David Bowie, iconica e amata rock star: “Bowie 75” di Martin Popoff

David Bowie: iconica e amata rock star
David Bowie: iconica e amata rock star

Probabilmente si tratta di una celebrazione unica, e magnificamente prodotta, dell’iconica e amata rock star, David Bowie.

Sono pochi gli artisti rock che ottengono tanta adulazione dopo la morte come nella vita, Hendrix, Joplin, Mercury e ora Bowie.

In “Bowie 75”, edito da Atlante, il giornalista rock Martin Popoff esamina la straordinaria vita di David Robert Jones, in arte David Bowie, e lo fa attraverso l’obiettivo di 75 importanti traguardi raggiunti nella sua carriera e di eventi della vita, guidandoci attraverso i 27 album in studio oltre ad una selezione curata di singoli.

Martin Popoff, classe 1963, di origini canadesi, è un critico e giornalista musicale.

Co-fondatore della rivista specializzata in heavy metal “Brave Words” e “Bloody Knuckles”, la sua firma compare su molte riviste e siti musicali, tra queste Revolver, Guitar World, Goldmine, Record Collector, Lollipop, bravewords.com e hardradio.com.

Martin Popoff ha scritto oltre 70 libri su heavy metal, hard rock e raccolte di dischi. È anche autore di numerose note di accompagnamento e biografie di band per etichette discografiche.

David Bowie: "Bowie 75" book cover
David Bowie: “Bowie 75” book cover

Le sue recensioni musicali, stimate in quasi ottomila, sono raccolte nella sua serie di libri “The Collector’s Guide to Heavy Metal”.

Tutte le sue pubblicazioni gli hanno fatto guadagnare la reputazione di “l’autore più attivo di heavy metal” e di “giornalista heavy metal più famoso del mondo”.

Popoff ci regala, con questo lavoro, un importante tributo che parte dall’LP omonimo di debutto di Bowie del 1967 e arriva sino a “Blackstar”, pubblicato appena due giorni prima della sua morte.

Il ritratto del “duca bianco”, considerato uno dei musicisti e interpreti più influenti degli ultimi cinquant’anni, durante i quali ha costantemente ridefinito sé stesso attraverso la sua musica, si dipana sotto i nostri occhi in un viaggio fantastico perché, nell’esaminare Bowie, Popoff ci offre una visione unica dell’arco della carriera di Bowie, dal folkie al singolo rivoluzionario “Space Oddity” fino al suo appariscente alter ego glam rock, Ziggy Stardust, e oltre.

David Bowie: iconica e amata rock star
David Bowie

Illustrato con foto tratte dai concerti live e altre, molto più spontanee realizzate lontano dal palcoscenico, oltre a cimeli tra cui poster di concerti, immagini di copertine e altro ancora, questo volume include anche una cronologia apribile, un dipinto, anch’esso apribile, raffigurante “A Party of Bowies”, un’inedita Stampa lucida e un poster estraibile di Frank Kozik, il famoso artista che realizzò moltissimi poster per concerti.

Il risultato è uno straordinario tributo a una delle star più influenti e ammirate nella storia del rock, a settantacinque anni dalla nascita di Bowie e a sei dalla sua scomparsa.

È ancora tempo per il regalo di Natale? Se così non fosse non preoccupatevi. Sarà comunque un dono gradito per chi, tra le persone vicine a voi, ha sempre amato Bowie e la sua musica.

“The Rolling Stones. Sessanta Leccate di Rock And Roll” di Fabio Ruta

“The Rolling Stones. Sessanta Leccate di Rock And Roll”
The Rolling Stones – Summerfest Milwaukee 2015

Non è la prima volta che il fan di una band o di un solista si avventura nella scrittura di un libro per raccontarne la storia.

In questo caso, è necessario dire che Ruta ha messo in questi due volumi, editi da Edizioni Underground?,  non solo la sua passione per la band britannica ma anche una metodica ricerca che, nel tempo, l’ha portato a raccogliere informazioni, approfondimenti e curiosità sugli Stones.

Opera organizzata in due volumi, il primo si concentra sulla loro storia e produzione musicale, inclusi episodi solisti e migliori bootleg.

“The Rolling Stones. Sessanta Leccate di Rock And Roll” book cover
“The Rolling Stones. Sessanta Leccate di Rock And Roll” – book cover

Il secondo contiene diverse interviste che l’autore ha fatto a diversi personaggi italiani legati agli Stones, tra i tanti Fabio Treves, Pau, Ezio Guaitamacchi, Mauro Zambellini, Oliviero Toscani, Pino Scotto, Michele Anelli, Il Metius, Franco Fabbri, Pablo Echaurren, Maurizio Solieri e Arturo Stalteri

Si parte dalle origini, da quel 17 ottobre 1961, quando alla stazione di Dartford, 50 Km da Londra, Keith Richards aspettava il treno e aveva con sé la sua chitarra Hofner.

Proprio in quella stazione la sua curiosità gli fece notare i dischi che Mick Jagger aveva con sé sotto il braccio, copertine degli LP di Chuck Berry e Muddy Waters.

“The Rolling Stones. Sessanta Leccate di Rock And Roll” 3
The Rolling Stones – Linguaccia

Ruta traccia, con precisione, una narrazione della band londinese che attraversa storia e cambiamenti sociali, cogliendo quanto descritto nelle le canzoni di Jagger e Richards nei sei decenni di rock&blues scritti da loro.

Ruta, grazie alle diverse interviste che la band nel tempo ha rilasciato, ricostruisci le dinamiche interne al gruppo, i locali in cui vivevano e provavano insieme e non tace su Andrew Loog Oldham, colui che decise di cavalcare il “lato sporco e cattivo” degli Stones mettendoli in netta contrapposizione ai quattro damerini di Liverpool, i Beatles.

Nel libro troviamo anche la loro posizione contraria alla guerra ma anche l’aspetto più gossiparo, riguardante le relazioni degli Stones con le loro donne.

“The Rolling Stones. Sessanta Leccate di Rock And Roll” esordi
The Rolling Stones – esordi

Particolarmente interessante il capitolo sugli Stones in Italia, con diversi estratti dai quotidiani dell’epoca.

Chicca finale è il capitolo con cui termina il primo volume, quello in cui Ruta fa una carrellata sui gruppi che hanno un debito con gli Stones, grazie all’influenza che hanno avuto sia su di loro sia sulla loro musica, tra questi Aerosmith, Stooges, T-Rex, Primal Scream, Black Crowes e Negrita.

Dedicato agli estimatori degli Stones ma anche a chi continua a dibattersi interiormente per decidere se stare, musicalmente, con gli Stones o con i Fab Four.

“Rockers” di Fausto Donato, dedicato a chi, in gioventù, ha suonato in una rock-band

Rockers. Diario sulle strade del rock'n'roll
Rockers – I RAFF

The Raff e Raw Power. Probabilmente si tratta di un ricordo lontano per diversi lettori e qualcosa di sconosciuto per i più. Si tratta di due band italiane che sono passate alla storia come un mito.

I Raff, band milanese nata dopo l’embrione Trancefusion, sono ritenuti pietra miliare del fenomeno metal italiano.

Fondati da Chris e Fabiano Bianco la loro line-up vedeva, oltre ai fratelli Chris al basso e Master alla batteria, alle chitarre Lu Cillis e Fausto Roddo Donato e alla voce solista Vittorio Zammarano.

I Raw Power, invece, sono uno dei gruppi più longevi della scena hardcore, non solo italiana e considerati una delle band più influenti sul panorama mondiale.

Nati dall’idea musicale di Giuseppe Codeluppi a Poviglio, in provincia di Reggio Emilia, il loro nome si deve a un disco degli Stooges.

Rockers. Diario sulle strade del rock'n'roll - book cover
Rockers. Diario sulle strade del rock’n’roll – book cover

Che cosa hanno in comune, oltre ad essere entrambi italiane e contemporanee, queste due band?

Nelle sue 214 pagine “Rockers”, edito da Officina di Hank, Fausto Donato racconta il loro sogno americano, quel sogno che si sviluppò nel 1985 quando, con una line-up comune, affrontarono il tour nel nord America e in Canada.

Il diario di un viaggio che si snoda tra ricordi, episodi divertenti, qualche luogo comune che risulta intriso di un grande senso di nostalgia.

Si tratta di un racconto non lineare, frammentato da flash forward che lo inquadrano storicamente e con il contributo di personaggi che hanno animato quell’incredibile esperienza

Rockers. Diario sulle strade del rock'n'roll - Raw Power
Raw Power

Fausto Donato, oggi A&R Manager/Direttore Artistico dopo aver lavorato per oltre trent’anni nelle più prestigiose case discografiche italiane, ci propone una sorta di autobiografia che ben descrive un decennio in cui la musica è stata la protagonista indiscussa e sceglie, per la prefazione, la penna di Caparezza, artista con cui ha collaborato per molti anni.

Dedicato a chi, in gioventù, ha suonato in una rock-band e anche a chi avrebbe voluto farlo ma non ne ha mai avuto l’occasione.

Maurizio Baiata: “Rock Memories – Scritti ribelli e sincronicità di un giornalista musicale”

“Rock Memories” di Maurizio Baiata
Maurizio Baiata

Difficilmente mi capita di leggere e sfogliare con ansia un libro che parla di musica ma, in questo caso, è successo. (Ri)leggere gli articoli che Baiata scrisse su “Ciao2011” nel periodo che va dal 1970 al 1974 mi ha, letteralmente, fatto viaggiare sulla doppia lama della memoria, quella del panorama musicale e quella personale.

Riscoprire, cinquant’anni dopo, quanto mi sia servito leggere un settimanale che parlava di musica, ma non solo, sia stato formativo perché “Ciao 2001” è stata la più longeva rivista musicale del settore, che cessò le proprie pubblicazioni dopo oltre 25 anni di attività e con ben 1.200 numeri all’attivo.

Ma, tornando a “Rock Memories – Scritti ribelli e sincronicità di un giornalista musicale – Volume primo” edito da Verdechiaro edizioni, vanno citate le due prefazioni autorevoli, quella di Renato Marengo, conduttore radiofonico, produttore discografico e giornalista italiano, e di Susanna Schimperna, scrittrice, giornalista e astrologa che nella sua lunga carriera ha diretto il mensile di fumetti e immaginario erotico «Blue» e il settimanale di satira «il Cuore».

“Rock Memories” di Maurizio Baiata 1
“Rock Memories” – Colosseum (Foto di Pablo Ayo)

«Il mio esordio musicale fu un articolo dedicato al “dark sound”, proposto a Caffarelli e accettato da Rotondi, intitolato “Esplode la Musica Nera” (Ciao 2001 n.47 – 25 Novembre 1970).

Vi descrivevo le ricerche e le ansie di un genere che mi interessava perché toccava i mondi dell’ignoto, in collegamento con la poesia ossianica e gli scritti di H.P. Lovecraft, William Blake, Mary Shelley e Bram Stoker, il che si trasferiva in un nuovo, dirompente suono che, a mio avviso, era incarnato soprattutto dai californiani Iron Butterfly, quelli dei micidiali 17 minuti psichedelici di “In A Gadda Da Vida”» scrive l’autore nell’introduzione del volume.

Senza ombra di dubbio anche il linguaggio giornalistico relativo alla musica è, nel tempo, cambiato.

Per chi non ha vissuto direttamente almeno da lettore il periodo ben fotografato da Baiata, la rilettura odierna può mettere in risalto queste diversità e rendere la lettura leggermente faticosa, trattandosi al tempo di articoli scritti da un giovane, promettente ma con scarsa esperienza, giornalista musicale ma, proprio allora, il suo linguaggio arrivava direttamente senza nessun “trombonismo” tipico delle recensioni musicali del periodo.

“Rock Memories” di Maurizio Baiata book cover
“Rock Memories” di Maurizio Baiata book cover

Nelle oltre 350 pagine del libro si parla di pop, jazz, blues, progressive, rock, psichedelica, folk, musica sperimentale e d’avanguardia, cantautorato con uno sguardo sempre in movimento tra Italia, Inghilterra, America, Germania. Ma non solo.

Troverete interviste e commenti ad album e “incontri sonori” con Black Sabbath, Jefferson Airplain, John Mayall, Rory Gallagher, ELP, King Crimson, Colosseum, Angelo Branduardi, Claudio Rocchi, Tangerine Dream, Soft Machine, The Doors, Osanna, Il ritratto di Dorian Gray, Il Balletto di Bronzo, Joe Cocker, Magma, Santana e… e poi bisogna leggerlo.

Consigliato e dedicato a tutti, sia a chi ha vissuto direttamente quel periodo storico sia a quanti, troppo giovani oggi per averne goduto non solo musicalmente parlando, hanno la voglia e curiosità di effettuare un viaggio in un passato prossimo di cui ancora oggi si incontrano le vestigia.

“Rock Memories” - Iron Butterfly
“Rock Memories” – Iron Butterfly

Chiude il volume una “discografia Rock consigliata” cinquanta anni dopo dall’autore.

Come consiglia Renato Marengo nella sua prefazione «provate a tenere sottomano un cellulare per attivare Spotify e mettere in sottofondo i brani che Maurizio ha scelto per introdurre i suoi racconti».

Massimo Bubola: autore, musicista, poeta e scrittore con “Sognai talmente forte” trasforma le canzoni più famose in un romanzo

Massimo Bubola: “Sognai talmente forte” 1
Massimo Bubola (Foto di Simone Manzato)

È possibile prendere un gruppo di canzoni, shakerarle con sapienza e trasformarle in un romanzo?

Dopo questo “Sognai talmente forte” scritto da Massimo Bubola e edito da Mondadori, la risposta è: “sicuramente sì ma serve eccelsa maestria”.

E l’eccelsa maestria non è dote che sia mai mancata a Massimo Bubola, cantautore, storico collaboratore di Fabrizio De Andrè con il quale ha scritto alcune delle sue canzoni più belle, s’inserisce a pieno titolo nel novero di quei musicisti-autori cui appartengono, in Italia, Francesco Guccini, Massimo Zamboni e Vinicio Capossela e, al di fuori dei confini nazionali, Nick Cave, Patti Smith e Leonard Cohen.

Musicista, autore ma, soprattutto, narratore.

Massimo Bubola: “Sognai talmente forte” con Fabrizio De Andrè
Massimo Bubola e Fabrizio De Andrè

Non si tratta, in realtà, di un romanzo autobiografico ma del lungo racconto narrato dal vecchio Callimaco, protagonista della storia il quale, arrivato al termine di una vita vissuta tra canto e musica, trascorre il suo ultimo giorno di vita circondato dalle persone che l’hanno amato e, con loro ma soprattutto tramite loro, ripercorre i momenti cruciali della sua vita, tra ricordi, sogni e visioni.

«”Nonno, perché continui a canticchiare sul letto di morte?” chiese a Callimaco il nipote Gilroy, l’americano, arrivato lì per la veglia funebre. “Caro Gilroy, cantare è esistere, e finché canterò saprò di essere vivo.

Tutto quello che rammento della mia vita è una lunga, vecchia e inzaccherata canzone d’amore.

Quello che non si può più ricordare o rivivere si può ancora cantare. Le canzoni non si dimenticano mai, e mai loro si dimenticano di te”».

Massimo Bubola: “Sognai talmente forte” - book cover
Massimo Bubola: “Sognai talmente forte” – book cover

Callimaco diventa così non tanto l’alias di Bubola ma il protagonista, a noi finora sconosciuto, delle tante canzoni nate dalla penna di Bubola.

È Callimaco il protagonista narratore di brani indimenticabili come Volta la carta, del racconto della strage dei nativi americani di Fiume Sand Creek raccontatagli dai superstiti ma anche protagonista del Cielo d’Irlanda, e dell’Hotel Supramonte.

In realtà, in quanto romanzo, il volume ha un difetto stilistico: non esiste una vera e propria trama che si dipani pagina dopo pagina ma, proprio nelle sue 156 pagine, il lavoro di Bubola sconfina nella poesia e ci fornisce un punto di osservazione diverso, e privilegiato di quelle canzoni indimenticabili.

Massimo Bubola: “Sognai talmente forte” - foto Roberto Fontana
Massimo Bubola (Foto di Roberto Fontana)

“Sognai talmente forte” si propone al lettore in quanto viaggio nella tradizione musicale nazionale e, al tempo stesso, indaga, svelandoli, i diversi legami di questa tradizione con suggestioni derivanti dalla letteratura, riuscendo a costruire un romanzo profondamente lirico e tormentato.

Non c’è dubbio che questo volume sia fondamentale per chi ama Massimo Bubola ma anche per quanti hanno amato e amano Fabrizio de Andrè perché in questo romanzo troveranno una sorta di loro genesi e capiranno che sia possibile vederle, e quindi anche ad ascoltarle, sotto una nuova luce.

#Notedicarta – “L’arte di essere Raffaella Carrà” di Paolo Armelli

Raffaella Carrà: "L'arte di essere Raffaella Carrà"
Raffaella Carrà: “L’arte di essere Raffaella Carrà”

Non una semplice agiografia, ma un vero e proprio atto di amore. Nelle 240 pagine di questo libro edito da Blackie, Paolo Armelli, al suo debutto come scrittore, riesce a narrare il perché tutti abbiano amato Raffaella Carrà.

Nata Raffaella Roberta Pelloni, bolognese classe 1943, la “Raffaella nazionale” è stata un’attrice, una showgirl, una conduttrice televisiva e una cantante nota a livello internazionale.

Le sue canzoni sono state tradotte in lingua spagnola e distribuite nei paesi latinoamericani.

Allieva di Jia Ruskaia, fondatrice della “Accademia Nazionale di Danza di Roma”, diplomata al “Centro Sperimentale di Cinematografia” di Roma, il suo debutto cinematografico è del 1960 ne “La lunga notte del ’43” di Florestano Vancini.

Ma il suo volto, e l’inizio della sua consacrazione, avviene nel 1970 con lo spettacolo “Io Agata e tu”, al fianco di Nino Taranto e Nino Ferrer all’interno del quale dimostrò chi fosse e, soprattutto, di quale classe fosse dotata.

Raffaella Carrà: "L'arte di essere Raffaella Carrà" 2
Raffaella Carrà agli esordi

Una lunga vita che corrisponde non solo a una lunga carriera ma, anche, a uno stile di vita. Ed è questo lo spunto che caratterizza il lavoro di Armelli.

Dieci capitoli, in realtà i dieci principi di Raffaella Carrà, accompagnati da interventi di Michele Masneri, Rossella Migliaccio, Laila Al Habash, Giovanni Benincasa, Daniela Collu, Vladimir Luxuria, Vanessa Incontrada, Raquel Peláez, Marinetta Saglio Zaccaria, Thierno «Billo» Thiam e Alessandro Zan.

Il sapiente lavoro di Armelli ci permette di scoprire la vita della Carrà anche attraverso i ricordi di chi ha lavorato con lei e di chi l’ha amata. Un libro che riesce a cogliere la sua indipendenza, la sua leggerezza e a trasmettercele.

 book cover
“L’arte di essere Raffaella Carrà” – book cover

La grandezza di Raffaella Carrà andava ben oltre il suo enorme talento perché l’opera d’arte non era quanto “metteva in scena” ma la sua stessa figura, quanto riuscì a trasmettere con il suo modo di vivere mondo, dando valore, con o senza paillettes, a se stessa anche quando gli altri non lo facevano.

A completare il volume, l’autore ha inserito la “Carragrafia ragionata”, un preciso e puntale compendio della carriera, dal cinema al teatro, dai libri ai dischi.

Versatile, poliedrica, indipendente, un’instancabile e tenace professionista, questo era Raffaella Carrà, una donna che sapeva vedere il bello e il buono dell’esistenza e riusciva a farlo apprezzare tramite l’arte dello spettacolo, la musica e, soprattutto, la sua persona.

Raffaella Carrà: "L'arte di essere Raffaella Carrà" di Paolo Armelli
Paolo Armelli

E così risulta estremamente facile trarre degli insegnamenti leggendo questo “L’arte di essere Raffaella Carrà” e questo rappresenta, indubbiamente, uno dei punti di forza del libro.

Dedicato a chi, pochi, la ricorda soprattutto per “il numero dei fagioli” ma, e soprattutto, a quanti sono cresciuti insieme a lei, canticchiando le sue canzoni, al di là del genere musicale, e che hanno deciso che è fondamentale vivere pensandosi protagonista per potersi dire “a far l’amore comincia tu”.

#Notedicarta: Renzo Chiesa “Cinquanta – 50 anni di ritratti della mia musica”

Renzo Chiesa: il libro fotografico “Cinquanta”
Renzo Chiesa autoritratto

S’intitola “Cinquanta – 50 anni di ritratti della mia musica” l’ultimo libro fotografico di Renzo Chiesa edito da VoloLibero.

Dopo la sua memorabile mostra dal titolo “Rock e altre storie” oggi il fotografo cremonese, ma milanese di adozione, ripropone, con un taglio soggettivo e personalissimo, le fotografie da lui realizzate durante la sua carriera ad oltre duecento stars della musica nazionale e internazionale.

Un volume che racconta, fotograficamente parlando, Joan Baez e Rolling Stones, ma anche Celentano e Cristicchi, Ornella Vanoni, Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Paolo Conte.

Renzo Chiesa: il libro fotografico “Cinquanta” Mick Jagger (Foto di Renzo Chiesa)
Mick Jagger (Foto di Renzo Chiesa)

Di particolare interesse la parte del volume dedicata al “Concerto in onore di Demetrio Stratos, quel concerto organizzato il 14 luglio 1979 all’Arena Civica di Milano che doveva essere in sostegno al grande artista italo-greco ma che, a seguito della sua improvvisa morte, prese una dimensione inaspettatamente tragica, diventando una celebrazione alla sua memoria cui parteciparono, gratuitamente, decine di artisti.

La passione per la musica rock sboccia da ragazzo, quando con una Bencini ancor prima di avere al collo la sua mitica Nikon F andava ai concerti per fotografare le sue rockstar preferite.

Renzo Chiesa: il libro fotografico “Cinquanta”
Renzo Chiesa “Cinquanta 50 anni di ritratti della mia musica” – book cover

Le sue foto hanno dentro tutto il movimento del rock e tutta la forza della sua sonorità. Ogni foto racconta non solo il momento che stava vivendo l’artista ma quella passione e emozione che lo stesso Chiesa viveva.

«Era il 1968, – ha ricordato Chiesa in diverse occasioni – ero un ragazzino stregato da “Blow up” e mi portai dietro una Bencini 2, tutt’altro che una macchina professionale.

Scattai senza flash, utilizzando le luci del palco». Quel “senza flash” che, nel tempo, divenne la sua cifra stilistica e che gli permise lavorare per le riviste di alcuni dei principali editori del periodo complice anche le immagini che scattò nell’ottobre del ’70 al Palalido, che all’epoca era per Milano ciò che la Royal Albert Hall era per Londra e il Fillmore East per New York, concerto che gli permise di immortalare gli Stones freschi dell’arrivo di Mick Taylor.

Renzo Chiesa: il libro fotografico “Cinquanta”
Paolo Conte (Foto di Renzo Chiesa)

Il libro, nelle sue 216 pagine, è pieno zeppo di incredibili documenti live di Jimi Hendrix nel 1968, di Mina nel 1969 oltre ai suoi celebri ritratti posati, dei quali il più celebre è l’iconico Lucio Dalla con berretta di lana scattato al Castello di Carimate e finito sulla copertina di “Dalla” nel 1980.

Lucio Dalla (Foto di Renzo Chiesa)

Questo volume, oltre all’importanza storica delle fotografie che contiene, racconta una vita, quella di Renzo Chiesa, trascorsa ai piedi dei palcoscenici rock o nelle cantine jazz, con in una mano la sua fidata Nikon mentre l’altra stringe l’obbiettivo e l’occhio nel mirino.

#Notedicarta: Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del ’68” di Fabio Barbero

“Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del '68”
Giorgio Gaber

Tutti sanno chi sia stato Giorgio Gaber ma molti, soprattutto tra i lettori under quaranta, non conoscono Sandro Luporini, eclettico artista che ha condiviso con Gaber quasi 30 di attività professionale come autore dei testi del teatro canzone che ha caratterizzato il lavoro del cantautore, commediografo, attore, cabarettista, chitarrista e regista teatrale meneghino.

Innanzitutto, va detto che, in Italia, il teatro canzone l’hanno inventato proprio Gaber e Luporini tant’è che lo stesso Gaber, quando gli chiedevano se ci fossero altri che facessero quel suo mestiere, rispondeva di no. In effetti, in quell’alba degli anni ’70 quello che facevano era unico.

Gaber e Luporini, simbioticamente, hanno rappresentato e raccontato il personale e il politico delle generazioni che hanno visto da un lato cambiare radicalmente il mondo e dall’altro rimanere intatta la dimensione della solitudine esistenziale.

“Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del '68”
Giorgio Gaber e Sandro Luporini

Stiamo parlando principalmente di quella generazione del ’68 e del movimento socioculturale che si è venuto a creare nel decennio successivo, gli anni ’70.

In diverse occasioni Luporini ha raccontato del suo primo incontro con Gaber, incontro quasi casuale, almeno per Luporini «C’eravamo già incrociati al Bar Sempione di via Procaccini, dove abitavo e la casa di Giorgio non era distante.

Poi arrivò quel pomeriggio, mi vide in Galleria ed entrò. Fu in quel momento che ebbe inizio il nostro rapporto. Sto parlando dei primi anni Sessanta. Sapevo che suonava.

Un giorno si presentò in galleria con la chitarra e strimpellò un po’ di note, accompagnandole con la voce. Gli dissi “Mica male, Giorgio”. E lui, molto timidamente, mi ringraziò e poi disse che gli sarebbe piaciuto dar vita a un progetto comune.

Voleva che lo aiutassi a scrivere i testi per la sua musica. E lì compresi la prima cosa che Gaber possedeva: una grande modestia.

Credeva fermamente nel suo lavoro di musicista, ma conosceva perfettamente i suoi limiti letterari. Ha impiegato anni prima di sentirsi su quel piano meno insicuro».

Da questo Barbero parte con il suo lavoro, questo “Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del ’68” edito da Arcana, e lo fa analizzando il decennio creativo di Gaber-Luporini attraverso gli spettacoli di teatro canzone che, palco dopo palco, hanno attraversato l’Italia intera: “Il Signor G” (1970-1972), “Dialogo fra un impegnato e un non so” (1972-1973),

“Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del '68” - cover
“Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del ’68” – book cover

“Far finta di essere sani” (1973-1974) e poi “Anche per oggi non si vola” (1974-1976), “Libertà obbligatoria” (1976-1978) e “Polli d’allevamento” (1978-1979) sino al primo spettacolo degli anni Ottanta, “Anni affollati” (1981-1982), quello che si presenta come, contemporaneamente, elemento di rottura e di continuità del lungo lavoro realizzato nel decennio precedente.

Si tratta di 432 pagine che tracciano una lunga e puntuale analisi dei testi partoriti da Luporini e sapientemente rimaneggiati e musicati da Gaber che, proprio nella generazione che dai due attori fu messa “al microscopio”, divennero un simbolo.

In realtà nel volume sono pochi i contenuti esplicitamente musicali e, quando sono presenti, sono semplicemente accennati.

 

“Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del '68”
Giorgio Gaber

Il lavoro di Barbero è stato quello di esaminare principalmente i testi, restituendo, nel contempo, la dovuta centralità alla figura di Sandro Luporini.

Imponente la ricerca documentale compiuta dall’autore con svariate decine di citazioni da interviste, recensioni, altri libri, con un meticoloso sfruttamento delle note a piè di pagina che approfondiscono e dettagliano il testo, divenendo esse stesse, parte attiva del testo.

Ancora una volta, per fortuna, un libro che non si può definire “leggero” ma che restituisce, dal punto di vista filosofico-sociale, un utile spaccato culturale di una generazione, quella che poi, sempre per voce di Gaber, dopo essersi interrogata sul significato del concetto politico di destra e sinistra, entrerà nella più grande crisi esistenziale possibile, quella della sua “Qualcuno era comunista”.

Sandro Luporini con Giorgio
Giorgio Gaber e Sandro Luporini

Barbero ha annunciato che «questo primo volume è sugli anni ’70, poi vorrei farne altri due, sugli anni ’80 e ’90». Non ci resta che attendere, intanto abbiamo questo piccolo gioiello non solo da leggere ma da usare come stimolo per riascoltare il teatro canzone di Gaber e Luporini.

Matteo Torcinovich:  “1977. Don’t call it punk”  l’anno che cambiò per sempre la musica 

Matteo Torcinovich: “1977. Don't call it punk”
Matteo Torcinovich: “1977. Don’t call it punk”

Ritornando, con il pensiero, al 1977 non possono non venirmi in mente il Movimento, le università occupate, il sei politico, il Convegno di Bologna e la morte di Francesco Lo Russo.

E poi in quel 1977 c’è il punk, quella subcultura giovanile emersa negli Stati Uniti e nel Regno Unito a metà degli anni settanta e che, proprio nel 1977, produsse una serie di album come “Never Mind The Bollocks…” dei Sex Pistols, “Rocket To Russia” dei Ramones, “Blank Generation” di Richard Hell & The Voidoids “Young, Loud & Snotty” dei Dead Boys, e “(I’m) Stranded” dei The Saints e “Radios Appear” dei Radio Birdman.

E poi c’è lei. The Queen, quella Lilibet con la spilla da balia nel naso.

Veste grafica particolare, per “1977. Don’t call it punk” di Matteo Torcinovich edito da Spittle/Goodfellas Edizioni perché è realizzato come una enorme fanzine con una grafica volutamente rozza, l’uso del bianco e nero, riempita fino al massimo possibile di immagini colorate, grafiche, notizie, trafiletti di giornali, grazie all’approfondita ricerca realizzata dall’autore.

Matteo Torcinovich: “1977. Don't call it punk”
Sex Pistols

Matteo Torcinovich, nelle 496 pagine del libro, penetra la coltre dell’oblio e, grazie a una minuziosa ricerca storica, stila un vero e proprio calendario, annotando, giorno per giorno, tutti gli eventi relativi alla scena punk rock.

Si tratta di un dettagliato ritratto di quello che fu il punk, corredato da un’ampia mole fotografica di materiale d’epoca, liste di concerti, copertine di dischi, fanzines e, soprattutto, con le memorie di musicisti, scrittori, fotografi come Gaye Black degli Adverts, il mitico fondatore del Roxy Club Andrew Czezowski, Ana da Silva delle Raincoats, il fotografo Peter Gravelle, Lora Logic degli X-Ray Spex, il giornalista Kris Needs e dai membri di Sham 69, Boys, Generation X, Vibrators, PIL, Chelsea, che permettono di ricostruire un quadro ancora più

Matteo Torcinovich: book cover
Matteo Torcinovich: “1977. Don’t call it punk” – book cover

dettagliato e approfondito di un’epoca tanto irripetibile quanto decisiva e ancora artisticamente attuale che ci fa comprendere che «la musica (il punk rock, ndr) assume un ruolo primario nel processo legato al cambiamento generazionale e diventa, quasi inconsapevolmente, il veicolo per eccellenza sul quale viaggia ad alta velocità il nuovo concetto artistico del “Fai da te” che approda alla fotografia, alla moda, al teatro, alla grafica, alla poesia ma anche alle idee politiche/non politiche, scandali e verità!

Straordinariamente questo nuovo approccio si diffonde tra la generazione del ’77.

Alcuni piccoli studi di registrazione così come certi negozi di dischi e i musicisti stessi, creano importanti etichette discografiche indipendenti che sfornano migliaia di vinili di centinaia di nuove band.

I protagonisti sono di certo i musicisti ma anche i produttori di concept originali e gli inventori di nuove idee.

Per forza di cose servono grafici, fotografi, nuovi giornali capaci di trasmettere un nuovo stile di comunicazione»

Matteo Torcinovich
Ramones

In diverse occasioni, l’autore ha ringraziato la Contessa Platessa Basinska Brancusi. Ma, per quanti non la conoscessero, di chi si tratta?

Di una nobildonna polacca, originaria di Wadowice, che in età adolescenziale frequentò la Scuola d’Arte di Varsavia contro il volere dei propri genitori.

Si trasferì a Parigi dopo il suo matrimonio con lo scultore Constantin Brancusi e lì aprì uno dei salotti più famosi dell’epoca all’Hotel de Nevers dove noti esponenti delle avanguardie artistiche esposero le loro nuove concezioni dell’arte.

Matteo Torcinovich: Dead Boys
Dead Boys

Questo luogo di ritrovo, alla base di molti salotti successivi, fu anche l’occasione per propagandare le già note tesi sull’emancipazione della donna, ricorrendo all’invito di diverse esponenti femminili socialmente impegnate, tra queste Adrienne Lecouvreur.

Alla morte di Brancusi, cominciò a trascorrere le sue estati in Italia precisamente a San Quirico dove il salotto di Lady Platessa fu per anni uno dei più esclusivi del paesaggio toscano

Franco Battiato: “non è mai stato un solitario” di Giordano Casiraghi  “Battiato. Incontri”

Franco Battiato: "non è mai stato un solitario
Franco Battiato e Gregorio Alicata – Gli Ambulanti (Foto © Uliano Lucas)

Si tratta di un lavoro, questo di Casiraghi, che getta una luce peculiare sul maestro Franco Battiato e lo fa attraverso la voce delle persone che l’hanno effettivamente incontrato e conosciuto. Al libro partecipano oltre cento voci.

Si tratta di musicisti che sono stati con lui, sul palco o che hanno suonato nei suoi dischi, tecnici e operatori che hanno vissuto le sue tournée, produttori e discografici che, sorpresi dalla sua straordinaria creatività, lavorarono con lui, i fonici delle sale di registrazione che hanno visto trasformarsi la sua creatività in musica compiuta oltre a artisti, giornalisti e fotografi.

Un collage di materiali che Casiraghi ha ricostruito grazie agli oltre quaranta anni di conoscenza dell’artista.

«Non ero ancora nato e già sentivo il cuore che la mia vita nasceva senza amore» cantava Franco Battiato nell’album Fetus, quell’album che fu un capitolo fondamentale nella discografia degli anni Settanta.

Franco Battiato: BATTIATO. INCONTRI - book cover
BATTIATO. INCONTRI – book cover

Franco Battiato è stato, non per scelta, un apripista per molti di quegli artisti che avrebbero, nel tempo, intrapreso un cammino musicale sganciato dai luoghi comuni.

Punto di partenza dell’ultimo lavoro di Giordano Casiraghi dal titolo “Battiato. Incontri”, edito da Officina Di Hank e uscito lo scorso mese di aprile, è una dimostrata affermazione che si fluidifica nella lettura del libro: «Battiato non è mai stato un solitario.

Stare con lui significava incontrare altre persone, tutte interessanti.

Una delle cose che ha lasciato è proprio questa: non siamo rimasti soli, perché noi che ci trovavamo magari in sala di incisione ad ascoltare in anteprima le sue canzoni siamo ancora in contatto e lo ricordiamo con gratitudine» come ha dichiarato recentemente in un’intervista l’autore.

È del 1965 un reportage fotografico di Uliano Lucas che accompagna Battiato nei locali di Milano e della provincia al fine di realizzare un servizio fotografico che, solo, in minima parte finisce su qualche rotocalco d’epoca.

Franco Battiato (Foto © Uliano Lucas)
Franco Battiato (Foto © Uliano Lucas)

Un reportage in gran parte inedito che assume importanza nel libro in questione.

Casiraghi lo scopre poco più di una quindicina di anni fa e propose a Lucas di poterlo pubblicare, in parte sul libro allora che era ancora nella fase di gestazione.

Sono stati scelti venti scatti, belli e suggestivi, ambientati in una Milano che non esiste più, quando Franco Battiato e Gregorio Alicata, si facevano chiamare Gli Ambulanti e furono immortalati fuori da una fabbrica, alla darsena, con gli studenti all’uscita di un liceo, al mercato delle bancarelle.

Un Battiato, quello del 1965. Sconosciuto ai più, si tratta di un Battiato che guardava con interesse a Bob Dylan e scriveva canzoni di protesta.

Franco Battiato - Giordano Casiraghi
Giordano Casiraghi

Un capitolo del libro è dedicato alla pittura e uno al docu-film “Attraversando il bardo”, dedicato alla ricerca mistica e spirituale, argomento da sempre al centro della produzione musicale e cinematografica di Battiato e, nelle sue 316 pagine, ci racconta un artista che non ha mai smesso di stupire sia per la sua onestà intellettuale sia per la sua creatività al di fuori dall’ordinario.

Completa il volume la postfazione di Fabio Anibaldi Cantelli.

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