Edoardo Brogi: Un messaggio contrastante che porta ad avere prospettive altalenanti in cui il bicchiere non è sempre mezzo pieno
“Non esiste successo senza prendere fischi.” È questo lo slogan contenuto nel nuovo singolo del cantautore toscano, che racconta la pressione e l’ansia di non farcela in un mondo sempre più saturo. Grazie alla sua semplicità e al suo essere così genuino, Edoardo trasmette la pura verità, carica di emozioni ma che rende liberi, traendo ispirazione dal quotidiano e dai momenti importanti della sua vita. Non dimentica affatto le sue origini che evidenziano la sua originalità: da adolescente la sua cameretta è diventata uno studio di registrazione in cui sono nati i suoi primi pezzi da autodidatta.
Vorrei partire domandandoti a che età hai iniziato a fare musica?
In realtà ho iniziato un po’ tardi perché fino all’età di 13 anni non avevo mai provato a cantare o a prendere in mano uno strumento. È stato un fulmine a ciel sereno, avevo una chitarra in casa e mia madre mi ha spinto a suonarla da solo. Da quel momento ho cercato anche di seguire dei tutorial e da lì sono nati anche i primi pezzi.
È una passione che hai coltivato in età adolescenziale quindi?
Sì, ho preso spunto da Ed Sheeran, essendo un suo fan e avendo visto tutto il suo percorso. Andai ad un suo concerto a Torino e fu interamente realizzato con chitarra e loop station; da lì mi è venuta la passione che mi ha invogliato a provarci.
C’è anche qualcun altro al quale ti ispiri in modo particolare?
Fin da piccolo sono stato cresciuto a pane e musica dai miei genitori, che hanno sempre ascoltato brani di tutti i generi, dai Queen ai Doors, passando per Lucio Battisti e le sue canzoni a tutto volume in macchina. Ho ricevuto una buona educazione musicale anche se i miei genitori non hanno mai lavorato con la musica nella vita. Questa mia passione è ereditaria e me l’hanno trasmessa con amore.
Quale genere ti appartiene di più?
Sono partito da una cosa più vicina al cantautorato italiano, quindi le classiche ballad piano e voce, molto sentimentali e intense; adesso mi sono spostato più su un filone elettro pop, sperimentando e collaborando con nuovi generi che portano ad una evoluzione del proprio stile.
Com’è nato il nuovo singolo “Su di me”?
È nato pochi mesi fa a Milano in cui ho fatto una session con “Le Ore”, due ragazzi dal potenziale produttivo molto forte. Ci siamo chiusi in studio e c’è stato subito un trasporto emotivo anche nella stesura dei vari testi, perché sono nate diverse tracce insieme a loro. In una giornata abbiamo registrato le voci, eravamo veramente presi.
Qual è il messaggio comunicativo di questa canzone?
È un messaggio contrastante, una sorta di conflitto interiore: parla di quella parte di noi stessi che è sempre giù di morale, tende a vedere il bicchiere mezzo vuoto e un futuro lontano. Allo stesso tempo c’è anche una parte speranzosa che ti spinge a provarci fino alla fine perché sai che quella è la tua strada e il tuo destino. Infatti, nel testo c’è una frase molto emblematica, ovvero “non esiste successo senza prendere fischi”, che racchiude un po’ tutto. Il successo è qualcosa di soggettivo: per un artista può variare dal vendere tantissimi dischi al fare un live tutto suo. Ognuno lo misura come meglio crede.
Ho letto che questo brano parla di una scommessa con te stesso e con il tuo destino. L’hai vinta questa scommessa?
Ad oggi ti dico di sì perché ho lasciato il mio lavoro da videomaker per dedicarmi al 100% alla musica; pian piano ci sto riuscendo, ma ho tante altre scommesse personali da vincere. Se non hai in mente degli obiettivi stimolanti da raggiungere è sempre più difficile andare avanti, specialmente in questo mondo che è abbastanza saturo.
Il tuo passato da videomaker te lo sei ritrovato per il montaggio dei videoclip inerenti ai tuoi brani?
Assolutamente sì, anzi è proprio quel passato che mi ha avvicinato ulteriormente alla musica. Questo tipo di conoscenza mi ha portato ad essere autodidatta specialmente quando ho iniziato, avendo curato le copertine, il sound e quanto altro.
“Polvere”, il brano con cui hai esordito, è un pezzo che hai realizzato tutto da solo?
Sì, un giorno ero in camera e ho buttato giù un giro di accordi, avendo imparato da poco a suonare la chitarra. Da lì ho cominciato a scrivere quello che mi veniva in mente e dopo un’ora avevo terminato il testo. Tutt’ora, anche magari avendo qualche imperfezione strutturale, è la canzone a cui sono più legato. La apprezzo perché è venuta fuori quella parte genuina e spontanea per ciò che riguarda la tematica, ossia i nonni. Anche durante i live, è il brano che crea l’atmosfera più bella e vedo nel pubblico molte persone che si immedesimano in quelle parole. Questa per me è la rivincita più grande.
Gli altri testi che hai scritto sono tutti autobiografici?
Sì, perché al loro interno cerco sempre di raccontare me stesso e quello che mi succede. Tutto si basa sulla verità, infatti ho anche un tatuaggio dietro al collo in cui c’è scritto “Veritas vos liberat”, ossia la verità rende liberi. Per me la musica è questo, scrivere la verità perchè ci fa sentire meglio. L’aspetto magnifico è che parli di te stesso ma quello che racconti arriva a tutti affinché possano immedesimarsi.
Che tipo di rapporto hai con il tuo pubblico?
Un rapporto bellissimo. Quando ho iniziato a fare musica avevo il terrore del palco e dei live, avevo paura di cantare anche davanti ai miei genitori o ai miei amici. Ora che ci ripenso mi sembra assurdo perché non vedo l’ora di avere una data tutta per me.
A proposito di questo, come ti sei sentito in mezzo ai grandi durante la notte di Capodanno a Bari nel 2019?
È stata un’emozione unica, non mi sembrava vero. Era tutto surreale, ho trascorso due giorni indimenticabili; salire su quel palco è stata adrenalina pura, mi tremavano le mani, avevo quasi 80 mila persone davanti ed eravamo in diretta su Canale 5.
In quei giorni è uscito il videoclip di “Senza di te” e in quel periodo è nata anche la collaborazione con la Warner Music. Ci racconti com’è andata?
Questa collaborazione è nata grazie al contest che ho fatto con Coca Cola Future Legend, che era diviso in quattro generi, ognuno di questi aveva un coach e io avevo Irama. Questa esperienza mi è servita molto perché mi ha dato la possibilità di fare tanti live e di aprire durante l’estate Radio Norba Cornetto Battiti Live, ritrovarsi quindi davanti a 30-40 mila persone a data. È stato questo il gradino che mi ha fatto sbloccare a livello emotivo e stilistico. La Warner ha manifestato interesse ad avermi con loro e da lì è partito un progetto insieme.
Cosa ti ha lasciato invece l’esperienza con X-Factor?
All’inizio è stata presa un po’ alla leggera, ho mandato l’iscrizione tramite la mia manager con un breve video di presentazione. Mi hanno contattato per l’audizione, ho visto che c’era interesse da parte loro. Il percorso ad X-Factor è stato molto bello ed intenso, ma anche stressante. Purtroppo, non sono riuscito ad arrivare ai live per un soffio però mi sento contento e soddisfatto di essermi immerso in un contesto nuovo e di aver conosciuto tante persone come ad esempio Dargen D’Amico. È un’esperienza che mi rimane perché mi ha formato in modo costruttivo.
Hai qualche programma in particolare per il futuro?
In serbo ce ne sono un’infinità; ho ancora tanti gradini da raggiungere e giorno dopo giorno sto cercando di salirli tutti.
Un altro contest a cui hai partecipato quest’anno è “Una Voce per San Marino”. Come si è sviluppata quest’altra esperienza?
Anche questa per me è stata una piacevole sorpresa perché c’è stata una fase di casting e di audizioni in cui eravamo veramente tanti, per poi arrivare alla finalissima in cui ti esibisci in un contesto nuovo e davanti ad un pubblico numerosissimo. Arrivare al sesto posto in una rosa di circa 20 artisti è stato un coronamento di tutto il percorso svolto.
Finora hai pubblicato 7-8 singoli. Hai mai pensato di racchiuderli tutti in un album?
Il pensiero c’è ed è anche abbastanza concreto poiché credo sia giusto fissare e racchiudere il me di adesso in un album.
Articolo a cura di Simone Ferri