Tanio Sorrentino di Mea Sound: “Non esiste musica bella e musica brutta, esiste la musica e basta”
Mea Sound è un’etichetta discografica italiana fondata nel 1980 dal Maestro Errico Sorrentino, ex dirigente di EMI Italiana. Si tratta di una tra le principali case discografiche nazionali in ambito della musica napoletana, punto di riferimento per la musica popolare italiana e con la vocazione a valorizzare la “cultura delle radici” in contrapposizione all’omologazione anglofona imposta dai grandi media. Oggi la dirigono Tanio e Andrea Sorrentino, figlio di Errico.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Tanio e ci siamo fatti raccontare cos’è oggi Mea Sound.
Quando nasce Mea Sound?
L’etichetta nasce per volontà di mio padre, nel 1980. È un’azienda di famiglia che io e mio fratello Andrea oggi gestiamo e che mio padre Errico, che fu discografico per la EMI, fondò per diffondere il repertorio tradizionale napoletano. Ti parlo dei vecchi festival di musica napoletana, quelli con Mario Trevi, Mario Abbate, Sergio Bruni, Mario Merola e altri per intenderci. Oggi c’è stata un’evoluzione come in tutto il mondo musicale. Lavoriamo in maniera diversa, rispetto ad anni fa, ma continuiamo ad osare, a cercare qualcosa di diverso pur nel rispetto delle tradizioni.
E il nome dell’etichetta da dove viene?
Non si tratta di un acronimo. In effetti “Mea” è la parola latina che significa “mia” e che, unita al termine inglese “sound”, indica sostanzialmente “la mia musica”, quella che voglio ascoltare e che scelgo.
Al di là del genere musicale, quale pensi sia lo stile di MEA SOUND?
Sicuramente giovane. Non perché faccia musica giovane ma perché è aperta alla visione di ciò che accadrà domani e questo la rende una label per tutti, indipendentemente dal genere. Lo dimostra il fatto che siamo riusciti a superare la difficile transizione tra analogico e digitale e a trarre da questo la nostra nuova forza.
Quali soni i servizi che offrite ai vostri artisti?
Oggi, purtroppo, non si fa più scouting, caratteristica centrale del lavoro e delle scelte di mio padre. Spesso sono gli artisti che si propongono e noi gli forniamo tutti i servizi tradizionali della label, compresa la distribuzione in ambito digitale. Oggi, com’era nel passato, non esiste più la logica dello studio di registrazione interno e noi abbiamo scelto di avere una sala prove interna, una struttura che permette ai nostri artisti di costruire il loro progetto prima di entrare in studio che viene scelto tra i nostri partner. Anche questo ci permette di realizzare prodotti anche diversi tra loro, con un proprio sound.
Artisti di punta del vostro roster?
Usciamo da due anni “allucinanti” e, nonostante le nostre uscite discografiche siano uscite in maniera costante, oggi non possiamo parlare di artisti di punta. Peraltro, con un catalogo vasto come il nostro, è veramente difficile. Ci sono artisti che hanno inciso moltissimi anni fa che continuano a vendere così come la nuova generazione di artisti. Potrei citare Franco Calone, Alberto Selli, Franco Staco ma, ripeto, solo alcuni degli artisti del nostro roster.
Cosa deve fare un artista per presentarvi la su musica e, soprattutto, preferite ricevere una demo o un prodotto più definito, strutturato?
Sinceramente, preferiamo una semplice demo. Tutto quello che ci arriva viene ascoltato e, se sentiamo qualcosa di interessante, contattiamo immediatamente l’artista. Per inviarcelo è possibile usare il form che c’è sul nostro sito indicando un link che ci permette di ascoltare il pezzo. Accettiamo anche quanto ci viene inviato tramite le nostre pagine social. Perché un demo? Perché oggi molti brani vengono definiti non con l’esperienza di chi fa questo mestiere ma con l’ascolto di quello che c’è in giro e, spesso, questo sminuisce il valore del brano che può rappresentare un’unicità.
Chi ti piacerebbe ti chiamasse per entrare nel vostro roster?
Non ho un nome preciso. Sono nato, come diceva mio padre, a “pane e vinile”. Cerchiamo qualcuno che si accorga della nostra realtà e che scopra cosa è MEA SOUND, di là dagli schemi. In fin dei conti, la musica che produciamo noi, quella napoletana, non è molto diversa da quella sudamericana. Trash? Forse sì… Tamarra? Forse sì… (ride, nda) ma alla fine è musica e non esiste musica bella e musica brutta, esiste la musica e basta.