Igor Sciavolino: musicista, compositore, insegnante e…archeologo. “Il bello della musica e in particolare del jazz è mescolare le carte”

Igor Sciavolino: musicista, insegnante e... archeologo
Igor Sciavolino: a 16 anni ho cominciato con la musica e contemporaneamente con l’archeologia e le due cose sono andate in parallelo per 25 anni – Pietra Tonale a Berlino – PAS

Quando hai iniziato a occuparti di musica?

Ho cominciato a suonare il sax a 16 anni mentre facevo il liceo classico. Frequentai 3-4 anni di Corsi di formazione musicale di Torino, che tutti chiamavano e ancora oggi chiamano “Civica”. Poi feci un anno di “perfezionamento” al Centro Jazz, sempre a Torino.

In seguito, presi lezioni private di composizione e orchestrazione da un allora neodiplomato in Composizione al Conservatorio di Torino, Bruno Mosso.

Nel mentre avevo incominciato anche a suonare in quartetti e quintetti jazz con miei più o meno coetanei o con miei compagni di corsi musicali.

In quei primi dieci anni di musica seguii workshop occasionali con Clifford Jordan, Jimmy Knepper, Michael Brecker, Claudio Fasoli, Giorgio Gaslini, Giancarlo Schiaffini, John Surman. Devo molto a questi ultimi tre.

Gaslini mi diede lezioni gratuite di composizione “a distanza”: gli mandavo le mie prime composizioni per lettera e lui mi rispondeva ogni volta con tempestività impressionante, con lunghe lettere di commenti e di consigli, utilissimi, illuminanti e incoraggianti; una generosità e una curiosità verso i giovani veramente gigante.

Da Schiaffini a Siena Jazz imparai nuove forme di improvvisazione e di composizione che mi sono state utilissime per tanti anni e che poi ho ulteriormente sviluppato autonomamente.

John Surman per me era allora una sorta di figura mitologica: quando nel 1994 seppi che a Ravenna teneva un workshop di musica e danza, mi fiondai subito. Lì ebbi pure la fortuna di conoscere Rosita Mariana, una delle danzatrici che facevano parte dello staff del workshop, con cui successivamente collaborai per tantissimi anni.

Quando hai pensato potesse diventare la tua professione?

Non saprei stabilire un momento. Forse semplicemente mi ci sono ritrovato dentro un po’ per volta. Perché comunque c’era fin da subito l’intenzione seria di fare musica, non solo per divertirsi ma pure perché fosse interessante per chi la ascoltasse.

E questo atteggiamento lo avevamo praticamente tutti quanti noi che suonavamo all’epoca. Sto parlando della fine anni ’80 e di tutti i ’90. D’altronde avevamo scelto di suonare jazz, e all’epoca il jazz non era considerata la musica d’intrattenimento per eccellenza…

La cosa curiosa è che a 16 anni ho cominciato con la musica e contemporaneamente con l’archeologia e le due cose sono andate in parallelo per 25 anni. All’inizio ero studente di entrambe per qualche anno, poi ho cominciato presto a lavorare come archeologo già durante gli anni dell’università e contemporaneamente a tenere concerti con band jazz messi su da altri o da me.

La faccenda delle vite parallele, stile Dr. Jekyll e Mr. Hyde, è andata avanti in crescendo, finché nel 1996 sospesi l’attività archeologica, perché mentre stavo suonando professionalmente con Mal Waldron e Tiziana Ghiglioni in giro per l’Italia, le condizioni di lavoro e retribuzione in ambito archeologico, nonostante anni e anni come direttore di scavo, erano precipitate a livelli simili a quelli che leggiamo oggi sui giornali a proposito dei riders o, appunto, degli archeologi e dei restauratori.

Intorno al 2000, mi chiamarono a scavare di nuovo, poi abbandonai definitivamente nel 2009. Non è più cambiato nulla, solo peggiorato.

Nel frattempo, nel 1998 entrai a insegnare alla “Civica” (CFM), dove 15 anni prima ero stato allievo.

Continuo ancora oggi a insegnare: Arrangiamento, Teoria, Musica d’insieme, Laboratori sui mezzi digitali per creare musica.

Ebbi modo di lavorare come arrangiatore sia per musica e progetti altrui (per esempio Fabio Barovero, Roy Paci, Banda Ionica), sia per miei progetti di ampio respiro. Nel 2001 Musica 90 di Torino produsse il mio progetto “Mingus in banda”: la musica di Charles Mingus rivisitata, smontata e “ricomposta” per una vera banda di paese (Nizza Monferrato) e quartetto di jazz (Maurizio Brunod, Fred Casadei, Simone Bosco ed io) con cui girammo alcuni festival estivi.

Nel 2006-2008 il Comune di Cremona mi incaricò di formare un’orchestra di giovani musicisti jazz di Cremona e dintorni: creai la ChantSong Orchestra che aveva come repertorio brani famosi del cosiddetto indie-rock italiano degli anni ’90 e primi 2000.

Dopo aver arrangiato i brani, invitammo i cantanti di quei brani come ospiti (per esempio: Cristina Donà, Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, Frankie Hi-nrg MC, Emidio Clementi dei Massimo Volume, Giò dei La Crus) con cui registrammo un cd per Felmay e partecipammo a vari concerti tra cui la prima edizione del Festival MiTo.

Dal 2010 lavoro come responsabile della redazione musicale di Voglino Editrice, che inizialmente si chiamava Musica Practica.

In tutti questi anni, in parallelo a tutto ciò, ho anche condotto uno studio di registrazione mobile, con cui ho realizzato lavori spesso pubblicati in CD di classica, barocca, contemporanea, jazz, indie-rock anche per etichette “major”.

Igor Sciavolino: musicista, insegnante e... archeologo
Igor Sciavolino: Continuo ancora oggi a insegnare: Arrangiamento, Teoria, Musica d’insieme, Laboratori sui mezzi digitali per creare musica

Come e perché hai scelto “quello strumento” e non un altro?

Ero presissimo nell’ascoltare jazz e ad un certo punto decisi che volevo provare a suonare questa musica, oltre che ascoltarla. Scelsi il sax tenore per via di John Coltrane, di cui ascoltavo un sacco di dischi.

In verità, ascoltavo molti più musicisti con gli strumenti più diversi: Monk, Jarrett, Frisell, Motian, per esempio.

E generi diversi: soprattutto musica contemporanea del ‘900: Bartòk, Stravinskij, Ligeti, Pärt.

Al rock ci sono arrivato tardi, quando avevo ormai più di 25 anni. Mi influenzò non poco: mi misi a “elettrificare” il sax e a suonarlo con effetti, distorsioni, whawha, ecc, come farebbe un chitarrista elettrico.

Il mio primo disco “Solitaires à la recherche de la danse” è già così: sax tenore e sax sopranino elettrificati, in solo, senza band e senza sovraincisioni. È del 1994.

Con questo setto “elettrico” portai avanti per tanti anni un duo con il batterista Paolo Franciscone, che poi divenne spesso un trio con la danzatrice di Milano Rosita Mariani (di cui sopra).

Intorno al 2007 sostituii il parco pedaliere ed effetti elettronici con un Mac portatile e mi misi ad elaborare in tempo reale non più solo i miei suoni ma anche quelli di altri musicisti. Per esempio, ne venne fuori il duo NoLogicDuo con impiantista Angelo Conto, dove io non suonavo il sax ma solo più l’elettronica.

Il tuo rapporto col teatro.

Il mio rapporto con il teatro è iniziato in verità lavorando con e per danzatrici, danzatori, coreografe e coreografi di danza contemporanea, con qualche esperimento estemporaneo nel 1992, ma seriamente a partire dal 1994 fino al 2018.

Con il teatro vero e proprio ho avuto a che fare inizialmente (fine anni ’90) suonando dal vivo in scena o a margine della scena chiamato a fare da “colonna sonora vivente”, magari in duo o trio, qualche volta in solo (grazie agli aggeggi elettronici).

Poi ebbi occasione di lavorare a 4 mani con un paio di registi progettando diversi spettacoli: per esempio, 3 produzioni di teatro multietnico multiculturale (anche nella musica che scrissi) per il Teatro Piccolo Regio di Torino negli anni 2000 con Marco Alotto; oppure lo spettacolo “Il dottor Faust accende le luci” di Gertrude Stein per l’allora Teatro Juvarra (1999 poi replicato nel 2000) e a Roma con l’attore e regista Francesco Gagliardi.

In seguito, ebbi modo di lavorare per il teatro come arrangiatore di musiche altrui, analogamente a lavori di arrangiamento per il cinema per film di D’Altari, Mordini e altri.

Igor Sciavolino: musicista, insegnante e... archeologo live
Igor Sciavolino: Scelsi il sax tenore per via di John Coltrane – Live

Qualcosa sulla tua esperienza come autore di musica per la danza contemporanea.

Da quando incominciai nel 1994 ad avere a che fare seriamente con la danza contemporanea, la maggior parte dei miei progetti musicali furono indirizzati in questa direzione.

Con Rosita e Paolo avevamo un trio stabile, a volte ampliato in quartetto con una seconda danzatrice, ma sempre mettendo sullo stesso piano suono e movimento, musica e danza, composizione e coreografia, dove l’improvvisazione era praticata sia da chi suonava sia da chi danzava. Con Rosita ho lavorato fino al pochi anni fa.

Nel 1998 lavorai per il coreografo e danzatore Roberto Castello. Mi invitò a “sostituire” Ezio Bosso alle repliche del suo spettacolo in duo a Copenaghen. Ezio all’epoca era un bravissimo contrabbassista e rimase bloccato in tournée in America Latina con un’orchestra sinfonica.

Roberto mi chiese di sostituirlo in scena, nonostante ovviamente non suonassi il contrabbasso, ma gli interessava l’aspetto creativo musicale più che lo strumento.

Poi lui contraccambiò il “favore” partecipando ad un concerto del mio duo col batterista (che divenne spettacolo) in un festival a Torino: insieme a lui si portò dietro Alessandro Certini, altro fantastico danzatore e, come Roberto, creatore istantaneo di dimensioni teatrali con pochi gesti.

Composi anche colonne sonore registrate per lavori di danza in cui non suonavo dal vivo, sia per la Mariani, sia per Castello, sia per Stefano Questorio.

Prendendo spunto da queste esperienze fondai nel 2001 il festival Interplay di danza con musica dal vivo insieme con Natalia Casorati. Con questa formula durò tre edizioni. Poi abbandonai il progetto, perché da allora il festival prosegue ancora oggi ma senza load dimensione esclusiva della musica dal vivo.

Dal 2012 al 2018 ho lavorato intensamente per Ambra Senatore (dal 2018 è direttrice del Centre Choréographique National de Danse di Nantes) e per la sua compagnia di danza italo francese; più francese che italo, in verità, perché sulle 30 repliche che facevamo ogni anno, circa 25-26 erano in Francia e solo 2-4 in Italia.

Con lei ho lavorato come compositore e sound designer, perciò seguivo la compagnia durante il periodo di creazione, dove si lavorava collettivamente anche con molta improvvisazione che poi veniva fissata in coreografia. Dovevo comporre all’istante piccoli spunti musicali e, tra una prova e l’altra, svilupparli.

Ma utilizzavo anche frammenti di musiche mie e di altri (per esempio Monteverdi) da “sparare” durante le sessioni di improvvisazione per vedere se funzionavano. Seguivo poi la compagnia durante tutte le repliche perché come sound designer curavo l’allestimento sonoro e “suonavo” i vari contributi musicali e sonori durante lo spettacolo.

Per Ambra ho lavorato a due coreografie: “John” e “Aringa rossa”, quest’ultima era decisamente una grossa produzione, 9 danzatori in scena, con repliche anche di parecchi giorni a Parigi al Théâtre de la Ville (l’equivalente della Scala per quanto riguarda la danza contemporanea) ci valse parecchie recensioni entusiaste da parte della stampa nazionale francese.

musicista, insegnante e... archeologo
Igor Sciavolino: La ricerca archeologica

Tuo rapporto col jazz.

È un rapporto che per tanti anni è stato molto conflittuale. Da ragazzino ero uno sfegatato fan del jazz. Quando incominciai a suonare un po’ più professionalmente, cercai subito di percorrere strade meno “tradizionali”, come suonare brani originali invece di standard jazz, fino ad arrivare molto presto a metter su un ensemble “cameristico” con oboe, corno, arpa, piano, clarinetto basso oltre al sax, Limina, si chiamava. Scrissi diversi brani originali e varie trascrizioni e adattamenti da Monk, Frisell, Pârt, Ligeti, Hendrix, Mingus.

Pochi anni dopo (metà anni ’90) fondai un quartetto molto particolare, il Forma Fluens con Roberto Regis (sax), Martin Meyes (corno) e Domenico Sciajno (contrabbasso) in equilibrio tra composizione e improvvisazione: brani nostri originali e di Gavazza e Schiaffini, arrangiamenti da Monk, Motian, Cage.

Rapidamente mi ritrovai abbastanza fuori dal “giro” dei jazzisti, per via di questo stare a cavallo tra jazz e musica da camera o contemporanea e tra jazz e improvvisazione, e quindi non essere visto come 100% jazzista. D’altro canto, non fui considerato abbastanza “compositore contemporaneo” nel “giro” della classica-contemporanea per il fatto di essere anche jazzista, nonostante avessi composto e fossero stati eseguiti diversi brani cameristici in Italia e all’estero. Insomma, per molti anni questo sentirmi al “confine tra”, né da una parte né da un’altra, né carne né pesce, mi corrucciava spesso.

Poi per fortuna lavorando in Francia per la danza mi resi conto che tutto ciò era un falso problema e che il bello della musica e in particolare del jazz è mescolare le carte.

Cosa stai facendo ultimamente e cosa farai nell’immediato futuro?

Oltre al lavoro in casa editrice e all’insegnamento, dal 2018 collaboro stabilmente con Pietra Tonale, un interessante collettivo di giovani musicisti che esplora le varie forme di improvvisazione e composizione senza rinchiudersi in steccati ideologico-estetici.

Ormai il collettivo si è allargato e conta una ventina di elementi stabili più una dozzina di collaboratori più o meno assidui o saltuari. Con Pietra e la sua orchestra in questi anni abbiamo partecipato ai festival Torino Jazz Festival e Jazz Is Dead, e recentemente ha fatto un minitour: Venezia, Vienna, Praga, Berlino e Fusion Festival in Germania.

Suono nel quartetto “postjazz”(?) Serial Disaster del trombettista Beppe Virone, molto particolare perché non abbiamo basso o contrabbasso per scelta: due fiati chitarra e batteria.

A dicembre ho pubblicato un album di musica elettronica, “Enki”, su BandCamp, che racchiude una selezione di lavori fatti nell’arco di 30 anni. Ho intenzione di pubblicare un secondo album di elettronica entro la fine del 2022.

Sto musicando un po’ per volta testi che amo molto dello scrittore Luca Antonini, con cui collaborai tantissimi anni fa. Penso ci saranno vari ospiti vocali, cantanti e non.

Non ho la minima idea di come e dove sarà pubblicato questo lavoro perché ormai il mercato discografico è completamente cambiato, anzi è praticamente scomparso, ed è diventato quasi tutto digitale e online. Anche l’idea di etichetta discografica ha assunto un ruolo molto diverso rispetto a fino a una decina d’anni fa.

 Come possiamo seguire la tua attività?

Questa è la cosa più difficile, eh, eh.

Non ho sito internet. Non ho più Facebook dalla prima pandemia (chiuso per l’overdose di scempiaggini che vi transitavano). Ma notizie sparse su di me compaiono cercando su Google.

Trovate il mio primo disco su iTunes e l’ultimo su Bandcamp.

Alessandro Grima: in uno spettacolo di prosa la musica crea l’atmosfera che serve per suggestionare tutti, dagli attori sul palco al pubblico in platea

 

Alessandro Grima: Attore, Insegnante e Regista
Alessandro Grima: quando da ragazzino, ad amici e parenti, dicevo che volevo fare l’attore venivo preso poco sul serio e poco capito, ma nessuno mi ha mai ostacolato il cammino

Diplomatosi Attore presso la civica scuola D’Arte Drammatica di Milano “Paolo Grassi”, approfondisce il lavoro con corsi di alta formazione con la metodologia di Anatolij Vasil’ev, grazie a maestri quali Giacomo Veronesi, Giovanni Longhin e Boaz Trinker, e su corpo e intelligenza attoriale con Maurizio Schmidt e Maria Consagra.

Segue anche formazione cinematografica con l’Accademia Professione Artistica e Casting Director.

Lavora in tv, al cinema e in teatro contemporaneamente. Dichiara una predisposizione alle attività fisiche e di combattimento.

Tra le sue skills, oltre a Calcio, Pallavolo, Baseball e Nuoto, troviamo il Qi-Gong (Tai-chi) e i Balli da sala.

Tra le esperienze cinematografiche cito il ruolo da protagonista in Omicide House, House, Noraneko e Notte di Harold Pinter.

Uno dei suoi primi lavori importanti in teatro è stato Mistero Buffo, spettacolo realizzato al Teatro Due di Roma, tratto dalle fabule di Dario Fo, con la coordinazione registica di Massimo Navone, portato in tournée anche ad Avignone.

Ultimamente è protagonista de I mali minori, spettacolo scritto da Antonio Mocciola tratto da L’immoralista di Gide, che ho avuto il piacere di vedere in due versioni.

Lavora stabilmente come Attore, Insegnante e Regista con la compagnia Viandanti teatrali di Busto Arsizio.

A che età hai iniziato a salire su un palco e quando hai deciso di farne una professione?

La primissima volta che ho pensato di fare l’attore è stato da bambino, credo di aver avuto quattro anni,  quando guardando i film di Bud Spencer e Terence Hill dissi a mio padre che volevo fare quello che facevano loro.

Ero ovviamente un bambino e non sapevo cosa stessi dicendo veramente; poi però, durante il terzo anno di scuola media, a dodici o tredici anni, presi parte ad uno spettacolo teatrale organizzato dal mio insegnante di musica, e lì, su quel palcoscenico, capii che ero nel posto giusto al momento giusto e che quella era la mia strada, così feci di tutto per farla diventare la mia professione.

In famiglia chi ti ha incoraggiato e chi ostacolato?

Non c’è stato nessuno che mi ha incoraggiato ma non sono neanche mai stato ostacolato. Ho avuto, qualche volta, da parte dei miei genitori il consiglio di fare altri lavori, ma vedendo la mia determinazione a riguardo hanno lasciato perdere quasi subito.

In generale quando da ragazzino, ad amici e parenti, dicevo che volevo fare l’attore venivo preso poco sul serio e poco capito, ma nessuno mi ha mai ostacolato il cammino.

Alessandro Grima: Attore, Insegnante
Alessandro Grima: ho provato tutto, dalla regia alla drammaturgia, dal tecnico luci all’insegnante di recitazione ma niente è come salire sul palco e giocare ad essere qualcun altro

A tuo avviso quanto è importante la musica in uno spettacolo?

Direi fondamentale; in uno spettacolo di prosa la musica crea l’atmosfera che serve per suggestionare tutti, dagli attori sul palco al pubblico in platea; è la porta d’accesso alle sensazioni che si provano durante uno spettacolo; spesso addirittura la musica diventa la drammaturgia stessa della pièce

Spettacoli cui hai partecipato in cui la musica aveva un ruolo particolare e che ami ricordare?

Sicuramente “Giulia – La mia migliore amica” diretto da Luca Rodella, con Sara Zanobbio in scena con me e Diego Paul Galtieri, il musicista.

È uno spettacolo che mi è molto caro; la musica è dal vivo, con Diego che suona diversi strumenti e ci accompagna tutto il tempo dello spettacolo.

Dona ritmo alle scene, ci suggestiona con le atmosfere, regalandoci emozioni che poi trasmettiamo al pubblico, e gioca con effetti che sono a stretto contatto con la stessa drammaturgia scenica.

Poi non posso non ricordare anche le Barbatelle con la regia di Carlos Branca, è un’operetta in cui avevo un personaggio con un ruolo importante nella storia anche se non aveva nessuna aria dedicata; qui ho avuto il piacere e il privilegio di lavorare insieme al maestro Luiz Bacalov, perciò posso dire di aver lavorato con un premio oscar, ed è stato un onore per me.

Ci sono temi che ami trattare più di altri quando scrivi per il teatro? 

Da drammaturgo cerco sempre di trattare qualunque tema con leggerezza e ironia, uno in particolare ha spinto spesso la mia creatività e ha fatto sì che creassi il mio primo spettacolo con la collaborazione di altri compagni d’avventura, s’intitola Cardinali al sole ed è uno spettacolo incentrato sulla vita e la filosofia di Tommaso Campanella, eretico del 1600.

Il tema da cui ero partito e con il quale ho coinvolto tutti era: cosa ci fa dire cosa è giusto e cosa è sbagliato? Cosa si nasconde dietro alle azioni che compiamo, anche le più atroci e violente? Cos’è il Bene e cosa il Male? Senza morale o volontà di rispondere a queste domande, solo il gusto di farsele e il piacere di ricercare delle risposte senza trovarle.

Preferisci recitare, scrivere, dirigere, insegnare?

Ho provato tutto, dalla regia alla drammaturgia, dal tecnico luci all’insegnate di recitazione ma niente è come salire sul palco e giocare ad essere qualcun altro, e comunicare un tema o un’ emozione.

Preferisco perciò di gran lunga recitare; è come se durante la durata dello spettacolo uscissi da me, dalla mia vita e dai miei problemi, ed entrassi nella vita e nei problemi di un altro, che sono di gran lunga migliori dei miei, perché non esistono realmente ma vivono per un’ora o poco più nell’immaginazione di tutti; faccio vivere qualcosa che non esiste, o almeno ci provo, e questo è straordinariamente eccitante.

Alessandro Grima: Attore
Alessandro Grima: in uno spettacolo di prosa la musica crea l’atmosfera che serve per suggestionare tutti, dagli attori sul palco al pubblico in platea; è la porta d’accesso alle sensazioni

Tra teatro cinema o tv quale al primo posto?

Domanda difficile… beh sicuramente la TV è all’ultimo posto, l’ho fatta per anni e sento che non mi appartiene proprio.

Tra Teatro e Cinema non saprei; cinema l’ho fatto poco e ultimamente mi sto concentrando un pochino di più su quest’arte, ha dei tempi e una partecipazione molto differente dal teatro, soprattutto nella preparazione, però amo recitare in maniera intima e realistica, e questo spesso in teatro è molto difficile perché ti trovi davanti degli ostacoli tecnici che devi superare con il corpo e la voce, perciò preferisco fare scene per il cinema, in cui posso sentirmi maggiormente a contatto con la parte più intima di me… però le emozioni e l’adrenalina che regala il palcoscenico, con il pubblico che restituisce qualunque sensazione che l’attore gli manda, ma cento volte più potente, è un’esperienza unica e irripetibile tutte le volte.

Ogni volta dalla tensione prima di andare in scena mi sento male però appena inizio è come se mi sentissi in una trascendenza artistica, perciò in questo momento del mio percorso artistico, metto poco più in alto il Teatro e al secondo posto il Cinema.

Cosa stai facendo ora in scena e cosa stai preparando?

Ora sto girando un film, subito dopo andrò a tenere un laboratorio teatrale in una residenza artistica sui colli Bolognesi, e successivamente andrò in Liguria per uno spettacolo itinerante dentro un castello medievale, con l’associazione Baba Jaga di Finale Ligure

Per seguire la tua attività?

Seguendomi sui social, Facebook e Instagram, Alessandro Grima… di solito pubblico quasi esclusivamente le mie attività.

Valeria Bertani: quando ascolto musica non cerco un genere, piuttosto qualsiasi cosa che rispecchi le mie emozioni di quel momento 

 

Valeria Bertani: Musicol? La mia passione  
Valeria Bertani: la musica ha sempre fatto parte della mia vita, il teatro l’ho scoperto a 14 anni

Nata a Reggio Emilia, ha seguito corsi e workshop di teatro, musica e ballo. Recentemente ha fatto parte del cast di “Anything Goes” prodotto da MTS – Musical! The School.

È protagonista in “Deledda’s Revolution” (su Grazia Deledda) e  in “I mali minori” (tratto da “L’immoraliste” di André Gide), testi entrambi di Antonio Mocciola, per la  regia Diego Galdi  e che ho avuto il piacere di vedere in scena.

Fa parte del Coro giovanile dell’Emilia-Romagna e precedentemente del Coro dell’Arena di Verona

Come ti sei scoperta appassionata di musica e teatro? Quale delle due passioni è arrivata prima?

La musica ha sempre fatto parte della mia vita, da quando mia mamma mi cantava le canzoni della sua adolescenza accompagnandosi con la chitarra. La mia famiglia si è sempre circondata di musicisti, era inevitabile che anche in me nascesse questa passione.

A 12 anni ho iniziato a suonare il pianoforte ed a 13 a cantare in un coro, e non ho mai smesso di fare entrambe le cose.

Con il coro ho iniziato a fare i miei primi concerti, passando poi anche dal Teatro Valli di Reggio Emilia con i “Carmina Burana” all’Arena di Verona con “L’Opera è la Grande Bellezza”.

L’insegnamento del pianoforte mi ha invece dato tutte le basi della teoria musicale e accompagnandomi ho iniziato il mio percorso da solista.

Per quanto riguarda il teatro, ho scoperto la mia passione a 14 anni, al primo anno di superiori, con il corso tenuto dalla scuola.

Fin dal primo anno, ho capito che recitare mi dava una soddisfazione immensa, mi veniva naturale, ed era quello che avrei voluto fare nella vita.

Preferisci recitare o cantare? In cosa ti senti più a tuo agio?

Questa domanda è davvero troppo difficile e mi mette in difficoltà ogni volta!

Cantare è qualcosa che ho sempre fatto e che non smetto mai di fare durante la giornata. Per me non è solo esibirsi, è a volte uno sfogo, a volte condivisione.

Recitare invece mi impegna molto di più a livello emotivo e di studio, è qualcosa in cui mi applico tantissimo e ogni volta l’emozione di avere un nuovo copione in mano da studiare è impagabile.

Valeria Bertani: Musicol? La mia passione  
Valeria Bertani: con il musical ho potuto unire le mie due passioni

Mi verrebbe da dire, però, che se nella vita dovessi scegliere tra fare la cantante e fare l’attrice… sceglierei di fare l’attrice!

Ma questo è il motivo che mi ha spinta a frequentare la MTS – Musical! The School, l’accademia di musical di Milano.

Con il musical ho potuto unire queste due grandi passioni, inserendo anche la danza (disciplina che amo, ma nella quale non sono brava come nel canto e nella recitazione).

Tuo rapporto con la musica. Preferisci la musica classica o altro genere? Cosa ti piace ascoltare nel privato?

Non ho un genere preferito, passo dalla musica pop/commerciale a quella classica e anche solo strumentale, da quella latino/americana (ho ballato caraibici per due anni prima di trasferirmi a Milano per l’accademia) a quella corale, dalla dance degli anni 90 e 2000 (perché sono un’inguaribile nostalgica) alle canzoni Disney e dei musical.

Quando ascolto musica non cerco un genere, piuttosto qualsiasi cosa che rispecchi le mie emozioni di quel momento.

Autori o classici o di altri generi che ami particolarmente?

Il mio cantante preferito in assoluto è Tiziano Ferro, mentre se devo scegliere compositori di cui amo suonare le canzoni, allora dico Einaudi ed Allevi.
Ammetto che il mio idolo in assoluto però è Jennifer Lopez: lei canta, balla, è un’attrice di successo e un esempio del fatto che l’età è solo un numero quando si ha un obiettivo.

Valeria Bertani: Musicol? La mia passione  
Valeria Bertani: anche negli ultimi spettacoli teatrali ho avuto la possibilità di offrire una parte cantata

Spettacoli che hanno unito musica e recitazione a cui hai partecipato che nella tua carriera hanno segnato “una svolta”?

Il primo vero e proprio musical a cui ho preso parte (con un ruolo e non semplicemente come ensemble) è “Anything Goes” prodotto dalla MTS – Musical! The School con le musiche di Cole Porter, regia di Michele Savoia (ripresa da quella di Simone Nardini e Luca Fusi) e coreografie di Valentina Bordi.
Ho interpretato Mrs. Harcourt, e devo dire che mi sono divertita tantissimo, grazie anche ai miei compagni di accademia che mi hanno supportata sempre e a cui sono molto affezionata.

In realtà, anche negli ultimi spettacoli teatrali che ho fatto ho sempre avuto la possibilità di mostrare al pubblico una parte cantata, seppur breve: in “I mali Minori” ho cantato una piccola parte di “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” (nella versione di Diamanda Galàs) nel finale, mentre in “Deledda’s Revolution” ho introdotto il mio intervento con “No potho reposare” (nella versione di Maria Carta).

Cosa stai facendo ora e cosa farai nel prossimo futuro?

Ho appena terminato l’Accademia, ma il mio prossimo obiettivo è quello di riuscire ad entrare a far parte del mondo della televisione e dello spettacolo, continuando però a fare teatro e, chissà, anche continuare nel campo del musical!

Nel frattempo, abbiamo già in programma di portare in giro gli ultimi spettacoli teatrali.

Come possiamo seguire la tua attività?

Sicuramente tramite i social: utilizzo Facebook e soprattutto Instagram, ed ora che ho più tempo cercherò di fare in modo di pubblicare più contenuti possibile!

Musica a Teatro: Martino Minzoni, attore protagonista che lavora nell’ombra

Martino Minzoni: è tecnico luci e audio e attore Il lavoro del tecnico deve essere perfetto
Martino Minzoni: Il lavoro del tecnico deve essere perfetto. Questo vuol dire essere in grado di “respirare” insieme allo spettacolo (Foto di un allestimento per GrangGuignol)

Martino Minzoni è tecnico luci e audio e attore. È nato a Bolzano nel 1990. Diplomatosi come tecnico di palcoscenico presso la Scuola Civica Paolo Grassi si è poi diplomato anche presso la Scuola Internazionale di Teatro Arsenale, perfezionandosi in seguito in mimo e clownerie.

Presta o ha prestato la sua opera in vari teatri in Italia, tra cui Il Verdi a Milano, la sala Fontana, il Teatro Parenti, il Delfino, lo Spazio Tertulliano, Linguaggi Creativi.

Ha curato la direzione tecnica del festival Tendenze Clown e seguito la compagnia Il ServoMuto Teatro con vari spettacoli. Collabora con GrandGuignol de Milan. Ha avuto modo anche di tenere lezioni di illuminotecnica.

Ho avuto il piacere di conoscerlo e lavorare al suo fianco recentemente durante una messa in scena e ho potuto apprezzare la sua assoluta sensibilità per tutto quello che di tecnico serve a uno spettacolo, sia dal punto di vista dell’illuminotecnica sia del mondo sonoro.

Ho voluto quindi dare voce a lui stavolta, anziché ad attori e registi come di solito faccio, conscio che è soprattutto su un bravo tecnico che si appoggiano regia ed interpretazioni, è l’altro “primo attore protagonista”, che lavora nell’ombra, e a volte troppo poco riconosciuto.

Come ti è nata la passione per il teatro?

Avevo nove anni, salii sul palco per uno spettacolo in cui facevo un giornalista del Times con accento britannico…Una volta sentita l’energia che mi arrivava dal pubblico mentre ero in scena, capii che quella era la mia strada.

Ti sei diplomato come tecnico di palcoscenico presso l’accademia teatrale Paolo Grassi di Milano. Poi hai seguito corsi come attore e clown. Ti vedi meglio sul palco o “dietro le quinte”?

Diciamo che è stata una transizione particolare. Io sono sceso a Milano per studiare recitazione, poi la mia strada si è lentamente spostata su altri binari.

Per un lungo periodo mi sono considerato un “Tecno-attore”, ma non poteva durare. Come direbbe Kuniaki, uno dei miei maestri di quando ho frequentato la scuola Arsenale, era un po’ troppo “né carne né pesce” …

Oggi come oggi mi sento decisamente più “luciaio”…o “lucifero” (come amano definirmi i colleghi della compagnia del GrandGuignol.

Sapresti spiegare a chi non è dell’ambiente in cosa consiste il tuo lavoro “tecnico” su luci e audio?

Per dirla in breve il nostro lavoro è creare l’atmosfera, il luogo giusto in cui gli attori e le attrici possano avere spazio di creazione, questo include sia il processo di progettazione, che l’allestimento, che la messa in scena per tutto l’aspetto che riguarda luci, audio e (pur se non nel mio caso) scenografia.

Martino Minzoni: è tecnico luci e audio e attore
Martino Minzoni: oggi mi sento decisamente più “luciaio”..o “lucifero” che attore

Io ritengo che un bravo “tecnico” (uso questo termine per semplificare) sia importante anche più del regista, sullo stesso piano degli attori, in un certo senso un altro attore. Che ne pensi in proposito?

Concordo. Ti dirò di più. Durante lo spettacolo l’andamento è completamente nelle mani del tecnico (banalmente è il tecnico che decide quando lo spettacolo inizia o finisce a livello pratico). Il lavoro del tecnico deve essere perfetto, per mettere chi sta sul palco nella migliore condizione possibile per creare.

Questo vuol dire essere in grado di “respirare” insieme allo spettacolo. In questo i miei anni presso il Teatro Arsenale mi hanno aiutato molto. Fun fact: un buon tecnico sentirà pochi complimenti dal pubblico non addetto ai lavori, perché il pubblico si sarà dimenticato della sua presenza se lo spettacolo è andato bene.

Per cui è vero che il lavoro tecnico dietro le quinte non è molto considerato o riconosciuto da parte del pubblico…

Come stavo dicendo, se un tecnico è bravo il pubblico non deve rendersi conto della sua presenza. È un po’ Zen, come lavoro, in questo senso.

Parlando di musica, raccontami qualcosa sulla tua esperienza in merito al supporto audio agli spettacoli

Non ho seguito tantissimi concerti in qualità di fonico, nulla di veramente grosso. Comunque, nel tempo ho imparato molte cose da colleghi, e trovo estremamente affascinante l’ingegneria del suono, per dire: tenere in considerazione il direzionamento degli speaker, la sovrapposizione delle onde sonore, e tutta quella parte lì.

Ma è la storia della mia vita, la fisica mi ha sempre affascinato anche se non mi ci sono mai messo a studiarla con cura. Sono, ahimè, una persona estremamente impulsiva e istintiva.

Importanza della musica e dei suoni in teatro?

Allo stesso modo della luce, la musica e il suono in teatro sono elementi drammaturgici. Troppo spesso si vedono spettacoli in cui le musiche sono piazzate lì perché “ci stanno bene”, e non perché raccontano qualcosa.

Ma succede la stessa cosa con le luci. Bisogna prendersi del tempo per capire “cosa sto raccontando” con questi suoni?

L’importante a Teatro non è mai il “cosa” ma il “come” e il “perché” (anche se bisogna stare attenti a non dare troppa importanza al “perché”, altrimenti si rischia di diventare troppo mentali e non leggibili da parte del pubblico).

Martino Minzoni: è tecnico luci e audio e attore
Martino Minzoni: il mio lavoro è creare l’atmosfera, il luogo giusto in cui gli attori e le attrici possano avere spazio di creazione (foto di un allestimento presso il teatro Arsenale)

Che musica ti piace ascoltare nel tempo libero?

Ascolto un po’ di tutto, ultimamente sto molto su elettronica e trash/pop…tipo gli Yello o i Righeira. Ho varie playlist separate per annate su youtube, se ci si guarda dentro ci si vede tanta confusione.

Per un periodo ho ascoltato tecno e drumm n base. È da tanto che non ascolto Johnny Cash o Gordon Lightfoot, che sono un po’ i miei riferimenti quando suono.

Un attore per te dovrebbe anche conoscere la musica? Tue esperienze in proposito?

Più che conoscerla, cosa che è sempre utile per chiunque, dato che la musica, assieme al respiro, è la cosa che più è in grado di tenere sotto controllo le emozioni, ritengo che sia importante per un attore saperci interagire.

Come possiamo seguire la tua attività?

Ogni tanto posto qualcosa sul mio profilo instagram (assicuro che sono meglio in live che in foto, ehehhheh). La prossima data di un progetto che seguo è il 16 luglio al Castello Sforzesco con il GrandGuignol de Milan.

Anche se all’aperto le luci si perdono un pochino. Ecco, diciamo che loro sono una compagnia con cui mi diverto molto e ho molto margine di sperimentazione con i colori…

Musica a Teatro: Rubynia Reubens, ho capito che per stare davvero a questo mondo bisogna prima innamorarsi di sé

Rubynia Reubens: tutte le variazioni del rosso
Rubynia Reubens: la recitazione mi fa spaziare, non potrei fare a meno del Teatro

Sulla sua pagina si presenta come Gingerfluid performer e queerfluencer, e il riferimento al rosso è costante, anche nel nome. Fuoco e passione, dunque. Che porta in scena a trasmette. Suonando cantando e recitando. Infatti, è teatrante, pianista, cantante, regista, coreografa, ballerina, organizzatrice e performer drag.

Il mondo dello spettacolo concentrato, shakerato e proposto con gioia e consapevolezza. Lo spettacolo a cui sta partecipando ultimamente si chiama Foma Fomic nello spazio, teatro-canzone scritto da Foma Fomic e Giacomo Fava, e che ho avuto il piacere di gustare.

Ha adattato e coreografato Il cantatore calvo, dalla famosa opera di Ionesco e ha avuto diverse esperienze in scena, per citarne alcune: I giganti della montagna, L’ispettore generale, Sleepless, Box and Cox.

Ha suonato da sola, in trio, e in band funk-soul-rnb, ma anche in cover band pop-latin-rock.

La mia prima domanda: i tuoi primi approcci al palcoscenico

Mi ci sono avvicinata alle elementari. Ho avuto un incipit un po’ più marcato con la musica, ho iniziato a studiare pianoforte quando avevo otto anni e, più o meno nello stesso periodo, in maniera un po’ meno consapevole, stavo calcando il palco per certi spettacolini che si facevano come conclusione di scuole estive.

Alle elementari a giugno…le animatrici e gli animatori ci facevano allestire queste occasioni di intrattenimento; poi per una formazione un poco più seria ho dovuto aspettare la prima media e lì durante gli orari scolastici c’era un progetto di Teatro Creativo in cui due animatrici venivano a farci fare esercizi per poi portare uno spettacolo in scena, testi originali, corali, è così che ho iniziato.

Il primo spettacolo scritto da te?

Ho co-scritto e co-diretto un adattamento da Les enfants terribles; lavori scritti da me non sono stati ancora pubblicati, per ora…anche se probabilmente…ma non aggiungo altro.  Direi che è Il Cantatore calvo, la mia riscrittura dalla Cantatrice calva di Ionesco, che ha appena debuttato al Tempio del futuro perduto

Rubynia Reubens: tutte le variazioni del rosso
Rubynia Reubens: con il coktail delle arti il drink è più saporito (Foto © Charlie Conan)

Rubynia come nasce? Perché questo nome?

Bisognerebbe distinguere il percorso del nome e il mio percorso identitario che per un po’ hanno viaggiato in parallelo e poi si sono ricongiunti. Quando stavo contemplando l’idea di un alter ego femminile, e un nome Drag, mi è venuta in mente Rubynia Reubens…

La E nel cognome, che non si pronuncia, sta per Eccessiva…lo trovo proprio calzante. Ci sono le motivazioni ovvie…il riferimento al rosso…il riferimento alle mie radici nordeuropee e anche al mio modo di fare un pochino aristocratico. Poi sul nome c’è una piccola storiella.

Quando ero alla materna c’era in classe una bimba molto carina, deliziosa, e ogni tanto per gioco lei chiedeva ai maschietti: Ma da grande chi è che mi vuole sposare? Noi in folla ci buttavamo a dire: Io io io! Al che lei rispondeva in maniera simpatica: deciderò quando sarò grande.

Il suo nome era Rubinia. Dopo anni ho capito che per stare davvero a questo mondo bisogna prima innamorarsi di sé, e dopo che hai sanato quella tua parte mancante, quando hai trovato la direzione, il percorso giusto, beh…tutto quadra.

Ti ho visto come performer. Come spalla di Foma Fomic, ma in realtà eri molto di più

Grazie della lusinga

Ti piace di più suonare e cantare, o recitare, o ti piace far tutto?

Ho più una tendenza alla recitazione, perché è la forma che mi lascia più spaziare, e se (ne parlavo con il mio partner in scena Foma Fomic e con l’autore Giacomo Fava) dovessimo privarci di un’arte non potrei fare a meno del teatro.

È dove posso più esprimermi liberamente. Ma da quando ho cominciato a giocare con il cocktail delle arti il drink si è fatto molto più saporito. Ora ho voglia di composizioni più raffinate.

Rubynia Reubens: tutte le variazioni del rosso
Rubynia Reubens: per stare davvero in questo mondo bisogna innamorarsi di sé (Foto © Oriana Spadaro)

A parte i due grandi autori che abbiamo nominato e che hai portato in scena, Ionesco e Cocteau, ci sono altri autori di riferimento o compositori che ti stimolano particolarmente?

Se dovessi fare uno spettacolo su un compositore sceglierei Nino Rota. Ho in mente da molto tempo una piccola pièce di cabaret in cui sarei sul palco da sola e reciterei, suonerei; non voglio parlarne troppo adesso, ma Nino Rota sicuramente.

Se mi chiedi che musica mi piace direi sicuramente il jazz; ho sviluppato un gusto per il funk, ho suonato con una band questo genere per anni, poi certo non posso dire di no agli anni 90 e 2000, e per quanto riguarda la musica contemporanea il neo soul e il Chillhop.

Che cosa stai facendo ora e cosa ci aspettiamo nell’immediato futuro?

Con Foma Fomic e Giacomo Fava stiamo scrivendo una nuova pièce dal titolo Lo sbarco in Lombardia, un altro spettacolo di teatro canzone un pochino più surreale del precedente, che farà ridere ma anche riflettere, che offre molti spunti di riflessione sulla realtà anche per i parallelismi storici che andiamo a proporre.

Continuo a portare in giro Il Cantatore Calvo. Speriamo in sempre nuove repliche

Come possiamo seguire la tua attività?

Sicuramente su instagram. Ma sto creando anche una nuova pagina facebook dedicata.

“La musica in teatro è fondamentale. Mi piace immaginarla come un terzo attore”

Cinzia Brugnola: attrice, performer e formatrice
Cinzia Brugnola: la prima volta sul palco ero avvolta da un turbinio di emozioni, e ho pensato per la prima volta “così mi sento viva” (Foto © Silvia Beillard)

Cinzia Brugnola è attiva in teatro, cinema e televisione.

Si è diplomata presso la Scuola professionale S.A.T. di Teatranza di Torino ed è entrata subito a far parte del cast artistico della Compagnia Santibriganti.

Ha continuato gli studi presso Pontedera Teatro e con maestri della scena nazionale ed internazionale, tra cui Cesar Brie, Gabriele Vacis, Alfonso Santagata, Natalino Balasso, Leo Muscato, Dominique de Fazio.

È stata segnalata dal premio Fersen all’ Attore Creativo per il ruolo della Locandiera.

Con la compagnia Ricci/Forte nello spettacolo Imitationofdeath ha fatto una turnèe internazionale andando in scena dal Piccolo Teatro di Milano, all’Mc93 di Parigi e nei maggiori Festival.

Ha lavorato per il cinema come coprotagonista del film “The Lack” dei Masbedo.

Per la televisione è stata più volte protagonista della docu-fiction Amore Criminale ed anche di diverse pubblicità come eBay, Ikea, Dalani, Carrefour, Piadineria.

Fondatrice della compagnia Duchessa Rossa ha poi intrapreso anche la strada della scrittura teatrale con i testi “Due di Voi” e “Sogni Liquidi”.

Gli ultimi progetti sono il monologo “Cliché “, scritto e diretto da Silvia Beillard, spettacolo che parla di stereotipi di genere in maniera ironica e tagliente e il monologo comico “Svamp Tutorial”, spettacolo che nasce dal successo su YouTube di Svamp Channel, un contenitore di personaggi ideati e scritti in collaborazione con Isabella Rotti (autrice, copywriter e ufficio stampa) che ha debuttato ad Aprés Coup a Milano e sarà in cartellone al Teatro Litta per la prossima stagione 2022/2023.

È insegnante di recitazione presso Music Center Academy e Pantagruele Teatro.

Mi racconti della primissima volta che sei salita su un palco e quando hai capito che quella poteva essere la tua vita?

Le due cose vanno di pari passo, era il mio primo corso di teatro e interpretavo Titania la regina delle fate da Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, ricordo solo che ero avvolta da un turbinio di emozioni, non sapevo dov’ero, chi ero, cosa stavo facendo ma sentivo l’adrenalina a mille. Non ricordo assolutamente nulla, vagavo estatica su questo palcoscenico incantato.

Godevo nel dire quelle tre battute, muovermi all’unisono con i miei compagni, sentire il calore del pubblico. Ecco lì ho pensato per la prima volta “così mi sento viva”.

Domanda particolare: Hai mai pensato di smettere, quando e perché?

Si ci ho pensato una volta, era un periodo difficile, faticavo a trovare lavoro, avevo un sacco di colleghi nella mia stessa situazione e pativo questa precarietà collettiva: l’essere sempre in ansia quando non si lavora, il chiedere sempre cosa stai facendo e mai come stai. Ecco tutto questo iniziava a disgustarmi, avevo iniziato a fare questo lavoro perché mi divertiva, mi dava emozioni, stavo perdendo l’entusiasmo, la passione iniziale. Mi sono presa una pausa e la passione è tornata più forte di prima, ho cambiato il modo di affrontare le cose e anche le possibilità sono cambiate e le opportunità si sono trasformate di conseguenza. D’altronde attiriamo ciò che siamo no?

Cinzia Brugnola: attrice, performer e formatrice
Cinzia Brugnola – Finalmente ho fatto pace con la me stessa scema e ne ho sfruttato le sue potenzialità (Foto © Gianluca Gualtieri)

Preferisci recitare grandi testi d’autore in compagnia o provi più soddisfazione a recitare sola con testi tuoi?

I miei testi mi danno una soddisfazione enorme ma sono anche molto più complicati, c’è il giudizio costante, i blocchi, la pagina bianca, la responsabilità di successo o fallimento è tutta nelle tue mani.

In compagnia c’è il lavoro di gruppo che è qualcosa di impagabile, quando ci sono le sinergie giuste si cresce, ci si diverte e si conosce gente meravigliosa.

Non so scegliere, non posso scegliere, non rinuncerei a nessuna delle due.

Il tuo rapporto col cabaret? Hai attori o attrici di riferimento?

Il cabaret è una passione nata recentemente, prima non accettavo la mia verve comica e prediligevo tutto ciò che fosse drammatico. Sarà perché da piccola ero sempre il joker del gruppo “la simpatica” e a me non me ne fregava niente di essere simpatica io volevo essere “gnocca”! …Adesso finalmente ho fatto pace con la me stessa scema e ne ho sfruttato le sue potenzialità.

Diciamo che anche socialmente è un momento di rivalsa per il comico, visto per molto tempo da noi teatranti come di serie B, ora con la fortuna della stand up comedy ha assunto tutto un altro valore.

Io ho iniziato il mio percorso nel comico con la commedia dell’arte e ringrazio il mio grande mentore, maestro e amico Carlo Boso che mi ha fatto capire le mie potenzialità grottesche.

La stand up e il cabaret però sono ancora altro, ci vogliono battute serrate, tempi comici, genialità. Mi sto appassionando vediamo cosa ne uscirà fuori…ai posteri l’ardua sentenza

Attori comici di riferimento? Quasi tutte attrici, mostri sacri come la Marchesini, Monica Vitti, Paola Cortellesi, Virginia Raffaele e poi Guzzanti l’inarrivabile.

Il tuo rapporto con la musica in teatro. Che valore le dai? Spettacoli tuoi in cui la musica o il canto erano fondamentali?

La musica in teatro è fondamentale, che sia registrata, dal vivo o a cappella. Mi piace immaginarla come un terzo attore con cui interagire. Per me è drammaturgia, mi aiuta a creare il personaggio a trovare la linea emotiva dello spettacolo.

A volte una buona musica fa già il 50% del lavoro.

Nel nostro ultimo spettacolo “Clichè” che ha debuttato ad Alta Luce Teatro, interpretato da me e scritto e diretto dalla bravissima Silvia Beillard le musiche sono parte integrante dello spettacolo, composte ad hoc da Fabrizio Rabbolini che è riuscito a tradurre in musica quello che era per noi il senso dello spettacolo con un quartetto d’archi mozzafiato. In questo caso le musiche sono narrazioni, sono vere e proprie battute che interagiscono con l’attrice in scena.

Cinzia Brugnola: attrice, performer e formatrice
Cinzia Brugnola – Il cabaret è una passione nata recentemente, prima non accettavo la mia verve comica (Foto © Silvia Beillard)

Nel privato che musica ascolti? Ti piace la Lirica?

Sono onnivora posso spaziare da Fabri Fibra a René Aubri, da Elisa ai Queen. Sono cresciuta a Rap e Hip Hop evoluta con Battiato e de André e imbruttita di recente. Ammetto di essere un po’ tamarra e adoro la musica a tutto volume in macchina e davanti a un Tuca Tuca non resisto e sono subito in piedi a ballare.

Come sonorità classiche adoro pianoforte e violini. Mozart è un mio idolo sia come compositore che come personaggio. Adoro Michael Nyman e le sue Lezioni di Piano.

La Lirica non è proprio nelle mie corde ma stimo a prescindere qualsiasi cantante perché la trovo un’arte strepitosa e liberatoria.

Cosa stai facendo ultimamente e cosa farai prossimamente?

Attualmente sto scrivendo una stand up comedy piuttosto biografica sulle mie disavventure amorose da donna single. Tra il ridere e piangere il confine è labile, ringrazio anticipatamente tutti quei disgraziati che ho incontrato nel mio percorso e mi hanno fornito grande materiale drammaturgico e qualche piccolo ricorso alla psicanalisi.

Il 5 luglio replicheremo “Clichè “ad Arconate per la settimana della cultura e a settembre saremo al Festival Artesia in Sicilia sempre con “Clichè “e con la mia nuova Stand Up.

E poi altre date di cabaret e stand up in programmazione.

Prossimamente sarò protagonista di puntata della docu-fiction Amore Criminale, giriamo a Roma a fine mese e poi potrete vedermi in prima serata su Rai 3. Ci ho già lavorato diverse volte e sono molto felice di collaborare nuovamente con Matilde D’Errico bravissima autrice e regista di questo utile format televisivo di denuncia sociale.

 Come possiamo seguire la tua attività?

Ormai è facilissimo con i social, seguitemi su Instagram e Facebook come Cinzia Brugnola.

Seguitemi anche sul mio canale YouTube Svamp Channel dove pubblico un sacco di contenuti divertenti e folli personaggi.

E poi vi aspetto a Teatro!!!

Andrea Pellizzoni: mi piace affrontare il lato “sbagliato” di una cosa per conoscerla meglio, evitarla ed evolvere

Andrea Pellizzoni: sto imparando a suonare l'ukulele
Mi piace ascoltare tanta musica italiana degli anni delle osterie e dei cabaret e musica etnica

Andrea Pellizzoni ha studiato presso il Centro Teatro Attivo di Milano, collabora con la compagnia del 900, AdHoc value in action e Dramatrà- città di scena. È attore e presentatore.

Ha seguito corsi e workshop con grandi maestri contemporanei come Paolo Rossi, Danny Lemmo, Filippo Timi, Theodoros Terzopoulos e soprattutto Carlo Boso e la “sua” Commedia dell’Arte.

È stato parte del cast di film quali  Dance of the hearts, Uno di noi e Il Cristo di Gamala: la vera storia dell’uomo chiamato Gesù. La sua simpatia l’ha riservata anche ad alcuni spot televisivi.

Ho avuto il piacere di lavorare in scena con lui in “Il falso ospite”, commedia ritrovata di autore sconosciuto, attribuita a un giovane Goldoni.

Ciao Andrea, felice di rivederti! Posso passare alla breve intervista?

Sono pronto, spara!

Raccontami i tuoi inizi nel mondo dello spettacolo

I miei inizi nel mondo dello spettacolo sono piuttosto comuni, quasi banali, direi. Partono da un corso di teatro alle medie, per poi continuare col seguire in maniera attiva una compagnia di teatro amatoriale dialettale del mio paese, Seregno (sempre dietro le quinte, prima attrezzista e poi aiuto regista), e un esame di maturità con tema il neorealismo cinematografico.
Poi, qualche anno dopo, i corsi serali e una accademia diurna vera e propria.

I tuoi ti hanno ostacolato o incoraggiato?

Inizialmente, i miei non erano troppo d’accordo, avevano paura che non portasse a niente; erano giustamente preoccupati.
Mio padre è stato il primo a credere in me, ma ad un patto: affiancare gli studi in accademia ad uno o più lavoretti serali. E così è stato, difatti.

Tuo rapporto con la musica? Studiato uno strumento?

Con la musica ho un ottimo rapporto, nel senso che mi piace molto ascoltarla e ovviamente suscita in me diverse emozioni ogni volta, ma ad “impararla” faccio fatica, anche se mi impegno.
Adesso, per il tipo di approccio che questo strumento dona, sto imparando a suonare l’ukulele; ma vorrei, in seguito, impararne almeno un altro, come la chitarra o il pianoforte.
Chissà!

Andrea Pellizzoni: sto imparando a suonare l'ukulele
Andrea Pellizzoni: mi piace affrontare il lato “sbagliato” di una cosa per conoscerla meglio, evitarla ed evolvere

Spettacoli con musica registrata o dal vivo che ricordi particolarmente?

Avendo lavorato anche in un parco divertimenti per una stagione, qualche musical l’ho visto (e in minima parte anche partecipato), ma devo ammettere di non essere particolarmente fan di questo genere di spettacoli.

Cosa ascolti nel privato?

Nel privato, il mio ascolto della musica va a momenti. Adesso sto ascoltando tanto italiano (soprattutto la musica che si faceva a Milano ai tempi delle osterie e dei cabaret: I Gufi, Jannacci e Cochi&Renato, per intenderci) e molta musica etnica, soprattutto quella che affonda le sue radici nelle profondità dei popoli (tibetana, norrena, celtica e vedica); mentre più in generale il folk, il rock ed il blues mi accompagnano sempre, al di là del mio “periodo musicale”.

Un momento nella carriera che tornando indietro eviteresti di affrontare, e perché 

Non so se c’è un momento della mia carriera che eviterei, perché per quanto possa aver “sbagliato” la scelta di qualche partecipazione a questo o a quel cast, e per quanto brutto possa essere stato il risultato finale, posso dire di aver sempre imparato da ogni singola esperienza fatta.

Questa è una cosa a cui ripenso sempre e che da un lato mi piace: l’affrontare il lato “sbagliato” di una cosa per conoscerla meglio, evitarla ed evolvere. Inoltre, ogni singola scelta fatta in passato mi ha portato a conoscere colleghi, registi, produttori eccetera con i quali a volte collaboro per progetti sicuramente più belli o interessanti di quelli dove ci siamo conosciuti. Con alcuni di loro sono anche rimasto amico nella vita privata.

Cosa stai facendo ora in scena?

Al momento, sono in scena con tre diversi progetti. Uno è uno spettacolo sul bullismo rivolto alle scuole, ancora una replica e poi chiuderemo la stagione per poi riprendere a settembre; l’altro è uno spettacolo sulla vera storia del Bandito della Valsassina, zona che io sento molto “mia”, come tutta quella del lago di Como e che quindi porto in scena con piacere (debutteremo a giugno); mentre l’ultimo ha da poco debuttato a Roma, si chiama “Cafards”, scritto e diretto da Nick Russo.

È uno spettacolo che nostro malgrado ci siamo trovati a definire “maledetto” perché è stato rimandato per ben tre volte, tra Covid e altre problematiche; ma finalmente, la scorsa domenica 15 maggio siamo riusciti a spezzare la maledizione. Stava rischiando di saltare nuovamente ma per fortuna, anche grazie al teatro Trastevere, questa creatura ha finalmente visto la luce.

Andrea Pellizzoni: sto imparando a suonare l'ukulele
mi piace ascoltare tanta musica italiana degli anni delle osterie e dei cabaret e musica etnica

Programmi futuri?

Per quanto riguarda i programmi futuri, vorrei fare la famosa citazione “del doman non v’è certezza”. Io continuerò a fare questo mestiere con la passione ed il divertimento che mi hanno sempre accompagnato, e poi chissà dove arriverò.

Come possiamo seguire la tua attività?

Speriamo bene, ma se proprio ci tenete a saperlo, mi potete seguire su Facebook sul mio profilo Andrea Pellizzoni e su Instagram come @andrepellizzoni.

Bene, allora…come si dice in gergo: merda!

Tanta, tanta!

Musica a Teatro: Francesco Cevaro, una delle prime cose da cui parto quando inizio una regia è proprio la colonna sonora

Francesco Cevaro: attore, regista e insegnante Francesco Cevaro: Ho cominciato molto precocemente ad appassionarmi al teatro
Francesco Cevaro: Ho cominciato molto precocemente ad appassionarmi al teatro

Attore, Regista, Insegnante, Presidente della Compagnia della Testa. Ho avuto il piacere di recitare con lui ne “Il Falso Ospite”, commedia settecentesca di stampo goldoniano recentemente ritrovata. Conosciamolo meglio in questa intervista sul suo rapporto umano e professionale con la musica.

Parlami dei tuoi primi approcci al teatro

Ho cominciato in realtà molto precocemente ad appassionarmi al teatro. I miei genitori, infatti, iniziarono a portarmi in quel luogo incantato con loro per assistere a qualche commedia quando ancora frequentavo le elementari, a Cividale del Friuli (Ud).

Vedendo che non solo non mi annoiavo, ma anzi ogni volta uscivo di sala esaltato, iniziarono a portarmi con loro anche negli spettacoli più impegnativi… e sempre l’atmosfera del teatro continuava a conquistarmi.

Così, finivo per essere uno dei pochi bambini che si divertivano a fare la classica recita di Natale o di fine anno a scuola…

Alle medie poi iniziai a frequentare un corso di recitazione amatoriale, per poi passare, alle superiori, a partecipare col mio liceo al Palio Studentesco della città di Udine.

A quel punto maturai la decisione di rendere questa grande passione un lavoro e così, dopo essermi laureato in Giurisprudenza, a 24 anni, nel 2006, mi trasferii a Milano per frequentare l’Accademia, il Centro Teatro Attivo, in cui ho ricevuto la mia formazione da professionista

Hai studiato musica, canto?

Ho studiato canto, che era ovviamente una delle materie curricolari accademiche. Ho avuto come insegnanti il primo anno Emiliana Perina, con cui abbiamo lavorato soprattutto sulla tecnica diaframmatica e di potenziamento vocale, oltre che ovviamente sull’intonazione.

Il repertorio studiato era tratto soprattutto dai grandi musical internazionali e dalla tradizione del teatro canzone italiano.

Io, ad esempio, quell’anno mi preparai sul mitico Gastone di Petrolini e sulla Pansè di Carosone.

Il secondo anno invece con Eloisa Francia abbiamo curato maggiormente, oltre sempre all’intonazione, l’interpretazione delle canzoni che ci venivano assegnate, facendo in particolare uno studio sui cantautori italiani come de Andrè, Dalla, Tricarico ecc.… senza escludere qualche incursione nelle canzoni straniere, da musical e non solo.

Così quell’anno interpretai il Pescatore, Volta la Carta, Piazza Grande, Musica ed il Time Warp del Rocky Horror Picture Show…

Spettacoli con musica che hai fatto e ricordi particolarmente?

Sono numerosi, soprattutto da quando sono tornato nel mio Friuli. Quelli che ricordo con particolare affetto sono “Confessioni di Napoleone?, del 2014, una lettura scenica in cui ero accompagnato dalla straordinaria chitarrista Elisabetta Biondi, incentrata sui diari di sant’Elena scritti dai compagni di esilio dell’Imperatore francese, che testimoniarono una sua presunta conversione al Cristianesimo nell’ultima parte della sua vita.

L’apporto della chitarra classica è stato determinante, visto che il repertorio scelto apparteneva al periodo d’oro di quello strumento, che coincide proprio coi primi dell’Ottocento in cui le vicende sono avvenute.

Più di recente, cioè nello scorso 2021, ho avuto poi l’opportunità di esibirmi in una Lectura Dantis, nel Settecentenario della scomparsa del Sommo Poeta, accompagnato da due valenti polistrumentiste ovvero Eleonora Petri e Sara Tosolini, che con i loro canti e le loro musiche, eseguite con flauto, violino e tamburi e con creazioni di suoni estemporanei, hanno reso perfettamente le atmosfere infernali in cui la mia lettura si ambientava.

Come posso infine non citare uno dei cavalli di battaglia della mia Compagnia della Testa, che dal 2016 non cessa di essere replicato (abbiamo già una data in Agosto nell’ambito di una rassegna a Pordenone), ovvero “Interferenze”, un delirio di parole e musica, in stile bergonzoniano, in cui sono accompagnato dalla chitarra e dalla voce di Marco Andreoni, il quale ripercorre, tra un mio monologo e un altro, brani celebri del repertorio cantautorale italiano più comico, da Gaber ad Arbore, da Rosso a Caputo ecc…

Francesco Cevaro: Una delle prime cose da cui parto quando inizio una regia è proprio la colonna sonora
Francesco Cevaro: Una delle prime cose da cui parto quando inizio una regia è proprio la colonna sonora

 Cosa ti piace ascoltare e cosa non ti piace proprio?

Mi piace ascoltare molta musica diversa… diciamo che le mie preferenze vanno probabilmente come genere per il pop-rock, soprattutto anglo-americano (Aerosmith, Queen, Bon Jovi ecc…), e come periodo gli anni ’80-’90, di cui apprezzo molto anche il repertorio italiano (es. Tozzi, Ricchi e Poveri, Al Bano e Romina ecc…), oltre ai già citati cantautori, cui devo aggiungere almeno De Gregori, Battiato e i più giovani Baustelle e Cremonini.

Non disdegno anche il rap anni ’90, sia americano che italiano, il reggae giamaicano, africano e italiano. Uso spesso la musica classica nei miei spettacoli, ma difficilmente mi vedrete ad assistere ad un concerto classico! Quindi praticamente gli unici generi che sopporto poco sono il latino-americano, che oggi impazza, così come la trap e la musica progressiva…

Utilizzi musica quando insegni?

Avendo tenuto dal 2018 al 2020 dei corsi di recitazione per adulti a Cividale (dal 2020 insegno invece per l’intero anno scolastico Storia del Teatro presso la sede udinese dell’Accademia Internazionale del Musical, materia in cui usare la musica è più difficile) ho sempre utilizzato la musica nella parte del training.

Melodie dolci e rilassanti, di solito classiche, sono utili nella fase di scioglimento muscolare, mentre marce più ritmate vanno bene per il riscaldamento e le schiere.

In quest’ultima parte di solito uso brani bandistici o di Caparezza, degli Abba, di Takagi e Keda o… anche sigle di cartoni animati!

Che importanza dai alla musica nelle tue regie?

Fondamentale. Una delle prime cose da cui parto quando inizio una regia è proprio la colonna sonora. M’immagino che tipo di ritmo e di atmosfera debba avere anzitutto lo spettacolo in generale, ma anche le singole scene, e cerco una musica (o un musicista) che corrisponda a quello che ho in testa.

Una volta trovata, oltre ad inserirla nello spettacolo, cerco di fare in modo che la scena in questione e la recitazione degli attori ricreino quel ritmo e quell’atmosfera…

La musica, insomma, lungi dall’essere un mero ornamento dello spettacolo, diviene così protagonista, anche se per il pubblico rimane un po’ defilata rispetto alla recitazione, ma quando fa capolino, anche solo per pochi secondi, ecco che tutti notano il connubio ed anche al pubblico restano in fondo alla testa ritmo ed atmosfera che poi gli attori continuano sulla scena. O che per contrasto essi rompono improvvisamente, a seconda delle esigenze registiche.

Francesco Cevaro numerosi sono stati i miei spettacoli con musica, soprattutto da quando sono tornato nel mio Friuli
Francesco Cevaro numerosi sono stati i miei spettacoli con musica, soprattutto da quando sono tornato nel mio Friuli

Cosa stai facendo in teatro e cosa farai nel prossimo futuro?

Dopo aver fatto in pratica solo due date sotto Natale nello scorso autunno/inverno, a causa delle problematiche legate alla paura degli enti pubblici di programmare durante la fase acuta della pandemia, da aprile a settembre, salvo imprevisti, gli impegni di lavoro si sono accumulati.

Reduce infatti dai successi del mese scorso de “L’Amore Sopra Ogni Cosa” di Silvia Lorusso per la Compagnia Le Muse Orfane di Pordenone, spettacolo che replicheremo in Luglio, in cui interpreto Luciano Pradolin, un alpino friulano della seconda guerra mondiale realmente esistito, e della nuova Cena con Delitto “Sincope all’Ospizio”, fatta dalla Compagnia dei Riservati di Reana del Rojale (Ud) con la quale da anni collaboro, al momento sto provando “Uno spettacolo di Costituzione”, una lettura scenica di cui curo anche la regia commissionatami dal Comune di Tavagnacco (Ud) e che interpreterò nell’ambito dei festeggiamenti del prossimo 2 giugno, stavolta accompagnato da una piccola band dal vivo.

Dopo quell’impegno, sarà la volta di una piccola tournée marchigiana con Operacontro, della Compagnia pesarese Skenexodia del regista e drammaturgo Luca Guerini: una commedia in stile Rumori fuori scena in cui interpreto il ruolo del regista.

Al mio ritorno sarò il cattivissimo Francesco d’Arcano nella piece “La signora di Rive d’Arcano” ancora di Silvia Lorusso.

Poi replicherò il monologo “Il Giallo della Roggia”, prodotto dalla Compagnia della Testa e con mia regia ed interpretazione: la storia di un’indagine realmente svoltasi a Udine nel 1903 a seguito del ritrovamento di un cadavere nei pressi di un mulino nella periferia della città.

Questi ultimi due spettacoli fanno parte della rassegna “Antiche dimore” finanziata dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. E questo è solo giugno…

Come possiamo seguire la tua attività?

Sicuramente tramite i social network. Invito a mettere il like alla pagina pubblica Facebook “Compagnia della Testa”, la Compagnia di cui mi onoro di essere Presidente, e per la quale lavoro nella maggior parte dei casi.

Ma si può anche seguire il mio profilo personale sempre su Facebook. Di solito poi la stampa locale, dei posti in cui lavoriamo, tende a darci una buona copertura; quindi, per i meno digitali anche un occhio alle pagine di cultura locale può essere un buon modo di seguirmi.

Grazie Francesco

Anna Lisa Panizzut: Il successo per me?  Quando mi dicono: sono venuto con i miei problemi e per un paio d’ore li ho dimenticati

Anna Lisa Panizzut: Da quando ero piccola ho sempre cercato di fare ciò che mi faceva stare bene
Anna Lisa Panizzut – Da quando ero piccola ho sempre cercato di fare ciò che mi faceva stare bene

Suona il basso e altri vari strumenti, scrive canzoni, ma soprattutto canta. Fa parte di tre formazioni di spettacolo musicale, con un vastissimo repertorio che va dagli standard alle sigle dei cartoni. La musica come divertimento e intrattenimento gioioso, insomma. Figlia d’arte (coi suoi genitori ho avuto modo di lavorare per anni, in scena, in spettacoli di prosa tra cui Così è se vi pare di Pirandello e Al Dio ignoto di Diego Fabbri sotto la direzione di Dino Battaglion), sul palco è un vulcano trascinante. Impariamo a conoscerla meglio tramite questa intervista…

Come è iniziato il tuo rapporto con la musica e il canto?

A sei anni ho iniziato a studiare danza classica, frequentando poi negli anni successivi corsi di danza contemporanea e modern jazz. Alla fine di ogni anno… il saggio!
Ho ballato un po’ di tutto, da Capriccio Italiano di Tchaikovsky a Steppin’ out di Joe Jackson.

Intorno ai dieci anni, insieme ai miei genitori, facevo parte della compagnia teatrale del Teatro di Piazza San Giuseppe a Milano dove, oltre a spettacoli di arte varia, mettevamo in scena le opere liriche Cavalleria Rusticana e I Pagliacci in play-back: il nastro magnetico ‘cantava’ per noi che, sul palco completo di scenografia, mimavamo in costume dell’epoca come in un sogno.

Mio fratello studiava pianoforte e suonava la chitarra. In casa giravano spartiti di Battisti, Matia Bazar, Lucio Dalla, Bee Gees e molto altro.

Nel mio primo mangiadischi giravano i 45 giri delle sigle della TV e i successi degli anni ‘60 e ’70: Petula Clark, Il Clan, Morandi, Bruno Lauzi, Raimondo e Sandra ma il primo in assoluto è stato… ‘Strapazzami di coccole’ di Topo Gigio.

Ho amato la musica anni ’80 che, con la ‘British Invasion’ e DJ Television, ha accompagnato la mia adolescenza e mi ha praticamente insegnato l’inglese!

The Clash, The Cure, Siouxie and The Banshees, Sex Pistols, Bauhaus: ho consumato le cassette… ma il mio artista del cuore era, è e sarà sempre Peter Gabriel.

Quando passavo le estati in Friuli, ho iniziato ad accompagnare con il basso, come meglio potevo, mio cugino chitarrista suonando pezzi rock dei Deep Purple e degli AC/DC.

Appena ho iniziato a lavorare ho preso lezioni di chitarra elettrica e mi sono iscritta ad un corso di canto, partendo dallo studio degli Standard Jazz sul Real book. Con il gruppo di canto ho partecipato a spettacoli di beneficienza, prediligendo brani tratti dai Musical e facendo parte di un coro Gospel per una decina d’anni.

Nella seconda metà degli anni ’80 ho iniziato a comporre delle canzoni mie: accordi e linea di canto, rigorosamente in inglese ‘criptico’, che ho registrato in casa su cassetta e che durante il recente lock-down dovuto alla pandemia Covid sono stati riarrangiati da Danilo Meroni, mio marito.

Alla fine degli anni ’80 ho iniziato a cantare in un gruppo con un repertorio molto vario: cantautori e rock italiano e internazionale.

Dagli anni ’90, canto nel duo VillaggioGlobale con Antonio Salis con un repertorio pressocché infinito in continuo aggiornamento. Musica da ascolto, dance anni 70-80-90, latino-americano, balli di gruppo e brani da ascolto di ogni tempo fino ai giorni nostri.

Dal 2015 mi sono approcciata ad un altro genere musicale che mi mancava: folk & country.

Grazie all’amicizia con il chitarrista Gianni Roberti siamo partiti provando brani di Joni Mitchel, Joan Baez, Johnny Cash, Dolly Parton, John Denver, Crosby Still Nash & Young e molti altri.

Ho ripreso a suonare il mio amato basso e negli anni il duo è diventato anche un quartetto con l’aggiunta di un’altra chitarra e di un Cajon.

Sono sempre molto curiosa di conoscere ed imparare musica di vario genere e cantata anche in lingue diverse.

Anna Lisa Panizzut - Ho trovato dei compagni di percorso che sentivano e pensavano come me
Anna Lisa Panizzut – Ho trovato dei compagni di percorso che sentivano e pensavano come me

Sei figlia di Giulia Sonz, scrittrice e poetessa, e di Ramiro Panizzut, entrambi appassionati di teatro. Cosa hai preso da loro?

Mentre io sono sempre stata più attratta dalla danza, dalla musica e dal canto, la loro passione è sempre stata il teatro.

Come dicevo prima dopo i primi spettacoli di arte varia e le opere in play-back, i miei sono entrati a far parte della Compagnia Amici della Prosa di Dino Nodi Battaglion, che dal 1978 mette in scena spettacoli teatrali di Pirandello, Buzzati, Giovanni Arpino, Rosso di San Secondo, Brusati e Diego Fabbri.

Mia mamma Giulia Sonz è stata anche docente presso la Società Umanitaria di Milano presso la quale ha insegnato per 18 anni, rappresentandovi anche lavori propri.

Sicuramente quello che ho imparato da loro è seguire sempre le mie passioni.

Sei in più formazioni musicali di spettacolo. Me ne parli?

Dopo tanti anni passati a cantare nei locali e pub, alle feste di piazza, per matrimoni e feste di ogni genere con l’inizio della pandemia dovuta al Covid pensavamo di aver terminato la nostra bella avventura musicale… Invece la voglia di tornare a divertirsi e stare bene ha prevalso e la nostra attività è ricominciata!

Al momento queste sono le situazioni musicali di cui faccio parte:

Duo VillaggioGlobale Musica & Divertimento Anna Lisa & Tonino

Io e Antonio Salis lavoriamo insieme da più di trent’anni, sempre in armonia, sempre con la voglia di divertirci e far divertire.

Cantiamo con il supporto di basi musicali ed offriamo uno spettacolo ogni volta diverso con un repertorio vastissimo e in continuo aggiornamento.

Animiamo serate nei locali, feste in piazza, matrimoni e ogni situazione in cui ci sia da cantare e ballare.

Kartunia 100% Sigle Cartoni Animati

Nata nel 1994: la più longeva Cartoon Cover Band italiana!

Abbiamo festeggiato i 25 anni di attività nel 2019 e dopo due anni di pausa dovuta Covid siamo ritornati più carichi di prima!

Riproponiamo le sigle dei cartoni animati giapponesi degli anni ‘70-‘80-’90 con i nostri arrangiamenti in chiave rock e i travestimenti e l’animazione di TonyToy.

Maistess

Un duo di Musica che diventa anche un quartetto: voci, chitarre, basso, armonica e Cajon per un piacevole repertorio di ascolto folk & country.

Da quando ero piccola ho sempre cercato di fare ciò che mi faceva stare bene, senza pensare a dove sarei potuta arrivare, senza competizione, con costanza, entusiasmo e con la voglia di fare ogni volta meglio.

Ho trovato dei compagni di percorso che sentivano e pensavano come me e considero tutto ciò una grande fortuna, che mi ha permesso di crederci sempre e smettere mai.

Nei tanti anni di attività sono state molte le volte nelle quali le persone mi hanno detto: ‘sono venuto qui portandomi dietro tutti i miei problemi e per un paio d’ore li ho dimenticati, ora sono più sereno!’

Questo è per me un grande successo.

Anna Lisa Panizzut: sono sempre stata attratta dalla danza, dalla musica e dal canto
Anna Lisa Panizzut – Sono sempre stata attratta dalla danza, dalla musica e dal canto

Cosa ti piace ascoltare? Classica? Leggera? Qualche cantante di riferimento?

Anche se può sembrare un po’ vaga e impersonale come risposta, devo dire che ascolto un po’ di tutto, soprattutto per conoscere e studiare i brani da inserire in repertorio.

Canzoni di ogni tempo, di ogni genere e in lingue diverse.

Spesso sono attratta dalla colonna sonora di un film o da qualcosa che leggo o che sento in televisione, oppure da un suggerimento di amici: sono curiosa, mi informo e mi metto a studiare.

Alle mie figlie ho sempre fatto ascoltare tanti generi diversi. Ed è bellissimo quando cantiamo a più voci o quando le sento accennare le canzoni che ho scritto quando avevo la loro età.

Cosa stai proponendo ora e nell’immediato futuro?

Ora che è finalmente ripresa l’attività musicale stiamo facendo serate sia con i Kartunia che con il duo VillaggioGlobale.

Con i Maistess al momento stiamo ampliando il repertorio in attesa di uscire al più presto con qualche live.

Come possiamo seguire sui social la tua attività?

VillaggioGlobale

https://villaggioglobale.net/

https://www.facebook.com/VillaggioGlobaleMusicaDivertimento

https://www.instagram.com/villaggioglobale_musica/?hl=it

Kartunia

https://www.kartunia.com/

https://www.facebook.com/kartunia

https://www.instagram.com/kartunia_cartoon_cover_band/

https://www.youtube.com/user/Kartuniani

Maistess

https://www.facebook.com/Maistessfolkandcountrytrio

https://www.instagram.com/maistess_folk_country_trio/

Gabriele Favia: La musica Classica è stata per me la “porta di ingresso”, la “chiave” che mi ha permesso di entrare nel mondo musicale

Musica a Teatro: Gabriele Favia, compositore e cantante Ho fatto amicizia con la musica grazie al pianoforte. Da lì tutto è cominciato
Gabriele Favia – Ho fatto amicizia con la musica grazie al pianoforte. Da lì tutto è cominciato

Nasce a Milano, si avvicina allo studio del pianoforte classico all’età di 10 anni presso la Civica scuola di Musica di Sesto S.G e di Cinisello B., e conseguirà il diploma di teoria e solfeggio presso il Conservatorio di Musica di Alessandria a 16 anni.

In periodo adolescenziale inizia a cantare e a scrivere brani inediti (testo e musiche).  Realizza le prime esibizione dal vivo come cantante, intorno al 1988.

Agli inizi degli anni ’90 sostiene gli esami SIAE per diventare compositore melodista e partecipa a diverse manifestazioni artistiche per band emergenti, tra cui Scorribande.

Sempre in quel periodo inizia gli studi di Canto moderno presso la Scuola Civica di Musica di Desio con Rossella Liberti. Terminati gli studi, perfeziona la sua tecnica vocale seguendo privatamente per 4 anni gli studi con Danila Satragno.

Si avvicina al mondo del “musical” interpretando la parte di Gesù nel musical JCS di A.L. Webber per la compagnia “Coronaria” di Sesto S.G.

Nel 2001 fonda insieme a Enrica Pasquini la compagnia artistica “La Combriccola” con la quale realizzeranno insieme diversi spettacoli musicali. Tra questi si ricordano:

la rivisitazione del musical “Hair” di Galt Mac Dermot diretto da E. Pasquini dove interpreta la parte di G. Berger,

lo show “All That Musical!” (insieme ad altri artisti) che porta in scena un mix dei più famosi brani di Musical (Evita, Cats, Notre Dame de Paris, JCS, Hair, West Side Story…).

“Secret Frank”: spettacolo/tributo dove Gabriele interpreta F. Sinatra, supportato live da una jazz band, Gigi Vitale (attore) ed un corpo di ballo (coreografa E. Pasquini).

Insegna canto presso la scuola “La Combriccola Prince” di Milano e continua la sua attività di performer.

Gabriele Favia, compositore e cantante
Gabriele Favia – Il musical unisce alla passione per la musica quella per il teatro

Raccontami i tuoi primi approcci con la musica

Ho fatto amicizia con la musica grazie al pianoforte. Da lì tutto è cominciato: quando ho iniziato a non rispettare le partiture, modificando quanto vi era scritto ho capito che non mi bastava più “eseguire”.

Forse non ero fatto solo per quello, ma per provare a inventare qualcosa, a comporre. Le linee melodiche che la tastiera del piano mi consentiva di “disegnare” ho iniziato a cantarle sottovoce, con timidezza.

Mio padre mi spronò ad alzare il “tono” di voce, e solo allora capii che il canto mi stava regalando qualcosa di unico, non c’era più uno strumento “di mezzo” tra me e le mie emozioni: la voce mi consentiva di azzerare le distanze…

Da lì è iniziato il tutto…

Come sei passato dalla musica classica alle “contaminazioni”?

La musica Classica è stata per me la “porta di ingresso”, la “chiave” che mi ha permesso di entrare nel mondo musicale; la sua bellezza, la sua complessità e al contempo la difficoltà tecnica che la contraddistingue mi hanno incuriosito, generando quegli stimoli artistici indispensabili per poter iniziare un percorso che mi auguro possa non avere mai fine.

L’importante è non porsi dei limiti e rimanere umili, partendo dal presupposto che ogni genere musicale può insegnarti qualcosa, e portare valore aggiunto alle proprie conoscenze artistiche.

Qualche spettacolo in cui hai messo insieme musica e teatro

Mi piace ricordare soprattutto: Hair, JCS, All That Musical e Secret Frank.

Il tuo rapporto col musical

Il musical (se possiamo identificarlo come un “genere musicale”) unisce alla passione per la musica, quella per il teatro.

Dove l’interpretazione diventa fondamentale, dove il performer deve “vestire” i panni del personaggio che va ad interpretare, cercando di “riempire” con le proprie emozioni un “ruolo” ben definito.

Più riesce ad immedesimarsi nel profilo caratteriale del personaggio, valorizzandolo con le proprie emozioni, meglio riesce a comunicare con l’audience. È un lavoro che inizia in primis su sé stessi, e sul proprio “IO”

Musica a Teatro: Gabriele Favia, compositore e cantante
Gabriele Favia in “Secret Frank” interpreto Frank Sinatra, supportato da una jazz band, dall’attore Gigi Vitale e un corpo di ballo

Cosa ti piace ascoltare? Classica o pop rock? Qualche cantante o cantautore di riferimento?

La mia “anima” musicale è fondamentalmente ROCK. Inutile girarci intorno…adoro molti generi: Pop, Swing, Jazz, Musical, Classica, R’n’B,… ma io vivo essenzialmente il rock.

Sono cresciuto con i riferimenti dei Deep Purple (Ian Gillan) e dei Van Halen. Per passare poi al pop rock degli U2 (Bono Vox) e dei Police.

Adoro i Toto e apprezzo molto i Simple Minds. Ma non posso non apprezzare la vocalità Swing di F. Sinatra (the voice) e di Tony Bennett.

Cosa stai facendo ora e cosa pensi fare nel prossimo futuro

Dopo due anni duri per tutto il settore artistico (causa pandemia) sto riprendendo ad esibirmi con alcuni progetti artistici (4UB – tributo U2, Disco Stu – revival 70/80, All Can Be Jazz – trio jazz…).

In questi due anni (in cui gli spettacoli erano banditi) ho avuto modo di poter collaborare a distanza con altri musicisti così da alimentare la mia passione per la composizione, scrivendo nuovi brani (genere rock-melodico).

Uno di questi (Dammi una seconda chance) è stato recentemente selezionato per le finali regionali di Sanremo Rock.

To be continued…

Come possiamo seguire la tua attività?

Via social, naturalmente! questi sono alcuni link di progetti che mi vedono coinvolto:

https://www.facebook.com/AllCanBeJazz/

https://www.facebook.com/Lelevox/

https://www.facebook.com/4ub.it

Grazie Gabriele. A presto in scena

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