Brando Madonia: “Au Revoir” il brano chiude sia l’EP che la stagione estiva e va alla ricerca dell’autodeterminazione come unico sollievo dalla solitudine
Brando Madonia è un artista che viene dalla Sicilia con furore, un catanese doc cresciuto assaporando le sonorità di una terra in costante evoluzione. Fin da piccolo ha respirato la magia e l’essenza della musica grazie al papà, il cantautore Luca Madonia, consacrando il famoso motto “Di padre in figlio”.
Nell’arco di un anno ha rilasciato un particolare progetto discografico con 4 EP, uno per ogni stagione con 5 tracce ciascuno, a formare una sorta d’opera con tanti piccoli quadri. L’ultimo si chiama “Estate Lachea” e all’interno è contenuto il nuovo singolo pubblicato, “Au Revoir”, dando un ulteriore seguito al suo percorso da solista. Il brano racconta il cinismo degli allontanamenti, la frattura di quando ci si scompone ritrovandosi svuotati.
Brando buongiorno e benvenuto nel nostro spazio. Come hai accolto l’eredità musicale a casa?
Tutto nasce da mio padre, essendo musicista da una vita, mi ha inconsciamente influenzato fin da piccolo, sentendolo suonare, provare e andando ai suoi concerti. Lui non mi ha mai forzato o spinto a fare musica per seguire le sue orme, ma io ne ero molto attratto, specialmente dagli strumenti, mi piaceva molto suonarli.
Qual è lo strumento che ti piace suonare di più?
La mia formazione di base è chitarra e canto però mi diverte suonare il basso, le tastiere e la batteria. Lavorando da autodidatta, mi occupo personalmente della produzione e ho a che fare con diversi strumenti ogni volta. La fase più bella è creare una canzone, comporla. La registrazione è la parte più intima perché sono solo, è una vicenda personale.
Chi sono stati i tuoi punti di riferimento agli esordi?
I Beatles sono stati un ascolto fondamentale, ho divorato la loro discografia e li considero ancora adesso un punto di riferimento. A livello di melodie ed armonie sono stati sempre un passo avanti a tutti.
Sei nato e cresciuto a Catania. Che rapporto hai con la tua terra?
Mi sento molto legato, ho costruito la mia vita qui, ho le mie radici, il mio studio di registrazione. L’idea di vivere nella mia terra mi fa stare bene, però a volte sento l’esigenza di evadere un po’ per staccare la spina e respirare un’aria diversa.
La Sicilia, dal punto di vista musicale, che momento sta vivendo?
In generale credo sia proprio cambiato l’approccio alla musica. Non riesco a misurare bene la scena musicale siciliana, però qualcosa si respira sempre. Ho notato che purtroppo i locali dove puoi suonare live, parliamo di palchi medio piccoli, adesso sono sempre meno, almeno a Catania. Si è scelto di ridurre questi posti ed è un gran peccato perché potevano dare la possibilità a qualche artista emergente di farsi conoscere e calcare le prime impronte su questa strada.
Parliamo del tuo nuovo singolo, “Au revoir”. Di cosa parla questa canzone?
È la quarta e penultima canzone del mio ultimo EP, “Estate Lachea”. Affronta in modo ironico la solitudine, voluta o meno, e rivaluta anche il concetto stesso. Ogni ascoltatore percepisce qualcosa di diverso, l’importante è che arrivi qualcosa. Mi piacerebbe che il brano scuotesse e creare una reazione alle orecchie di chi ascolta. Tra l’altro, a proposito della Sicilia di cui parlavamo prima, Lachea è un’isola piccolissima vicino ad Aci Trezza, spesso ci vado d’estate in barca o con la canoa; volevo dare un riferimento alla mia terra, specialmente alla mia zona.
In questo ultimo EP, cosa hai tirato fuori di tuo e allo stesso tempo cosa ci hai messo all’interno?
Ti rispondo in modo più ampio. Da settembre 2023 ho vissuto un anno intenso perché ho iniziato un progetto particolare: ho rilasciato 4 EP, uno a stagione con 5 tracce all’interno, praticamente un singolo ogni 3 settimane. Ho dato un contesto ad ogni brano e nell’ordine sono usciti “Autunno 80”, “Inverno cenere”, “Primavera aria” e l’ultimo “Estate Lachea”. Mi era venuta in mente l’idea di questo puzzle: ogni stagione è un quadretto e tutta insieme fanno parte di un’unica opera. Sono molto contento e soddisfatto dei risultati ottenuti, il duro lavoro ripaga sempre.
Ho visto che in questi anni hai stretto qualche featuring. Cosa hai acquisito dagli artisti con i quali hai collaborato?
Mi piaceva l’idea di fare un feat per ogni EP. Non è facile scegliere chi, bisogna trovare la persona giusta per la canzone giusta. Ho trovato persone serie e con le quali condividevamo la stessa idea di musica. In questo modo il quadro è risultato più variegato.
Hai intenzione di portare in giro questo progetto? Che programmi hai per il futuro?
Sto organizzando un tour autunno/inverno per il resto d’Italia e terminarlo poi in Sicilia. Voglio far uscire meno musica e concentrarmi più sui live perché il repertorio c’è.
Che emozioni hai provato nell’aprire il concerto di Max Gazzè a Noto?
La grandezza del palco è relativa però ogni volta che salgo sento qualcosa; l’adrenalina, quella strana ansia però piacevole, un mix di sensazioni che ti danno carica. È una delle migliori palestre.
C’è un episodio che per adesso collochi in cima alla tua carriera o che ricordi con piacere?
Ne ho diversi, quando suonavo nella band tanti anni fa abbiamo partecipato a Sanremo giovani. Da solista invece ho aperto ad artisti del calibro di Gazzè, Daniele Silvestri, sono momenti belli ed indimenticabili. Quando senti il pubblico che reagisce bene ai tuoi live ti dà una soddisfazione enorme. Per me conta sempre far arrivare un messaggio.
Com’è andata con Sanremo giovani?
Una settimana lì vale un anno di gavetta. Foto, interviste, suonare su quel palco, quando esci da lì sei veramente formato. Sanremo è un tritatutto, è un frullatore di emozioni ed esperienze senza rivali in Italia. Mi auguro di ritornarci da big in gara, questo è il mio sogno più grande che spero di realizzare.
Nella tua gavetta, da quando hai esordito ad oggi, come ti vedi?
Mi vedo cambiato e con più esperienza. Più suoni e più ti formi, ti fai le ossa e col tempo impari a gestire meglio il tutto. La gavetta è fondamentale se si vuole crescere, non si smette mai. Anche quando fai il salto di qualità non si finisce mai di imparare, la vita ha sempre qualcosa da insegnarti.
L’incertezza che ti dà l’entusiasmo di andare avanti è il motore della musica, poi la benzina sta a te metterla nel serbatoio.
Cosa consiglieresti oggi ad un giovane che vuole mettersi in gioco in questo settore?
Il primo consiglio, che può sembrare banale ma non lo è, è quello di fare, creare. Se ti abbatti ai primi no che ricevi non vai avanti perché gli ostacoli ci saranno sempre. Bisogna continuare a perseverare se vuoi fare questo nella vita, i risultati in un modo o nell’altro arrivano prima o poi, non ho dubbi. L’importante è metterci entusiasmo, bisogna godersi il viaggio.
Articolo a cura di Simone Ferri