Alessandro Ribetto
Alessandro Ribetto
Alessandro Ribetto, consulente finanziario con la passione per la musica, è un cantautore di Torino che a noi di Muisca361 ha parlato del suo ultimo lavoro: “Scatole di vetro”, brano che ha al centro un tema di forte attualità quale la situazione in cui si trovano bambini, donne e uomini che vivono in Paesi colpiti dalla guerra, dove la normalità è un sogno irraggiungibile, e dirsi “ci vediamo domani” è tutto fuorché scontato…

Ciao Alessandro, come è iniziata questa tua grande passione artistica?

Le mie prime canzoni erano quelle scritte sui banchi delle scuole medie e da lì ho continuato a scrivere arrivando a fare un piccolo album a 17 anni. A quell’età come tutti quelli innamorati della musica ho iniziato a fare qualche provino per i talent…

Come definiresti il tuo genere?

Io penso di fare un classico pop all’italiana, un po’ old style su alcuni aspetti che poi sono quelli che mi influenzano. Il primo album che ho ascoltato interamente è stato Squerez dei Lunapop. Ho sempre ascoltato Stevie Wonder, Whitney Houston, mi piacciono le belle voci, mi piacciono le belle melodie e mi piacciono i testi con significato, non banali.

Oltre a quelli già citati, ci sono gruppi o cantanti preferiti?  

A livello di scrittura i Pinguini Tattici Nucleari li trovo fenomenali, non hanno eguali in questo momento e dopo che li senti dici: “Caspita, ma io cosa scrivo a fare se fanno pezzi di questo livello”. Sono impossibili da imitare, è davvero molto difficile. Poi mi piace sicuramente Mengoni, Giorgia, Elisa e anche Luca Dirisio, sono andato a un suo concerto qualche anno fa e duettammo sul palco.

Il tuo singolo è “Scatole di vetro” vuoi parlarcene…

Il brano nasce dall’osservazione del contesto in cui vivono quotidianamente bambini, donne e uomini in Paesi dove c’è la guerra, ho provato a mettermi nei loro panni e a fare passare quel messaggio per cui quello che per noi è normalità noiosa per loro è qualcosa di meraviglioso cui tendere: vivono con la paura di non rivedersi più, è impossibile fare progetti a lungo termine, c’è un passaggio che dice: “Arriverà un momento per tornare a credere che non è più impossibile amarsi e dirsi non ci lasceremo mai”.

Nella canzone si sente: “I nostri sogni ormai li abbiam riposti dentro scatole di vetro”, è una visione pessimista del futuro?

È un parallelismo tra quello che viviamo noi che di solito parliamo di sogni nel cassetto, inteso come un luogo sicuro, dentro casa al riparo da intemperie e l’immagine che volevo dare di queste persone che ripongono i loro sogni in contenitori molto più fragili dove basta un niente per essere scalfiti.

In passato hai fatto i provini per Amici, cosa pensi dei Talent?

Sicuramente l’esperienza era stata molto positiva, quando lo feci io era molto particolare perché arrivavi e sceglievi una canzone su una lista di 100 e venivi messo insieme ad altre persone che avevano scelto tutte lo stesso brano e di conseguenza la voce che colpiva di più andava avanti. Mi ricordo che c’era Vessicchio e l’avevo trovato molto meritocratico a differenza di altri che invece preferivano parlare di storie tristi.

Dei talent hai già parlato, di Sanremo cosa ne pensi?

Sono innamoratissimo di Sanremo, sono un fan sfegatato, per me è fonte di grande emozione. D’altro canto non posso partecipare a Sanremo Giovani per una questione anagrafica, mi piace molto il taglio dato da Amadeus perché è la modernità e ha dato spazio a tutta la musica. Per quanto riguarda Sanremo Giovani non sono d’accordo con l’abbassamento dell’età richiesta per partecipare, dovrebbe riguardare i giovani in termini di carriera, non in termini anagrafici: produrre un brano costa e non tutti i ragazzi di 18/19 anni hanno la possibilità di spendere soldi per produrre un brano e dedicarsi totalmente alla musica.

Prossimi progetti?

Io lavoro nel mondo della Finanza ed è un lavoro che mi appaga tantissimo e mi piace, la musica è un amore, quindi è qualcosa di ancora più forte. Voglio continuare a farla con amore ed è talmente tanto bello farla che non necessariamente ci devono essere delle aspettative dietro, quindi i prossimi progetti sono fare musica sempre più bella e fare in modo che venga ascoltata il più possibile. In autunno uscirà un pezzo che ho scritto per la mia ragazza, tra l’altro lei canta molto meglio di me: è lei che mi ha riavvicinato alla musica.

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Luciano Nardozza
Foto: Ufficio Stampa

Noi di Musica361 abbiamo intervistato Luciano Nardozza per parlare del suo nuovo brano “Che ne sai tu?“, tratto dal concept album “L’orizzonte degli eventi” è un pezzo interamente scritto, arrangiato e prodotto dall’artista: un invito a non prendersi troppo sul serio considerando che conoscere davvero qualcuno è un’illusione.

 

Ciao Luciano è uscito “Che ne sai tu?”, vuoi parlarcene?

Il pezzo fa parte di un album che si chiama “L’orizzonte degli eventi” e parla di ignoto e buchi neri, il brano “Che ne sai tu?” riporta una domanda che ci poniamo spesso: “Conosciamo le persone che ci sono accanto o sono esse stesse dei buchi neri?”

Tu dici che siamo vittime di “illusioni ottiche”, ma anche di illusioni social?

Assolutamente d’accordo, illusioni ottiche, illusioni social, illusioni su vari livelli, tanto che nel videoclip io scherzo con queste illusioni incarnando vari personaggi così che si può pensare che la realtà sia diversa da come ci appare. In generale è un invito a non fidarsi troppo delle proprie percezioni.

Il brano è anche un invito a non prendersi troppo sul serio, c’è qualcuno in particolare che si prende sul serio?

Non credo che ci siano categorie specifiche, è il risultato di questo mondo social in cui ci prendiamo tutti troppo sul serio. Basti pensare a quando facciamo una foto o un video, ci chiediamo se postarla o no, cosa penseranno di noi gli altri, quale impatto avrà, quale ritorno di immagine. Tutte queste domande sono nella direzione del prendersi troppo sul serio.

“Ciò che non devi sapere”, il tuo lavoro precedente. è unico nel suo genere, primo disco concepito come un manuale di psicologia sociale, volto a illustrare le tecniche di ingegneria del consenso usate dai media e istituzioni per indirizzare talvolta l’opinione pubblica…

Prima di fare il musicista io ho conseguito una laurea in lingue e letterature straniere con un percorso in psicologia. Mi ha sempre interessato il modo in cui la psiche sia direzionabile e manipolabile dall’esterno. Lo vediamo a tanti livelli, dal marketing alla comunicazione istituzionale, basti pensare alle campagne elettorali o all’immagine dei partiti dominanti, in modo che non emerga la realtà, ma una realtà possibile. Da qui è nata l’idea di fare un concept album in cui ad ogni capitolo parlo di una tecnica specifica di manipolazione, basti pensare al testo Overton, dedicato al sociologo Joseph P. Overton, che aveva asserito che all’opinione pubblica si può fare credere di tutto purché la si indirizzi in sei finestre. Io ad esempio nella canzone prendo il cannibalismo come idea tabù assurda, e poi nel video non solo diventa appetibile, ma addirittura si denuncia chi non la pratica.

Qual è il tuo genere, e quali sono i gruppi di riferimento?

Il mio genere è definito come una specie di alternative rock, a me piace chiamarla musica d’autore, musica pop, possiamo chiamarla come vogliamo. I miei riferimenti sono abbastanza strani perché io vengo dal rock, dall’heavy metal, poi ho studiato jazz, colonne sonore, quindi sono molto variegati. Sono appassionato di colonne sonore: Ennio Morricone, Nicola Piovani, così come della musica etnica mediorientale e dell’heavy metal e del rock, o in Italia, di Franco Battiato. Non dovendo rispondere ad esigenze commerciali, troverete contaminazioni dettate solo dalla creatività e non da altre ragioni.

Dei Talent cosa ne pensi?

Non li seguo tanto, ma si dà l’idea sbagliata di come dovrebbe essere vissuta la musica e l’arte, soprattutto in quelli in cui c’è una competizione e una selezione iniziale del tipo “Dentro o fuori”, perché è impossibile definire il talento in tre minuti e stroncare o avviare una carriera in quel modo, proprio perché non funziona così: l’arte non risponde a quei criteri, secondo me lì si trova di tutto tranne l’arte.

L’ultimo singolo fa parte dell’album “L’orizzonte degli eventi”, un progetto che ti ha impegnato molto…

È il lavoro che ultimamente sto promuovendo anche se la parola diffondere è più bella. Ci tengo tantissimo, poi tutti i miei dischi vengono da un vissuto interiore sentito, travagliato, parlano di me anche se con metafore varie. L’orizzonte degli eventi è questa espressione bellissima che indica questa linea sottile dalla quale non torni più indietro, situazione che ognuno di noi può sperimentare dopo la perdita di una persona amata, un lutto, una separazione, la fine di un’amicizia.

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Four Seasons Quintet 1

 

È in rotazione radiofonica “Palomar”, il nuovo singolo dei Four Seasons Quintet: una contaminazione tra swing e pop contemporaneo che racconta di un incontro casuale e straordinario con il re dello swing, Benny Goodman. Da lì, come per “magia”, il quintetto si ritroverà trasportato alla notte del 21 agosto 1935 in cui si narra che proprio al Palomar Ballroom, lo storico locale situato a Los Angeles, Benny Goodman con la sua orchestra diede vita alla swing era. Noi di Musica361 abbiamo sentito la cantante Daniela Tenerini…

 

Ciao Daniela, PALOMAR presenta un video molto suggestivo, dove avete ricreato le atmosfere di quei tempi e di quei luoghi…

Sì, noi ci rifacciamo a quelle atmosfere, suoniamo insieme dal 2015 ed è una cosa che ci caratterizza e con Palomar abbiamo voluto fare un omaggio al Re dello swing che è Benny Goodman

Il brano è quasi una favola, parla, come hai anticipato, dell’incontro con il Re dello swing Benny Goodman, parliamone un po’ per gli amici di Musica361…

È un grande maestro dello swing, un grande clarinettista che è stato definito Re dello swing dal suo batterista Gene Krupa. Si narra che quella notte del 21 agosto del 1935 la band veniva da un tour della costa occidentale dell’America e chiudeva proprio al Palomar: non era andato benissimo e allora quella sera si decise di proporre degli arrangiamenti dal ritmo un po’ più “dondolante” e da quel momento la pista si riempì. Così è nata l’era dello swing, che ha reso più frizzante quello che era un jazz più puro.

La vostra intenzione è quella di unire innovazione e tradizione, ma com’è conciliare swing e pop contemporaneo?

Sì, uniamo le sonorità classica del pianoforte, della tromba con suoni più elettronici e questo è avvenuto non solo con Palomar ma anche con le produzioni precedenti; mentre nei live accostiamo i grandi classici internazionali alle canzoni attuali (ma rivisitate in una veste vintage) anche per accostare i giovani a questo mondo

Altra suggestione è la Dolce Vita…

Parte tutto dalle mie caratteristiche timbriche e sceniche, le mie movenze richiamano quel periodo e le dive anni ’50, quindi siamo partiti con questo mood che deve essere fatto di raffinatezza, ma allo stesso tempo di semplicità: tutti i nostri arrangiamenti hanno questa caratteristica, per questo ci rifacciamo al periodo della Dolce Vita che è l’emblema dell’eleganza

Siete “fratelli”, ma avete gusti musicali diversi, il tuo in particolare qual è?

Eravamo amici da tempo ma avevamo altre formazioni e ognuno ha la sua storia: passiamo dal jazz al soul al funky e i nostri arrangiamenti risentono di diverse storie a livello musicale. La cosa fondamentale era trovare un sound originale, che ci caratterizzasse. I miei riferimenti sono Etta James, Ella Fitzgerald, mostri sacri del genere… per quanto riguarda il panorama italiano: la Vanoni, Mina, Mia Martini. Tanti riferimenti, ma il lavoro più grande era trovare un mio modo di esprimermi, l’ho trovato anche grazie al lavoro fatto insieme ai miei musicisti che mi danno una grande possibilità di esprimermi.

Avete partecipato a numerosi eventi, trovate qualche criticità nel fare musica in Italia?

Quando suoniamo nelle piazze difficilmente troviamo un pubblico ostile, lo swing avvicina le persone, il pubblico ci accoglie sempre con grande entusiasmo.

 

Biggie Size 1
Foto: Ufficio Stampa

Il rapper torinese Biggie Size, con rime ben articolate e marcate, lamenta il fatto che i concetti base della vita, come il rispetto e la lealtà, siano virtù rare da trovare nella società odierna. Da questo sfogo nasce “POI NON È VERO”, il suo ultimo brano.

“Poi non è vero”, il tuo nuovo brano parla della mancanza di principi ai nostri giorni, un tema molto importante considerata anche la tua giovane età, vuoi approfondire?

Certo, io ho 27 anni e quello che sto notando tra i miei compagni è la mancanza di quelle che sono le nozioni base della vita, non so se per una questione di social o altro, ma ho notato che sono tutti più egoisti rispetto a un tempo, almeno per quello che riesco a vedere io. “Poi non è vero” è nata proprio da questo sfogo verso queste persone, allora ho detto: lo butto in una canzone vediamo se qualcuno ci si rispecchia.

Questa mancanza secondo te ai nostri giorni è amplificata dai social media?

Sicuramente, le persone possono dire quello che vogliono senza avere delle ripercussioni immediate e questo è un motivo scatenante.

Tu che rapporto hai con i social?

Io li utilizzo come mezzo di comunicazione, ma sono uno che preferisce stare nella vita reale, sono vecchio stile, un po’ fuori dal coro rispetto alla  mia generazione.

Dal punto di vista stilistico notiamo rime ben articolate e divertenti giochi di parole, in pieno stile hip hop che è la tua cultura, ma quali sono i tuoi punti di riferimento?

A livello Rock sono sicuramente i Led Zeppelin, poi gli Ac/Dc e i Pink Floyd: molte ispirazioni sono state prese da lì

Oggi imperversa la Trap, che però si è attirata anche parecchie critiche, tu cosa ne pensi?

La musica deve prendersi una parte di responsabilità, perché principalmente è la musica che influenza le generazioni. Ci sono tanti artisti che valgono, come lo stesso Sferaebbasta e Lazza o Geolier, ma poi ce ne sono tantissimi che hanno testi vuoti, oppure quel poco che dicono sono cose che non fanno bene ai ragazzi.

La canzone nasce dalla tua esperienza diretta con la realtà che ti circonda, cosa vede un ragazzo del 1997 attorno a sé?

C’è più dispiacere, io vedo che i ragazzi di oggi sono molto più svegli, alle cose ci arrivano prima anche per una questione tecnologica e per le informazioni dalle quali vengono bombardati, ma questa comodità sembra che li abbia svogliati e io vedendo queste persone da una parte mi arrabbio, però dall’altra parte dico: “Ragazzi, se non vi muovete voi…”, io più che dare uno sprone non posso fare provo più una delusione e mancanza di speranza

Cosa ne pensi dei talent?

Il Rap aveva già i talent: aveva le jam, i contest, free style, tutte queste robe qua, ma io non c’entro proprio niente con talent come possono essere Amici e XFactor, io sono un purista: se un Fabri Fibra volesse andare ad Amici, per esempio, a fare pubblicità e cantare le sue canzoni, dico “Ok!”, ma non un emergente come potrei essere io. Poi io faccio rap crudo, quindi sarebbe difficile portarlo in qualche talent show.

Programmi per il futuro?

Sicuramente a dicembre usciremo con delle belle tracce, abbiamo un EP già pronto e un’altra decina di tracce. Se la preoccupazione dei fan è di rimanere senza musica non ci sarà questo problema, anzi dovranno anche scegliere bene.

LEGGI ANCHE > Daniel Meguela dà voce al mondo invisibile che vive “Fuori”

Daniel Meguela 1

“C’è una parte del mondo invisibile che vive fuori, nella bellezza della vita reale ma pur sempre ai margini, sola. Ognuno di noi, metaforicamente è un colore che fa parte di questo mondo e nessun essere umano dovrebbe essere mai emarginato ‘FUORI'”, usa queste parole Daniel Miguela per presentarci il suo ultimo brano “Fuori“, un brano che mette in luce il disagio sociale nella sua spasmodica ricerca della serenità.

Ciao Daniel, il 5 luglio è uscito il tuo nuovo singolo “Fuori”, al di là del periodo non si tratta del tipico brano estivo, ma affronta un tema molto profondo come gli emarginati in generale, vuoi parlarcene?

Sì, assolutamente. In questa canzone, come hai anticipato tu, sia nel testo che nel videoclip ci sono due sfumature dell’essere emarginato: l’emarginazione che i ragazzi di oggi vivono attraverso i social, molto occupati dietro le tastiere a vivere una vita surreale e tanti si nascondono impauriti dalla vita stessa mentre fuori c’è un arcobaleno che non aspetta altro che essere riempito dei colori che ognuno di loro ha. L’altra sfumatura dell’emarginazione è quella dei “ricominciati”, quelli che dopo anni di prigione escono e si trovano un mondo diverso e non hanno più nulla perché perdono lavoro, famiglia e lo Stato in questo non li aiuta e alcuni di loro sono costretti, senza giustificarli, a delinquere di nuovo.

La condizione di emarginazione è stata amplificata anche dai social, tu cosa ne pensi, visto che hai parlato di “bellezza della vita reale”?

Io sono grandicello, tra un paio d’anni farò i 50 anni, perciò con le mie esperienze cerco di fargli capire che la vita reale è fuori, nonostante i social siano bellissimi, importanti e ci aiutano molto, ma non deve essere una vita dietro le tastiere. I social ci spingono a essere un po’ tutti uguali e a metterci in gara per essere qualcuno: io esorto i ragazzi a essere unici

Anche il video si fa notare, è presente Jonis Bascir, artista italiano ma di origini somale, che qualche tempo fa ci aveva confidato che qualche episodio di discriminazione lo aveva subito…

È un bravissimo attore che ha dato la sua bravura artistica recitando nel videoclip e per questo lo ringrazio. era contento di fare questa parte per mettere in evidenza questo disagio sociale, perché anche lui in prima persona mi ha raccontato che ha avuto un po’ di episodi negativi su questo fatto, oggi siamo in una società che dovrebbe dare il meglio di sé e noi cantautori dobbiamo dare l’esempio ed evidenziare questo problema: comunicare questo al pubblico, non solo fare canzoncine.

Per quanto riguarda lo stile ti rifai a quello Pop degli anni ’80, un periodo un po’ criticato, ma che forse deve essere rivalutato?

Secondo me sì, lo critica chi non l’ha vissuto. Per noi cantautori il pop anni ’80 era il sound principale, nel senso che tutti ci siamo ispirati a quel periodo. Io sono cresciuto con i Queen e i Depeche Mode e si sente nella musica che faccio. Però se vuoi fare il pop anni ’80 devi usare un po’ i suoni di oggi.

A proposito di stile, quali sono i tuoi cantanti o gruppi di riferimento oltre ai due già citati?

A livello italiano amo tantissimo Antonello Venditti, Claudio Baglioni, Lucio Dalla, Renato Zero, questo è sempre stato il mio mondo musicale. Oggi ammiro molto a livello internazionale i Coldplay e nel panorama italiano amo molto Ermal Meta, penso che sia un cantautore speciale che riesce a creare un sound molto bello e nei suoi testi cerca di comunicare un senso che lascia un’impronta, non la solita canzoncina.

Oggi imperversano i talent, tu che idea ne hai?

Penso che tutto sia utile per cercare dei talenti, ma ha preso un po’ troppo mano, sembra che ci sia solo quello, faccio un esempio: Amici di Maria De Filippi, che rispetto tantissimo e che è un programma bellissimo, ma i talenti non escono soltanto da lì. Nonostante questo ti dico che sono di parte perché quest’anno è uscito Holden che è un caro amico, l’ho visto crescere perché suo padre, Paolo Carta, è stato il mio maestro, quello che mi ha portato in giro per il mondo insieme a Laura Pausini, Max Pezzali..A perciò lo ringrazio con tutto il cuore. Ho visto crescere Holden e sono felicissimo per il suo inizio carriera, sta facendo grandi numeri. A parte quanto detto, non sono solo i talent che possono portare a galla i talenti, ci sono bravi produttori che possono scoprire i ragazzi talentuosi. Il lavoro paga, non mollare mai!

Il brano “Fuori” fa parte del prossimo album “L’amore mi trattiene”, vuoi anticiparci qualcosa?

Con piacere, “Fuori” è il primo singolo dell’album “L’amore mi trattiene” che contiene 13 brani, scritti e musicati da me con l’arrangiamento del mio produttore artistico David Gionfriddo, prodotto da Giusy Ferraro. Loro mi hanno dato la possibilità di fare questo disco che parla un po’ di me, che guardo il mondo e che racconto dinamiche sociali dal mio punto di vista. “L’amore mi trattiene” è l’unico brano che è molto personale, legato a mio fratello maggiore che purtroppo è venuto a mancare qualche anno fa ed è una lettera che non ha mai potuto scrivere a sua figlia che all’epoca aveva tre anni. È una cura al dolore, ho avuto bisogno di scrivere questa canzone e di dedicargli l’album per intero.

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Astetal
Foto: Ufficio Stampa

Il gruppo ha parlato a Musica361 del nuovo singolo “Subluminal”: una canzone che esce un po’ dai soliti schemi e che strizza l’occhio a diversi generi musicali che caratterizzano gli ascolti dei vari componenti della band…

Ciao, innanzitutto vi chiedo di presentarvi ai lettori di Musica361…

Ciao a tutti! Siamo Astetal, una band di quattro amici accomunati, oltre che dalla passione per la musica, dalla vicinanza geografica. Abitiamo tutti in comuni limitrofi e attraversati dal fiume Astico, da qui il nostro nome che in lingua cimbra significa “Valle dell’Astico”, scelto per sottolineare le nostre origini, il legame con esse e con l’ambiente naturale che caratterizza questi luoghi, fonte di continua ispirazione per le nostre canzoni. Il progetto è nato nel 2015, ha attraversato diversi cambi di formazione che si sono rivelati anche uno stimolo per evolvere a livello di sonorità e attualmente vede alle chitarre Marco Biasi e Alessandro Digiuni, al basso Marco Zavagnin e alla batteria Jacopo Bidese.

Da poco è uscito il vostro singolo “Subluminal”, un pezzo diverso dal solito, in che modo si discosta dai vostri schemi consueti?

Subluminal” è una canzone che strizza l’occhio a diversi generi musicali che caratterizzano gli ascolti di ognuno di noi e che inevitabilmente poi influenzano le sonorità che ricerchiamo in fase di composizione. Si passa da sonorità più affini al midwest emo, nella prima parte, al crescendo in tempo dispari più vicino alla musica prog. Ci siamo dati quindi un po’ più di libertà.

In particolare, in che modo si differenzia, ad esempio, dal precedente “Nightfrost”?

“Nightfrost” è una canzone più rilassata e malinconica, dove abbiamo giocato molto sulla dinamica e sui crescendo a differenza di “Subluminal” che è più diretta. A livello compositivo le somiglia, sono entrambe canzoni figlie di un arco di tempo non troppo diverso, nel quale abbiamo composto dei brani ritoccando idee registrate in sala prove, a differenza del precedente album “Veliger” nel quale le canzoni sono state costruite parte dopo parte. Queste due nuove canzoni rispecchiano di più l’unione delle varie influenze che arrivano dai progetti e dagli ascolti passati e presenti di ogni membro della band. Una sintesi di esperienze diverse che hanno trovato nelle canzoni un punto di equilibrio.

Siete una band Post-rock, ma quali sono i vostri cantanti o le vostre band di riferimento?

Come dicevamo ognuno di noi ha un differente background di ascolti e progetti in cui ha suonato: alcuni di noi hanno suonato in band metalcore, punk, alternative rock e addirittura irish-punk e funk. Nel genere di riferimento, il post-rock, gli ascolti che ci accomunano e che ci fanno sognare sono band come Caspian, This Will Destroy You, Mogwai, Russian Circles, Explosions in the Sky, Sigur Ròs, God is an Astronaut e gli italiani Giardini di Mirò, Massimo Volume, Red Light Skyscraper, Winter Dust (con cui abbiamo condiviso il palco qualche mese fa).

A proposito di generi, quello del momento è sicuramente la Trap, che però suscita molte critiche per la durezza dei testi, qual è la vostra opinione?

Crediamo che anche gli scorsi periodi storici abbiano avuto artisti o generi musicali che con i testi  di alcune loro canzoni o comportamenti potrebbero aver suscitato scalpore all’epoca, rileggendoli a fianco dei testi attuali non si distanziano molto da tematiche, violenza e sessismo. Questo non vuole essere una giustificazione alla violenza di certi testi ma, se queste canzoni comunque ricevono i loro ascolti vuol dire che trovano mezzi di distribuzione, in primis, e poi orecchi e quindi persone che amplificano ancora di più la loro portata.

Com’è secondo voi la situazione della musica in Italia? Voi in particolare trovate delle difficoltà ad esprimere la vostra arte?

La nostra attenzione sia a livello di ascolti che di partecipazione attiva a concerti ed eventi è prevalentemente rivolta a quel sottobosco musicale che molto spesso non arriva all’attenzione dei media nazionali o generalmente passa (purtroppo) in sordina. In particolare qui nell’alto vicentino c’è parecchio fermento a livello musicale, la possibilità di portare la nostra musica dal vivo c’è, molto spesso chi organizza gli eventi è anche chi suona o ha suonato in band locali, quindi si crea una buona rete che può portare ad organizzare una data.
Sicuramente ci piacerebbe suonare di più rispetto a quanto abbiamo fatto finora, magari anche portando la nostra musica dal vivo fuori regione.

Oggi imperversano i talent, qual è il vostro giudizio?

Come band non ci pensiamo ma siamo dell’idea che i talent, se impiegati in un certo modo, siano comunque una buona vetrina per la propria musica e per portare il proprio messaggio ad un pubblico più ampio.

Prima di salutarci ci parlate dei vostri progetti futuri?

A partire da Settembre inizieranno ad uscire nuovi brani che abbiamo registrato insieme a “Nightfrost” e “Subluminal” e di cui andiamo molto fieri. Li abbiamo già portati live negli ultimi concerti ricevendo feedback molto positivi. Nel frattempo stiamo organizzando nuovi live per l’inverno e l’anno prossimo, mentre continuiamo a sperimentare in sala prove con nuovi strumenti e valutando l’aggiunta di una voce. Non vediamo l’ora di condividere con voi questa nuova versione degli Astetal!

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Ina Sonora 1

 

Un pezzo estivo sicuramente, ma che mette in gioco anche tematiche importanti come l’ansia di cambiare, tutto questo è “Fuoco Amico”, ultimo brano di Ina Sonora di cui ci ha parlato (insieme a molto altro) in questa intervista…

 

Oggi siamo con Ina Sonora, innanzitutto ti chiedo di presentarti agli amici di Musica361…

Salve a voi e a tutte le amiche ed a tutti gli amici di Musica361! Mi chiamo Ina Sonora, cantautrice emergente ed indipendente di Firenze.
Generalmente, mi trovo bene nell’ambito del Pop/Rock ma amo spaziare anche attraverso altre contaminazioni stilistiche, perché, in fondo, penso che non esistano generi ma soltanto musica bella o mediocre. Canto, suono il piano e compongo, fin da ragazzina, sia testi che musica.
Ho scritto canzoni, nel corso degli anni, per altri cantanti, nel frattempo, ho costantemente cercato di focalizzare la mia personalità e la mia voce ponendo sempre, alla base di tutto, il cuore senza il quale non può esserci verità e credibilità, in nessun caso, specialmente in campo artistico. Il mio progetto personale comincia a prendere forma nel 2018, quando ho pensato di mettere veramente in gioco me stessa, componendo brani cuciti sulle mie qualità individuali, sempre mettendoci un’anima infinita ed immensa passione. Le mie canzoni trattano svariati argomenti: spesso i concetti sfociano nel sociale, ma non mancano temi d’amore e sentimenti; comunque, il tutto sempre contemplato da un punto di vista assolutamente personale, in modo tridimensionale, a 360 gradi, con molteplici sfaccettature. Al momento sono presente su tutte le piattaforme musicali con i singoli, in ordine temporale: “Voi Poco Di Più Di 100”, “Metti che un giorno” , “L’innesco”, “Psycho Virtuale”, “Qui c’è un Natale” e “Fuoco Amico”, di pochissimi giorni fa. Tutti con i relativi video su YouTube. Inoltre è uscito, per adesso solo su Instagram, un brano acustico (e video) dal titolo “In bocca il sale”.

Da poco è uscito il tuo ultimo lavoro “Fuoco Amico”, vuoi parlarcene?
Fuoco Amico”, come già accennato prima, è il mio ultimissimo lavoro, uscito il 5 luglio 2024. Per le sue caratteristiche ha uno stile che definirei Reggae/Rock, quindi ha un andamento anche ballabile, per quanto riguarda il ritmo. Nel testo ho voluto argomentare su quel tipo di
“auto-sabotaggio” che, in determinati momenti dell’esistenza, ognuno di noi sperimenta sulla propria pelle. Sicuramente un pezzo estivo, ma che affronta tematiche importanti come la paura del cambiamento e di perdere le abitudini consolidate…
Certamente il brano ha un sapore estivo. Ma ho voluto, comunque, affrontare una tematica che, in particolar modo negli ultimi tempi, mi ha fatto molto riflettere. Il fatto di essere costantemente “bombardati “ dalla comunicazione e l’assistere al successo ed al lusso di altri, in perenne ostentamento, porta frequentemente, a mio avviso, conseguenze negative sulle persone. Quando cerchiamo di raggiungere un obiettivo (che richiede, comunque, sacrifici e dedizione e che va oltre la zona comfort) nella mente, spesso, si affacciano e si affollano pensieri contrastanti ed entriamo, paradossalmente, in conflitto con noi stessi. Assilli dettati dalla paura, per l’appunto, di un cambiamento di vita e dall’infrangere di abitudini ormai consolidate. La sensazione negativa di non potercela fare, “auto consigli” ostili che suggeriscono di non buttarsi in nuove avventure, per il timore di essere incapaci, per bassa autostima, tutto ciò rappresenta un “esercito che spara a se stesso” . Il fuoco amico che, improvvisamente, uccide nuove aspirazioni e ambizioni più grandi. Così si ritrovano “nascosti dall’apatia progetti di un sogno… frammenti di un’altra idea a metà”: le frustrazioni e il male di vivere in una realtà che, altrimenti, potrebbe essere vissuta con pienezza e costellata di soddisfazioni. Siamo spesso nemici di noi stessi, ripetutamente il lotta con noi stessi e non sempre vince il migliore.
Il messaggio che ho voluto trasmettere in questo brano (e nel video) è di non lasciarsi trascinare da quelle voci ostili interiori che, probabilmente, sono anche frutto di sbagliati retaggi passati, familiari e culturali. Ma dovremmo predisporci ad essere sempre positivi. Dare il meglio di noi, per andare anche oltre quelle che pensiamo essere le nostre possibilità, così da sorprenderci nello scoprire di avere risorse ben al di sopra delle nostre aspettative.

C’è anche una critica ai social, tu come li vivi?
Siamo immersi, sempre di più, in una giungla virtuale. Immagine e social fanno da padroni e molte persone vorrebbero sentirsi, o, perlomeno, apparire come dei “leoni”. Ma, spesso, viene meno anche il coraggio di affrontare la vita quotidiana, comunque difficile e non priva di grossi ostacoli. Io, personalmente, cerco di vivere i social come sincero momento di comunicazione con gli altri.
Amo percepire le sensazioni e le emozioni delle persone e, allo stesso tempo, amo donarle: l’abbracciarsi, anche se virtualmente e l’arte che pratico mi dà modo di farlo e di arricchirmi proprio attraverso questo bellissimo scambio.

Lo stile è Reggae/Rock, ma quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?
Ho sempre amato il Reggae, perché porta comunque solarità anche se, spesso, tratta argomenti seri e difficili. E miti indiscutibili come Bob Marley non hanno né tempo né età. Ho, da sempre, ascoltato tantissima musica di ogni tipo, Italiana e non. Più che punti di riferimento direi che, in qualche modo, io abbia metabolizzato questi ascolti nella mente e nell’anima dove, probabilmente hanno contribuito a creare la mia personalità artistica. Come esempio, i grandi cantautori Italiani: Lucio Dalla, Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, De Gregori, Zucchero, Vasco Rossi, Renato Zero… E poi, Tiziano Ferro, Marco Mengoni ed altri ancora… gruppi particolari che hanno fatto la storia del rock italiano di un certo tipo: band con stile progressive e molto coraggiose, come la Premiata Forneria Marconi, il Banco Del Mutuo Soccorso. Posso continuare citando alcuni stranieri: Led Zeppelin, Pink Floyd, Genesis, Nirvana, Soundgarden… fino ad arrivare a Sting (e Police), 30 Seconds To Mars, Lenny Kravitz e il giovanissimo Yungblud, ma la lista è veramente infinita. Pensando a cantanti donne… Mia Martini, Loredana Bertè, Mina, Barbra Streisand, Aretha Franklin. Ma anche Lady Gaga, Madonna. Cantautrici Italiane come Carmen Consoli, Mariella Nava. E, come già detto, la lista potrebbe continuare ancora…  sicuramente non smetterò mai di ascoltare tutta la bella musica, anche quella classica. Attraverso Internet, se vogliamo, possiamo avere un universo musicale infinito a disposizione per scoprirlo ed ascoltarlo, oltre il tempo e lo spazio.

C’è qualcuno in particolare da cui, nella tua vita privata o professionale, hai subito un “fuoco amico”?
Certo e da diverse persone, sia nel privato che nella vita professionale; ad una di queste, in particolare, ho dedicato un brano, che è nato di getto, e che uscirà prossimamente. Comunque credo che ognuno di noi, nel corso della propria esistenza, abbia avuto a che fare con il “fuoco amico” di altri, l’importante è fare tesoro di ogni esperienza e, in seguito, poter riconoscere in tempo questo” fuoco”, prima che arrivi a provocare danni troppo ingenti.

Sei nata tra le bellezze di Firenze, quanto ti ha ispirato questa città?
Camminando per le strade di Firenze, si respira l’Arte in ogni suo angolo e chiunque ne subisce, senza dubbio, l’immenso fascino.
Credo che abbia influito molto l’essere nata in questa città e continuare a viverla, soprattutto sul mio modo di scrivere i testi: la lingua Italiana, per me, è patrimonio dell’umanità. Possiamo disporre di tantissimi vocaboli e modi di dire (e non si finisce mai d’imparare!) che costituiscono un florilegio di bellezza e che danno modo di esprimerci con estrema chiarezza e, nel contempo, anche attraverso la poesia: qualità e caratteristica che, da sempre, ha contraddistinto il nostro Paese.

Come mai la scelta di usare maschere nei tuoi video?
E’ stata una scelta istintivamente artistica, ma anche ragionata. Ho pensato di “potenziare” la melodia ed il testo delle mie canzoni attraverso l’uso di maschere, che sono sempre e comunque diverse ed attinenti al brano che sto cantando. Per lo più, le progetto e le creo con le mie stesse mani, in modo da essere totalmente fedele al mood, sia del brano che del video che sto interpretando.

Oggi imperversano i talent, qual è la tua opinione?
All’inizio, diversi anni fa, i talent, per chi voleva proporsi, rappresentavano una buona porta per entrare, anche con merito, nel mondo artistico, quello importante; adesso, purtroppo, penso che stiano sempre più trasformandosi in un mix di fiction, scenette divertenti, finte litigate e lacrime, dove, alla fine, la musica, invece di essere il piatto forte, è relegata ad un semplice contorno
di tutto ciò sopracitato.

Prima di lasciarci ci parli dei tuoi prossimi progetti?
Certamente, con piacere! Dopo l’uscita di questo ultimo singolo, “Fuoco Amico”, in rotazione radiofonica e in streaming su tutte le piattaforme digitali e su Youtube, ho in programma per questa estate un mini-tour nelle città della Riviera Adriatica. Sarà qualcosa di molto originale e speciale e… lo scoprirete partecipando direttamente o attraverso i miei post e stories su Instagram, anche in diretta! Dopo di che, entro l’autunno, sarà disponibile un nuovo singolo e video ufficiale. Poi, sempre nuovi brani in uscita, così da formare, in seguito,
un intero album o un EP. Ho anche intenzione di preparare tutti i miei pezzi in acustico e farne una raccolta.

Grazie mille a Musica361 per l’ospitalità!! Abbraccio tutti coloro che mi seguono e mi sostengono, che sono già numerosissimi!!

 

Polo Territoriale, "Pamela": un grido Punk contro le dipendenze
Polo Territoriale

Questa settimana abbiamo fatto quattro chiacchiere con Telea, il cantante del gruppo che ci ha parlato di “Pamela”, ultimo singolo dei Polo Territoriale: un grido Punk contro le dipendenze, un messaggio forte rivolto soprattutto verso i più giovani.

Da poco è uscito il vostro ultimo lavoro: “Pamela”, vuoi parlarcene?

Pamela è un brano che ho scritto nel 2019 ispirato da un incontro in treno con una ragazza, quei dieci minuti in cui abbiamo parlato mi hanno dato modo di scrivere una storia che avevo già in testa da un po’ di tempo. Parla di questa ragazza che soffre di dipendenze e il messaggio che l’interlocutore cerca di fare trasparire è di non sprecare la propria vita dietro queste dipendenze.

Il brano nasce da un episodio di vita vissuta, vi ritenete degli acuti osservatori della realtà che vi circonda?

Certamente ha un ruolo importante e cerchiamo di filtrare la realtà che viviamo attraverso un filtro artistico, con una componente di fantasia che rende tutte le storie più interessanti e condivisibili.

Tra l’altro tu parli di dipendenze in generale senza precisare quale…

Sì, esatto, nella canzone c’è un riferimento all’oppio, ma non è una canzone che parla di una specifica dipendenza da una specifica sostanza, ma è una canzone che vuole in generale cercare di far passare il messaggio di non abbandonarsi alle difficoltà di qualsiasi tipo

Traspare dalla canzone una differenza tra la vita personale e le imposizioni sociali o per meglio dire “social”, quali sono?

Questa differenza c’è e da adolescente posso dire che si sente molto e spesso e volentieri ci dimentichiamo chi siamo in funzione dell’immagine che si crea, mentre il nostro obbiettivo è ricordare all’ascoltatore che non serve creare un’immagine distorta di sé, ma la cosa più funzionale è lavorare sull’accettazione di quello che in realtà siamo.

Parlando di musica, il vostro genere è Punk, ma quali gruppi vi hanno ispirato particolarmente?

Il nostro non è propriamente Punk, nel senso che “Pamela” lo è, ma in generale ci piace definirci Alternative Rock per l’eclettismo dei testi che ci piace comporre. Nei pezzi che abbiamo in scaletta e che a tempo debito proporremo ci sono pezzi che richiamano le sonorità dei Blink, dei Sum 41, dei Green Day; altri pezzi più intimisti invece sono ispirati da band come i Verdena, di cui tra l’altro indosso in questo momento la maglietta…

Voi avete trovato delle difficoltà ad imporvi?

Beh, non posso dire di avere trovato difficoltà ad imporci perché non ci siamo imposti, in ogni caso il grande nemico della musica dal vivo è il classico live che si riduce a cantante con sotto una base che non richiede un grande impegno nella preparazione e nulla di particolarmente personale.

Cosa ne pensi dei Talent?

Aiutano a gonfiare l’immagine di un gruppo, che può anche essere un gruppo molto molto valido, il problema dei Talent è che non si concentrano tanto sulla musica, ma più sull’immagine: si toglie sempre più valore al contenuto musicale e si aggiunge sempre più valore all’immagine, al contesto generale, al personaggio e secondo me è ciò che toglie quella bellissima aura di magia che c’è attorno alla musica.

La stessa critica che ha subito Sanremo, non so se hai seguito?

Da un lato è vero, senza voler muovere critiche particolari nei confronti di chi vi ha partecipato, Sanremo è una vetrina musicale e quindi richiede che spesso ci si distacchi da quella autenticità di cui parlavo prima in funzione di piacere a un pubblico così vasto, avendo uno share così alto l’artista deve rendere la propria musica “nazionalpopolare”.

Scrivete anche in inglese?

In generale preferisco la lingua italiana perché è quella che parlo ed è stupenda, ti permette di esprimere un’infinità di concetti con poche parole e di farlo con una potenza espressiva devastante; d’altra parte l’inglese ha i suoi vantaggi, ho già scritto testi in inglese e devo dire che è una lingua molto versatile soprattutto a livello musicale.

Quali sono i futuri progetti del Polo Territoriale?

Sono previsti una serie di concerti, stiamo chiudendo questo minitour per l’uscita del singolo e verso metà estate è programmato un secondo singolo che annuncerà l’uscita dell’album prevista per ottobre.

Carne 1

Abbiamo intervistato Nicola Begnardi, il chitarrista del gruppo Carne che è da poco uscito con l’ultimo singolo “Limone”, una canzone allegra e ironica in piena linea con l’estate che è appena iniziata.

Ciao, recentemente è uscito il vostro ultimo singolo Limone volete parlarcene?

Certo! Nasce da una collaborazione a più mani di Mirko Carnevali, Luca Zannoni che è il nostro produttore artistico e Valerio Carboni che ci aiuta con i testi, per quanto riguarda il video abbiamo cercato di dare un segnale leggermente diverso dal solito: Limone è un brano estivo ma con alcune “debolezze”. Parliamo di una qualsiasi giornata normalissima, di un week-kend da trascorrere con la persona amata ma è proprio lei a mancare facendo saltare tutti i programmi. Nel video abbiamo dato un colore a questa persona in un mondo in bianco e nero.

Fin dal titolo si capisce che è una canzone allegra e ironica, diversa dal precedente brano “Sarebbe tutto semplice”, come mai questo cambio?

Sì, è vero, abbiamo cercato di dargli un colore un po’ più allegro anche per il periodo estivo: abbiamo cercato di parlare di una brutta esperienza, spiegando però come la vita ci dia comunque qualche speranza, mettendo qualche sorriso e facendo appunto un brano estivo.

Sono due canzoni che riguardano comunque la sfera personale, c’è posto anche per il sociale nei vostri testi?

C’è spazio per la tematica sociale, però diciamo che noi agiamo molto “a sensazione”, quindi quando scriviamo è su qualcosa che accade a uno dei componenti del gruppo, per questo motivo potrebbe capitare in un futuro anche una canzone a tematica sociale.

Qual è il vostro genere e quali sono i vostri gruppi di riferimento?

Non abbiamo un genere predefinito, stiamo cercando di creare qualcosa di nostro, di originale, di conseguenza non riesco a identificarmi in un genere specifico. Diciamo che i nostri brani rispecchiano il mood del momento, se è allegro facciamo un brano allegro, se è un po’ più triste facciamo un brano più triste. Per quanto riguarda i gruppi, i miei genitori fin da piccolo mi hanno sempre fatto ascoltare i classici degli anni ’70, ’80 e anche ’90, quindi l’influenza è molto varia: non c’è un genere specifico.

Mirko Carnevali, altro componente del gruppo, ha partecipato a The Voice of Italy, tu cosa ne pensi dei Talent?

Io personalmente credo che i Talent come qualsiasi altro contest in generale vadano provati se uno se la sente, secondo me Mirko ha fatto la scelta giusta, quella che si sentiva in quel momento e secondo me le sensazioni vanno seguite sempre…

Avete partecipato a Casa Sanremo, cosa ne pensate del Festival?

Negli ultimi anni è stato più bello perché l’ho vissuto, mentre negli anni precedenti ero più piccolo, comunque sono tutti artisti di una certa fama quindi l’aspettativa era buona.

Per quanto riguarda i vostri progetti per il futuro?

In cantiere abbiamo sempre nuove idee che con gli altri collaboratori cerchiamo sempre di sviluppare. Alcune hanno tempistiche un po’ più lunghe legate al mood del pezzo, altre invece sono un po’ più veloci…

LEGGI ANCHE > Diadema: un grido di rabbia contro un “Mondo senz’anima”

Diadema

Una critica alla società di oggi, alla frivolezza e precarietà, alla sete di voler sempre apparire, con queste premesse i Diadema presentano la loro ultima fatica: “Mondo senz’anima”, ma c’è anche speranza per chi come loro non si arrende mai…

Ciao, innanzitutto vi chiedo di presentarvi agli amici di Musica361…
Ciao amici di Musica361, siamo Michele, Massimiliano e Tommaso dei Diadema. Tutto nasce nel 2022 quando Michele e Massimiliano amici da parecchio tempo e reduci dallo scioglimento della loro band incontrano Tommaso e Matteo, nostro produttore artistico, dando vita ad un nuovo progetto musicale come Diadema. Definire ciò che siamo è complicato, cerchiamo di fare ciò che ci piace, che sia un riff rockettaro o un giro di accordi con sonorità pop. Sperimentiamo e al momento non ci diamo molti limiti. Con queste premesse nasce il nostro primo “album” composto da 10 singoli, 6 in italiano e 4 in inglese.

Il vostro genere è alternative rock, ma quali sono i gruppi e i cantanti che considerate punti di riferimento?
I punti di riferimento sono vari e dettati dal tempo, potremmo partire con influenze inglesi come Beatles, Radiohead, Queen, Muse fino ad arrivare al cantautorato italiano dove spiccano Battisti, Dalla e Vasco Rossi.

Da poco è uscito il vostro secondo brano “Mondo senz’anima” volete parlarcene?
Mondo senz’anima è il nostro grido contro la società odierna dove la rabbia delle strofe si contrappone alla delusione e sofferenza dei ritornelli. Si conclude con uno special che ci fa alzare la testa al cielo in segno di speranza e ribellione per chi, come noi, non si arrende.

È una critica alla società contemporanea, quali sono i suoi principali difetti?
Della società di oggi critichiamo il suo voler sempre apparire, la sua frivolezza e precarietà, causa di forti disagi spesso nascosti e dimenticati. La musica può essere una soluzione a questi problemi? Siamo cresciuti con questa convinzione, la musica come movimento sociale, capace di fare del bene. Purtroppo oggi non ne siamo più così convinti, le case discografiche non cercano talenti ma tormentoni per monetizzare. La musica mainstream è vuota e lo è con consapevolezza.

A proposito di criticità, voi siete di Milano, una metropoli che dà tanto anche se è al centro di polemiche (per il costo della vita, la sicurezza etc…), voi come la vivete?

Milano è una città che può offrire tanto a chi è disposto a nuotare in un mare pieno di squali. Con la consapevolezza di dover mutare e adattarsi alla regole a volte non scritte. Per quanto riguarda le polemiche, Milano è sempre stata cara. Direi che il problema principale al momento è proprio la sicurezza, purtroppo capita sempre più spesso di dover cambiar strada incontrando gruppi poco raccomandabili.

Tornando alla musica, oggi imperversano i talent, siete tentati dal partecipare?
Ai talent non abbiamo mai pensato, abbiamo la sensazione di dover piacere più per la nostra immagine che per la nostra musica…

Il Festival di Sanremo sembrava un dinosauro pronto all’estinzione, ma con le ultime edizioni ha ottenuto successi impensabili e ha avvicinato anche i giovanissimi, voi l’avete seguito? Vi ha soddisfatto?
Assolutamente, seguito dall’inizio alla fine. Crediamo ci sia stata una giusta rappresentazione del panorama musicale italiano e ciò ha permesso a tanti giovani di apprezzare un programma oramai poco seguito. La presenza di artisti giovani e non è riuscita ad avvicinare i giovanissimi alla musica di altre generazioni.

Prima di lasciarci ci parlate dei vostri prossimi progetti?
Ad agosto inizieremo la produzione di 3 nuovi singoli, non stiamo più nella pelle! Nel mentre cerchiamo di suonare il più possibile live.

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