In tour con i Rolling Stones, a Sanremo con Lucio Dalla e il “metodo Modugno”: in attesa del concerto di Brescia il prossimo 8 maggio, chiacchieriamo con Al Bano, icona della musica italiana scoprendo nuovi interessanti aneddoti.
Ne ha fatta di strada da Cellino San Marco in oltre cinquanta anni di carriera e i suoi 26 dischi d’oro e 8 di platino. Senza contare i concerti in tutta Italia e nel mondo, dal Giappone alla Russia, dagli Stati Uniti all’America Latina, comprese sette volte davanti a Santo Giovanni Paolo II. Le sue canzoni e i musicarelli fanno oramai parte della storia della musica italiana. Con “Ci sarà”, in coppia con la storica partner Romina Power, ha pure vinto il Festival di Sanremo nel 1984. Qualcos’altro da aggiungere a tanta carriera? Certo…
Cominciamo da ciò per cui è diventato celebre: a che età ha scoperto la sua voce?
Ricordo che ascoltavo mio padre suonare e mia madre che cantava. Lei era soprano e mi ha trasmesso in qualche modo questa passione. Non ricordo esattamente come ma scoprii questo dono quando avevo più o meno 5 anni. E qualcun altro oltre a me se ne accorse, tanto che alla scuola elementare mi chiesero di esibirmi davanti al maestro…ma mi vergognai e scappai (ride).
E dopo qualche anno, inseguendo il sogno di cantante, scappa a Milano. Mentre lavora incide il suo primo disco nel 1965, “La strada”, cover di un brano di Gene Pitney, poi comincia a esibirsi come spalla negli spettacoli di Adriano Celentano. Che periodo ha rappresentato quello col Clan?
Mi sentivo fortunatissimo, cominciavo a respirare un’atmosfera che fino ad allora avevo solo visto in televisione o letto sui giornali. Pensavo: “Quanto durerà?” E per questo vivevo intensamente ogni esperienza, con grande devozione per Adriano Celentano. Allora e adesso.
Nel 1965 Peppino Di Capri fece da spalla ai Beatles nei loro concerti italiani, lei invece nel 1967 partecipò al tour italiano dei Rolling Stones. Cosa ricorda?
Aprivo il concerto degli Stones cantando nella prima parte, poi mi fermavo a vedere i loro show. Mi colpiva rivedere ogni sera le stesse scene, gli stessi momenti con quei fasci di luce o la stessa recita di Jagger che gettava le rose al pubblico…Io venivo dall’esperienza del Clan di Adriano, artisticamente ben più stravagante, con esibizioni sempre imprevedibili ogni sera. Non voglio criticare nessuno, sia ben chiaro: semplicemente mi furono chiare le regole di un certo tipo di showbusiness e le regole di un artista che è al di là delle regole. E questo era Adriano.
Con la canzone “Nel sole”, nel 1967, primo grande successo, anche la critica apprezzò l’estensione della sua voce definendola un “secondo Claudio Villa”. Le fece piacere quel paragone? Come erano i rapporti con Villa?
Certamente. Avevo un’ammirazione totale per Claudio Villa, è stato un grande. Lo ricordo come un gladiatore che difendeva la sua fama dai tanti facinorosi che in qualche modo tentavano di screditarne il valore che aveva e che ha dimostrato. Mi rattrista vedere che si faccia poco per la sua memoria, probabilmente meno di quanto realmente meriti.
Nel 1968 partecipa al Festival di Sanremo con “La siepe”, in coppia con la folk-singer americana Bobbie Gentry, ottenendo il premio speciale della critica “Luigi Tenco”. Come fu quel primo Sanremo tra i big, cosa ricorda?
Ero nervoso ed emozionato, avevo i crampi allo stomaco prima di salire sul palco. Portai un brano interessante ma difficile. Purtroppo, anche se molti entusiasmati all’inizio mi diedero per vincitore, il pezzo non fu capito: e dal successo di “Nel sole” nell’arco di una sera mi ritrovai ad essere di nuovo il “signor nessuno”. Fu una bella lezione.
Quell’edizione la ricordo anche perché conobbi Lucio Dalla. Lo vidi per la prima volta conciato da barbone a chiedere l’elemosina all’entrata dell’Ariston prima della serata. E durante la competizione me lo ritrovai sul palcoscenico: “ma è quello che prima chiedeva l’elemosina…e adesso canta???” Una scena che non dimenticherò mai: era un geniaccio.
Nell’album “A cavallo di due stili” (1970) per la prima volta interpreta brani lirici come l’Ave Maria di Schubert o il Mattino di Leoncavallo accanto ad alcune reinterpretazioni di canzoni della tradizione napoletana quali O’ sole mio o Core ‘ngrato. Che rapporto c’è tra questi due generi nella sua formazione?
Da buon meridionale sentivo spesso cantare canzoni come “O sole mio” e “Core ‘ngrato” come repertorio quotidiano della gente di strada e così mi sono entrate prima nell’orecchio e poi nell’anima. Accanto a queste, in occasione delle feste del Santo patrono, ascoltavo anche le bande che suonavano in paese brani classici, da Puccini a Leoncavallo. Fu possibile grazie alle trasposizioni del grande Maestro Ernesto Abbate, primo a convertire le note dei grandi autori in musica bandistica: così ho conosciuto Nabucco, Turandot e tante altre inevitabilmente confluite nella mia formazione.
Altra tappa imprescindibile è il legame, sentimentale quanto artistico, con Romina Power. Noti i successi come “Dialogo”, “We’ll live it all again” (Noi lo rivivremo di nuovo) negli anni ’70 e poi “Felicità” a Sanremo 1982, forse la vostra canzone più rappresentativa in tutto il mondo. Cosa ricorda della nascita di questa canzone?
Freddy Naggiar, allora produttore della Baby Records, un giorno mi fece sentire questo brano scritto da Cristiano Minellono, Dario Farina e Gino De Stefani. Mi piacque al primo ascolto e subito pensai: “minimo minimo venderà un milione e mezzo di copie”. Mi sono sbagliato…di altri 8 milioni e mezzo! Un successo mondiale, ancora oggi. Ha portato fortuna a chi l’ha scritta, a chi la canta ed evidentemente anche a chi la ascolta. Ogni volta che si attaccano le prime note di questo brano nei concerti vedo la gente che si scatena.
L’ultimo anno di collaborazione stabile con Romina può essere considerato il 1995. Nel1996 si presenta al Festival di Sanremo da solista con “È la mia vita”, un ritorno a interpretazioni melodiche più impegnative. Come si è sentito in quel momento, da solista?
Di fatto solista lo sono sempre stato: anche se le canzoni che cantavamo in coppia risultavano certamente più popolari, nei nostri album abbiamo sempre prediletto anche parti da solisti. Riscuotendo successo nell’uno e nell’altro caso. Certo quando ho inciso “É la mia vita” mi sono venuti i brividi: una canzone stupenda che ha segnato una tappa della mia vita e della mia carriera, come “Nel sole” o “Felicità”. Non a caso è anche il titolo della mia biografia.
Nel 1998 si esibisce in Austria a Bad Ischl con Placido Domingo e José Carreras in un inedito terzetto in cui sostituiva Luciano Pavarotti. Considerate le sue doti canore, non ha mai pensato di dedicarsi solo alla lirica?
Al Bano nasce da una commistione di stili fatta di classica, musica popolare e blues in cui anche la lirica però ha trovato spazio: è un genere che ho sempre apprezzato. Mario Del Monaco mi diceva “la tua è una voce rubata alla lirica”. Ognuno però poi segue la sua strada…Grazie alla mia vocalità tuttavia ho potuto permettermi di collaborare anche con artisti straordinari come Domingo o Paco De Lucia e Monserrat Caballè.
Restando alle grandi collaborazioni nella musica, dopo la nota polemica di plagio durante gli anni ’90 con Michael Jackson, si vociferava di un vostro concerto insieme a favore dei bambini maltrattati nel mondo. Poco dopo Michael Jackson fu colpito dalle accuse di pedofilia e oggi non è più con noi, dunque il concerto non si potrà più fare. Rimpiange quel mancato evento pacificatore?
Certo, sarebbe stato fantastico duettare con lui. Anche per mettere una pietra sopra una vicenda imbarazzante per entrambi, per sua stessa ammissione. Fu strano ma è successo… Mi spiace per i suoi fan che se la presero con me al processo ma credo che lui stesso mi avrebbe fatto causa se mi fossi appropriato, pur accidentalmente, di una sua canzone.
Il 6 luglio 2008 tiene un concerto in onore di Domenico Modugno a San Pietro Vernotico, paese in cui il cantante trascorse infanzia e giovinezza, distante solo 2 chilometri da Cellino San Marco. Ha mai incontrato Modugno?
Eravamo amici. Me lo ricordo quando arrivava in paese, accolto come una divinità. Modugno è stato per me uno di quei personaggi ispiratori. Seguii il suo esempio tanto che presi in considerazione tutto quello che fece per arrivare al successo. Ho studiato il “metodo Modugno” e con quel metodo ho vinto.
Dopo l’ultima esibizione nel 1997 a Rio de Janeiro all’Estádio do Maracanã davanti a Papa Giovanni Paolo II, nell’ ottobre 2013 canta con Romina Power per la prima volta dopo 16 anni in occasione dei tre concerti organizzati in Russia a Mosca. Come è stato cantare di nuovo in coppia dopo tutti quegli anni?
È stato come se fosse passata una spugna: tutto era passato e c’era soltanto quel presente a riproiettarci nel futuro. Anche se da allora non ho più vissuto il nostro rapporto professionale come duo ma più come un incontro di due artisti che “dialogano” cantando su un palcoscenico. Di emozione comunque ce ne era tanta. Ed è un bene che ci sia sempre: se questo mestiere non ti dà più emozione forse è giunta l’ora di mollarlo.
Sono previste altre date con Romina in Europa e in Italia ma anche sue date soliste, come il prossimo concerto a Brescia l’8 maggio. Cosa dobbiamo aspettarci?
Tutti i brani che non possono mancare in un mio concerto. Per il resto non è bello svelare quello che succederà, si toglie il gusto dell’aspettativa… Il mio motto è: venite e non ve ne pentirete!
Tra “tutte quelle che non possono mancare” c’è però una canzone della sua carriera a cui è più legato o che la emoziona in particolare quando la canta?
Tante. Veramente tante, per diversi motivi. “Devo dirti di no”, cover con i Temptation dei tempi del Clan, “Io di Notte” pezzo scritto da me e presentato in una delle puntate di Settevoci, “Nel sole” il primo successo o il sofferto mezzo flop de “La Siepe”, canzone che ho sempre difeso…Mentre canto ognuna delle mie canzoni mi ripassa davanti tutto quello che ho vissuto nel periodo che le incisi, ogni volta con dettagli nuovi.
A proposito di incidere, nuovi progetti discografici?
Sto progettando un nuovo disco, che segnerà una nuova fase. Ultimamente sto lavorando con il Maestro Alterisio Paoletti, stiamo registrando dei provini.
Prossimi impegni: date le sue competenze in fatto vocalità, le piacerebbe essere giudice in un talent?
No. A me personalmente non piace giudicare o sapere che da un mio giudizio possa dipendere il destino di qualcuno.
Una vita artistica come pochi in Italia: canzoni, film, premi, concerti in tutto il mondo mondo, ambasciatore FAO e ONU e persino produttore di vino. Oggi Albano ha ancora un sogno da realizzare?
I sogni sono ancora tanti. Ma non li confesso…altrimenti non si avverano.