Lu Colombo: con “Danza” esorcizzo la tristezza dell’assenza
A 40 anni da “Maracaibo” continua a cantare canzoni affatto leggere ma con un coinvolgente sound latino
Maria Luisa Colombo, più nota al grande pubblico come Lu Colombo, è un artista che ha regalato grandi successi, il più noto dei quali, perlomeno in Italia (il pubblico internazionale ama moltissimo “Gina”) è “Maracaibo”. Un pezzo scritto dalla stessa cantante milanese insieme a David Riondino nel ’75 che ha dovuto attendere ben sei anni per la sua pubblicazione ed il cui testo, a dispetto di ciò che molti credono, ha poco cui spartire con i ritmi allegri e scanzonati della musica che lo accompagna.
La Colombo dopo “Maracaibo” ha continuato a scrivere e cantare, quasi sempre temi importanti, attuali e scomodi come la violenza sulle donne e il femminicidio (trattati nell’EP “Basta” del 2017) ma sempre con il suo inconfondibile sound tropicale che accende la voglia di ballare.
Pochi mesi fa ha pubblicato un nuovo album, “Danza” contenente alcuni dei suoi più grandi successi più tre inediti (tra cui il singolo “Danza”) scritti in buona parte durante il lockdown. La vera, piacevole sorpresa, è realizzare che un’artista navigata come Lu Colombo, fermamente decisa sulla linea musicale da seguire così come su ciò che non le appartiene, si interroghi, oltre che sul risultato finale, se fosse o meno opportuno far uscire questo lavoro proprio ora, proprio in questo momento storico eccezionale. Ennesima dimostrazione di una spiccata sensibilità che va oltre ogni calcolo matematico o mera logica discografica.
In “Danza come in “Maracaibo” tratti temi affatto banali. È la tua cifra?
Effettivamente anche in “Maracaibo” si racconta una storia triste ma in pochi ci fanno caso perché il sound la rende allegra. Il mio obiettivo è sempre stato comunicare qualcosa arrivando al cuore delle persone e, per quanto il vero significato di un testo possa sfuggire a qualcuno, direi che è da considerarsi pienamente raggiunto. Oltretutto, per anni quando andavo in discoteca a cantarla la gente mi parlava in spagnolo, convinta che fosse la mia lingua. In realtà ci sono stati altri esempi celebri di canzoni apparentemente leggere date le sonorità dance, vedi “Enola Gay” o “I will survive. Brano quest’ultimo che io ho tradotto in italiano nel mio disco contro la violenza sulle donne. Non si sospetta sia così, ma in realtà parla proprio di questo.
Una musica allegra può aiutare ad affrontare argomenti importanti?
Alla fine, certe volte la tristezza tramutata in allegria attraverso la samba o i ritmi brasiliani, ha la virtù di trasformare una cosa negativa in una positiva. Maracaibo è un po’ questo.
Cosa che è vera anche per “Danza”…
In effetti si, anzi mentre registravamo il pezzo con il featuring di Tony Esposito, rigorosamente in casa perché in pieno lockdown, è uscito fuori un editto dei jihadisti in cui si proibiva la danza, il canto e la musica. Io che parto sempre dall’attualità per le mie canzoni ho avvertito più che mai l’esigenza di continuare questo progetto e pubblicarlo.
Qual è il leitmotiv che lega questo brano al resto del disco?
Il tema dell’assenza. Mi riferisco sia alle perdite umane che nella mia vita ho dovuto sopportare sia ad allontanamenti di tipo sentimentale. Non sono una che soffre di solitudine ed eventualmente la combatto con la musica, una vera medicina. Anzi, sono felice che attraverso le mie canzoni anche altre persone possano essere riuscite a superare momenti di tristezza o disagio. Mi pare che “Maracaibo” porti sempre gioia. “Danza” comunque parla specificamente di persone che non ci sono più, in “Neve al sole” invece il pensiero va a mio padre e alla sua esperienza come prigioniero di guerra. Adesso, a proposito di mio padre, mi rendo conto veramente di quello che ho perso; anche in “Stelle” (terzo inedito) racconto di una perdita, nonostante si tratti ancora una volta di una canzone molto allegra.
Quanto è attuale l’assenza?
Molto, la pandemia ci ha fatto fare i conti con l’assenza di ciò che consideravamo normale e con la libertà. Questa assenza che tutti abbiamo provato credo che nel bene e nel male abbia lavorato dentro ognuno di noi. La libertà è invece fondamentale specie in questo periodo in cui ne discutiamo affrontando il tema della vaccinazione. Quando nei mesi scorsi sentivo lamentare la gente del fatto che non si poteva fare l’aperitivo mi cadevano le braccia, probabilmente siamo una società troppo viziata.
La danza è un modo di esorcizzare tutto questo?
Per me è qualcosa di importante, negli anni ’80 ho fatto solo pezzi dance. Da giovane scappavo in discoteca perché negli anni ‘60/’70 non arrivavano i dischi di importazione in Italia, probabilmente perché venivano fatte le traduzioni dei pezzi più importanti in italiano. Ma se volevi ascoltare Aretha Franklin o i Rolling Stones dovevi recarti nei luoghi dove si ballava. La danza, come la musica, è sempre stata per me una valvola di sfogo, una necessità.
Cosa ti piace della danza?
Il ritmo. Nella mia testa sento costantemente una batteria dance, mia madre quando ero piccola mi vedeva sempre muovere la testa e non capiva il perché.