Peppe Voltarelli: cantautore cosmopolita che canta in dialetto calabrese
“Sta città” è stata scritta a Roma ma riguarda tutte le città e nessuna in particolare
Essere cosmopoliti, innamorati del mondo e di paesi lontani e al tempo stesso sentirsi talmente legato alla propria terra da scegliere di omaggiarla cantando in dialetto.
Ciò che può sembrare strano o addirittura inconciliabile al contrario ha trovato totale appagamento nelle parole e nella musica del cantautore Peppe Voltarelli che, nonostante abbia viaggiato moltissimo (e ne avverta ancora la necessità) non si è mai staccato veramente dalla sua Cosenza.
Nel 1990 ha fondato a Bologna la band folk-rock “Il Parto delle nuvole Pesanti” con cui ha suonato fino al 2005, quando ha iniziato a dedicarsi alla carriera da solista, ma anche al teatro e al cinema divenendo protagonista del road movie “La vera leggenda di Tony Vila” girato in Argentina, una delle terre cui si sente più legato.
Arrivano poi le collaborazioni con artisti del calibro di Roy Paci e Sergio Cammariere e numerosi riconoscimenti, tra cui ben tre targhe Tenco (nel 2010, 2016 e 2021). Proprio lo scorso anno è uscito con un nuovo lavoro “Planetario” uno spettacolo di teatro-canzone scritto e interpretato dallo stesso Voltarelli che si esibisce con voce, fisarmonica, chitarra e pianoforte.
Tra i suoi pezzi più rappresentativi (anche della sua filosofia di vita) c’è “Sta città” un brano ipnotico composto mentre si trovava a Roma ma dedicato a tutte le città ma nessuna in particolare.
Dove vivi adesso?
Dal 2011 vivo a Firenze dove sono arrivato per registrare un disco con alcuni membri della Bandabardò, poi mi sono trovato bene e ho deciso di restare.
Come è stato passare a cantare da solista?
Sono stato quindici anni in una band punk-folk mentre da solo ho iniziato a fare cose più teatrali anche ispirato alle esperienze cinematografiche che parallelamente stavo vivendo, come il film “La vera leggenda di Tony Vilar”.
L’ultimo lavoro è uno spettacolo di teatro-canzone?
Sì, è un riassunto dei miei viaggi, con le città, gli incontri e le amicizie che di volta in volta ho stretto e che ho trasformato in canzoni, da qui il titolo “Planetario”. Negli ultimi quindici anni ho viaggiato molto e mi piaceva raccontare ciò che i miei occhi ed il mio cuore hanno visto attraverso la musica.
Musicalmente non hai abbandonato la matrice folk…
No, l’attitudine è sempre stata rock e legata alla sua storia come il punk ma passando anche dal blues mentre gli anni in cui ho vissuto a Bologna ho scoperto l’importanza del dialetto calabrese che porto sempre con me.
Come riuscire a coniugare il rock con la tradizione popolare?
Il rock è sempre stata una mia grande passione ed io, essendo cresciuto in un piccolo paese di provincia ho sempre percepito la distanza dai grandi centri, da qui la mia attrazione per i posti lontani e difficili da raggiungere.
Ma di tutti i luoghi visitati quale ti ha influenzato di più?
L’Argentina dove ho avuto la casa discografica e molti amici con cui mi sento ancora oggi e musicisti con i quali tuttora collaboro. Poi sono molto legato anche agli Stati Uniti e al Canada. Mi piace l’idea di mescolare culture e lingue diverse.
“Sta città” rientra in questo approccio filosofico?
Sì, proprio così. Il pezzo è nato in un periodo in cui vivevo tra l’Italia e la Germania e avvertivo la sensazione di scontrarmi con la città in cui mi trovavo, una relazione complicata. Avevo voglia di stare in mezzo alla gente ma al tempo stesso una parte di me si trovava a combattere questa cosa.
Un dualismo?
Esatto, dualismo che nel brano si traduce in una sorta di suono onomatopeico che si ripete sin dall’inizio.
Riflette anche il tuo rapporto di amore-odio con l’Italia?
Sì, per me è sempre stata la mia base operativa (che amo molto) ma anche un posto da cui, dopo un po’, prendere le distanze.
L’hai fatta ascoltare anche all’estero?
Il videoclip è stato girato a Berlino, la canzone tradotta anche in ceco, ed è stata prima in classifica. La cosa particolare è che il dialetto è molto acclamato all’estero e accolto con diffidenza nel nostro Paese.
A quale città ti riferisci nel brano?
A tutte ma nessuna in particolare.
Progetti?
Sto portando in giro “Planetario” e lavorando a due progetti: uno di canzoni in dialetto, l’altro di inediti in italiano e poi non vedo l’ora di riprendere a suonare anche all’estero. La prossima estate terrò concerti in Svizzera, Francia, Repubblica Ceca e Spagna.