Virgin Radio ha compiuto quest’anno 10 anni e Musica361 ha intervistato uno dei suoi protagonisti, Dj Ringo. Aneddoti e riflessioni di una vita da dj, dal rock in Italia al ruolo dei social nella musica.
Conduttore radiofonico e televisivo Dj Ringo, al secolo Rocco Maurizio Anaclerio, è stato uno dei primi dj di Radio RockFM, RTL e 105 per la quale ha creato e condotto il programma Revolver. Dieci anni fa ha traslocato con Revolver a Virgin Radio Italia di cui oggi è direttore artistico.
«Sono fedele a Virgin da 10 anni, quasi come con la mia compagna Rachele, con la quale sto insieme da 11» ironizza subito Ringo nel suo originalissimo studio arredato da cimeli rock’n’roll presso la sede di Virgin Radio Italia. «Forse perché nessuno mi ha offerto più soldi (ride)…No la verità è che ho contribuito a fondare questa radio e me ne sarei andato solo se non mi fossi trovato bene ma qui è bellissimo, per questo sono rimasto in squadra. Con una metafora calcistica mi sento un Maldini o se preferite un Facchetti della situazione».
Dopo 10 anni, «a parte la maledetta macchina degli ascolti che qualche volta può dare qualche frustrazione», la vera difficoltà è ancora stare quotidianamente davanti al microfono anche quando accade qualcosa di drammatico: «É un po’ come il lavoro del clown, indossi una maschera dovendo nascondere la tua sofferenza. Mi ha addolorato annunciare la scomparsa di Bowie, idolo della mia adolescenza, così come a suo tempo mi avevano segnato la scomparsa di Elvis e John Lennon: sono cresciuto in una famiglia di rockers con quei miti che ho sempre visto immortali». Per contro in questo mestiere ci sono quotidianamente anche momenti di gioia, «ad esempio quando Virgin diventa radio ufficiale di un evento musicale e posso regalare biglietti gratis: i prezzi sono sempre più alti e sentire l’urlo di felicità di un ascoltatore che se li aggiudica è impagabile».
Orgoglioso del ruolo di Virgin Radio in Italia sottolinea l’unicità dell’emittente: «Solo su Virgin potete ascoltare oltre ai classici rock anche Stray Cats o Tom Petty, persino la classifica dell’heavy metal: accontentiamo tutti, dai coetanei di mio padre che ama i Beatles ai diciottenni come mio nipote che adora Marylin Manson». Citando Marylin Manson viene subito in mente l’immagine da rockstar maledetta “sesso droga e rock’n’roll” e quando gli chiediamo cosa pensi di messaggi del genere Ringo afferma: «Sono a favore di qualsiasi esperienza purché con buon senso: non credo che un bicchiere di vino possa far male ma se ci si mette ubriachi alla guida puoi fare un danno a te e agli altri. Non sono per i divieti ma per il rispetto delle vite altrui».
Spesso si sente dire che il rock è morto ma di fronte all’entusiasmo di Ringo non sembra proprio: «Dopo i concerti dei Guns’n’Roses o dei Rolling Stones di questa estate con migliaia di persone di ogni età o la nascita di nuove band come i Greta Van Fleet come si fa a dire che il rock è morto?» Più diffidente invece sul cosiddetto rock italiano: «Le rock band italiane che cantano in inglese sono troppo maccheroniche per il mercato estero, questo è sempre stato un problema. Poi ci sono artisti che cantano in italiano come i Negrita o Piero Pelù che adoro ma il rock italiano oggi non è più quello degli anni Ottanta: c’è stata una bella fiammata a quei tempi, poi la fiamma si è spenta».
Merito della lunga attività di Virgin probabilmente è anche la sua band portafortuna, i “numi tutelari” Ramones, che inaugurarono con una loro canzone l’emittente nel luglio 2007 ma Ringo non è scaramantico, anzi: «Ci hanno portato fortuna ma per contro non credo alla “sfiga”. Credo piuttosto che esistano persone o anche gruppi “negativi” per il loro modo di comportarsi e quelli stanno alla larga dalla mia radio. Non sopporto il concetto di “sfiga” comprese le sue esasperazioni, come nel caso di Mia Martini. Ogni giorno leggo sui social tante fake news o “fake sfighe”: c’è chi ha le spalle larghe e chi può soffrirne, comportiamoci bene».
Proprio riguardo ai social aggiunge: «Sui social vedo molti haters (coloro che odiano e perseguitano i personaggi di fama): in genere appena qualcuno pubblica dichiarazioni fuori dal coro subito viene etichettato razzista, nazista o altro senza la minima interazione, solo cogliendo il pretesto per sfogare altra violenza. E non è colpa dei social, che a mio avviso sono l’invenzione del secolo, sono le persone che fanno la società e possono rovinarla». E conclude con un invito: «Si può anche sbagliare, siamo umani, l’importante è assumersi le proprie responsabilità, restando però coerenti con se stessi. Non mi piace l’atteggiamento “politically correct” a priori senza reali intenzioni, bisogna dire quello che si pensa, esattamente come ho fatto io in questa intervista. Dopodiché qualcuno sarà soddisfatto e qualcuno non sarà d’accordo però così si vive veramente la vita. That’s rock’n’roll!»