte di carriera artistica e, quindi, di vita.

Maurizio Inchingoli: “Musica di carta – 50 anni di riviste musicali in Italia”

Maurizio Inchingoli: “Musica di carta"
Maurizio Inchingoli- riviste musicali italiane

Aelle, Blowup, Buscadero, Ciao 2001, Ciao Amici, Il Giornale della Musica, Gong, Musica & Dischi, Il Mucchio Selvaggio, Musica 80, Musica Jazz, Popster, Rockerilla, Rockstar, Rumore, Tutto Musica e Spettacolo. Sono queste, ma non solo, le riviste musicali cui fa riferimento Musica di carta”, il libro di Maurizio Inchingoli edito da Arcana editore.

Un tuffo nel passato, quello trascorso assaporando l’odore della carta mentre si sfogliavano le riviste.

Un tuffo nel passato, quello trascorso a leggere le grandi firme del giornalismo musicale per cercare di conoscere e capire quanto stava succedendo, musicalmente parlando ma non solo, in Italia e nel mondo.

Un passato che si può ripercorrere oggi con facilità leggendo il lavoro di Inchingoli, un libro che non è solo il memoires di un paio di generazioni ma perché, ancora oggi, senza dubbio esiste uno piccolo ma duro zoccolo di lettori interessato all’argomento.

Maurizio Inchingoli: “Musica di carta" book cover
Maurizio Inchingoli: “Musica di carta” – book cover

Lettori in grado di cogliere i sottili cataclismi storico-sociali e rimpiangere, con una punta di nostalgia, l’emozione che si sviluppava davanti all’edicola, quando non ti era permesso di sfogliare le riviste digitalmente e l’edicolante, se acquirente abituale, ti consentiva di leggere l’indice prima dell’acquisto (che sarebbe avvenuto comunque).

Era la stagione della nostra vita in cui si era letteralmente inondati dalla stampa cartacea specializzata, indipendentemente dal genere musicale preferito. Tempi che furono?

La risposta è, inevitabilmente, sì ma Inchingoli non si piega al concetto di nostalgia pura. Anzi, pur correndo costantemente il rischio di sfiorarla, riesce a restituire un’analisi puntuale che si dipana tra cronaca, giornalismo e costume.

Maurizio Inchingoli: “Musica di carta"
Maurizio Inchingoli: “Musica di carta”

Inchingoli ci propone un percorso narrativo che prende il via negli anni Sessanta, quando Beat e musica leggera spadroneggiavano, proprio nel momento in cui, sottilmente, s’insinuava il rock.

Era il momento nel quale si affermarono Ciao 2001, Gong e Muzak. Poi, anche in Italia si scoprirono la fanzine che negli anni ‘80 e ’90 generarono la nascita, e il successo, di Rockerilla, de Il Mucchio Selvaggio, Rockstar, Buscadero, Rumore, Blow Up e Blast!.

 Inchingoli ci propone un lavoro certosino, un lavoro di ricerca che attraversa un mondo che ama profondamente anche perché rappresenta il suo mestiere, pagine cartacee che ha non solo letto ma divorato, pagine cartacee che sono state per lui al tempo stesso informazione e formazione.

Maurizio Inchingoli: “Musica di carta" GONG
Maurizio Inchingoli: “Musica di carta”

Rileggere le firme di Gugliemi, Bianchi, Frazzi, Scarpa, De Luca, Brignole, Bertoncelli, Tomatis, Nerattini, Pascoletti, Amodio, Brunetti, Marcoccia, Zola, Baroni, Petralia e Della Cioppa fa rimpiangere di aver buttato, nel tempo, le riviste accumulate negli anni.

 Non pago del suo immane lavoro, l’autore ci regala “il segno del passaggio”, chiamando a scrivere con lui Elena Raugei e Nur Al Habash, come a prendere le distanze da quel mondo tutto al maschile che, agli esordi, si occupava di giornalismo musicale.

 Un libro da leggere, un libro da sfogliare per immergersi, anche grazie all’odore della carta, in quel mondo.

Un libro dedicato a chi c’era, a chi andava nella propria edicola di fiducia per acquistare la propria rivista preferita.

“Oltre il Quartetto Cetra. Virgilio A. Savona. Scritti critici e giornalistici 1939-1998” di Paolo Somigli

Oltre il Quartetto Cetra
Quartetto Cetra

Forse solo i cosiddetti boomer ricordano con precisione il Quartetto Cetra, le sue canzoni e i nomi di quel quartetto che, inizialmente composto da soli uomini e nato dalle ceneri del Quartetto Egle, solo nel 1947 raggiunse quella che fu la sua formazione definitiva, mantenuta per tutto il resto della lunghissima carriera artistica del gruppo.

Gruppo del grande rinnovamento nella musica cosiddetta “leggera” italiana; molto prima di Domenico Modugno, il Quartetto Cetra si dilettò col jazz, lo swing e si distinse subito per la sua capacità di dissacrare i testi dei classici e per essere in grado di proporre una musica ballabile che, al tempo stesso, era però intelligente e dotata di un’ironia sagace senza precedenti nel panorama musicale italiano.

Oltre il Quartetto Cetra - book cover
Oltre il Quartetto Cetra – book cover

Molto di tutto ciò fu dovuto alla preparazione e alle capacità soprattutto di Virgilio Savona.

Era quello con gli occhiali, Virgilio Savona e, prim’ancora che autore musicale e cantante, è stato un giornalista e un ottimo critico musicale.

Su questo Somigli nel suo libro, edito da Nardini Editore, pone l’accento.

Oltre il Quartetto Cetra
Quartetto Cetra

Scomparso nel 2019, Savona, ci ha lasciato in dono quello che, grazie alla sua capacità innata di archivista, è un archivio relativo al suo lavoro, a quello del Quartetto Cetra e a quello di Lucia Mannucci conservato in maniera organizzata e intelligente.

Un lascito tangibile che oggi è curato da Carlo Savona, unico figlio di Virgilio e di Lucia Mannucci che ha curato la postfazione del libro.

Elemento di partenza del volume è stata una cartella, ritrovata da Carlo Savona nell’archivio Savona-Mannucci, in cui sono incollati, da Virgilio, stesso gli articoli ritagliati dai giornali su cui egli aveva svolto attività di critico dal 1939 al 1949.

Il volume è introdotto da un saggio, scritto dello stesso Somigli.

Oltre il Quartetto Cetra
Quartetto Cetra – Virgilio Savona e Lucia Mannucci

Si tratta di un testo indispensabile per il lettore che voglia accingersi a leggere gli articoli contenuti nel volume perché è fornita al pubblico un’interessante panoramica del mondo culturale degli anni in cui Savona svolgeva l’attività di critico e un’analisi degli ambiti e generi musicali che sono trattati da Savona.

Libro facile da leggere, molto scorrevole complice la capacità di strutturazione che Somigli ha dato al volume ben corredato da note ma, e soprattutto, grazie alla capacità narrativa di Savona.

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