A tu per tu con il giovane cantautore classe ’96, fuori con il primo singolo intitolato “Anima fragile”
Capita raramente di intravedere in un esordio discografico una certa originalità, una forte e predominante identità artistica. E’ il caso di Cioffi, tenete bene a mente questo nome, un ragazzo come tanti ma con una sensibilità, una passione e un talento come pochi. “Anima fragile“ è il titolo del suo primo singolo, “un viaggio andata senza ritorno”, giusto per citare uno degli ispirati ed evocativi versi del brano.
Cosa rappresenta esattamente per te questo tuo biglietto da visita musicale?
“Anima fragile” è l’inizio di un percorso immaginario, ma anche il coronamento di un piccolo sogno, perché dal momento in cui un brano esce diventa di chi lo ascolta. Mi ha sempre affascinato l’idea di condividere con gli altri un’emozione che, fino a qualche tempo prima, era soltanto mia.
Questo esordio è arrivato esattamente come te lo immaginavi?
Molto meglio di come me lo immaginavo, sinceramente. Mai mi sarei aspettato di riuscire ad arrivare a tanta gente in così breve tempo, al di là dei numeri che personalmente non mi interessano e lasciano il tempo che trovano. Ogni giorno mi confronto tramite i social con tante persone, trovo che sia questa la grandezza della musica: riuscire ad unire sensazioni e trasformare due sconosciuti in anime che si conoscono da sempre.
“Anima fragile” custodisce al suo interno una sua forza e una sua verità, lo consideri un po’ il manifesto della tua musica che verrà?
Lo considero un inno generazionale, ma in punta di piedi. Il mio inizio, un manifesto di ciò che ho da dire. Tutto ciò che verrà in futuro mi auguro sia un proseguo, non vorrei fare pezzi slegati tra loro.
Con quale spirito ti affacci al mondo della musica? Al di là dell’aspetto patinato, sei consapevole dei sacrifici che richiede questo mestiere?
Sì, sicuramente, sono pronto a farne ulteriori, anche rispetto a quelli che sto compiendo già da anni. Sono a conoscenza dei sacrifici, so benissimo che è un mondo difficile, che bisogna essere tanto fortunati. L’unico obiettivo che ho è quello, un domani, di guardarmi indietro e non avere rimorsi, comunque sia andata.
Venendo all’attuale situazione sanitaria legata alla pandemia e alle sue terribili conseguenze, quale impatto emotivo pensi che avrà tutto questo sulle nostre vite?
Sono convinto che durante questo periodo tante persone abbiano avuto la possibilità di riflettere, di migliorare e smussare gli angoli più acuti del proprio carattere. Credo che questo virus ci abbia permesso di capire che, in fondo, siamo uguali e che tutti possiamo avere le stesse possibilità. La vita e la libertà sono doni preziosissimi, in questo lockdown siamo stati in grado di cogliere la bellezza e il valore delle piccole cose.
Un’altra tua grande passione è il calcio, uno sport che si coniuga benissimo con la musica pensando ad una futura e ipotetica (te lo auguro) convocazione nella Nazionale Italiana Cantanti…
Guarda, sarebbe davvero un sogno. Da bambino volevo fare il calciatore, ci ho sperato fino all’adolescenza, ho sospeso a causa del ginocchio sinistro che mi tormenta, in più non potevo portare avanti in maniera professionale entrambe le cose. Per me sono due passioni che viaggiano parallelamente, ma che a volte si incontrano, tant’è che durante la quarantena ho scritto una canzone su questo tema e che farà parte di un album futuro, perché quello a cui sto lavorando è praticamente già concluso.
Continuo a giocare a livello locale, sono capitano di una squadra universitaria. Alla fine ho capito che non è importante il livello, il calcio per me è una grande passione, quando gioco nel campetto dietro casa immagino di calpestare il prato di San Siro, essendo io un grandissimo tifoso del Milan. In più bisogna saper riconoscere i propri limiti, io non sono certo un fenomeno (ride, ndr), per cui non mi resta che la carta della Nazionale Italiana Cantanti, a cui rivolgo il mio appello, nel caso in cui servisse un terzino…
A proposito di campetto dietro casa, quanto contano le tue origini e la tua terra in ciò che sei umanamente e artisticamente parlando?
Tantissimo, sono nato e vivo a Galatina, la realtà salentina ti mette nelle condizioni di crescere in fretta e di sognare tanto. Qui non ci manca nulla a livello di territorio, ma a differenza delle grandi città ci sono meno possibilità concrete, soprattutto per noi giovani. Questo fa scattare dentro di te una sorta di interruttore, che ti spinge a dare sfogo alle tue più grandi passioni, non a caso è una terra ricca di artisti, da Emma Marrone ad Alessandra Amoroso, passando per i Negramaro, i Boomdabash e i Sud Sound System.
C’è davvero un rapporto viscerale con la nostra terra, che noi salentini critichiamo sempre, però alla fine l’amiamo, difendendo le nostre tradizioni. C’è un’influenza quasi invisibile, trasparente, che questo posto fa fiorire nell’anima e nel carattere delle persone. In più ci sono paesaggi incredibili, dal sole al mare, per non parlare del tramonto, che poi è lo stesso che cito in “Anima fragile”, uno spettacolo indescrivibile. Il Salento è una parte di me che non se ne può andare, sono grato e amo la mia terra.
Per concludere, a proposito di sogni, tra vincere la Champions League con il Milan e aggiudicarsi il titolo del Festival di Sanremo, cosa sceglieresti?
Senza ombra di dubbio, anche solo partecipare al Festival sarebbe davvero stupendo. Sanremo mi piace un sacco, lo seguo dacché ho memoria.