#Notedicarta: “Skiantos. Una storia come questa non c’era mai stata prima, …e non ci sarà mai più…”

Skiantos, gli anticonformisti
Skiantos, gli anticonformisti

Una nuova uscita, con questa seconda edizione riveduta e corretta che contiene anche un 45 giri inedito con due brani registrati a Gorizia nel 1978 durante un’esibizione degli Skiantos, che perpetua l’omaggio a una delle band nate all’interno di quel tessuto-melma musicale che contraddistinse Bologna negli anni ’70.

Un racconto che parte dal lancio di verdure dal palco verso il pubblico, alle esibizioni in cui cucinavano uova anziché cantare, per arrivare a Moana Pozzi, Sanremo e alle manette dei Carabinieri perché, nella lunga carriera degli Skiantos e di Freak Antoni, è successo veramente di tutto.

Questo volume la ripercorre, con un ottimo repertorio fotografico e diverso materiale d’epoca, interviste e racconti, grazie al lavoro di Gianluca Morozzi e Lorenzo “Lerry” Arabia ed edito da Goodfellas.

Skiantos, gli anticonformisti - Freak Antoni
Freak Antoni

Ancora oggi vale quanto dichiarò in un’intervista al quotidiano Repubblica il 30 novembre 2017, in occasione della uscita della prima edizione, Oderso Rubini, produttore discografico, musicista e scrittore italiano il cui nome Rubini è legato alla prima ondata della new wave e del punk rock in Italia e a Bologna, con la fondazione prima della Harpo’s Bazar, poi con la Italian Records, quando Paola Naldi gli chiese se si trattasse di un grande tributo meritato: «Credo proprio di sì. È tempo che venga riconosciuto il merito della band nel panorama della musica italiana. Se uno riflette su quello che hanno fatto si accorge che c’è un percorso formale ed estetico larghissimo che ha spaziato tra diversi linguaggi. Dire che non sapevano suonare era solo una provocazione».

Nelle 367 di questo volume gli autori raccontano un’epopea irripetibile, quella degli Skiantos.

Skiantos, gli anticonformisti book cover
Skiantos – book cover

Tra interviste a Freak, Sbarbo, Dandy e agli altri, affiorano aneddoti che aiutano a capire l’unicità di ciò che la band bolognese è stata e ha rappresentato.

All’inizio del loro inizio carriera gli Skiantos hanno suonato in molti locali gay «Era nato anche un sodalizio artistico con le Buson Sister, cinque o sei ragazzi che annunciavano il concerto», racconta l’ex membro Andrea “Jimmy Bellafronte” Setti.

«Happening, più che dei concerti», ricorda Dandy Bestia. «Freak s’ispirava ai futuristi, che tiravano roba sul pubblico».

Skiantos, gli anticonformisti - 1996 Skiantologia
Skiantos – 1996 Skiantologia

Avevano deciso di formalizzare il concetto di «pubblico di merda. Noi volevamo provocare il pubblico e sul palco io ero il più stronzo. Gli stavamo sempre addosso, lo tormentavamo.

Mi ricordo a Genova tre sedie da teatro divelte e tirate insieme sul proscenio… e noi gliele abbiamo ributtate giù! Gliele abbiamo ributtate in testa!» racconta l’ex voce Stefano “Sbarbo” Cavedon.

Sicuramente chi ha vissuto quegli anni a Bologna, ritroverà suoni, anzi rumori, odori e passione già a lui noti ma questo libro ben si presta alla lettura di quanti vogliono scoprire una band la cui parola d’ordine è stata l’assoluta mancanza di quello che oggi si definisce “politicamente corretto”.

#Notedicarta: “Collezioni di attimi. Negazione 1983-1992” a cura di DeeMo

Negazione: hardcore punk
Negazione: hardcore punk

Accompagnata dalle ristampe della discografia dei Negazione, è uscito “Collezioni di attimi. Negazione 1983-1992”, un volume dedicato a Marco Mathieu, fondatore della band e scomparso pochi mesi fa dopo un lungo coma causato da un incidente stradale, che racconta l’epopea della band hardcore torinese attraverso foto storiche, tra le quali molte inedite, scattate sopra e sotto i palchi, manifesti d’epoca e copertine dei dischi.

Il volume è curato da DeeMo, storico grafico dei Negazione e autore di alcune delle più note copertine dei loro dischi e dato alle stampe da Goodfellas.

Era l’inverno del 1985: due band in un furgone attraverso la peggiore tempesta di neve del secolo. Questo fu il primo tour in furgone dei Negazione con i Declino attraverso la peggiore tempesta di neve del secolo.

Negazione: hardcore punk CBGB’s di New York -
Negazione – CBGB’s di New York – (Foto © Winni Wintermeyer)

Quel tour, anzi quel viaggio, anche se di sole cinque date, rappresenta la metafora del viaggio e i chilometri percorsi. Proprio da questa immagine si snoda l’incredibile viaggio visuale che ci accompagna alla scoperta non solo una delle più influenti band punk-trash italiane, ma anche del contesto in cui la loro arte ha raggiunto il pubblico, lo ha dominato.

I Negazione hanno rappresentato uno dei momenti più alti della scena punk-hardcore italiana, una delle poche in grado di portare il movimento al di fuori dei confini nazionali. Insieme ad Indigesti, Declino e Kina, i Negazione sono stati solida base della scena torinese e piemontese, diventando gli esponenti principali di quello che la bibbia del punk hardcore americano Maximum Rock’n’Roll definirà “Italian hardcore”.

Negazione: hardcore punk - book cover
Negazione: Collezioni di attimi – book cover

L’importanza dei Negazione, in quella loro musica non allineata degli anni ’80, risiede nella forte identità e nella capacità di creare canzoni esaltanti e aggressive fregandosene delle etichette proprio perché, mettendo in gioco influenze e sonorità che travalicavano la facile ortodossia, riuscivano ad essere genuinamente identitari.

Come successe a diversi gruppi contemporanei cresciuti nelle diverse scene locali italiane, i Negazione svilupparono, forse inconsciamente, non solo un sound personale, ma un sound che esula dalla riproposizione degli stilemi importati dagli Stati Uniti.

Negazione: hardcore punk - Negazione - Lo spirito continua - cover
Negazione – Lo spirito continua – cover

Lo spirito continua, pubblicato nel 1986 dall’etichetta olandese De Konkurrent e poi ristampato nel 1989 dall’italiana TVOR con copertina differente, è l’album che rappresenta l’essenza dei Negazione, proprio perché a oltre 35 anni dall’uscita, resta uno dei più citati e amati dagli appassionati del genere.

Non si può, inoltre dimenticare l’accoglienza e il consenso unanime che il disco incontrò all’epoca anche da parte di Maximum Rock’n’Roll e di Flipside, che negli States parlarono di questo disco.

Anche la stampa italiana tributò lodi ai dieci brani contenuti nell’album che diventarono, in poco tempo, dei c.d. instant classics.

Con le sue 378 pagine, si tratta, senza ombra di dubbio, di un ottimo lavoro, sia dal punto di vista dei contenuti sia dal punto di vista della grafica e dell’iconografia ed è un libro importante e, per certi versi, definitivo.

#NOTEDICARTA: “Una storia” di Luciano Ligabue, storia di un uomo che, nel suo sessantesimo compleanno, decide di “tirare le somme”

Luciano Ligabue "Una storia"
Luciano Ligabue (Foto © Ray Tarantino)

Giunto alla sua ottava uscita editoriale, il Liga ha deciso di raccontarsi. Con “Una storia”, edito da Mondadori, il rocker emiliano tenta il tutto per tutto con un’autobiografia che, mi scuserà l’autore, sembra solo un’operazione promozionale.

Dal punto di vista stilistico siamo lontani da quanto Ligabue ci aveva fatto leggere in passato, forse, anche per merito di un ottimo editor.

La lettura è particolarmente scorrevole, forse troppo, e, alla fine, il risultato è più simile alla fedele trascrizione di una serie di registrazioni effettuate mentre un gruppo di amici parla comodamente seduta al tavolino di un bar, magari sorseggiando calici di lambrusco, forse nemmeno di ottima qualità.

Luciano Ligabue "Una storia" - book cover
Luciano Ligabue “Una storia” – book cover

Un insieme stilisticamente scomposto di ricordi, persone, luoghi, nomi e soprannomi, voglia “di far casino”, come succede appunto durante una, amicale conversazione tra amici che rimpiangono, raccontandolo, il proprio passato attraverso un momento di riflessione condivisa che fa trasparire il “si stava meglio quando si stava peggio”.

Non solo. Il lettore è relegato a un ruolo puramente passivo, costretto a vivere il racconto dal marciapiede della strada antistante al bar, attraverso le sue vetrine.

La sua famiglia, quella in cui è nato, la sua famiglia, quella che ha costruito, la sua famiglia, quella composta dai suoi amici, e ancora la sua famiglia, quella dei suoi più stretti e longevi collaboratori.

Luciano Ligabue "Una storia"
Marco e Luciano Ligabue

Ma, in fondo, si tratta di un’autobiografia e quindi il libro accontenterà gli assidui frequentatori del “bar Mario” e i suoi fans sparsi in tutta Italia.

A Enrico Casarini, che l’ha intervistato per “Sorrisi e Canzoni”, Ligabue ha detto che nessun libro può contenere l’intera vita di una persona» ma, proprio per questo, si tratta di una storia.

Semplicemente della storia di un uomo che, nel suo sessantesimo compleanno, decide di “tirare le somme”.

Chi vuole conoscere gli aneddoti mai narrati della vita di Luciano Ligabue, quelli relativi al periodo in cui era un bambino o un ragazzino come tanti, può farsi ammaliare da queste pagine.

 "Una storia" biografia
Luciano Ligabue, gli esordi

Chi cerca invece, uno spunto di riflessione sull’uomo Ligabue, eviti di cercarlo perché lo potrà trovare solo altrove e non nelle 480 pagine del libro.

Forse, anche se il libro è uscito lo scorso maggio, si tratta della lettura giusta da consumare sotto l’ombrellone, tra il vociare di bambini, i rumori sordi della palla che colpisce la sabbia, le radio accese su stazioni diverse, il venditore di cocco o di acqua minerale.

Forse vi farà sorridere, in alcuni momenti anche ridere ma, quando lo chiuderete, probabilmente non lo riprenderete più in mano.

#Notedicarta: “Battiato – Cafè Table Musik” profondo lavoro di analisi che riguarda il breve e circoscritto periodo del primo Battiato

Battiato - Cafè Table Musik di Carlo Boccadoro
Battiato

Ancora un libro su Battiato, si chiederà qualcuno? Ebbene sì ma, questa volta, siamo in presenza di un profondo lavoro di analisi che riguarda il breve e circoscritto periodo del primo Battiato, quello relativo ai suoi tre album, “Battiato”, uscito nel 1977, “Juke Box” e “L’Egitto prima delle sabbie” usciti nel 1978.

All’interno dell’ampio e variegato cammino del maestro, è indubbio che la sua prima produzione, quella che va dalla fine del 1974 a tutto il 1978, continui a rimanere troppo poco conosciuta.

Uno dei motivi principali è che, di questi lavori, lo stesso Battiato non ha mai pensato di mettere a disposizione di altri le partiture, scelta che permette una maggior circolazione delle opere. Trascuratezza?

Sicuramente no. Si è trattato, fondamentalmente, di un atteggiamento preciso riscontrabile anche in John Cage, Terry Riley e Harry Partch, che non hanno mai voluto trascrivere per i posteri la propria opera, e la conferma la troviamo in un’intervista che Battiato rilasciò nel 2009 quando dichiarò di essere «per natura l’opposto di Stockhausen, che era un fanatico della storicizzazione dei propri lavori».

Battiato - Cafè Table Musik di Carlo Boccadoro 2
Battiato – Cafè Table Musik di Carlo Boccadoro – book cover

Un periodo creativo, quello degli anni 1974-78 che era formalmente ancorato al presente e che veniva superato dal lavoro successivo. Si è trattato, più che mai in quel periodo, di una formalizzazione creativa di appartenenza, di una costante e autentica dichiarazione di purezza artistica, da autentico musicista d’avanguardia quale era.

Solo nel 2021, grazie al ritrovamento di alcune partiture di quel periodo proprio da parte dell’autore, è stato possibile illuminare con diversa luce lo sviluppo autorale dal compositore riuscendo, per la prima volta, a poter affrontare l’analisi di quei brani senza doversi basare in via esclusiva sull’ascolto delle registrazioni discografiche.

In “Battiato – Cafè Table Musik” edito da La Nave di Teseo, Boccadoro fa elevare in alto il Battiato più lontano dalla forma canzone fornendoci il ritratto di un compositore irrequieto, ma consapevole del travaso e della trasposizione che esisteva tra l’autore e il suo pubblico, un autore che risultava essere più un creatore di frammenti sonori che il pubblico avrebbe potuto fare propri, permearli con il ruolo di nuovo autore.

Battiato - Cafè Table Musik di Carlo Boccadoro
Franco Battiato

«Battiato abbandona il suo amato sintetizzatore VCS3, con cui ha realizzato i primi dischi da solista, elimina qualsiasi strumento legato al mondo del rock e si concentra in modo continuo, quasi maniacale, su elementi selezionati con cura.

Il pianoforte, la voce e il violino sono quelli che lo interessano maggiormente e sui quali concentra come un raggio laser tutta la propria attenzione.

Non estraneo a questo interesse è l’incontro con musicisti di grande caratura, che lo spingono in questa direzione: Antonio Ballista in primis, ma anche Alide Maria Salvetta, Bruno Canino, Roberto Cacciapaglia e Giusto Pio.

Un piccolo gruppo di fedelissimi amici che condivide la fiducia nelle capacità di Battiato come autore di musica cameristica, anche quando il mondo della musica classica sembra respingerlo con indifferenza e talvolta acribia.

Molti di questi esecutori lavoravano abitualmente con figure di primo piano dell’avanguardia di quegli anni come Luciano Berio, Salvatore Sciarrino, Paolo Castaldi, Luis De Pablo, Niccolò Castiglioni, Franco Donatoni: il fatto che gli stessi interpreti di questi autori non guardassero a Battiato come a un parvenu ma come a un compositore da prendere sul serio deve essere stato indubbiamente un segnale importante di incoraggiamento per il musicista siciliano» scrive Boccadoro.

Battiato - Cafè Table Musik di Carlo Boccadoro
Carlo Boccadoro

Nelle 256 pagine di questo libro Boccadoro traccia e formalizza un ritratto conosciuto da pochi e, spesso, ignorato da quanti si definiscono estimatori di Battiato.

L’autore, pianista, compositore, musicologo e Direttore Artistico dei Concerti della Normale di Pisa, che con Battiato ci ha collaborato, e le musiche di cui scrive le conosce anche per averle suonate, grazie alla sua grande competenza completa e formalizza, proprio grazie a questo libro, un ritratto del maestro denso di estro, lungimiranza e genialità.

Un libro da leggere mentre i tre album oggetto del lavoro diventano sottofondo musicale alla lettura.

#NOTEDICARTA: “The Edge – oltre il confine” si tratta di un libro per ogni amante della musica, quell’amore che diviene estensione dell’anima

David Howell Evans: "The Edge - oltre il confine”
David Howell Evans: “The Edge” – Live

“The Edge – Oltre il confine” è l’ultimo lavoro firmato da Andrea Morandi edito da Sperling & Kupfer, già autore, per quanto riguarda la band di Dublino, di “U2. The name of love”.

Edge, lo spigolo. Fu Bono ad affibbiargli quel soprannome immaginando che, proprio quella parola di poche lettere, ma di molti significati, fosse capace di rappresentare David Howell Evans sia dal punto di vista fisico, il suo mento ha una forma particolarmente appuntita, sia per lo spigoloso e affilato suono che era in grado di esprimere con la sua chitarra, quel suono che ha caratterizzato i primi album degli U2, intrisi di new wave e post-punk.

Era il settembre 1979 quando uscì “U2 Three”, tra brani prodotti da Chas de Whalley e dagli stessi, allora esordienti, U2 che fu distribuito nei formati 7”, 12” e cassetta.

David Howell Evans: "The Edge - oltre il confine”
U2 Three – cover

Si tratta della prima biografia, in assoluto, di The Edge. L’autore ha voluto andare a ritroso nel tempo cercando di capire chi fosse davvero David Howell Evans, quell’irlandese nato a Londra da genitori gallesi.

Il volume è costruito, come un romanzo, in dodici capitoli che rappresentano un viaggio lungo sessant’anni in cui ogni capitolo è un luogo, tappa del percorso.

David Howell Evans: "The Edge - oltre il confine” 2
David Howell Evans: “The Edge – oltre il confine” – book cover

Il viaggio racconta gli anni della “Mount Temple School” di Dublino, l’incontro con Bono, Larry e Adam, parte da Londra, attraversa il deserto del Mojave e arriva in Italia ma anche a passeggio tra le vie di Berlino nei giorni della caduta del Muro o tra quelle di Sarajevo poco dopo la fine del conflitto.

Interessante, anche se non originalissimo, l’espediente narrativo che ha usato l’autore e su cui è costruito il racconto, quello del lungo viaggio in aereo all’inizio del quale il protagonista si addormenta per rivivere, nel sogno, i momenti più significativi della sua vita e della sua carriera.

Trovo molto interessante la scelta dell’autore di corredare quanto scritto con una playlist di quindici canzoni indicate alla fine di ogni capitolo con il consiglio di ascoltarle durante la lettura.

U2 Esordi - (Foto © GettyImages)
U2 Esordi – (Foto © GettyImages)

Non si tratta banalmente di canzoni degli U2 ma, piuttosto, di quei brani che hanno influenzato The Edge o che l’hanno accompagnato in quel preciso periodo storico.

The Edge. Oltre il Confine non è un libro dedicato ai fans degli U2 ma, e soprattutto, un libro che non dovrebbe mancare nella propria libreria. Si tratta di un libro imprescindibile per ogni amante della musica nel senso più ampio del termine, quell’amore che diviene estensione dell’anima.

Spesso, anche per voce diretta degli artisti, si ritiene che il musicista riversi nelle proprie composizioni anche parte del proprio essere e, proprio per The Edge, questa è la conferma.

La ricerca sonora perseguita per costruire ed esternate quel particolare suono che lo ha caratterizzato anche grazie alla sua attitudine fa di The Edge un unicum nel panorama chitarristico internazionale, un guitar hero che deciso di mantenere inalterata la sua essenza di bambino che si stupisce davanti a ciò che gli succede, senza mai evidenziare o esaltare il piglio della rockstar.

#NOTEDICARTA: Lelio Camilleri è un docente di Composizione Musicale Elettroacustica, brillante compositore e scrittore

Lelio Camilleri: “Il suono del progresso”
Lelio Camilleri

Lelio Camilleri è un docente di Composizione Musicale Elettroacustica presso il Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze.

Autore, tra l’altro, di “I sogni d’oro dei Beatles” e “La musica in grigio e rosa”, Camilleri analizza le musiche con un approccio altamente specialistico.

Certo, questo richiede da parte del lettore una grande attenzione e un’inclinazione all’approfondimento che non sono alla portata di tutti, soprattutto se la musica non è stata materia di studio.

In questo volume, edito da Arcana Editore, l’autore analizza “The end of an ear” di Robert Wyatt, “1984” di Hugh Hopper, “Lumpy Gravy” di Frank Zappa, “Unrest” degli Henry Cow, “The Faust Tapes” dei Faust e “Phaedra” dei Tangerine Dream.

Lelio Camilleri: “Il suono del progresso” book cover
Lelio Camilleri: “Il suono del progresso” book cover

Naturale evoluzione dei suoi lavori precedenti, Camilleri si propone di fare un ulteriore passo avanti nell’analisi musicale.

Focus del suo lavoro è quello delle tecniche di registrazione in cui l’esplorazione sonora accede alla totalità del mondo sonoro, svincolandosi dallo stretto concetto di strumenti musicali anche grazie all’evoluzione tecnologica, ma anche alla fantasia e alla creatività che l’hanno accompagnata, che ha dato la possibilità di creare un mondo musicale a partire dalle manipolazioni di suoni registrati e dalla sintesi sonora.

Molte delle esperienze inquadrabili nel mondo del progressive rock impiegano queste tecniche e questo di approccio compositivo, integrandolo e rendendolo parte integrante del loro modello di composizione musicale.

Lelio Camilleri: “Il suono del progresso”
Moog – the voice of music

Il Suono del Progresso” analizza e focalizza questi legami e destruttura la composizione musicale al fine di scoprire questi nuovi modelli creativi all’interno di questo genere musicale.

Lo dimostra il fatto che alcuni dei dischi analizzati da Camilleri sono irrealizzabili dal vivo, almeno nella versione discografica.

Il musicista rock, in ultima analisi, non lavora in modo dissimile da quello del compositore di musica elettroacustica perché registra, trasforma e usa tecniche di editing, montaggio e mixaggio come strumenti compositivi e non puramente come supporto tecnologico.

Lelio Camilleri: “Il suono del progresso” Tangerine Dream
Tangerine Dream

Il fatto di usare la registrazione come principale mezzo compositivo permette che l’ambito del mondo sonoro impiegato si esalti anche con l’introduzione di suoni provenienti del mondo reale e l’inclusione di suoni meramente elettronici in quanto non prodotti da strumenti elettro-acustici tradizionali e considerati materiale sonoro.

Suddiviso in cinque sezioni, vanta un’importante bibliografia e discografia e, soprattutto, un’introduzione alla storia della musica elettronica fondamentale per meglio comprendere i legami fra queste musiche.

#NOTEDICARTA: “MIMI’ – Tutti ne parlano, io l’ho conosciuta” di Davide Matrisciano

Domenica Rita Adriana Bertè, detta Mimì
Domenica Rita Adriana Bertè, detta Mimì

Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco, Davide Matrisciano non ha mai conosciuto personalmente Mia Martini, nome d’arte di Domenica Rita Adriana Bertè, detta Mimì.

Davide Matrisciano, cantautore, musicista e produttore artistico napoletano, ha deciso di posare le note e impugnare la penna per rendere omaggio a Mia Martini. Il libro, pubblicato per la collana Musica&Storie dalle edizioni Terre Sommerse, è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale La Fenice. La stessa associazione ha prodotto e realizzato un progetto che prevede, oltre alla pubblicazione del libro, anche la realizzazione dell’omonimo docufilm realizzato in coproduzione con la “Calabria Film Commission”, scritto e diretto da Gianfrancesco Lazotti.

Domenica Rita Adriana Bertè, detta Mimì - book cover
MIMI’, tutti ne parlano, io l’ho conosciuta – book cover

Nonostante, come indicavo in premessa, Matrisciano non abbia mai conosciuto Mimì, ha deciso di realizzare un libro proprio dando voce a chi, invece, l’ha conosciuta veramente.

Enrico Ruggeri, Edoardo Bennato, Marco Masini, Peppe Vessicchio, Tullio De Piscopo, Fio Zanotti, Mario Luzzatto Fegiz, Massimo Cotto, Shel Shapiro, Dodi Battaglia e Claudio Baglioni sono solo alcuni dei 150 testimoni che compongono questo ritratto realizzato da chi l’ha conosciuta sul palco o dietro le quinte, di chi ha lavorato con lei e di chi le è stato, forse pochi, amico sincero.

Nel caso di Mia Martini, vale la pena di ricordare che si tratta di una persona che in vita è stata tormentata da un’indegna diceria, quella di portare sfortuna e ci sembra più che mai doveroso che chi oggi voglia parlare di lei evidenzi quasi esclusivamente i suoi lati positivi e ricordi quasi esclusivamente i suoi pregi perché quel periodo nero che la Martini ha subito e vissuto deve necessariamente entrare definitivamente nell’oblio, pur mantenendo inalterate le scarse qualità umane, ma non solo, di chi al tempo alimentò questa chiacchiera sulla Martini.

Domenica Rita Adriana Bertè, detta Mimì con Ivano Fossati
Mia Martini e Ivano Fossati

Le testimonianze raccolte nel libro tracciano il profilo di un’artista e di una musicista di eccezionale spessore, raffinata interprete e costantemente alla ricerca della bellezza e della perfezione, sia professionalmente sia umanamente.

Il libro di Matrisciano ci accompagna in un viaggio che parte dagli esordi dagli anni Settanta e ci conduce sino agli anni Novanta proponendo, parallelamente, il racconto dell’epopea discografica italiana, quel mondo discografico e musicale che oggi non esiste più, fatto di grandi fermenti, ricco di possibilità e incontri sinceri, contestualizzato negli anni della Martini alla RCA sino al suo passaggio artistico che la vede indiscussa protagonista della canzone d’autore.

Davide Matrisciano
Davide Matrisciano

Dopo una ventina d’anni, per la prima volta, grazie a questo libro sono disponibili per il pubblico appunti, bozze di testi e accordi, piccolo patrimonio dell’attività professionale della Martini.

A questo si aggiunge un ricco patrimonio fotografico, spesso inedito, tratto dall’archivio personale della stessa Mia Martini, vera ricchezza di questo volume.

Non ho trovato, invece, convincente e funzionale che il libro sia suddiviso in criteri di appartenenza come musicisti e addetti ai lavori, autori e compositori, make-up artists, giornalisti, autori e conduttori, amici e fans perché questa scelta rende più frammentaria e discontinua la narrazione.

#Notedicarta:  Rock, massa e potere. Non tutte star son quelle che luccicano

Rudy Marra: "Rock, massa e potere"
Rudy Marra: “Rock, massa e potere”

Forse non tutti hanno letto “Massa e potere” di Elias Canetti, lettura che consiglio vivamente.

Scrittore in lingua tedesca e grande figura d’intellettuale della cultura mitteleuropea, Canetti ricevette il Nobel per la Letteratura nel 1981.

Minore fu invece, presso gli ambienti accademici, la fortuna di “Massa e potere”, l’opera cui egli dedicò gran parte della sua vita, dal 1922 al 1960, che non ha mai suscitato l’interesse del vasto pubblico, neppure dopo la scomparsa del suo autore avvenuta nel 1994.

Alla sua opera s’ispira Rudy Marra, autore, compositore, musicista e scrittore. Laureato in Sociologia presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino con la tesi “Massa e potere: l’esperienza delle masse giovanili contemporanee”, proprio la sua tesi è stata prodromica a questo “Rock, massa e potere” edito da Editrice Zona.

 La prima parola che ha suscitato la lettura del libro è stata “Finalmente!”. Sì, finalmente perché la storia della musica, e del contesto sociale che genera, aveva bisogno di una voce fuori dal coro, dissacrante e ben lontana dal politicamente corretto che, normalmente, avvinghia tutti i saggi dedicati alla musica, alla sua storia e ai suoi rapporti con la società.

Rudy Marra: "Rock, massa e potere" - book cover
Rudy Marra: “Rock, massa e potere” – book cover

Rudy Marra, sulle orme di Elias Canetti, ci consegna un’analisi impietosa tra iconoclastia e disincanto.

Autore lucido e preparato, Marra, il cui acuto rigore e la sua totale estraneità al banale gli permettono di mettere nero su bianco quanto altri hanno forse pensato ma che mai hanno avuto il coraggio di scrivere, genera nel lettore, pagina dopo pagina, un ineludibile senso di fastidio che cresce pagina dopo pagina.

Già questo rende unica l’opera e, pertanto, assolutamente da leggere.

Marra adotta un procedimento di analisi e scrittura molto interessante per lo studioso dei fenomeni sociologici usando come attivatore la sostanza intangibile dell’emozione ma, forse proprio per questo, ci propone un lavoro disturbante di quanti, accavallati al proprio romanticismo, vedono i loro sogni e le loro visioni infranti.

 concerto Rock
“Folla” a un concerto Rock

L’analisi del mito e del sogno è decostruita da Marra che la viviseziona mettendola sotto la lente d’ingrandimento dell’analista e la mette poi a nudo nel linguaggio freddo, asettico e antipoetico della saggistica che caratterizza, senza alcuna caduta di stile o incongruenza, tutto il suo lavoro.

L’autore tratteggia, con estrema lucidità, perizia, precisione di linguaggio e padronanza della materia, un disarmante quanto realistico identikit della “massa”, quel popolo delle arene rock, classificandone le forme di aggregazione, i simboli distintivi, i rituali collettivi, il rapporto sbilanciato con i propri idoli.

Da tutto ciò, l’autore tratteggia pulsioni e movimenti della massa che, come da manuale, si muove come un unico corpo legato ai dettami e agli istinti che lo contraddistinguono, rispondendo a una sorta di legge naturale strettamente legata al fenomeno rock cui per arrivare ad analizzare il parallelismo tra potere e paranoia, che in un volume come questo, ha una sua ragione d’essere.

Elias Canetti
Elias Canetti

L’analisi impietosa di Marra, come un bisturi incandescente che affonda nella carne, anche grazie ai suoi circostanziati rimandi all’opera di Elias Canetti, citato regolarmente in ogni pagina, ci conduce attraverso le 180 pagine che compongono il volume e ci costringe a sentirci stritolati e insicuri, affascinati e impotenti, perché così si esce dalla lettura di questo libro, uno di quei libri che, forse, non sarà ben compreso ma che ha il valore aggiunto di segnare una sorta di spartiacque che manda in pensione definitivamente le agiografie.

#NOTEDICARTA: “Faccio musica – scritti e pensieri sparsi” di Ezio Bosso. Il rapporto con la musica attraverso le sue parole

 

Ezio Bosso: “Faccio musica – scritti e pensieri sparsi”
Ezio Bosso: Roma, Auditorium Parco della Musica 19 dicembre 2019 (Foto © Musacchio, Ianniello & Pasqualini)

Sono passati poco più di due anni da quel 14 maggio 2020, giorno della scomparsa, a 48 anni di Enzo Bosso, affetto da una malattia neuro degenerativa irreversibile. Il libro di cui vi parlo oggi è “Faccio musica, Scritti e pensieri sparsi” di Ezio Bosso, curato da Alessia Capelletti, la sua addetta stampa.

Ezio Bosso è stato direttore della “Europe Philharmonic Orchestra” da lui fondata, “Sony Classical International Artist”, “Steinway Artist”, Ambasciatore dell’”Associazione Mozart 14” di Alessandra Abbado e prima ancora contrabbassista, compositore, “pianista all’occorrenza”, infine direttore d’orchestra, ma anche intellettuale, divulgatore, ideatore e conduttore del programma televisivo che l’ha fatto non tanto scoprire ma conoscere al grande pubblicoChe Storia è la Musica.

Ezio Bosso: “Faccio musica – scritti e pensieri sparsi” book cover
Ezio Bosso: “Faccio musica – scritti e pensieri sparsi” book cover

Il libro, uscito lo scorso anno per l’editore Piemme, non è una biografia nel senso tradizionale del termine. Si tratta di testi che documentano il rapporto con la musica attraverso le sue parole estratti da quanto Bosso ci ha raccontato con i suoi scritti degli ultimi quattro anni della sua vita.

Tutti i testi riproposti nel volume sono legati alla sua professione artistica. Sono trascrizioni integrali d’interviste, note di copertina dei suoi CD, appunti vari, note vocali registrate via WhatsApp e accuratamente trascritte, in una sorta di Zibaldone contemporaneo che racconta oltre all’artista anche l’uomo e la sua biografia, densa di fatti, di cose, di persone che lasciano traccia tangibile in queste parole che sempre sono dedicate a temi che hanno rappresentato per Bosso i fondamenti della sua stessa esistenza.

Tra tutti c’è il racconto del suo incondizionato e totale amore per la musica, cui Bosso attribuiva non solo il ruolo di massima espressione culturale, ma quello anche di una sorta di metafora della vita stessa che grazie all’orchestra, la sua massima rappresentazione, riesce a trasformarsi in potente catalizzatore sociale, esempio tangibile di come una società possa essere realmente, e con purezza, democratica.

Ezio Bosso: “Faccio musica – scritti e pensieri sparsi” 1
Ezio Bosso: Roma, Auditorium Parco della Musica. Stagione Estiva 2018 (Foto © Musacchio&Ianniello)

Il lungo lavoro di Alessia Capelletti ci propone un Bosso consapevole della sua fragilità e dell’utopia del suo pensiero ma proprio dalle sue parole emerge un’inaspettata personalità forte, uno spirito marcatamente positivo che costruisce giorno dopo giorno un edificio la cui materia prima è la bellezza.

Grande merito della Capelletti è inoltre la restituzione della purezza della scrittura di Bosso che, così come nelle sue molteplici attività musicali, anche nella trasposizione del suo pensiero nella forma scritta è accurata, precisa, meditata e consapevole della sua forza.

Se è vero, com’è vero, che la scrittura trasmette sempre il pensiero, queste 330 pagine rappresentano una rara opportunità per i lettori di entrare nella mente e nel cuore di questo grande direttore e compositore del nostro secolo.

#NOTEDICARTA: “Gábor Szabó. Il jazzista dimenticato”, il suo stile light jazz non venne mai accettato completamente dagli altri artisti jazz 

 

Gábor Szabó. Il jazzista dimenticato
Gábor Szabó

È uscito in libreria lo scorso 26 febbraio per Demian Edizioni, a quarant’anni esatti dalla prematura morte del chitarrista magiaro, “Gábor Szabó. Il jazzista dimenticato”, scomparso a soli 46 anni nel 1982.

Già dal titolo emerge il principale motivo che ha spinto Puracchio, perché Gábor Szabó è senza ombra di dubbio un “jazzista dimenticato”.

Non è sicuramente l’unico, ma in questo caso, parliamo di un musicista che ha avuto un significativo riscontro in carriera e il cui oblio suona, proprio per questo, strano.

Nel volume, l’autore del libro richiama alcuni degli elementi che, in parte, spiegano la smemoratezza del pubblico nei confronti del chitarrista.

Dall’analisi di Puracchio emerge che uno dei motivi principali che ha lanciato l’anatema verso Szabó, è stato sicuramente quell’atteggiamento radical chic che ha caratterizzato il suo jazz-pop, quel suo reinterpretare i grandi successi commerciali in chiave light jazz.

Gábor Szabó. Il jazzista dimenticato - book cover
Gábor Szabó. Il jazzista dimenticato – book cover

Il libro racconta con cura la breve e sfortunata vita dell’artista attraverso i suoi pochi “alti” e i suoi numerosi “bassi”.

Tra la biografia e il saggio, pagina dopo pagina si susseguono le tappe salienti di un’eccentrica epopea umana e musicale.

Dagli esordi della sua passione musicale con l’incontro della chitarra nel 1950, all’ascolto clandestino di “Voice of America” e altre emittenti che in quegli stessi anni finiscono al bando e la rivoluzione ungherese del 1956, attraverso quel 1968, anno fondamentale non solo per la società e la politica ma anche per i risvolti musicali che ha generato, in cui Gábor Szabó produce in studio quello che, secondo Puracchio è il suo capolavoro, Dreams, disco poco citato nelle storie del jazz nonostante la sua godibilità si snoda un racconto che termina, inevitabilmente, con la morte del chitarrista, minato dai malanni epatici e renali.

Le pagine di “Gábor Szabó – Il jazzista dimenticato” sono gremite di voci non sempre armoniche nel loro addensarsi e diradarsi, quasi come in una jam session.

Il libro è organizzato in maniera originale, scritto con taglio veritiero ma senza la necessità di dover essere rigidamente oggettivo.

Gábor Szabó. Il jazzista dimenticato Gabor Szabo - Dreams cover
Gabor Szabo – Dreams cover

Il volume è ricco di voci che si alternano spesso “passando la penna” per interi capitoli a ottimi esperti dei singoli temi come Toni Fidanza, Sandro Di Pisa Donato Zoppo che si aggiungono ai contributi di Lee Ritenour, Lino Patruno, Csaba Dese, Doug Payne, Guido Saraceni e Manuela Romitelli.

Un unico ma importante appunto: la consistente bibliografia è indicata senza alcun ordine mentre, soprattutto per gli amanti dei libri che raccontano la musica, sarebbe stata di maggior aiuto se fosse stata ordinata cronologicamente per consentire ulteriori approfondimenti sull’artista ma, forse, anche questa è il frutto di una jam session.

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