MET, “Metropolitana” il nuovo singolo, un viaggio con tante fermate che invitano ad abbandonare il senso d’insoddisfazione dell’essere umano
Mattia Pellicoro, in arte MET, è un cantautore e chitarrista pugliese appassionato di scrittura e di poesia. Si trasferisce a Milano per scoprire nuovi orizzonti professionali e dà vita ad un nuovo progetto artistico. Il suo nuovo singolo, “Metropolitana”, è una traccia immersiva che presenta come tema dominante una storia d’amore infinita, una dichiarazione universale. Il titolo rappresenta la metafora del caos di una grande città, che però fa chiarezza sulla nostra forma di libertà più grande: la possibilità di scegliere che indirizzo dare alla propria vita, attraverso luoghi, attimi e persone.
Buongiorno Mattia e benvenuto tra noi! Come ti senti in questo momento storico?
Sono molto preso dal nuovo singolo uscito e sull’inventare nuove idee per promuoverlo. In generale, è un periodo molto ricco a livello musicale, è da un po’ che avevo in mente questo progetto che sta iniziando a prendere forma. Sto lavorando su qualche nuovo singolo che uscirà nei prossimi messi. “Metropolitana” dà l’idea della nuova direzione musicale, per capirne l’orientamento siamo partiti da alcuni artisti internazionali come Milky Chance, Cosmo, Adam Port. Gli altri brani aiuteranno ancora di più a capire chi sono, forniranno altri dettagli.
Come mai hai deciso di cambiare progetto da Mattia a MET?
È nato due anni fa. Mi sono trasferito in Spagna vivendo la musica in una dimensione molto più energica e divertente. Poi sono tornato in Italia, a Milano, riscoprendo il cantautorato, molto intimo, che ha ispirato il mio ultimo disco, “Ko Lanta”. Dalla Spagna mi sono portato dietro questo respiro internazionale e da qui ho pensato di tornare a fare un genere di musica che divertisse sia la gente nei movimenti che anche me stesso sul palco; volevo creare musical da festival. La scelta da Mattia a MET è molto minimal, così come le tracce che ho pubblicato. Anche a livello grafico, la scritta di questo nome mi è piaciuta subito ed ho avallato questo cambio.
Saliamo sul vagone del nuovo singolo, “Metropolitana”. Ci racconti come nasce la sua storia e dove porta?
Nasce tutto da un messaggio inviato a una ragazza della quale ero molto innamorato. Una sera lei mi scrisse “potendo scegliere vorrei essere lì con te…” dato che eravamo distanti. Io risposi che “potendo scegliere avrei voluto svegliarmi ogni mattina con lei”. Da quel momento “potendo scegliere” è diventato l’inizio di questa canzone e suona come una rivincita nei confronti del tempo dal punto di vista narrativo. Questo concetto diventa focale all’interno del brano perché la possibilità di scegliere o no una persona, una vita, un lavoro, è la nostra libertà più grande, molto spesso sottovalutata. Oggi ce ne stiamo accorgendo molto perché purtroppo c’è tanta gente che non può scegliere di vivere in un posto anziché in un altro, non ha libertà. Quest’ultima, a volte, ci porta a cadere perché tu non sai cosa scegliere anche se puoi.
Da dove viene la scelta del titolo? Ho visto che nel testo non ricorre la parola “Metropolitana”
È una storia molto divertente, non l’ho deciso io il titolo. Mi trovavo con Stefano, il produttore, stavamo facendo la prima session di registrazione del brano; mi ero assentato tre minuti dallo studio e in quel momento lui doveva chiudere la produzione per quel giorno. Doveva salvarla con un nome e il sound aveva un’impronta di città internazionale metropolitana che gli ricordava Los Angeles, Miami, un mood americano a livello ritmico e sonoro.
Questa storia si può traslare con quella che ispirato il brano. La texture è un vociferare di persone per strada che rappresentano la folla. Dà l’idea di trovarsi in mezzo alla gente, che tra l’altro è una mia necessità, poiché mi definisco un essere sociale. La metropolitana connette le persone e i posti, ma come idea non mi piace molto perché si sale, si scende in posti bui. Amo più lo spazio aperto, il vociferare divertente sui navigli o sulla darsena.
Che cosa vuoi comunicare con questo pezzo?
Siamo liberi di scegliere la nostra vita e le persone con le quali trascorrere del tempo; viviamola a nostro piacimento, senza farsi condizionare da costrutti sociali e quant’altro.
Che elementi in comune hanno i singoli pubblicati nel 2024?
La chitarra unisce sia il cantautorato con l’elettronica, si trova sicuramente in tutti i miei brani. Un altro elemento in comune è il mare, si trova in tante canzoni del nuovo disco. Per me il mare è libertà, quei posti mi trasmettono felicità.
Che rapporto hai con la Puglia? Ti senti legato alla tua terra?
Sono di Alberobello e sono molto legata alla Puglia per tanti motivi, la famiglia, gli amici, certi posti che mi hanno cullato fin da piccolo. Vivo in una costante relazione con la mia terra, non la perdo mai d’occhio.
Di solito come riesci a trovare l’ispirazione?
Sono molto spontaneo, non seguo un processo specifico. Quasi sempre parto da una parola o da una frase che mi apre un mondo. Ho capito che la scrittura di una canzone sia anche frutto di un esercizio nella scrittura stessa. Più buttiamo giù idee e pensieri che abbiamo nella testa e più rimangono dentro di noi. Ad un certo punto tutti quei frammenti si uniscono, il cervello compone un puzzle e questa io la chiamo ispirazione. Altre volte invece, quest’ultima arriva attraverso la musica, quindi i suoni e le melodie che trasmettono delle sensazioni.
Anche il mare contribuisce a tutto questo?
Assolutamente sì, il ricordo del mare mi dà le emozioni giuste per poter scrivere. Mi fa bene e mi trasmette sempre la metafora giusta per quello che voglio comunicare. Tra l’altro, vivendo a Milano sui navigli, il pensiero mi ci va molto spesso.
La chitarra è il tuo strumento preferito?
Sì, ho iniziato con lei a fare musica. La suono da quando sono piccolo, dall’età di otto anni. È una passione ereditata da mio padre che è un cantautore di musica latino-americana. Un giorno avevo la febbre e la Play Station era rotta, non sapevo cosa fare e così ho preso una chitarra e ho scritto una canzone per noia. Ne scrissi due, mia madre le ascoltò e le piacquero tantissimo.
Dai tuoi primi esordi ad oggi in cosa ti vedi cambiato?
Sì, sono cambiato molto. Ho una maturità artistica diversa e il mio stile di scrittura si è evoluto, anche se continuo a lavorare sempre per immagini. Sento che però la mia penna si sia semplificata rispetto a prima ed è stato fatto volontariamente questo cambiamento. Questa semplicità mi porta ad essere molto diretto e a comunicare subito l’immagine che ho nella mente.
Hai anche altre passioni oltre alla musica? Come riempi il tuo tempo?
Come tanti artisti indipendenti, ci sbracciamo per tenerci a galla prettamente da un punto di vista economico. Ho studiato architettura e lavoro come architetto libero professionista. Gestisco autonomamente il mio tempo ed è una scelta consapevole soprattutto in relazione alla musica.
Progetti in cantiere?
Ho in mente un format che si basa sulla mia musica che vorrei lanciare presto. Sarà una roba spaziale per come lo sto immaginando. Voglio organizzare anche un tour per l’anno prossimo. Inoltre, ho in cantiere un libro che ho finito di scrivere l’anno scorso ma lo devo revisionare.
Di cosa parla?
È un racconto che parla di un viaggio che ho fatto qualche anno fa. Parte da una pagina di diario molto bella che avevo scritto in Thailandia; allo stesso tempo si fa anche un viaggio parallelo in base a come sarebbe cambiata la mia vita se avessi preso altre strade durante il viaggio, visto che ho avuto davanti diversi bivi.
Un tuo sogno che speri di realizzare?
Poter fare dei concerti in posti grandi dove tanta gente è lì per la tua musica, non tanto per me. Uno stadio sarebbe il sogno della mia vita.