Cabrio: “Non chiamarmi più”! L’ultimo singolo del cantautore siciliano suona come dei titoli di coda che mettono la parola fine ad un rapporto amicale che stava per sfociare in altro
Angelo Soraci, in arte Cabrio, è un artista messinese che viaggia portando sempre con sé la sua chitarra. Torna alla ribalta con una traccia pop dal ritmo soft, in pieno clima autunnale e con tutte le carte in regola per rimanere impressa. Il brano, composto da tre voci con la collaborazione di Sandra e del rapper Maxi B, fa pensare alla fine di una relazione sentimentale, forse mai iniziata. Il protagonista rifiuta i continui inviti da parte di lei, perdutamente innamorata, e finiscono per dirsi addio.
Angelo benvenuto tra di noi, piacere di conoscerti! Come procede questo periodo della tua vita?
È un periodo abbastanza florido musicalmente parlando, ho molte idee e riesco a renderle concrete. L’ultimo singolo stava nel cassetto già da un po’ di tempo, non era una novità; ho aspettato solo il momento giusto per tirarlo fuori.
Entriamo subito nel merito di questa canzone, “Non chiamarmi più”. Come hai sentito che questo fosse il momento giusto per partorirla?
Ci abbiamo riflettuto su e abbiamo notato che non era un brano prettamente estivo perché non si presta ad essere un tormentone. La prima data disponibile era a settembre che penso sia il momento perfetto poiché la canzone ha anche un’impronta autunnale, si sposa bene con la stagione in corso e fa da coda all’estate. Sono molto propenso per la periodicità dei brani, da sempre. Gli ascolti stanno andando molto bene quindi il periodo si è rivelato azzeccato.
Che significato ha per te questa canzone?
È abbastanza triste e malinconica. C’è questo protagonista che rifiuta i continui inviti da parte di questa donna. Essere rifiutati è sempre una sensazione spiacevole. È la versione triste de “La regola dell’amico” di Max Pezzali, ed è vista anche dall’altra sponda, ovvero è lui che rifiuta lei per la troppa amicizia che li lega.
Sei del parere che possa esistere l’amicizia tra uomo e donna?
Secondo me sì, l’ho sperimentato nel corso degli anni, non vedo nulla di male e di malizioso. Per certi versi l’uomo riesce a confidarsi più con una donna che con un suo amico.
Come nasce l’idea del videoclip?
Io sono molto appassionato di manga, tutto ciò che riguarda i fumetti mi piace. Abbiamo usato l’intelligenza artificiale ed è venuto fuori il quotidiano, anche dal testo della stessa canzone.
In generale come trovi l’ispirazione?
Mi affido a ciò che vedo in giro o a quello che mi succede. L’indie è questo, è una descrizione della tua giornata. Mi piace narrare la mia vita. In questo ultimo singolo, racconto la storia di un mio amico; ci trovavamo a Sanremo, in un bar, e mi ha esplicitato bene questa situazione con molti dettagli.
Che rapporto hai con la Sicilia? Che clima musicale si respira?
Io abito a Messina, qui si vive bene. Questa amministrazione dà molto spazio agli artisti a 360 gradi, pittori, ballerini, musicisti e quanto altro; organizzano sempre serate che hanno successo. Ci sono diverse radio locali che hanno dei bei progetti, invitano cantanti affermati ed emergenti. La parola giusta per questa regione è sicuramente ospitalità.
Da dove viene il tuo nome d’arte “Cabrio”?
È nato tanto tempo fa all’uscita del mio primo disco che abbiamo definito “on the road”, da ascoltare in macchina appunto. In quel momento sono venuti fuori tanti nomi strani, tra cui Cabrio che era quello più piccolo e d’impatto. Si riferisce al tema del viaggio e mi reputo un assiduo ascoltatore di musica in macchina tra radio e CD.
Da quando hai esordito ad oggi ti vedi cambiato?
Da quel momento sono passati 22 anni. Ho attraversato l’adolescenza e la maturità e lo stacco tra le due fasi è notevole. Anche la qualità degli argomenti trattati e il modo in cui sono stati esposti è migliorato.
Andando un po’ a ritroso, la passione per la musica nasce dentro casa tua?
Sì, mio nonno aveva una collezione innumerevole di dischi. La prima musica che ascoltavo era quella di Celentano che poi mi ha influenzato quando mi ci sono cimentato. Mi ha sbloccato anche a suonare la chitarra, il mio strumento preferito. Quello che riesco ad esprimere attraverso di essa, non lo faccio con nessun altro strumento.
In questi 22 anni di carriera qual è l’emozione più forte che hai vissuto o il ricordo più bello che conservi?
Nel 2019 ho partecipato a Locarno al “City of guitars” e ho vinto questo premio. Mandai una demo voce e chitarra e mi chiamarono per dirmi che avevo vinto. Mi sono esibito su quel palco ed è stata la soddisfazione più grande, quella sera c’era tanta gente di spessore come Massimo Luca, Federico Poggipollini, Enrico Ruggeri.
Cosa provi quando sei sul palco nei live?
Sono un piacione, faccio sempre battute, mi piace intrattenere e prendermi la dovuta confidenza. Non mi piace a volte quel distacco che si viene a creare tra pubblico e artista. Sono un compagnone e ho costruito un bel rapporto con loro, li definisco i miei discepoli.
Qual è il tuo brano manifesto?
“Dinosauri”, assolutamente senza ombra di dubbio. Ero fermo davanti ad un cinema e mi sono messo a scriverlo in macchina, ce l’avevo in testa. È la traccia con più ascolti e me la chiedono sempre durante i concerti. Qualcuno mi chiama anche Cabriosauro!
A cosa stai lavorando adesso?
Ti faccio un piccolo spoiler. Stiamo chiudendo un disco interamente in acustico, sono tutte canzoni mie riarrangiate in modo molto spoglio, proprio per far vedere alla gente come nasce un brano e che tipo di intimità si crea tra strumento, testo e voce. Mi sono accorto che alcune tracce potrebbero assumere un altro aspetto.
Articolo a cura di Simone Ferri