Guglielmo: “Leggero” per dare un calcio a paure e rimpianti a colpi di rock. Dal tema dell’overthinking nasce la sua esigenza di scrittura
Quante volte ci siamo chiesti se la musica sia ascrivibile a puro intrattenimento o meriti qualcosa di più? Solo una combinazione matematica di suoni e parole o felice alchimia in grado persino di lenire le ferite?
Senza dubbio, si tratta di un dolce sollevamento dell’anima che assicura ossigeno alle nostre arterie più segrete. Ma non è solo un fatto di cuore, la musica risveglia anche la mente regalandole di volta in volta sollievo o energia, a seconda della necessità.
Guglielmo Fineschi, in arte solo Guglielmo ha ventisei anni ed è un cantautore senese (tifoso della contrada del Leocorno) cresciuto a pane e rock che ha saputo trasferire la passione per questo genere nelle sue canzoni, alimentandola con una travolgente elettricità ritmica ma anche attraverso contenuti interessanti.
Per Guglielmo la musica è una sorta di terapia in grado d salvarci dai nostri stessi pensieri che talvolta, come lame affilate torturano e feriscono la mente. Nel suo ultimo singolo “Leggero” il giovane artista canta “Io mi staccherò la testa e la porterò su qualche vetta, con un destro la calcerò nel cielo, almeno il corpo mio vivrà leggero”. E ora alzi la mano chi negli ultimi due anni non ha maturato un pensiero simile.
Hai mostrato sin dall’inizio la tua impronta rock?
Si, il punk rock è il mio stile ed il mio mondo.
Hai mai partecipato a contest?
Nel 2018 ho vinto “Rock My Life” che mi ha dato la possibilità di aprire i concerti dei Rhumornero e dei Finley.
E talent?
Perché no, mi piacerebbe. Non mi precludo niente!
Quando hai iniziato a comporre?
Intorno ai diciotto anni e man mano sono diventato sempre più consapevole. Dopo di che, mi sono dovuto fermare per un lungo periodo. Ho ricominciato lo scorso anno ad uscire con i miei prodotti.
Perché?
Per difendere un amico ho subito un’aggressione che per alcuni mesi mi ha lasciato degli strascichi che poi, fortunatamente, sono riuscito a superare. Il punto è che questa vicenda mi ha privato di un anno di esibizioni e quando sono riuscito a ripartire nel 2019, dopo poco è arrivata la pandemia.
Come hai affrontato il lock-down?
Da un punto di vista mi è stato utile perché ne ho approfittato per scrivere. Ho talmente tanti pezzi pronti che potrei già incidere due album.
Chi ti ha accompagnato in “Leggero”?
Vincenzo Cristi (voce e chitarra dei Vanilla Sky) che ha curato la produzione e l’arrangiamento del pezzo.
Hai scritto tu “Leggero”?
Sia musica che testo.
È stata scritta prima o durante la pandemia?
La canzone è nata proprio durante la pandemia perché io, come probabilmente la maggior parte delle persone, ho avvertito questo senso di pesantezza ed il desiderio di prendere la mia testa a calci.
Perché secondo te?
Perché questo periodo ci ha costretti a restare da soli con noi stessi, ed in queste occasioni la mente inizia a viaggiare. Persino troppo.
E dove ti conduce?
In un luogo dove viene messa in standby la parte razionale della nostra mente lasciando spazio ad angosce, paure e rimpianti.
Ti è stato di aiuto scriverci un pezzo?
Assolutamente sì. Che si tratti di una poesia o di una canzone l’intento è sempre quello di sfogare le proprie energie o inquietudini. Io vedo la musica un po’ come fosse un sacco da boxe, e soprattutto è dotata di un potere catartico.
Quello dell’overthinking non è un tema nuovo per te, giusto?
È vero. L’avevo già affrontato in “A piedi scalzi” dove tratto proprio questo argomento e l’instabilità mentale che ne può conseguire.
Cosa è per te la musica (oltre ad un sacco da boxe)?
Una terapia. Ho iniziato a scrivere canzoni per me, per un’esigenza personale, più tardi è arrivata l’idea di pubblicarle.
Quindi si torna all’overthinking?
In effetti sì. La mia scrittura è nata proprio così, non è quindi un caso che io tratti spesso questo tema.
Canti solo in italiano?
No, anzi è molto più facile scrivere pezzi rock in inglese. Pensando all’album inizialmente ero convinto di inserire il 50% di pezzi in italiano ed il restante in inglese. Ora, confesso di essere più indeciso.
Perché?
Perché al di là della musicalità della lingua inglese, ci tengo moltissimo a far conoscere e capire i miei testi, cosa che l’italiano può garantirmi più facilmente. Anche perché da sempre ascoltare canzoni in cui posso riflettermi riesce a farmi star meglio, così quando ho iniziato a scrivere ho sperato di poter suscitare lo stesso effetto sugli altri.
Quali sono gli artisti che ti hanno maggiormente ispirato?
La lista sarebbe piuttosto lunga ma sicuramente ne fanno parte Kurt Cobain, i Guns’N Roses, Machine Gun Kelly, Travis, Green Day, Linking Park (che però forse ho ascoltato persino troppo). Tra gli artisti italiani cito Vasco Rossi, Fabrizio Moro, Gazzelle e i Cara Calma.
Progetti futuri?
Sicuramente quello discografico e poi ho voglia di provare tutto, dai contest ai talent. Penso infatti che ogni esperienza rappresenti una possibilità di crescita ulteriore. Ma principalmente ho voglia di suonare live, è la cosa che manca di più in assoluto.