Bobbie Sole con “Bellissima figuraccia” la musica diventa metafora di un percorso sensoriale, suoni e immagini evocano emozioni forti e contrastanti

Mauro Della Rosa, in arte Bobbie Sole, è un cantante romano nato a Fiumicino. Comincia a cimentarsi nella musica con il gruppo “Mind The Flow”, crocevia della scena underground della Capitale. Concluso il periodo del rap dei collettivi, trova la sua dimensione in un suono più intimo e personale, affine alla sua scrittura, anche grazie ad alcune collaborazioni con un ancora giovanissimo Davide, oggi più noto come ThaSupreme. Il suo nuovo singolo, dal titolo “Bellissima Figuraccia”, è un brano che esplora la complessità delle relazioni, la crescita personale e la riflessione sul vero significato di vivere. La traccia si distingue per la sua profondità emotiva, il suo linguaggio sincero e la capacità di coinvolgere l’ascoltatore in un percorso di consapevolezza e introspezione. È fondamentale essere pienamente immersi nel presente, fare scelte mature e ponderate e dare il giusto valore alle esperienze quotidiane.
A Musica361 oggi diamo il benvenuto a Mauro Della Rosa, meglio conosciuto come Bobbie Sole. Buongiorno, come stai?
Buongiorno a voi, grazie per avermi ospitato nel vostro spazio, è un piacere. Tutto bene, il nuovo anno è iniziato in modo molto positivo.
Come nasce la passione per la musica?
Ho iniziato un po’ tardi, ho scritto i primi appunti a 18 anni e mi sono avvicinato al rap attraverso delle contaminazioni; però era il modo più semplice per raccontare il mio vissuto. Inizialmente era un diario, non erano concepite per un pezzo.
Da dove viene “Bobbie Sole”?
Prima c’era solo Sole e veniva da mia madre che mi chiamava così da piccolo. Andando avanti con la musica cercavo la mia dimensione partendo dal nome. Un giorno ero a casa con un amico e al telegiornale passa un servizio su Bobbie Solo e lui mi consigliò di scegliere questo nome, anche dato il mio richiamo romantico ed emozionale che un po’ gli assomiglia. La prima volta che l’abbiamo pronunciato ci ha fatto ridere ma dopo ha iniziato a piacermi e mi ci rivedo.
Il rap aiuta a tirar fuori le tue emozioni?
Assolutamente sì, è il genere che mi permette di inserire più elementi possibili nel testo, anche la struttura stessa della strofa è diversa da quella pop, in 16 barre hai più libertà di argomentazione. Sento un richiamo personale e romantico e mi faccio trascinare dalle sensazioni. Mi piace mescolarci dentro un po’ di blues e di jazz.

Chi sono stati i tuoi modelli di riferimento?
Per la scena italiana mi rifaccio a tanti ascolti dal sud, ti posso nominare ad esempio Johnny Marsiglia, come artisti americani ti direi Schoolboy Q e Mick Jenkins.
Sei di Fiumicino: che rapporto hai con il mare?
Sono un navigante, ci sono cresciuto. Anche nella musica faccio molti riferimenti o metafore sulle spiagge.
Entrando dentro la capitale, Roma cosa rappresenta per te?
È casa, mi ha donato tutte le bellezze che oggi mi circondano. Vengo dal paese e mi sono dovuto un po’ allontanare anche per cercare altri ragazzi che fanno il rap. Ho girato per Roma e gli altri quartieri mi hanno sempre lasciato qualcosa. Mi ispirano le sue radici.
Che scena musicale si respira?
Negli ultimi due anni Roma è cresciuta tanto a livello di artisti e di nuove leve, ragazzi che si affacciano sulla scena con i freestyle e con i contest. La scena sta tornando forte ma anche molto intasata, però c’è molta unione tra chi lo pratica. Bisogna fare rete tra noi, andare di persona nei locali, conoscersi di persona dal vivo.
Quali sono le esperienze che ti hanno segnato di più?
Quando Fastcut, un noto DJ italiano, ci ha invitato nel suo disco; io e il mio socio siamo nel quarto volume, abbiamo contribuito con una traccia e ci troviamo in “Dead Poets 4”. Con lui abbiamo fatto un tour e abbiamo suonato anche in Svizzera. È stato il momento più bello e soddisfacente.
Segui un processo creativo?
Sono uno di quei rapper fedele al genere nel suo approccio: per scrivere una cosa deve essere successa. Più è vero e vissuto e più viene comunicato in modo naturale. Quando sei cosciente di un fatto ne parli in modo molto razionale. Mi metto in salone sul divano col mio quadernino e scrivo.

Parliamo del tuo nuovo singolo ora, “Bellissima figuraccia”. Come hai approcciato al brano?
In questo pezzo non volevo troppo scendere nel dettaglio, parlare di me ma senza risultare pesante. Volevo fosse alla portata di tutti, un ascolto non impegnativo. Mi è stato consigliato un approccio più radiofonico, più leggero, cambiare quindi il modo di impostare la struttura del pezzo, con un ritornello orecchiabile. A me piace mescolare jazz e blues e abbiamo fatto questo esperimento sulla base che lui mi ha mandato. Esperimento riuscito!
Dove ti trovavi quando l’hai scritta?
L’ho scritta la scorsa estate all’argentario e c’era un’aria particolare, molto calma e senza rumori intorno. Mi trovavo a casa di un mio amico, con questo giardino enorme con vista mare, sulla costa. C’era il mood giusto e gli odori giusti, mi ha ricordato molto il portico di casa dei miei nonni, ecco perché li ho citati nel testo. c’era molta calma, senza rumori. La musica deve avere il suo momento durante la giornata.
Perché questo titolo ossimorico quasi?
È stato ciò che mi è successo, mi sono buttato in questa conoscenza, mi sono lasciato andare mostrando le mie fragilità, con aspetti positivi e negativi. È proprio questa la bellissima figuraccia, non pensarci troppo e lasciarsi andare. Essere sé stessi senza pensare come potrebbe andare a finire.
Cosa vuoi far arrivare al pubblico?
L’importanza e la bellezza di sentirsi liberi di provare emozioni e trasmetterle.
Quando scrivi una canzone qual è la prima cosa che speri?
Che faccia bene a me, non penso troppo al dopo. Però allo stesso tempo mi sento onorato quando leggo i commenti di altri ragazzi che si rivedono in quella storia.
Qual è un tuo marchio di fabbrica?
Sono un rapper un po’ atipico rispetto ai miei colleghi. Ogni pezzo che scrivo è pensato su quella determinata base, con quei tempi e quelle metriche. Non riesco ad immaginarla su un’altra base, come fanno altri rapper che costruiscono su qualsiasi beat.
Altre passioni che porti avanti?
Mi sono accorto che la scrittura, più che una passione, è un vizio. Di tanto in tanto sento il bisogno di mettermi seduto e far uscire i miei pensieri su un foglio. Inoltre, è quasi impossibile che a casa non abbia sempre un po’ di musica in sottofondo o un accompagnamento.

Da giovanissimo hai collaborato con Davide, ad oggi meglio conosciuto come ThaSupreme. Com’è stato il suo incontro?
Tramite la sorella l’ho conosciuto, ma era piccolissimo, avrà avuto 10-11 anni. Quando andavo a casa sua lo vedevo sempre suonare, una volta il pianoforte, una volta la chitarra. Era veramente ossessionato. Già all’epoca avevo il presentimento che avrebbe avuto successo. Abbiamo iniziato a fare musica insieme un po’ per gioco, abbiamo pubblicato qualcosa. Lui all’inizio si chiamava TS, le sue iniziali. Mi trovavo bene a suonare con Davide, non era tutto uscito dallo studio. Lui si costruiva il suono da solo, ci perdeva tanto tempo. È stato un bambino prodigio, sono veramente fiero e orgoglioso del suo percorso.
A cosa stai lavorando ultimamente?
Sto lavorando ad un EP dedicato ai giorni, ogni pezzo porta il nome di un giorno della settimana. Penso che non ci sarà bisogno di aspettare tanto tempo prima di vederlo fuori.
Progetti in cantiere?
Bellissima figuraccia è stato come bussare alla porta. Vorrei che si aprisse per far ascoltare la mia musica a più gente possibile.
Un obiettivo che vorresti raggiungere?
Collaborare con Johnny Marsiglia.