Emanuele Dabbono, cantautore che, dalla provincia genovese, è arrivato fino alle prime posizioni della classifica della musica italiana. Scive per Tiziano Ferro.
Emanuele Dabbono è un artista umile e talentuoso. Autore per Tiziano Ferro, ha contributo ad “Incanto”, doppio disco di platino, e a tre nuovi inediti contenuti nel nuovo album “Il mestiere della vita”: “Il conforto”, “Valore assoluto” e “Lento/Veloce”.
Come stai vivendo questo periodo legato all’album “Il mestiere della vita” di Tiziano Ferro?
È il momento più alto della mia carriera, nemmeno quando ero in finale ad XFactor avevo ricevuto un’attenzione mediatica simile. Far parte della scrittura di tre brani di un disco che arrivato primo in classifica è un orgoglio personale, ricordando che vengo dalla provincia, da diciotto anni di gavetta. Penso che la mia storia sia romantica, non sono stato quello che pesca il jolly a vent’anni, ma al doppio dell’età questo risultato ha sicuramente un gusto diverso.
Ancora prima di XFactor avevi calcato palchi importanti con i Black Eyed Peas, John Legend, Avril Lavigne e molti altri. Il tuo attuale successo non è legato strettamente al talent. Cosa consiglieresti ad un artista all’inizio del proprio percorso?
Prima di qualsiasi talent o concorso indie, il mio consiglio è quello di crearsi una cultura musicale. Tanti ragazzi che incontro oggi non conoscono chi sono Bruce Springsteen, Van Morrison, non hanno mai preso uno strumento in mano, non sanno addirittura che tipo di musica vogliono fare o non scrivono canzoni, che secondo me è la cosa più triste e grave, perché l’era degli interpreti ha i giorni contati, i dati parlano chiaro, le persone che vanno avanti sono coloro che non solo ci mettono la faccia, ma anche la musica e le parole. Dopo essersi creati un’identità e un percorso va bene tutto, vanno bene anche i talent, perché se sai chi sei nessuno potrà trasformarti. Il problema è se ci vai a vent’anni, in balia delle circostanze e delle mode imperanti, rischiando di uscire come non sei.
Hai fatto parte di “Genova per voi” (concorso per autori) insieme a Franco Zanetti (direttore di Rockol). Cosa pensi della sua iniziativa di proporre alle televisioni di citare nei programmi musicali i nomi degli autori per dare rilievo a questa parte importante della musica italiana?
Sarebbe trionfale se accadesse non solo per il Festival di Sanremo. Per quanto mi riguarda penso di essere un super privilegiato, perché Tiziano cita sempre il mio nome dappertutto. Questa è una cosa più unica che rara e non voglio che passi come dovuta, perché non è così. È un gesto molto umile.
Che rapporto hai con Tiziano?
Posso dire che siamo amici, l’ha detto anche lui. Ci conosciamo da vent’anni. Avevamo fatto l’Accademia della canzone di Sanremo nel 1998, arrivammo praticamente infondo, ma non sul palco dell’Ariston. In quell’occasione, Alberto Salerno, un autore bravissimo e importantissimo che ha scritto Terra Promessa, Io Vagabondo e molte altre, ci mise sotto contratto. Io venivo dal rock, lui dal R&B bianco, poi lui è diventato una stella da milioni di dischi e io ho fatto una lunga gavetta “nei peggiori bar di Caracas” (ride). Il suo talento non mente, si è meritato ogni successo. Mi fa piacere che lui si sia ricordato di me: l’ho rincontrato in finale ad XFactor nel 2008, lui aveva scritto con Roberto Casalino “Non ti scordar mai di me” per Giusy Ferreri, mi fece i complimenti per il brano e mi disse che mi avrebbe tenuto d’occhio. All’inizio pensavo fosse una di quelle cose che si dicono, invece si dimostrò umano e leale, cinque anni dopo ricevetti la chiamata per lavorare con lui come autore e tutto cambiò.
Quali sono le prossime tappe della tua carriera da solita?
Per quanto riguarda il 2017 ci sono i tre brani che ho scritto per lui, che spero vedano un po’ di mood radiofonico. Ho intenzione di lavorare sul mio nuovo disco, ricreando le atmosfere folk irlandesi in acustico, nonostante la mia predilezione rock. Vorrei realizzare qualcosa che non abbia la fretta di uscire, senza la necessità di essere in classifica. Visto che la carriera autoriale mi sta portando tranquillità e sicurezza, vorrei avere la libertà di esprimermi. L’album avrà uno stile alla Damien Rice, un po’ più moderno.
Citi spesso la Liguria, cosa ti è rimasto più impresso della tua terra nel corso degli anni, anche artisticamente?
Sono nato in provincia di Genova, a Campomorone, il primo paese fuori dalla giurisdizione genovese. Sono cresciuto in campagna e sono fiero di venire da un paesino, il quale, con i suoi pro e i suoi contro, ha formato la mia mentalità: essere riservato, un po’ schivo, avere un’attenzione alla tradizione e ai buoni valori. Non mi ritengo assolutamente il rocker selvaggio, ritengo che questo genere lo si possa fare anche con gentilezza e dolcezza. Guardavo Genova voltata, sempre da lontano, da qui il titolo del mio libro “Genova di spalle”. Adesso mi fa molto piacere quando mi associano alla “nuova scuola genovese” dei cantautori (l’intervista peraltro è stata condotta il giorno in cui è scomparso Fabrizio De André, esponente storico della scuola genovese).
Dal punto di vista artistico, oltre a Tiziano Ferro, chi ascolti al momento?
Seguo da sempre Niccolò Fabi, che reputo una delle penne migliori in Italia. Come influenze, invece, sono uno “springsteeniano” totale, mi piace il rock americano, amo la musica irlandese e di recente mi sono fatto una cultura personale su John Mitchell, Tom Waits e Ryan Adams.
La cover di Wonderwall che ha fatto Ryan Adams è un pezzo pazzesco.
Lo stesso Noel Gallagher ha detto che avrebbe voluto farla così (ride). Un complimento migliore non poteva esserci.