Davide Scaccianoce: il Brighella factotum

Musica a Teatro: Davide Scaccianoce
Musica a Teatro: Davide Scaccianoce – Di necessità virtù, mi sono trovato a interpretare diversi ruoli. Questo mi ha aiutato moltissimo nella crescita. Ogni ruolo entra nell’altro. La possibilità di fare il tecnico mi ha aiutato a capire meglio certe necessità tecniche che ogni attore dovrebbe comprendere (Foto © Roberto Gallina)

Ho avuto il piacere di conoscere Davide Scaccianoce e lavorare con lui come attore durante la messa in scena di Il falso ospite, una commedia di fine Settecento solo recentemente ritrovata e di difficile attribuzione. Pare si possa indicare addirittura il nome di Goldoni…mai dire mai.

È attore, regista, tecnico, scenografo ed educatore teatrale.

Classe 1989, diploma di Maturità Artistica e diplomato presso l’Accademia professionale Centro Teatro Attivo di Milano, ha frequentato numerosi workshop e seminari con maestri quali Enrico Bonavera, Marcello Magni, César Brie, Carlo Boso, Arianna Scommegna, Elena Serra, Paolo Nani, Vladimir Olshansky e Theodoros Terzopoulos.

Ha partecipato a produzioni di Teatro Invito, Emilia-Romagna Teatro, del Teatro Sociale di Como, del Teatro Stabile di Torino e del Teatro Giacosa di Ivrea in veste di attore, assistente alla regia, tecnico e direttore di scena.

Collabora con Laura Curino nel progetto Ritratti al futuro prodotto dal Teatro Giacosa di Ivrea. Ha partecipato ad alcune produzioni televisive e cinematografiche.

Collabora stabilmente con Teatro Invito di Lecco in qualità di tecnico e attore. Ha fondato La compagnia Equivochi con Beatrice Marzorati.

Ci incontriamo davanti a uno spritz, a fianco del Piccolo Teatro di Milano.

Hai studiato musica, canto?

Ho studiato canto moderno con Daniela Panetta che è stata mia vocal coach ma anche maestra di vita, perché in quel periodo, all’inizio, non sapevo ancora bene cosa avrei dovuto o potuto fare e lei mi è stata di grande supporto. La musica mi piace moltissimo e ascolto tutti i generi.

Molta musica celtica, perché adesso suono anche il mandolino. Ma passo dai Daft Punk…alla musica classica, quella elettronica, pop…

Metto le play list automatiche su youtube o spotify e ascolto le proposte, salvando quello che più mi piace. C’è un sacco di musica tutta da scoprire. Suono la chitarra, la strimpello più che altro, la uso in alcuni spettacoli e imparo facendo, mi diverte molto e mi dà la possibilità di suonare e cantare in pubblico, cosa che una volta non facevo.

Molto bello vedere come i bambini (lavorando con Teatro Invito) si animano davanti a certe mie proposte musicali, che diventano un momento forte dello spettacolo.

Scrivi anche?

Ho scritto solo una canzone per uno spettacolo di commedia dell’arte della mia compagnia, Equivochi, che ho fondato insieme a Beatrice Marzorati, e che racconta la storia della compagnia “scarampanata” che un po’ siamo. La realtà messa in scena con ironia.

Gli spettacoli in maschera, quindi, hanno musica dal vivo.

In quelli che ho fatto io si, in uno di questi suono tre strumenti: mandola, ukulele e chitarra. Nella pratica, anche se sono tutti sottofondi musicali, in gergo “bordoni”, mi ha stupito scoprire che comunque un accompagnamento così non lo puoi improvvisare, cioè devi cercarlo ma poi fissarlo, se vuoi ottenere un certo risultato, devi sapere, capire, cosa dà una certa melodia, un certo tipo di mood, e anche come usando uno strumento diverso molto cambia.

È stato davvero interessante cercare le possibilità, trovare qualcosa di nuovo che non esisteva prima. Sperimentare, inventare, provare, metterti in gioco, e, sbagliando anche, trovare la soluzione giusta e proporre quella.

Musica a Teatro: Davide Scaccianoce - Brighella
Musica a Teatro: Davide Scaccianoce – Ho “trovato” una sorta di Brighella più tontolone di quello solito, che ha trovate geniali, che non erano scritte…erano dovute a improvvisazioni

Qualche cantautore italiano che ami particolarmente?

Mi piace molto Brunori Sas. Ci sono sue canzoni che mi toccano in maniera forte. Mi sembra molto sincero, senza filtri, va dritto al punto anche in modo brutale, ma con una delicatezza, una sincerità…lo trovo vero, senza filtri.

Fai davvero un po’ di tutto, in teatro. Preferisci fare il tecnico, il musicista, o l’attore?

Di necessità virtù, mi sono trovato a interpretare diversi ruoli. Questo mi ha aiutato moltissimo nella crescita. Ogni ruolo entra nell’altro. La possibilità di fare il tecnico mi ha aiutato a capire meglio certe necessità tecniche che ogni attore dovrebbe comprendere…banalmente “prendere la luce”, che non è assolutamente scontato.

Le necessità tecniche sono comprese dall’attore, e viceversa. L’attore comprende, deve comprendere il tecnico. Certe tempistiche. Viaggiano in parallelo, in simbiosi. Mi ha aiutato a capire meglio la sensibilità che deve avere un tecnico, perché anche lui è parte vibrante dello spettacolo, cosa che non viene spesso rilevata…se un tecnico aspetta un secondo in più o in meno per dare una luce o un buio o un suono c’è una differenza, si perde l’effetto, cambia la fruizione, la percezione. Comunque mi piace di più essere attore.

Uno spettacolo che ti ha fatto godere di più come tecnico e quello che più ti ha soddisfatto maggiormente come attore.

Difficile domanda. Vediamo…Come tecnico diciamo che l’ultima produzione mi ha messo molto in gioco completamente, come tecnico. Ho dovuto curare audio, video e luci. I video erano già pronti, ma ho dovuto cucire tutto. Ho potuto fare io il piano luci per questa messa in scena con Laura Curino e Lucia Vasini: L’anello forte, fatto per il centenario di Nuto Revelli, ed è stato molto interessante poter seguire dall’inizio la creazione di tutto in scena.

Intenso e tosto. Come attore ci sono diversi ruoli che mi han dato molto. La commedia dell’arte comunque mi piace tanto. Mi trovo molto meglio a recitare con una maschera perché la maschera mi aiuta, non mi ostacola.

Mi affido a lei, mi aiuta a liberare qualcosa che è anche molto intimo. In viaggio con i comici, che è uno spettacolo che ho iniziato a fare sette anni fa e ha avuto cinque allestimenti diversi, e in cui interpreto Arlecchino, Brighella, Il Dottore, il Capitano…è quello che metto al primo posto.

Un divertente viaggio in compagnia di una sgangherata compagnia alla scoperta della commedia dell’arte, in cui il pubblico viene continuamente coinvolto.

Musica a Teatro: Davide Scaccianoce Brighella
Musica a Teatro: Davide Scaccianoce – Mi trovo molto meglio a recitare con una maschera perché la maschera mi aiuta, non mi ostacola. Mi affido a lei. Mi aiuta a liberare qualcosa che è anche molto intimo

Una maschera in particolare che ti piace indossare?

Mi piacciono davvero tutte. Ma se dovessi scegliere…Direi Brighella. Ho “trovato” una sorta di Brighella più tontolone di quello solito, che ha trovate geniali, che non erano scritte…erano dovute a improvvisazioni. Si era creato un bel gruppo di lavoro, e quando c’è un bel gruppo metà del lavoro è già fatto.

Prossimamente?

Tante nuove cose. Diverse repliche. Ma a questo punto vorrei lavorare a un monologo. Sento la necessità di muovermi in autonomia. Un monologo in cui sarei autore, attore, tecnico e perché no? Musicista…

Per seguire la tua attività?

Potete seguirci sul sito Equivochi – compagnia teatrale

Non vivo di musica, ma nella musica abito spesso. Senza musica la mia vita sarebbe meno viva

Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista
Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista – La musica “accade”, come accade un dialogo. Può essere considerata come un ulteriore attore in scena e anche quando si opta per la sua assenza, è un’assenza significativa

Alberto Cavalleri studia teatro in Università Cattolica di Milano (Laurea in Lettere moderne, Diploma di Perfezionamento in Pedagogia teatrale, Dottorato in Scienze linguistiche e letterarie) dove collabora col Dipartimento di Spettacolo. Assistente alla regia di Gabriele Vacis e di Luca Ronconi, viene selezionato per la Masterclass di drammaturgia tenuta da Luca Ronconi e Franco Branciaroli, e per partecipare all’International School of Theater Anthropology diretta da Eugenio Barba.

Completa la sua formazione professionale con molti stages di perfezionamento. Per il Consolato Generale della Repubblica Pop. Cinese nel 2011 dirige Viaggio verso la primavera d’Italia, con Ferruccio Soleri nei panni di Arlecchino. Nel 2012 mette in scena al Festival di Avignone Trimalcioneide, monologo polifonico con Eugenio de’ Giorgi.

Conduce per quattro anni il laboratorio Rom Faktor, con giovani attori rom, realizzando nel 2015 lo spettacolo Anthropometric, con cui partecipa al Festival di Internazionale a Ferrara. Scrive in seguito la commedia sulla dislessia Ci ho le sillabe girate, ormai oltre le 60 repliche, e Confessioni di una donna arbitro, vincitore del festival 2017 di Linguaggi Creativi a Milano.

Dal 2018 è direttore artistico e regista di Ananke Arts, associazione che produce spettacoli di ricerca su temi della contemporaneità. Dal 2016 insegna recitazione presso il Teatro Litta / MTM di Milano e, per la Musical Academy Litta, cura da quattro anni la regia musical di Spring Awakening di F. Wedekind.

Parallelamente dirige Se devi dire una bugia dilla grossa di R. Cooney, Rumori fuori scena di M. Frayn, lo spettacolo di teatro di figura Il cuoco e la sirena con la compagnia Teatro Pane e Mate, la performance partecipativa e site-specific Nel bosco di Oberon / QT8, per il Comune di Milano e La cucina di A. Wesker . Dal 2021 insegna Tecniche di narrazione/Scritture per la scena presso l’Università La Sapienza di Roma.

Parlami del tuo rapporto con la musica in generale. Cosa ti piace o non ti piace ascoltare.

Amo la musica sin da quando ero piccolo, tanto che raramente passo una giornata senza ascoltarla. Direi che è una delle gioie della vita, farsi trascinare dai ritmi e sedurre dalle melodie. Ricordo che da bambino i miei genitori avevano l’abitudine di riprodurre cassette di musica classica e io, nel mio letto al buio, immaginavo storie o movimenti di persone su quelle atmosfere. Credo di essere un batterista mancato e adoro il rock.

Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista

A sedici anni sono stato folgorato da For those about the rock degli Ac/Dc e Money for nothing dei Dire Straits, poi percosso dal grunge struggente dei Nirvana. Da lì nulla è stato più lo stesso. La mia liaison col rock prosegue fino ad oggi, variamente arricchita. Ascolto comunque di tutto, musica elettronica, pop, classica e quell’insieme ampio che potrebbe chiamarsi classica contemporanea, da Philip Glass a Max Richter, da Arvo Pärt a Michael Nyman. Insomma, non vivo di musica, ma nella musica abito spesso. Senza musica la mia vita sarebbe meno viva.

Il Rapporto con la musica sul lavoro?

Col lavoro che faccio, come insegnante di recitazione e come regista, mi sbizzarrisco nel proporre nelle performances diverse soluzioni sonore. È un grande piacere per me, più che un impegno, elaborare una strategia di ascolto; sono sempre curioso di sapere quale sonorità farà copula con quella scena o quel determinato dialogo. E quale musica feconderà l’azione sul palco.

Nei corsi e laboratori di teatro che conduco la musica spesso ricorre perché ha un potenziale d’energia deflagrante, catalizza il training fisico e può servire per esercizi più soft di rilassamento o di ricerca. Mi piace che uno spettacolo abbia una veste sonora il più possibile raffinata.

Credo che quest’immersione sensoriale, insieme alla visione dei corpi in movimento, prenda per mano lo spettatore prima dell’intervento della parola e del dialogo. Dico spesso ai miei allievi che non facciamo “coreografie”, ambito che non mi compete, ma narrazioni su musica.

Oggi ti sembra trascurata la musica nel teatro soprattutto di prosa?

Trovo sempre spiacevole, lo confesso, vedere spettacoli in cui la musica viene usata in modo sciatto, non organico rispetto all’azione che accade in scena, come fosse un semplice separé tra le scene, un jingle decorativo, un “tappeto sonoro” più o meno gradevole piazzato al di sopra della narrazione.

La musica nel repertorio della prosa dovrebbe stupire, condurre, ammaliare, forse a tratti percuotere fisicamente gli spettatori in ascolto. È una mia convinzione. Per questo amo registi come Christopher Marthaler, Robert Lepage o Eimuntas Nekrosius, che producono la musica direttamente sulla scena (ne hanno la possibilità) o altri che scelgono sonorità registrate ma disturbanti e affascinanti come Romeo Castellucci.

Credo che la prosa abbia bisogno di innamorarsi della musica di continuo, tanto quanto del materiale verbale di una drammaturgia. Uno degli assi della regia è la musicalità: come dice qualche teorico, “il ritmo è tutto”.

Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista Spring Awakening
Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista – Di solito mi porto in sala-prove un ipod in cui ho immagazzinato una mini-enciclopedia di ritmi e di atmosfere. Uso molto la musica elettronica d’autore (Foto © Davide Fontana)

Hai messo in scena spettacoli con musica scritta ad hoc?

Sì, mi è capitato e sono state avventure artistiche molto interessanti. Mi piacerebbe poter usufruire della possibilità di avere musicisti in scena, ma spesso risulta complicato per questioni di budget. Per lo spettacolo Anthropometric, sulla cultura rom, e per lo studio di Elogio della fuga, sull’immigrazione dai Balcani, ho scelto di affiancare agli attori il percussionista Gianni Parodi, con grande godimento.

In Viaggio verso la primavera d’Italia il maestro jazzista Sandro Cerino interagiva con le scene attoriali, intervallato da un suonatore di djambé. In un altro caso, per lo spettacolo Trimalcioneide, andato in scena al Festival di Avignone 2012, avevo chiesto all’amico direttore d’orchestra Giuseppe Azzarelli di creare delle tracce su indicazioni molto precise, costringendolo ad una partitura che inseguisse la narrazione scenica già costruita.

Ma quando il dialogo creativo è basato sulla stima reciproca e sulla comprensione, tutto è più semplice. E così è stato. Sono state bellissime esperienze che non vedo l’ora di riprovare. Lascio al futuro la possibilità di stupirmi ancora.

Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista

La usi nei laboratori?  E di che genere?

Assolutamente sì, ne faccio un gran uso. Di solito mi porto in sala-prove un ipod in cui ho immagazzinato una mini-enciclopedia di ritmi e di atmosfere. Uso molto la musica elettronica d’autore, con cui mi trovo bene nel training fisico per la questione dei cambi ritmici, sonorità transculturali meno immediate come i Dead Can Dance o il tango elettronico dei Gotan Project, giusto per fare qualche nome, o parti di colonne sonore originali cinematografiche, da Hans Zimmer a Ryuichi Sakamoto fino ad altre meno conosciute. Vanno comunque scelte con cura perché non tutto si presta al nostro lavoro.

È una questione delicata. Questi impulsi musicali hanno spesso grande effetto evocativo sugli allievi: se la sessione di lavoro e l’ascolto sono efficaci, gli allievi si ritrovano immersi in una specie di mantra che muta la qualità della loro presenza, a volte trasfigurandola, tanto da permetter loro di andare “oltre”, nell’immaginario corporeo e nell’espressione emotiva. Quando accade, è molto gratificante per tutti.

Pensi aiuti il pubblico o lo distragga? Aiuta l’attore o lo distrae?

La musica di scena dovrebbe sempre aiutare il pubblico a intraprendere il viaggio esperienziale di una performance. La musica aiuta il pubblico se è organica alla recitazione e al resto degli elementi in scena. Se, invece, la musica distrae il pubblico, significa che si è commesso qualche errore. In genere uno dei pericoli può venire dall’uso di tracce musicali troppo “note” o consumate culturalmente, legate a doppio filo ad altri prodotti o mass-media.

È brutto riconoscere nella scena di Giulio Cesare l’intromissione del Gladiatore di Ridley Scott: sono segni che portano via l’attenzione e con un “salto” interrompono il flusso emotivo. L’attore e l’attrice non dovrebbero essere mai distratti dalla musica di scena, se si è lavorato con loro in maniera chiara. La musica dovrebbe, di regola, integrarsi all’azione e non sovrapporsi ad essa.

Non dimentichiamoci che la musicalità delle azioni del corpo dell’attore, della sua voce e delle parole pronunciate costituiscono già una “partitura musicale”, che l’aggiunta di una musica di scena dovrebbe valorizzare e non far tacere. Occorre un buon orecchio allenato.

Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista Elogio della lentezza
Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista – È un grande piacere per me, più che un impegno, elaborare una strategia di ascolto; sono sempre curioso di sapere quale sonorità farà copula con quella scena o quel determinato dialogo. E quale musica feconderà l’azione sul palco (Foto © Angelo Lo Buglio)

Ha un’importanza drammaturgica?

Certamente. Molti elementi di una performance sono drammaturgici perché in scena tutto “accade”; la parola stessa “drammaturgia” indica una gestione delle azioni e degli accadimenti. E la musica “accade”, come accade un dialogo. La musica può essere considerata come un ulteriore attore in scena e anche quando si opta per la sua assenza, è un’assenza significativa, un vuoto che si fa sentire, come la nudità al posto di un costume.

In questo mio padre, appassionato di cinema, è stato un ottimo mastro quand’ero bambino: mi ha abituato a “osservare” l’uso narrativo ed emotivo delle musiche, ad esempio nei western di Sergio Leone, attraverso le magistrali melodie di Ennio Morricone. Questioni di ritmo, nelle situazioni d’azione, o di atmosfera psicologica ed emotiva o di ritorno di un leitmotiv di un personaggio.

Ricordo intere serate passate con lui in silenzio, a vedere film. Non so perché ma ho sempre associato la musica al “movimento” fisico. Anche lo stato emotivo di un personaggio per me è come un sottile dinamismo. Evocare, e non descrivere, è uno dei termini chiave per me.

Musica a Teatro: Alberto Cavalleri drammaturgo e regista

C’è un problema di costi che impedisce sia utilizzato un compositore per gli allestimenti? Aneddoti a proposito?

Oggi il problema del budget è assolutamente rilevante.  Il mondo del teatro è essenzialmente un mondo povero e artigianale. Tranne in rari casi, si lavora con pochi attori, in un numero di prove spesso contenuto. Figuriamoci se è possibile dedicare sempre risorse alle musiche… è triste ma è così. Ma è un aspetto su cui si può lavorare creativamente, per aggirare gli ostacoli. Nel nostro recente Il cuoco e la sirena una bravissima pianista, Gloria Griffini, accompagnava Salvatore Fiorini di Pane e Mate, in scena anche con varie percussioni leggere scelte durante le prove.

Prossimi lavori in cui utilizzerai musica e di che tipo, dal vivo o no?

Nell’ultimo lavoro che abbiamo fatto in estate, nel quartiere di QT8 a Milano, intitolato Nel bosco di Oberon, abbiamo usato delle macchine sonore metalliche costruite dagli amici di Teatro Pane e Mate, macchine che gli stessi partecipanti-spettatori della performance mettevano in moto e suonavano.

A febbraio porteremo in scena La cucina di Arnold Wesker, dove sedici tra cuochi e camerieri si muoveranno e cucineranno in un grande ristorante: passi, rumori e azioni dovrebbero creare una grande partitura di materiali sonori. Invece per un progetto di teatro sociale che la nostra associazione Ananke Arts sta portando avanti dal 2018 utilizzeremo delle tracce registrate: la performance si intitolerà SPA – Società per Anziani e si svolgerà in una beauty-farm.

Dove possiamo seguire la tua attività?

I LINKS per la nostra associazione Ananke Arts sono:

https://www.anankearts.com/

https://www.facebook.com/anankearts/

https://www.instagram.com/anankearts/

Grazie Alberto e…a presto!

Ho sempre visto la musica, l’arte di cui mi occupo, come un modo per rappresentare il proprio immaginario, un modo di mettere in scena se stessi e il proprio pensiero

Musica a Teatro: Marco Benetti compositore
Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore – Essere radicali implica uno sforzo creativo e d’impegno non calcolabili

Marco Benetti ha studiato composizione, tra gli altri con Salvatore Sciarrino, ha partecipato a numerose masterclass con diversi importanti autori e la sua musica è stata suonata da interpreti prestigiosi.

Interessato al teatro musicale, ha all’attivo tre titoli: “La traviata norma”, messa in scena dal Teatro Elfo Puccini di Milano; “Tredici secondi ovvero Un bipede implume ma con unghie piatte”, commissione della Biennale di Venezia (Biennale Musica 2019) e “Bìa. Un passo nuovo una parola propria”, messa in scena dal Macerata Opera Festival 2020.

Parallelamente agli studi compositivi, ha intrapreso lo studio della direzione d’orchestra con il M° Yoichi Sugiyama. Collabora dal 2015 con l’Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano “G. Verdi” e dal 2018 con la Scuola internazionale di Musica di Milano – SIMM in qualità di musicologo. Attualmente insegna Teoria, analisi e composizione presso il Liceo Musicale “P. Gobetti” di Omegna.

Come nasce la tua passione per la musica e il Teatro?

Nella mia famiglia sono l’unico che abbia intrapreso una carriera musicale, benché anche mio fratello avesse iniziato a studiare la chitarra da piccolo.

Tutto è nato alle medie, grazie ad un’insegnante che preferiva spiegarci la musica nella storia più che farci suonare il flautino di plastica.

Iniziai allora a studiare pianoforte e ad ascoltare molta musica, soprattutto sinfonica e da camera, eliminando quasi l’ascolto della popular music, genere che ho imparato a frequentare successivamente.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

E’ stato poi al liceo che, facendo ripetizioni di greco, ho conosciuto Giancarlo Landini, critico musicale, al quale chiedevo consigli di ascolto operistici: Rossini, Verdi, Wagner, Debussy, Britten… I lavori di questi ultimi tre mi attirarono sin da subito.

Venne poi Puccini: fu sostanzialmente amore a prima vista e direi che non l’ho più abbandonato.

Del teatro in generale sono molto curioso: leggo volentieri testi teatrali, sia classici che nuove drammaturgie, cerco di frequentare le stagioni milanesi, che sono molto variegate e offrono uno spettro abbastanza ampio di quello che di nuovo si produce in Italia.

Tuoi musicisti di riferimento per quanto riguarda la musica classica/contemporanea?

È una domanda a cui faccio sempre fatica a rispondere. Penso che su di me abbiano avuto una grande influenza alcuni ascolti. Penso alla Sonata di Liszt, alla Poppea di Monteverdi, al Ring di Wagner, Pelleas di Debussy, Lohengrin di Sciarrino, Giordano Bruno di Filidei.

Frequentare l’etnomusicologia mi ha avvicinato ad altre culture sonore rispetto a quella occidentale. Come vedi i miei riferimenti spaziano molto temporalmente e geograficamente.

Ascolti anche musica leggera? Quale? Cantanti o musicisti di leggera che ami particolarmente?

Penso sia un po’ naturale ascoltare popular music. Anche in questo caso posso dire che non ho particolari preferenze. Ho avuto periodi techno, cantautorali, elettronici, pop, trap…

Se devo nominare delle artiste che mi piacciono mi vengono in mente Tosca, M¥SS KETA, Billie Eilish e la compianta Raffaella Carrà.

Poi ammetto che in discoteca ho sempre ballato di tutto, da Madonna alla Tatangelo… Più che musica leggera parlerei proprio di pop trash.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore - tredici secondi
Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore – Penso che nella versatilità delle occasioni si possa lavorare in odo da far diventare anche lo spazio teatrale oggetto di composizione

Mi sembra che le tue “opere” cerchino una esperienza immersiva da offrire al pubblico, con l’ausilio di più arti, se non tutte. Me ne parli?

Valicare la dimensione dello spazio scenico non è un elemento nuovo nella storia del teatro. Ricordiamo che il 9 maggio 1921, poco più di cento anni fa, veniva messo in scena Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello, lavoro che come noto su questo argomento è centrato, anche se è forse la dimensione più superficiale dell’opera.

Vero è che il teatro d’opera, ambiente quanto mai conservatore per ragioni diverse, trova il suo luogo naturale di realizzazione in spazi fortemente storicizzati, dove il pubblico siede in un posto preciso, i musicisti in un altro e lo spettacolo si svolge sempre e solo sul palco. La forma del luogo teatro ne informa pesantemente il modo in cui viene immaginato, direi addirittura il modo in cui viene composto.

Se da una parte mi piace anche lavorare tradizionalmente, ne sono un esempio le mie due opere da camera La traviata norma (Teatro Elfo Puccini, Milano, 20219) e Tredici secondi ovvero Un bipede implume ma con unghie piatte (Biennale Musica, Venezia, 2019), penso che nella versatilità delle occasioni si possa lavorare in modo da far diventare anche lo spazio teatrale oggetto di composizione, quindi non qualcosa di dato, ma qualcosa che al pari di una parte vocale può essere controllata da chi scrive la musica.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

Un’occasione di questo tipo si è presentata lavorando con #ToTeam (composto da me, Antonio Smaldone, Davide Gasparro, Riccardo Olivier, Stefano Zullo, Paolo Vitale e Piera Leonetti) per il Macerata Opera Festival 2020 mettendo in scena Bìa. Un passo nuovo, una parola propria, spettacolo immersivo in cui il cortile di Palazzo Bonaccorsi ha permesso di far coincidere la platea con il luogo in cui si muovevano i performer.

Questo atto unico completamente elettronico, con il solo intervento dal vivo di Emily De Salve, baritono transgender, mi ha inoltre permesso di sperimentare un modo alternativo di ascolto. L’elettronica all’aperto può essere problematica da gestire.

Se delle normali casse sono servite per aiutare i movimenti scenici, per il pubblico ci siamo decisi ad utilizzare delle cuffie silent disco, comunemente usate per eventi di musica pop.

Benché non so se abbia voglia di ripetere l’esperienza in questi termini, non posso negare che il risultato sia stato interessante, perché l’esperienza mi ha permesso di far si che l’ascoltatore avesse la percezione della traccia che avevo io, componendola nel mio studio, senza far perdere i dettagli che una spazializzazione all’aperto avrebbe potuto compromettere.

Tratti temi importanti. Pensi quindi che un artista abbia il compito di informare e “formare” più che intrattenere?

Quale debba essere il ruolo dell’arte nella società è una domanda che gli artisti si fanno in ogni epoca storica. Nel quotidiano abbiamo esperienza costante di come venga deliberatamente promossa nella società social una narrazione specifica, controllata dalle esigenze del mercato, di cosa debba e non debba essere l’arte.

Si veicola la retorica romantica del solitario che in mezzo a mille avversità vince la competizione con altri per guadagnarsi gloria e fama. Una moderna mitologia, svuotata in realtà di qualunque veste simbolica.

Credo che sia problematica questa rappresentazione, perché tende alla casualità, al sentimentalismo viscerale, privo di qualsiasi razionalizzazione.

Non c’è un’indagine nel profondo, si resta sulla superficie della sensazione momentanea che si disperde appena compare un nuovo stimolo che attira l’attenzione. Nella sua storia, la produzione artistica si è spesso relazionata con i grandi temi dell’Umanità, principalmente il dolore e la morte.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore

Nell’epoca tardo capitalista (e neoliberale) in cui viviamo, dove la retorica del benessere a tutti i costi aliena qualsiasi forma del negativo dall’esistenza, l’arte che intrattiene è un’arte che non disturba, ma rassicura.

Capita che essa si appropri volutamente di tematiche di punta per guadagnare subdolamente visibilità, che una volta ottenuta non viene minimamente impiegata per cambiare lo stato delle cose che si è criticato.

Ho sempre visto la musica, l’arte di cui mi occupo, come un modo per rappresentare il proprio immaginario, un modo di mettere in scena se stessi e il proprio pensiero.

Sono convinto che, qualunque sia l’estetica prescelta, sia necessario in primis un atteggiamento radicale in questa direzione, perché rappresentare se stessi è sempre un atto radicale.

Essere radicali implica uno sforzo creativo e d’impegno non calcolabili. Si deve mettere in conto che alcune soluzioni posso andare incontro a rimostranze da parte dei direttori artistici e dei musicisti prima ancora che del pubblico, che paradossalmente a volte si dimostra molto più interessato e disponibile ad accettare attraverso alcune novità di essere informato e formato.

Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore - Bia
Musica a Teatro: Marco Benetti Compositore – Questo atto unico completamente elettronico con il solo intervento dal vivo di un baritono transgender mi ha permesso di sperimentare un modo alternativo di ascolto

Occuparsi di tematiche attuali (discriminazione e violenza di genere, diritti delle minoranze, queerness, omofobia e transfobia, sessismo) può diventare non solo un mezzo per rappresentare sé stessi tramite questi argomenti, ma anche per portare l’attenzione degli spettatori su realtà marginali che potrebbero ignorare e in cui potrebbero invece riconoscersi.

Questo tipo di connessioni possono essere il tarlo che scardina la passività del presente, portando al cambiamento della società.

E’ questo atteggiamento in contrasto con l’intrattenimento? Non lo credo minimamente. Le arti performative hanno sempre lavorato su piani multipli di lettura.

Pensiamo alle opere di Shakespeare. Macbeth è un lavoro in cui uno spettatore con un basso livello culturale può leggere semplicemente la tragedia umana che esso racconta, mentre un intellettuale può scendere nella complessità dei temi trattati: il potere, il destino, la follia…

Forse è proprio qui la chiave di volta, è nella capacità di collegare l’alto e il basso, il profondo e la superficie, il leggero e il grave che si dovrebbe ricercare il ruolo di un artista nella società contemporanea.

A cosa stai lavorando ora?

Dopo l’esperienza con l’Ensemble InterContemporain lo scorso giugno a Parigi durante il festival ManiFeste 2021 e quella con il Klangforum Wien a Graz durante il festival IMPULS 2021, ho deciso di prendermi qualche tempo per studiare partiture arretrate di altri colleghi e lavorare su alcune idee, in particolare suonandomi alcuni strumenti su cui sto sperimentando varie preparazioni specifiche.

Posso dire che ho in cantiere alcune collaborazioni: una serie di studi per pianoforte, un brano/performance per un percussionista, un pezzo per kanun e uno per ukulele.

Come possiamo seguire la tua attività? Link?

Sono presente sui social, sia Facebook che Instagram. Ho inoltre un canale SoundCloud, uno Youtube e una pagina sul ressources.IRCAM.

https://medias.ircam.fr/x2aa168

https://www.youtube.com/channel/UC0IYwNJxaku0A7e2WngxfVA

https://soundcloud.com/marco-benetti

Il menù d’autore mi permette di raccontare le canzoni che eseguo durante lo spettacolo e di improvvisare giocando con il pubblico sul legame che c’è tra la canzone d’autore e il cibo

Musica a Teatro: Stefano Ferrari il Walkadelico
Musica a Teatro: Stefano Ferrari il Walkadelico – Scrivo canzoni da quando avevo 13 anni. È un’ esigenza espressiva che è nata in me da giovanissimo e non mi ha mai abbandonato.

Stefano Ferrari : cantautore, da sempre compone musiche e scrive testi, per sé e per altri. Vincitore del talent Scontro Diretto su Stream TV, Premio della critica Un’avventura 2001, tra gli otto finalisti al Premio Musicultura, città di Recanati 2001/2002, ha avuto collaborazioni importanti come Sanremo Off 2006 e Chansonnier 2002 e quella per il progetto “Operazione musica” (organizzato dal Comune di Milano, Fabbrica del vapore, RAM studios e Groove it).

Nel 2006 pubblica il suo primo disco: Lanormalità (Pull) scritto a quattro mani con Davide D’Alto. L’incontro con il discografico Romolo Ferri (Crisler Music) è decisivo per convincere Stefano a firmare la sua opera prima. Arrangiato da Fabio Maggioni, il disco viene suonato da grandi musicisti come Diego Corradin (già collaboratore di Fiorella Mannoia) e Massimo Germini (al lavoro con Roberto Vecchioni). Seguirà la pubblicazione dell’Ep Operetta morale (La Fuente Records) nel 2007 e una raccolta dal titolo Lanormalità 2009.

Del 2021 è la pubblicazione di un album, anticipata dai singoli “Il Colore dei tuoi Sogni”, “Polaroid” e “Parlando di una Vecchia Band Inglese” (Doremind).  Stefano Ferrari è inoltre parte del duo I Walkadelici, insieme ad Alessandro Porro.

Come nasce la tua passione per scrivere canzoni?

Scrivo canzoni da quando avevo 13 anni. È un’esigenza espressiva che è nata in me da giovanissimo e non mi ha mai abbandonato. Dandomi anche molte soddisfazioni. Credo di aver scritto centinaia di canzoni…

Il tuo rapporto col teatro?

Mi sono laureato al Dams di Bologna con indirizzo spettacolo, e quindi ho dato molti esami di teatro. Una forma d’arte che mi ha sempre affascinato. Sono cresciuto come spettatore del teatro Strehler e del lirico di Milano. A Bologna ho spesso frequentato ambienti teatrali.

Hai in repertorio un concerto che unisce cibo e canzoni. Si prende un caffè con Riccardo Del Turco, si mangiano fragole con Vasco e si parla di Crauti insieme a Lauzi. Mi sembra una proposta di teatro/concerto. Me ne parli?

Sì, il menù d’autore mi permette di raccontare molto le canzoni che eseguo durante lo spettacolo. E quindi di improvvisare giocando con il pubblico sul legame che c’è tra la canzone d’autore ed il cibo.

Musica a Teatro: Stefano Ferrari il Walkadelico Ho un rapporto molto controverso con i miei testi. A volte li amo, a volte li odio
Musica a Teatro: Stefano Ferrari il Walkadelico Ho un rapporto molto controverso con i miei testi. A volte li amo, a volte li odio

Hai altri spettacoli/concerti simili in repertorio o stai pensando di realizzarli?

Assolutamente sì. Sto collaborando con Massimo Germini, il chitarrista di Roberto Vecchioni, ad un nuovo spettacolo sulla canzone d’autore. Massimo ha partecipato a lezioni in università, libri e convegni sulla canzone d’autore insieme a Vecchioni e altri studiosi. Quindi mi ha fatto molto piacere quando mi ha chiesto di dare vita con lui a questo spettacolo dove senza prenderci troppo sul serio racconteremo e suoneremo brani che hanno fatto la storia della musica italiana.

Trovo i tuoi testi molto interessanti. Mi ricordano grandi cantautori del passato. Ti ispiri a qualcuno in particolare?

Ho un rapporto molto controverso con i miei testi. A volte li amo, a volte li odio. Mi è capitato quindi di collaborare spesso con altri autori della scrittura di canzoni. Credo che il confronto aiuti a scrivere sempre meglio. Ma in realtà non mi ispiro a nessun cantautore in particolare, forse a tutti…

In un tuo testo si dice: morire è una vacanza perché di te ne ho abbastanza. Mi parli della genesi di quella canzone e cosa volevi comunicare?

Molto semplicemente si tratta di un testo che parla di un amore arrivato al capolinea. La frase che tu citi è particolarmente esemplificativa.

Dimmi qualcosa sui podcast che fai e sulla etichetta di cui fai parte

I podcast sono una parte molto interessante del lavoro che io e Alessandro Porro svolgiamo all’interno del nostro gruppo di produzione audio DoRemind music. In particolare, i Walkadelici è un podcast che parla di due musicisti che chiacchierano con ospiti nel mondo della musica e dello spettacolo passeggiando immersi nella natura dei parchi milanesi o in quelli dell’hinterland e della provincia di Milano. Le passeggiate permettono di accompagnare le nostre interviste con un tessuto sonoro molto originale ed estemporaneo.

Musica a Teatro: Stefano Ferrari il Walkadelico - In futuro ho in programma il mio nuovo disco dal titolo: " Non bisogna mai smettere di sentire la musica"
Musica a Teatro: Stefano Ferrari il Walkadelico – In futuro ho in programma il mio nuovo disco dal titolo: ” Non bisogna mai smettere di sentire la musica”

In futuro?

In futuro ho in programma il mio nuovo disco dal titolo: ” Non bisogna mai smettere di sentire la musica”. Faranno parte del disco canzoni come “parlando di una vecchia band inglese”, “Scoprifuoco” alle quali tengo moltissimo. Questi brani faranno anche parte dello spettacolo con Massimo Germini e del menù d’autore, inoltre quest’anno ci saranno la stagione del podcast i Walkadelici e moltissimi altri podcast.

Link per seguire il tuo/ vostro lavoro?

Potete seguirci sui nostri canali Instagram e Facebook Doremind. Music e Stefanoferraricantautore. Oppure iscrivendovi al nostro canale YouTube Doremind dove peraltro pochi giorni fa, il 15 ottobre è uscito il nuovo video del concerto live che ho fatto @sosfornace a Rho per presentare i primi singoli del mio nuovo album.

Leonardo Mezzalira: Un compositore in Taverna, il lavoro su di sé che si deve fare per riuscire a scrivere  è lo stesso che si deve fare per riuscire a vivere nel mondo

 

Musica a Teatro: Leonardo Mezzalira
Leonardo Mezzalira: Le occasioni musicali che mi affascinano di più sono quelle che portano persone di diverse estrazioni, o diverse parti del mondo, ad incontrarsi in uno spazio fisico e a creare una vera comunicazione tra loro

Leonardo Mezzalira si è diplomato al Conservatorio di Padova in Composizione, sotto la guida di Giovanni Bonato, e in Pianoforte indirizzo Maestro Collaboratore con Anna Brandolini. Ha seguito il corso di perfezionamento in Composizione alla Scuola di Musica di Fiesole con Fabio Vacchi. In Erasmus ha studiato all’Accademia di Arti Performative di Praga (HAMU) con la compositrice Ivana Loudová. Ha partecipato a Masterclass e lezioni con numerosi compositori italiani e stranieri ed ha partecipato alla IMPULS Academy (Graz).

Nel 2021 il balletto Human A(u)thom, con musiche sue e coreografia di Chiara Vecchiato, ha debuttato al Teatro Verdi di Padova. Nel 2020 è stato selezionato per il progetto Orcreiamo dell’Orchestra Maderna di Forlì. Ha vinto nel 2018  il primo premio al Concorso Internazionale indetto dal “Central European String Quartet” di Budapest. Nel 2017 è stato selezionato per una residenza a Salorno (BZ) e ha vinto il secondo premio al Concorso Nazionale indetto dalla trasmissione radiofonica “La Stanza” (Venezia).

Sue composizioni sono state eseguite a Graz, Budapest, Praga, Padova, Venezia, Aosta, Udine e in altre città italiane e straniere. Ha ricevuto commissioni da Coralità Scledense, dal Festival Biblico di Vicenza, da Thauma Trio (Roma) e dagli Amici della Musica di Padova.
Accanto all’attività compositiva lavora anche come pianista accompagnatore, come giornalista musicale e nel mondo dell’editoria ed è attivo nell’organizzazione di concerti ed eventi di musica contemporanea.

Nel 2019, insieme ad altri giovani compositori padovani, ha fondato l’associazione «Taverna Maderna» dedita alla creazione e alla diffusione dei nuovi linguaggi musicali.

Da dove viene la tua passione per la musica, sei figlio d’arte?

Non in senso stretto, però a casa mia fin da quand’ero piccolo ho sentito suonare il pianoforte e si è ascoltata molta musica classica. Sul pianoforte ho cominciato a pasticciare e a scrivere i miei pezzettini da autodidatta.

Ho poi preso lezioni, anche di strumento, però al centro del mio mondo musicale rimane la composizione: la vivo come una pratica mista, che si collega da un lato all’analisi di sé e all’introspezione, alla pratica artistica che è anche una pratica esistenziale, e dall’altro alla cultura più in generale come indagine – anche trasformativa – sulla realtà e sui suoi meccanismi. O così vorrei viverla.

Hai studiato con Fabio Vacchi… Altri autori contemporanei che sono tuo riferimento?

Il compositore con cui ho studiato per più tempo è Giovanni Bonato, a cui devo diverse opportunità e che soprattutto mi ha trasmesso un gusto della composizione come accettazione di una complessità non del tutto governabile attraverso «sistemi» rigorosi.

Complessità che fa da specchio al mondo esterno, tanto che il lavoro su di sé che si deve fare per riuscire a scrivere – penso ormai – è lo stesso che si deve fare per riuscire a vivere nel mondo.

Per il resto, l’universo della musica contemporanea è vasto, sparpagliato e difficile da padroneggiare e il «canone» si ferma a uno o due decenni fa.

Frequentando festival, concerti, e anche organizzandoli, si entra in contatto con molti linguaggi dai quali ci si può lasciare influenzare, o ai quali si può reagire, senza che almeno nel mio caso si possa parlare di «riferimenti» veri e propri.

Dovendo proprio nominare alcuni compositori che apprezzo, e che cerco di imitare – assolutamente non nello stile, ma nell’intensità dell’approccio alla composizione – forse citerei Luigi Nono, Salvatore Sciarrino, Francesco Filidei e Pierluigi Billone.

Musica a Teatro: Leonardo Mezzalira
Musica a Teatro: Leonardo Mezzalira al centro del mio mondo musicale rimane la composizione (Foto © Nina Marranconi)

Domanda subdola… Tra Verdi e Wagner chi preferisci e perché?

Preferirei non rispondere! Conosco meglio Verdi perché ho studiato alcune sue opere di recente, e ne apprezzo molto l’intelligenza drammaturgica, ma sono anche molto affascinato dal linguaggio, dalle innovazioni tecniche in ambito armonico e dalle atmosfere di Wagner.

Ascolti anche musica leggera?

Innanzitutto: la musica ha varie funzioni nella mia vita, come in generale nella società di oggi, e queste funzioni sono difficili da districare l’una dall’altra. Ci sono musiche di cui mi sembra di avere una fruizione più artistica, basata sul loro funzionamento analogico, sul loro rispecchiare la realtà, leggerla e indagarla; e tra queste oltre a molti brani contemporanei ci sono anche diversi filoni di popular music sperimentale.

I due ambiti si toccano da vicino. Ci sono poi altre musiche, eventualmente corredate da testi, che ascolto perché mi ingenerano poesia, nostalgia, rabbia, indignazione, perché mi mettono in un particolare stato d’animo, perché ci voglio ballare sopra (fisicamente o mentalmente) o perché le associo a determinati ricordi temporali o spaziali.

E in questa categoria, che ha un’intersezione con la prima, possono tranquillamente ricadere un brano trap o una canzone della Carrà.

Organizzi eventi legati alla musica contemporanea. Qualcuno in particolare di cui avresti voluto essere l’autore?

Sì, organizzo concerti e altri eventi con l’associazione di cui faccio parte, Taverna Maderna, basata a Padova. Le occasioni musicali che mi affascinano di più sono quelle che portano persone di diverse estrazioni, o diverse parti del mondo, ad incontrarsi in uno spazio fisico e a creare una vera comunicazione tra loro.

Sono stato recentemente ad Impuls, un festival di musica contemporanea fondato tra gli altri da Beat Furrer che si svolge da parecchi anni a Graz e che ha esattamente queste caratteristiche. Ecco, potendo un giorno mi piacerebbe organizzare un festival simile nella mia città.

Musica a Teatro: Leonardo Mezzalira
Musica a Teatro: Leonardo Mezzalira il lavoro su di sé che si deve fare per riuscire a scrivere è lo stesso che si deve fare per riuscire a vivere nel mondo (Foto © Nina Marranconi)

Tuo rapporto col teatro?

Il teatro, musicale e non, mi affascina molto, soprattutto quando funziona come zona temporaneamente autonoma in cui la comunità si sdoppia e osserva se stessa da una distanza che può essere colmata con pochi passi, ma che funziona come spazio simbolico di ricodificazione dell’immaginario.

Mi sembra una forma d’arte potente e trasformativa. Finora mi ci sono mosso con prudenza, ma quest’anno per la prima volta ho avuto l’opportunità di creare delle musiche per un balletto, Human A(u)thom con coreografie di Chiara Vecchiato eseguito lo scorso 3 Ottobre al Teatro Verdi nell’ambito dello spettacolo Quattro Quarti. È stata un’esperienza non facile ma molto bella e potente.

L’esperienza con il balletto è l’unica finora e pensi di lavorare sempre più nella direzione di commistione tra musica e teatro?

Penso di sì, sia nell’ambito teatrale in senso stretto se ne avrò l’occasione, sia lavorando sul carattere teatrale e performativo dei brani musicali che scrivo.

Cosa stai preparando con Taverna Maderna, e perché questo nome?

Il nome è un’associazione tra Bruno Maderna, compositore delle nostre parti che ci piace per il suo atteggiamento profondo ma non serioso alla musica e alla vita, e l’idea della taverna come luogo d’incontro e di scambio artistico del tutto non accademico e paludato.

Il bello di Taverna Maderna è che migra da un posto all’altro, esplorando locali, club, sale da concerto, piazze e portando in posti diversi questo spirito di sperimentazione e scambio.

Abbiamo lavorato molto quest’anno, con diversi concerti, un festival, una masterclass e un mare di belle collaborazioni che penso continueranno nel futuro. Il prossimo evento in programma è il prossimo venerdì 22 ottobre alla Scuola della Carità, con il sassofonista Michele Bianchini che presenterà un programma tutto centrato sulla musica degli ultimissimi anni per sax ed elettronica.

Link per seguire la tua attività?

Vi invito a seguire Taverna Maderna, che ha un sito https://tavernamaderna.it , profili su Facebook e Instagram e una newsletter a cui ci si può iscrivere.

Faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare, lavorare nell’ambito della cultura su tematiche educative

Musica a Teatro: Cristiana Voglino attrice e...
Cristiana Voglino: Credo che il mio teatro abbia una forte impronta di impegno sociale e civile

Attrice, regista, formatrice presso Assemblea Teatro e Antescena, è presidente e direttore editoriale di Voglino Editrice – Didattica Attiva – Musica Practica.
Impariamo a conoscerla meglio con questa intervista…

Da piccola come giocavi con musica e teatro?
Ho delle foto che mi ritraggono già piccolissima mentre ballavo e cantavo. Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia di musicisti per cui la musica ha sempre accompagnato il mio percorso. Mia madre faceva teatro classico a livello amatoriale e quindi, come dire, il DNA non mente.
Quando mi rintanavo nella mia cameretta, adoravo ascoltare le Fiabe sonore. Le compravamo anche in lingua straniera: ce n’erano di bellissime in francese. Amavo sentire quelle splendide voci interpretare i vari personaggi.

A livello musicale, un gioco che facevo spessissimo, era quello di mettere sul giradischi il disco dei Swingle Singers e cercare di imparare a orecchio le varie parti femminili nel clavicembalo ben temperato. Un ottimo esercizio d’apprendimento.

Musica a Teatro: Cristiana Voglino attrice e…

Poi, arrivata all’adolescenza, non c’era weekend che non mi trovassi con la mia amica del cuore a “mettere in scena” tutto Jesus Christ Superstar (che cantavamo dal vivo mentre la musicassetta girava) e in seguito passammo a Hair. Fu un’ottima scuola di studio.

A proposito di Jesus Christ Superstar, vuoi ridere? Nel ‘96 mi chiamò una famosissima compagnia italiana di Music hall per un provino per il ruolo di Maddalena. Io ero al sesto mese di gravidanza. Dovetti rinunciare. Va bene tutto, ma Maddalena incinta…

Avevi attrici o cantanti che amavi imitare?
Sì, eccome. Sempre attrici poliedriche. Al cinema Julie Andrews, Doris Day e Barbra Streisand. Alla Tv Loretta Goggi. A teatro, Mariangela Melato.

Quali sono i musicisti “classici” o di musica leggera che più ti piacciono o più ti ispirano?
Numero uno al mondo per me è Ute Lemper non solo perché ha una voce meravigliosa ma perché è un’interprete straordinaria: qualsiasi genere musicale canti è sempre estremamente misurata e intensa.

Non posso dirti di avere un genere musicale che mi piace di più. Ho studiato canto lirico, canto jazz, e con il metodo funzionale della voce sono riuscita a portare a termine il mio sogno: essere in grado di cantare qualsiasi genere musicale.

Quindi, nonostante abbia sempre sognato il Music Hall e forse io abbia anche una voce portata per quello, ho la fortuna di amare e anche poter interpretare i brani più belli di qualunque genere musicale.

Se proprio hai bisogno di indicazioni precise, ti posso dire che adoro la musica barocca. Come autori mi fa impazzire cantare Fauré, adoro suonare Mendelssohn al pianoforte. Ascolto Tschaikowsky e Mahler in particolari momenti della mia vita, e poi in altri momenti passo al jazz con Ella Fitzgerald, o anche Linda Ronstadt.

Adoro cantare Mia Martini (che interpreto anche a teatro) e i brani di Fossati e Dalla. Insomma, nel mio piccolo cerco di essere poliedrica anch’io.

Musica a Teatro: Cristiana Voglino attrice e... Anna Frank
Cristiana Voglino: Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia di musicisti per cui la musica ha sempre accompagnato il mio percorso

Il tuo teatro ha una forte impronta didattica. Ti senti più educatrice che attrice/cantante?
Non sono pienamente d’accordo. Credo che il mio teatro abbia una forte impronta di impegno sociale e civile. Tu ti riferisci sicuramente al mio impegno per il teatro scuola che ricopre metà della mia carriera, e in quello le tematiche sono assolutamente di stampo educativo pedagogico.

Però nel teatro per gli adulti, nel teatro di prosa, direi che da quando lavoro con Assemblea Teatro (dal 1989), l’impegno è quello.

Con Assemblea teatro e con la tua nuova compagnia hai portato i tuoi spettacoli anche all’estero. Quelli che hai più nel cuore?
Sicuramente Fuochi, che è uno spettacolo sull’epopea valdese ed è quello che mi ha permesso di conoscere e girare tutto il Sudamerica. In seguito, il lavoro fatto insieme alla Madres de Plaza de Mayo e gli Hijos, ha fatto sì che io potessi conoscere i maggiori autori della cultura ispanica come Neruda e Sepúlveda.

Musica a Teatro: Cristiana Voglino attrice e…

È nata una grande amicizia con Lucho (Luis Sepúlveda) che mi ha portato a rappresentare La Gabbianella e il Gatto (anche In lingua originale nei paesi di lingua ispanica in giro per il mondo) e ad essere l’unica che c’è il mondo ad avere i diritti per rappresentarlo.

Con altri spettacoli, sempre realizzati con Assemblea Teatro ho avuto modo di girare anche l’Africa mentre con la mia compagnia Antescena (ex Limen Teatro) ho avuto la fortuna di lavorare anche nei festival internazionali più importanti con produzioni gigantesche, recitando addirittura in lingua polacca.

Lo spettacolo che amo di più realizzato con Antescena e prodotto da Assemblea Teatro è Aiutami a non avere paura scritto da me sul tema della malattia dei bambini e sulla loro capacità di superare il dolore.

A un certo punto sei diventata anche editrice. Mi racconti com’è successo?
Beh, in realtà la risposta sarebbe molto semplice. L’editore era mio marito che è morto 11 anni fa lasciando la casa editrice Musica Practica in balia di sé stessa.

E dato che il destino a volte è perverso, io avevo tentato di venderla ma, avendo una figlia minorenne, ci furono problemi di successione. Decisi così di portarla avanti e nell’arco di questi 10 anni è diventato addirittura un gruppo editoriale distribuito in tutto il mondo e che porta ora il mio nome, Voglino Editrice e raccoglie anche il marchio Didattica Attiva (rivolto a bambini insegnanti ed educatori) e Musica Practica che prosegue la sua attività nella didattica musicale e nella immensa produzione di spartiti, partiture e metodi.

Musica a Teatro: Cristiana Voglino attrice e...
Cristiana Voglino: Ho studiato canto lirico, canto jazz, e con il metodo funzionale della voce sono riuscita a portare a termine il mio sogno: essere in grado di cantare qualsiasi genere musicale

Come riesci a coniugare tutto?
A dirti la verità non è sempre così facile, però faccio il lavoro che ho sempre sognato di fare: lavorare nell’ambito della cultura su tematiche educative.

Sai, devo dirti che lavorare nell’editoria non è tanto diverso che lavorare in teatro. Si tratta sempre di costruzione di un progetto e ogni pagina è un palcoscenico. Ora so di essere “un’ostetrica dei libri”: ho la fortuna di poter accudire non solo gli autori ma anche i loro prodotti e di farli nascere nella maniera migliore possibile.

Come faccio a fare spettacoli, libri e formazione? Prima di addormentarmi rivedo le cose belle della mia giornata e dormo otto ore filate ogni notte.

Libri che hai in cantiere e nuovi spettacoli che stai proponendo?
Per risponderti sui libri devo sempre farlo dividendomi nei tre marchi: per Voglino Editrice “Soldati in pausa” sul tema della resistenza;  Didattica Attiva “Mangiabuio” sulle paure; Musica Practica, “Bimbofisa 2” il secondo volume del metodo di fisarmonica per bambini.

E questi sono tre tra le dieci novità che produciamo in media ogni mese.

Per il teatro ho tre nuove produzioni che debuttano nell’arco dei prossimi due mesi: una di teatro comico scritta ex-novo dal titolo “Son tutte belle le mamme del mondo”; una di teatro musicale tratta dalla Allende dal titolo “A tavola con l’amore” e una di teatro-scuola dal titolo “La tartaruga e il pinguino innamorato”.

Dove possiamo seguire la tua attività?

Sul web, sui social… dal vivo in uno dei teatri della compagnia, o al Librificio (la sede della casa editrice)!

Per il teatro: www.assembleateatro.com o www.antescena.it

Per l’editoria: www.voglinoeditrice.it

Per me stessa: https://cristianavoglino.wixsite.com/cris

GRAZIE!!! E buona salute!!!

Ascolto anche molta musica popolare di ogni dove, che spesso rappresenta l’anima più genuina delle diverse culture musicali

Musica a Teatro: Aljoša Tavčar, L'operetta é un mondo di cui sono follemente innamorato
Musica a Teatro: Aljoša Tavčar, fedele all’originale L’operetta é un mondo di cui sono follemente innamorato (Foto © Pierfrancesco Fontana)

Fagottista, compositore e arrangiatore, nonché direttore d’orchestra, Aljoša Tavčar è stato vincitore per tre volte del premio di concorso di composizione “Ignacij Ota”, ed è uno dei musicisti più talentuosi della comunità slovena che vive in Italia.

Fondatore e direttore artistico del NOMOS Ensemble, del NOMOS Ensemble Wind Quartet e dell’ensemble NOMOS Jazz, direttore d’orchestra e direttore musicale della Pihalni orkester Ricmanje, ha fondato anche una casa editrice.

Vive a Trieste. Ho avuto il piacere di lavorare con lui in una messa in scena di Scrooge, Canto di Natale di Dickens, e in una serata speciale dedicata alle operette…

Che musiche ascolti per tuo diletto?

Ascolto un po’ di tutto. Principalmente la musica classica con particolare predilezione per la musica teatrale, che semplicemente adoro, poi molto country e bluegrass, per nutrire la mia anima western, lo swing americano, quello rappresentato da cantanti come Martin, Como, King Cole e l’irraggiungibile Frank Sinatra, e per finire anche molta musica popolare di ogni dove, che spesso rappresenta l’anima più genuina delle diverse culture musicali.

Hai diretto molte opere di Mozart, mi sembra. È lui il tuo musicista preferito?

In realtà Mozart non l’ho diretto molte volte (certo in qualche occasione l’ho fatto, anzi per essere onesti, la mia prima esperienza direttoriale avvenuta quando ero ancora praticamente bambino o giù di lì, l’ho fatta proprio con la “Eine kleine Nachtmusik“), l’ho soprattutto eseguito estensivamente da fagottista in veste orchestrale.

Di certo è un compositore che, con la sua musica che fluisce così naturale, così gioiosa e cristallina, non può far altro che rientrare tra i preferiti. Oltre a lui però, sento una particolare affinità con Schubert in primis, Johann e Josef Strauss, Offenbach, Richard Strauss, Gershwin, Bernstein e Copland.

Il tuo rapporto con le operette?

Ah, l’operetta! Un mondo di cui sono follemente innamorato. Non a caso prima, tra i miei compositori preferiti, ho menzionato Johann Strauss e Offenbach, ai quali però devo doverosamente aggiungere anche Lehár, ma non solo.

Un mondo in cui la vita viene vissuta in modo leggero, gioioso, dove la comicità scherzosa e l’ironia sono parte della vita stessa e nelle quali spesso, forse molto più di quanto non succeda nell’opera, si scorgono molte delle verità umane.

Musica a Teatro: prossimo progetto un musical
prossimo progetto, nuovamente assieme al “Pihalni orkester Ricmanje” sarà quello di presentare uno spettacolo tutto incentrato sul musical che coinvolgerà cantanti, attori e coristi (Foto © Pierfrancesco Fontana)

Concerti con cantanti o voci recitanti che hai diretto e che ricordi particolarmente?

Premetto subito che non si tratta di una risposta di circostanza, non è nel mio stile, ma la produzione che più mi è rimasta nel cuore è quella di “Scrooge” con voce recitante accompagnata dall’orchestra “Pihalni orkester Ricmanje” eseguita a Trieste un paio di anni fa.

L’attore protagonista era un milanese, un certo Scorzillo… ne sai forse qualcosa?

Parlami della tua casa editrice musicale. Alcuni autori nuovi che abbiano scritto per voce e orchestra o strumenti che reputi particolarmente interessanti.

Hmm.. ce n’è uno davvero molto promettente che si chiama Aljoša Tavčar… scherzo, dai!
La casa editrice fondata assieme all’amico M° Marco Bernini, una decina d’anni fa si chiama NOMOS Edition ed è una casa editrice specializzata in produzione di musica, ovvero spartiti musicali e libri a tematica musicale di alta qualità; alta qualità soprattutto a livello musicale, ma anche dal punto di vista dello spartito come oggetto, dunque grafica accattivante e di alto profilo, qualità della carta e aspetto grafico musicale portato ai massimi livelli.

Molti dei titoli che pubblichiamo sono degli urtext, ovvero edizioni fedeli agli originali. Per tutte queste pubblicazioni usiamo infatti un approccio critico e musicologico ben codificato e proprio a tutte le edizioni urtext, dunque pubblicazioni che hanno come unico modello gli originali manoscritti e/o le primissime edizioni delle composizioni stesse.

Musica a Teatro: Aljoša Tavčar, fedele all’originale

Oltre all’attività di pubblicazione musicale, la NOMOS Edition offre tutta una serie di servizi musicali ad alto profilo artistico. Forse il più importante tra questi è il servizio di notazione musicale professionale.

L’esperienza pluriennale del mio collega e mia ci ha portato a collaborare assiduamente e in modo continuativo con le più svariate orchestre e con molte altre case editrici, che affidano a noi la preparazione dei loro materiali.

Per finire poi, c’è anche il servizio di arrangiamento musicale e composizione di musiche originali per qualsiasi esigenza, dal più piccolo organico da camera fino ad arrivare alle grosse produzioni sinfoniche.

Detto questo, attualmente in catalogo non ci sono particolari autori o pezzi che possano considerarsi incentrati su voce e orchestra. La voce è sì presente in alcuni titoli, nella maggior parte dei casi è però trattata in ambito cameristico, voce con accompagnamento pianistico oppure composizioni corali a cappella.

 

Musica a Teatro: Aljoša Tavčar, fedele all'originale casa editrice
La casa editrice fondata assieme all’amico M° Marco Bernini si chiama NOMOS Edition ed è specializzata in produzione di musica, ovvero spartiti musicali e libri a tematica musicale di alta qualità; alta qualità soprattutto a livello musicale, ma anche dal punto di vista dello spartito come oggetto.

Cosa hai in programma nel prossimo futuro che veda cantanti o attori da te diretti sul palco?
L’idea è ancora allo stato embrionale, ma direi che il prossimo progetto, nuovamente assieme al “Pihalni orkester Ricmanje” del quale sono direttore musicale ed artistico, sarà quello di preparare e presentare uno spettacolo tutto incentrato sul musical che coinvolgerà cantanti, attori e coristi. Si prospetta dunque uno spettacolo davvero frizzante e di grande impatto emozionale.

Dove possiamo seguire la tua attività? Link a siti?
La casa editrice è raggiungibile sul sito ufficiale www.nomosedition.com, la mia attività di fagottista legata soprattutto al gruppo da camera “Nomos Ensemble Wind Quartet” è visibile sul sito www.nomosensemblewindquartet.net, le mie gesta direttoriali si possono seguire sulla pagina Facebook dell’Orchestra di fiati Ricmanje (www.facebook.com/pihalniorkesterricmanje), delle mie invenzioni compositive si può invece leggere sulla pagina www.facebook.com/aljosatavcar.

Aljoša Tavčar Composer. Conductor. Bassoonist.

nmsnomosmusic@gmail.com

Gian Francesco Amoroso: “Ho tenuto numerosi laboratori musicali e guide all’ascolto rivolti ai bambini, ai giovani e agli adulti spaziando dal melodramma, alla danza, alla musica sinfonica, strumentale e cameristica

Musica a Teatro: Gian Francesco Amoroso
Musica a Teatro: Gian Francesco Amoroso – Esiste un universo inesplorato di compositori che hanno pubblicato pagine sublimi (Foto © Roberto Dassoni)

Gian Francesco Amoroso è  un musicista e musicologo milanese. Ha studiato pianoforte presso il Conservatorio Nicolino di Piacenza, clavicembalo e tastiere storiche al Conservatorio Verdi di Milano, e Musicologia e beni culturali.

Si è diplomato in direzione d’orchestra e da sempre è appassionato di musica vocale da camera, perfezionandosi nel repertorio liederistico presso il Mozarteum Academy di Salisburgo.

Ha inciso brani da camera del primo Novecento italiano e ha in corso la pubblicazione dell’incisione dell’integrale delle liriche di Vittore Veneziani col soprano Beatrice Palumbo. Ha pubblicato anche un metodo per pianoforte per la Ricordi.

Iniziamo da una domanda ” storica”: Verdi o Wagner?

L’eterno dilemma. Verdi l’ho amato sin da bambino mentre Wagner ho imparato ad amarlo. L’emozione più grande è stata ascoltare Wagner a Bayreuth, il teatro che più mi ha coinvolto emotivamente.

Sono due mondi in apparenza diametralmente opposti ma al contempo molto simili per certi aspetti.

Verdi più immediato nell’esprimere un concetto, Wagner decisamente più lento ma entrambi innovatori di un sistema musicale e teatrale di cui ancora oggi percepiamo l’eredità, basti pensare quanto Wagner ha influito sulla cinematografia.

Quali sono gli autori di musica “contemporanea” che ti piacciono particolarmente?

Di italiani apprezzo particolarmente Fabio Vacchi e Luca Francesconi di cui ho ammirato dei lavori al Teatro alla Scala. Della contemporanea straniera ci sono autori, inspiegabilmente ignoti in Italia, che hanno scritto capolavori per le compagini corali come, ad esempio, Morten Lauridsen che ascolto sempre con piacere e interesse.

In Italia associamo il coro al mondo operistico, in realtà esiste un universo inesplorato di compositori che hanno pubblicato pagine sublimi e che meriterebbero di essere divulgati e fatte apprezzare. Purtroppo, il nostro paese è ancora poco avvezzo a questo repertorio.

Recentemente ho scoperto anche una compagine di compositori americani come Scott Wheeler, Jake Heggie e John Musto, di cui ho avuto il piacere di suonare alcune pagine, rivelandomi una scrittura dinamica -oserei dire liquida- inserita tuttavia in un equilibrio formale lontano da eccessive elucubrazioni sperimentali… un mondo davvero da scoprire.

Non da ultimo vorrei ricordare il maestro Vincenzo Simmarano, autore che ho avuto la fortuna di conoscere e di cui ho suonato parecchie pagine a due e quattro mani di notevole spessore culturale e artistico.

Musica a Teatro: Recentemente ho suonato in uno spettacolo teatrale a Palazzo Farnese (Foto © Roberto Dassoni)
Musica a Teatro: Gian Francesco Amoroso – Recentemente ho suonato in uno spettacolo teatrale a Palazzo Farnese (Foto © Roberto Dassoni)

Cosa ascolti nel privato? Musicisti, cantautori italiani o stranieri che ami ascoltare?

Aiuto! In realtà la mia cultura pop è molto scarsa e “vintage”. Ascolto spesso Edith Piaf, George Brassens, Giorgio Gaber, Mina… sempre recentemente ho scoperto Prince -ho i miei tempi- lo trovo geniale: mai rumoroso, c’è molta musica nelle sue canzoni!

Sia come musicista che, come musicologo, ti occupi soprattutto di lavori da camera per voce e accompagnamento. Da cosa nasce questa passione?

Nasce da una passione trasmessami dalla mia maestra di pianoforte Daniela Ghigino che mi “iniziò” alla liederistica. A lezione spesso suonavamo e cantavamo lieder di Mozart, Schubert, Schumann e Brahms. Da lì ho proseguito ascoltando numerosi dischi anche di autori francesi, russi, spagnoli, norvegesi, americani, italiani ecc.

Ho una predilezione per il repertorio italiano che negli ultimi anni ho approfondito con ricerche specifiche finalizzate alla realizzazione di programmi da concerto con pagine inedite.

Da ultimo, col soprano Beatrice Palumbo, ho registrato per la casa discografica Tactus l’integrale delle liriche da camera di Vittore Veneziani.

Una figura ricordata solo per il suo ruolo di maestro di coro scaligero, ingiustamente allontanato dal suo incarico, in quanto di religione ebraica, a causa delle leggi razziali.

In pochi sanno che Veneziani fu anche un eccellente compositore. Questa raccolta di liriche, pubblicata nel 1910, testimonia una transizione stilistica ben precisa e risente di quella spensieratezza tipica della Belle Epoque che a breve sarà spazzata via.

Hai lavorato molto sul melologo, puoi spiegare in poche parole a chi non è ferrato in cosa consiste, e la tua esperienza in merito?

Il melologo è una forma teatrale che si basa su un testo poetico recitato con accompagnamento musicale, una specie di radiodramma ante litteram. Vittore Veneziani ne compose quattro su testi di Domenico Tumiati accolti da un felice successo grazie anche alla recitazione del leggendario Gualtiero Tumiati.

Ne ho messo in scena solo uno, «Parisina» ma sogno di poterli realizzare tutti prima o poi.

Musica a Teatro: Gian Francesco Amoroso
Musica a Teatro: Gian Francesco Amoroso – Ho una predilezione per il repertorio italiano che ho approfondito con ricerche specifiche (Foto © Roberto Dassoni)

Spesso so che partecipi a performance musicali suonando non il piano ma la fisarmonica. Non mi sembra molto comune. Cosa ti lega a questo altro strumento? Concerti che ricordi in maniera particolare?

Ah, si, la fisarmonica! Sono sempre stato attirato dagli strumenti a tastiera, tant’è che oltre al pianoforte mi sono diplomato in clavicembalo e tastiere storiche con particolare predilezione per l’organo.

La fisarmonica in particolare mi riporta all’ambito montano cui sono molto legato, in particolare la Valle d’Aosta, regione in cui si suona e canta molto.

È uno strumento molto duttile, facilmente trasportabile ed estremamente espressivo. Lo utilizzo spesso in ambito teatrale -amo molto suonare per il teatro- in quanto è uno strumento che può ricreare diverse ambientazioni.

Proprio recentemente ho suonato a uno spettacolo teatrale per la stagione piacentina di Palazzo Farnese. Andava in scena il «Romanzo di molta gente» tratto da un lavoro giovanile della scrittrice Giana Anguissola nella riduzione di Carolina Migli per la regia di Roberto Dassoni il quale mi ha chiesto espressamente di esordire lo spettacolo proprio col suono della fisarmonica per evocare un’epoca. Questa idea è stata molto apprezzata.

Progetti presenti e futuri?

Nel presente ho in vista la presentazione del CD sulle liriche di Veneziani in diverse sedi. Per il futuro sto concludendo un altro impegnativo progetto discografico, ho in cantiere nuovi programmi cameristici, una monografia su Veneziani e un importante debutto in primavera che taccio per scaramanzia… naturalmente sperando che il COVID-19 non si ripresenti alla ribalta.

Potete seguire la sua attività al sito www.gfamoroso.eu

Rimpiango di non aver sviluppato una concezione più consapevole e definita del ritmo, applicabile poi ad aspetti recitativi

Musica a Teatro: Domitilla Colombo
Musica a Teatro: Domitilla Colombo prediligo sonorità avvolgenti e misteriose (Foto © Roberto Ritondo)

Domitilla Colombo è un’attrice di gran temperamento. Molto attiva in Lombardia, ha nel proprio carnet, oltre i molti spettacoli, decine di partecipazioni come voce recitante in presentazioni di libri di narrativa e poesia. E spesso recita e interpreta canzoni, con passione, in milanese. Ha partecipato al film Dante va alla guerra. Fine dicitrice, è compagna dell’autore regista Danilo Caravá.

Hai studiato musica, canto? Pensi sia una buona cosa per un attore/attrice?

Partiamo con un tasto relativamente dolente… purtroppo, sono stata condizionata da una didattica troppo formale e poco motivante nell’educazione musicale alla scuola dell’obbligo. Mi piacevano il lato storico – biografico, e una maggiore conoscenza circa brani che ascoltavo, gioiosamente e senza alcuna forzatura, sin dall’infanzia; purtroppo, sotto l’aspetto tecnico, mi scontrai con un atteggiamento alla Beckmesser (il più tradizionalista e superficiale tra i “Maestri cantori” wagneriani), come se non ci fosse nulla da metabolizzare a fondo, ma solo qualcosa che andava eseguito, insieme alle compagne.

Ne traevo un’impressione grottesca, ti dirò, e non riuscivo a nasconderla. Non parliamo, poi, del “flauto dolce”: ero lo zimbello della classe, in quei momenti! Eppure, collocavo le dita come tutte… Con ogni probabilità non sarei stata brava, comunque, ma un impatto del genere non mi invogliava certo a perseverare.

Preferivo leggere e guardare film, non necessariamente adolescenziali. Per fortuna, nulla mi ha tolto il piacere dell’ascolto, e dell’universo emotivo e immaginifico a esso collegato. Non saprei farne a meno! Ho potuto, però, non dico recuperare, ma appagarmi ampiamente, in ambito universitario: ho ricordi meravigliosi dei corsi e seminari di Storia della Musica, e dei docenti responsabili.

Seguii annualità anche dopo aver dato gli esami, perché era diventato puro piacere; inoltre, laddove fosse pertinente, il rapporto tra musica e teatro veniva esplorato con minuzia e passione. Non da ultimo, ricordo comprensione e pazienza da vendere verso i pochi mancanti, come me, di una solida preparazione tecnica di base.

Per quanto riguarda il canto, ho seguito alcune lezioni e, appena possibile, intendo concedermene altre. Rimpiango di non aver sviluppato una concezione più consapevole e definita del ritmo, applicabile poi ad aspetti recitativi, e del rapporto organico tra le note.

Scusa lo sfogo, ma è la prima volta che ho occasione di parlarne apertamente. Si tratta, a mio avviso, miniere di suggestioni fisiche, culturali ed emotive imperdibili per il lavoro attorale, ma a patto di avere, come dovrebbe sempre accadere, insegnanti adatti.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo

So che sei molto ferrata nelle musiche da film. Quale autore ti appassiona in maniera particolare?

Ti ringrazio moltissimo per questa domanda. Non mi ritengo “ferrata”, per i motivi di cui sopra, ma grande appassionata, in modo istintivo. Ricorderò sempre il mio decimo compleanno (1983): ebbi, come agognato regalo, i vinili delle colonne sonore di “E. T.” (John Williams) e “Marco Polo” (un gioiello ricordato più all’estero, firmato Morricone).

Li consumai: ascoltandoli, immaginavo di tutto, a piacimento, anche a prescindere dalle vicende cinematografiche e televisive cui erano associati. E ricordo anche quando, a fine anni’80, in Gran Bretagna, potei finalmente comprare i cd della prima trilogia di “Guerre Stellari”, fuori catalogo da noi.

Erano tutte edizioni parziali (non esistevano le meravigliose “complete” ed “expanded” di oggi), ma non mi sembrava vero… Negli anni, poi, ho ampliato gusti e conoscenze, complici gli studi di storia cinematografica e, ancora una volta, musicale.

Prediligo sonorità avvolgenti e misteriose, venate di sperimentazione compositiva e nella contaminazione dei generi: Herrmann e Goldsmith, Jarre padre, Howard Shore per Cronenberg, i primi lavori di Horner.

Suggerisco l’ascolto di opere meno conosciute, ma sorprendenti, di Williams, all’inizio e alla fine degli anni ’70.  A proposito di anni ’70, per cambiare ambito, amo anche la grinta di Lalo Schifrin, Michael Small, Jerry Fielding.

In Italia, oltre a Morricone e a Rota, non mi stanco di nominare Pino Donaggio, capace di regalare eleganza, poesia, qualche volta ironia alle fortissime tinte thriller-horror di De Palma, Argento e altri registi-cult. E sono felice, infine, per il recente successo di Hildùr Guðnadóttir, giovane compositrice di grande temperamento.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo dialetto
Musica a Teatro: Domitilla Colombo – Sono stata educata fin da piccola a rispettare il dialetto come patrimonio affettivo e culturale (Foto© Peter Bescapė)

Hai fatto diversi spettacoli con musica anche dal vivo. Parlamene e dimmi se ne hai amato qualcuno in particolare e perché.

Oltre a un cospicuo numero di spettacoli-collage, in cui, a seconda dei casi, ho interpretato (lo trovo un termine più onesto che “cantare”, almeno per ora) canzoni in italiano e dialetto milanese  dalla fine dell’800 ai nostri anni ’60, con meravigliosi e istruttivi abbinamenti di pianoforte o fisarmonica,  ho goduto di musica dal vivo in scena in “Cosima Wagner, i  cromatismi di un’esistenza” (2007, ma  potrebbe essere ripreso tra qualche mese), e in un adattamento de “Le affinità elettive” (2012).

In entrambi i casi, due giovani e bravissimi pianisti – uomo nel primo, donna nel secondo- arricchirono gli spettacoli con potenti ed emozionanti assolo di repertorio ottocentesco. Una maggior interazione, invece, si è verificata in altri due lavori: “Perla – la Santa, la Regina, la Strega”, e “La sposa di Ade”.

Il primo, composto da 3 monologhi, è stato rappresentato in varie stagioni, dal 2003 al 2015; l’allestimento più completo, tuttavia, fu concepito appositamente per lo straordinario Teatro di Documenti, costruito a Roma da Luciano Damiani. Anche le musiche vennero composte ad hoc.

Le scene relative ai tre personaggi erano collocate in tre diverse sale, con relativo movimento mio e del pubblico, accompagnato da mimi. Stanziale era solo un’arpa, nella penombra della cosiddetta “sala avorio inferiore”, che, oltre ad aprire e chiudere lo spettacolo, nonché raccordare le scene con intermezzi, interagiva con la recitazione in due momenti: una cupa e suggestiva processione regale all’inizio del secondo monologo, e una sorta di “rintocchi a morto” verso la fine del terzo.

In quest’ultimo caso, il fatto che il risuonare delle corde provenisse da uno spazio inferiore, rispetto alla scena, conferiva un’atmosfera ancor più sospesa e misteriosa.

Il secondo, invece, ispirato a una vicenda realmente accaduta negli anni’40, è andato in scena a Milano nel 2019. E, qui, abbiamo diviso letteralmente la scena con una violoncellista non solo ricca di talento e professionalità, ma anche cordialissima e disponibile a “recitare” tramite sguardi e fascinosi fonosimbolismi.

Mi commuovo subito, pensando a un momento accompagnato dal “Clair de lune” di Debussy, trascritto per violoncello.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo

Sei una delle poche attrici che conosco che recita in dialetto milanese. Secondo te perché non ha la stessa popolarità questo dialetto paragonandolo ad esempio al napoletano, romano o siciliano, in Italia?

Sono stata educata, fin da piccola, a rispettare il dialetto, come patrimonio affettivo e culturale, a considerarne lessico e grammatica, a non svilirlo con scimmiottature e stereotipi. Ti dirò di più: al ginnasio, un insegnante sostenne che ascoltare il dialetto in casa compromettesse un buon uso dell’italiano.

Turbata, ne parlai a casa, e fu lì che papà estrasse un volume su Carlo Porta da una collana di letteratura italiana UTET, segno evidente che il rapporto tra lingua nazionale e dialetto, se consapevole ed equilibrato, è di tutto rispetto, eccome.

Mi disse: “Come studi il latino, il greco e l’inglese, puoi studiare anche il milanese.” È una mentalità che ho applicato, dapprima, al mio dialetto originario, ma che cerco di estendere a qualsiasi forma dialettale mi capiti di leggere o ascoltare. Detto questo, se si trattasse solo di luoghi comuni della collettività, magari fomentati da tormentoni mediatici vari, ci si renderebbe, obiettivamente, la pariglia un po’ dappertutto.

E non penso sia nemmeno un problema di comprensione, perché, quando in film o fiction si parla dialetto in modo il più possibile realistico, in genere sono previsti sottotitoli, cosa che, a mio parere, denota serietà, almeno negli intenti.

Credo che il vero danno, a occhi e orecchie dell’opinione pubblica, sia stato prodotto da certa becera strumentalizzazione politica, da 30 anni a questa parte; un massacro di forme e contenuti, ne parlavo pochi giorni fa con uno studioso di grande esperienza.

Purtroppo, in questo caso, il confine tra sana identità culturale e disgustoso fanatismo è tremendamente labile.

Musica a Teatro: Domitilla Colombo foto di Roberto Ritondo
Musica a Teatro: Domitilla Colombo – colonne sonore a parte amo la classica e l’opera, oltre ad avere una passione trentennale per Bowie e Battiato(Foto © Roberto Ritondo)

Sei compagna di un autore/regista. Ti piace essere diretta da lui o…?

Mi piace, mi piace! Siamo insieme da più di 17 anni, e ci siamo conosciuti in ambito teatrale. Penso sia stato un fattore fondamentale, quest’ultimo, perché io per prima provenivo da una relazione degenerata anche per incomprensione e gelosia nei confronti del teatro, percepito come un astratto rivale.

Ci siamo sempre scambiati gusti, opinioni, emozioni, nella serietà e nel divertimento. Anche la fiducia lavorativa è reciproca; idee in più, da parte mia o sua, vengono considerate in modo lucido e sereno, anche quando do un’opinione su un lavoro che non mi coinvolga direttamente.

Penso ci connoti un approccio emotivo non paritario, bensì osmotico. A volte, casomai, trovo sia troppo indulgente con me; non vorrei mai fargli fare brutta figura!

Hai delle attrici di riferimento?

A parte le “mitologiche” Mariangela Melato, Adriana Asti, Bette Davis, porto sempre nel cuore un formidabile quintetto milanese: Annig Raimondi (mia docente all’Arsenale), Genni D’Aquino, e soprattutto Chicca Minini, Anna Priori e Mirton Vaiani, tre autentiche “fate madrine” in scena, in prova e dietro le quinte.

Nella generazione recente, sono fan di Federica Fracassi, Marta Ossoli, Federica D’Angelo, Cristina Maccà, Rossella Rapisarda. Un grande ex aequo di ammirazione per tante compagne di scena, ciascuna modello nella sua particolarità.

Ma mi è anche capitato di restare incantata dall’interprete di un singolo spettacolo, di cui ricordo non il nome, ma la bravura, come quando una persona sconosciuta ti incanta in tram o metro.

Cosa ascolti nel privato?

Dipende dai momenti. Colonne sonore a parte, amo la classica e l’opera (soprattutto Wagner, Verdi, Puccini, Berg, Bartòk) tra ‘800 e ‘900, ma anche Gershwin e alcuni musical, da “West Side Story” a Lloyd Webber, passando per le opere rock.

Ho una passione trentennale per David Bowie, e Battiato mi è stato inconsapevolmente vicino in tanti momenti. Poi Al Stewart, Kate Bush, Roxy Music…e, per faccende o ginnastica, pop anni ’80!

Musica a Teatro: Domitilla Colombo

Progetti nell’immediato futuro?

Un lavoro molto toccante, “Come farfalle”, in scena a Como in novembre: parlerà di Alzheimer, ma in uno stile che, personalmente, mi ricorda Tennessee Williams.

A Milano, sempre in novembre, “Neve a primavera”: un testo a episodi, piccantino, ma surreale e citazionista.  Per quanto riguarda il dialetto, oltre ad alcune repliche di vario argomento, riprenderò in ottobre, nell’ambito del bicentenario portiano, “La Ninetta del Verzee”, un capolavoro: poemetto in versi, ma con un’innata connotazione teatrale, in cui una “donna che ama troppo”, per citare volutamente il libro, racconta la sua vicenda di ricatto, stupro, sfruttamento, stalking nella Milano popolare del primo Ottocento.

E, più a lungo termine, un lavoro sugli stupri nella I Guerra Mondiale, a cura del gruppo Donne di Parola, cui sono molto fiera di appartenere.

Vuoi aggiungere qualcosa?

La mia “filosofia”, se posso chiamarla così. Preferisco far sbollire i sentimenti negativi elaborandoli anche a beneficio del bagaglio emotivo attorale, anziché rasserenarmi forzatamente. Una colonna sonora adeguata, in genere, è di grande aiuto.  Grazie di cuore!

Paolo Camilli “qualsiasi tipo di musica mi suscita un’emozione”

Musica a Teatro: Paolo Camilli - Dora Asmr
Musica a Teatro:Paolo Camilli – Dora Asmr Mi piace rompere stereotipi ed etichette, come ad esempio succede con personaggi come Dora Asmr, personaggio gender fluid, amato anche da bambinæ

Attore, autore, creator. Ha studiato e lavorato, fra gli altri, con Luigi Maria Musati, Luca Ronconi, Giancarlo Sepe, alternando alla prosa l’improvvisazione teatrale.

Ha partecipato a due edizioni del Festival dei Due Mondi di Spoleto con “The Dubliners part.1” e “The Dubliners part.2” per la regia di G. Sepe. Nel 2017 ha debuttato come autore e regista con lo spettacolo “Per colpa di un coniglio”.

Miglior attore al Festival InDivenire di Roma nel 2018 con “Crave” di Sarah Kane, ha recitato, tra l’altro, in “Così è se vi pare” di Pirandello, “Improvvisamente l’estate scorsa” e “Zoo di vetro” di Tennessee Williams, “Riccardo secondo” di Shakespeare e “Medea” di Euripide.

In TV entra a far parte del cast della trasmissione “La TV delle ragazze” e in seguito nel nuovo programma “Stati Generali” condotti da Serena Dandini, su Rai3, ed è subito gran successo popolare.

Attivissimo sul web, dove propone e sviluppa contenuti surreali, coloratissimi, irriverenti e divertenti, collabora anche come autore, talent e content creator con importanti nomi come Trash Italiano, l’Euro Song Contest e “OltreSanremo”, il format web per il Festival targato TIM.

Oggi vuole continuare a fare TV, cinema, facendo ridere ma anche riflettere.

Per il futuro desidera avere anche la possibilità e i mezzi per riconoscere e aiutare i futuri giovani artisti indipendenti.

Che musica ti piace ascoltare nel privato?

Ascolto davvero di tutto: musica pop, trap, classica… è sempre la melodia che mi cattura nei primi secondi. Solo in un secondo momento inizio ad ascoltare il testo.

Qualcosa che ti rilassa particolarmente o al contrario ti mette energia?

In realtà per rilassarmi metto playlist tipo “frequenza 432hz”, “suoni dell’universo”, perché qualsiasi altro tipo di musica mi suscita un’emozione. Adoro le canzoni che mi mettono la carica, in questo le hit estive sono sempre le migliori!

A distanza di qualche anno “Felicità puttana” resta la mia preferita, ma anche Work B*tch di Britney Spears, soprattutto se voglio allenarmi e non ne ho minimamente voglia.

Musica a Teatro: Musica a Teatro: Paolo Camilli - Le primissime figure per me ispiratrici sono state Anna Marchesini con il trio, e Britney Spears
Musica a Teatro: Paolo Camilli – Le primissime figure per me ispiratrici sono state Anna Marchesini con il trio, e Britney Spears (Foto © Corrado Murlo)

Quand’era piccolo, Paolo con cosa amava giocare? 

In casa sono l’ultimo arrivato, tra me e le mie sorelle ci sono molti anni di differenza e ho vissuto un’infanzia molto solitaria. La mia fortuna è stata crescere in campagna, perché ogni giorno trovavo sempre qualcosa da fare, scoprire o inventare. Inoltre, ho avuto come vicino un coetaneo con cui ho condiviso moltissime delle mie giornate.

Avevi degli attori/ attrici, o cantanti a cui ti ispiravi?

Da piccolo assorbivo tutto come una spugna, qualsiasi cosa guardavo o ascoltavo, se mi piaceva, la assimilavo e, come in un processo di fotosintesi clorofilliana, ne tiravo fuori una mia reinterpretazione che portavo nei miei giochi.

Le primissime figure per me ispiratrici sono state Anna Marchesini con il trio, e Britney Spears.

Adesso hai dei punti di riferimento?

Ho tanti punti di riferimento. Degli altri attori o attrici non guardo i punti deboli, ma i punti forza, o almeno quelli che per me lo sono, e cerco di capire se anche io ho o posso avere quella qualità. Non è semplice perché se sei una persona insicura, e io lo sono stato e un po’ ancora lo sono, ti metti perennemente in discussione e ti senti sempre non all’altezza, ma col tempo capisci che osservare e riconoscere le qualità degli altri ti fa crescere, mentre criticare e sottolineare i punti deboli ti blocca solo nella tua fortezza di insicurezze che ti sei costruito.

Hai fatto l’attore in importanti allestimenti di teatro classico, quando è arrivata la svolta verso il tipo di teatro/ intrattenimento che fai ora? 

In realtà ho sempre alternato al teatro di prosa e drammatico anche un teatro comico. Ho iniziato lavorando anche nel campo dell’improvvisazione teatrale e questo mi ha permesso sempre di non trascurare mai il mio lato più ironico.

Com’è nata l’idea dell’etero frustrato che ti ha dato tanta visibilità in tv? 

“La dura vita del maschio Alfa” è stata un’idea nata insieme a Serena Dandini, Valentina Amurri e Linda Brunetta. Stava per tornare “La TV delle ragazze”, loro avevano visto i miei video e mi volevano nel programma e si pensava a come inserire una figura maschile in un programma storicamente conosciuto come solo al femminile. Così è uscito fuori il tema del “Maschio Alfa” e della mia esigenza di voler rompere degli stereotipi ed è nato la miniserie!

Ti piace giocare molto col travestimento e sull’ambiguità, c’è un personaggio in particolare che ami proporre più degli altri?

Più che un gioco la mia è un’esigenza di far vivere un personaggio e renderlo credibile. Mi piace quando questo rompe stereotipi ed etichette, come ad esempio succede con personaggi come Dora Asmr, personaggio gender fluid, amato anche da bambinæ

Musica a Teatro: foto Corrado Murlo
Musica a Teatro: Paolo Camilli Da piccolo assorbivo tutto come una spugna, qualsiasi cosa guardavo o ascoltavo, se mi piaceva, la assimilavo e ne tiravo fuori una mia reinterpretazione che portavo nei miei giochi (Foto © Corrado Murlo)

I tuoi video veloci in cui anche canti sembrano estemporanei; invece, credo ci sia molto lavoro di preparazione.  Come procedi? Prima l’idea, poi la stesura del testo…o visualizzi tutto insieme, travestimenti compresi? 

In realtà moltissimi sono estemporanei. Mi viene l’idea, vedo quello che ho a casa, se serve qualche props particolare corro a prenderlo e via, si gira, si monta e si carica!

Pensi che il divertimento e lo sfottò siano le chiavi giuste per arrivare a cambiare quelle cose che ancora non vanno nella nostra società?

L’ironia e la comicità, se usate con intelligenza, possono aiutare a far aprire gli occhi su tematiche anche estremamente serie, perché creano un clima disteso e gioioso nel quale puoi veicolare messaggi importanti che si sedimentano nell’animo di chi ascolta.

Progetti futuri?

No spoiler! 😉

Potete seguirlo su: www.paolocamilli.it

 

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