Etichette discografiche indipendenti: Engine Records

Mi piace prendere per mano i sogni di un ragazzo che non sa dove andare e vedere assieme a lui che è possibile realizzare qualcosa

Etichetta “Milano based” ma nelle vene di Elisa Alloro, fondatrice e general manager dell’etichetta, scorre sangue emiliano.

Il suo è un roster di veri emergenti, quelli che sudano sangue per affermarsi e che, nell’odierno panorama musicale italiano, fanno fatica a trovare la loro meritata collocazione non solo all’interno del mercato discografico ma anche in quello relativo alla musica dal vivo e dei passaggi radiofonici.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Elisa e le abbiamo chiesto di parlarci di questo viaggio che si chiama Engine Records.

Etichette indipendenti italiane: Engine Records
Logo Engine Records (courtesy of Engine Records)

Quando e perché nasce Engine Records?
Lo spettacolo è la mia casa da moltissimi anni ma, come diceva Elliott Erwitt “Ho fatto di tutto, ma preferisco il tipo di lavoro che ha a che fare con la condizione umana invece che con gli oggetti”.

Avevo forse un mondo musicale da raccontare dentro di me ma è stato grazie ad un amico che ho deciso di buttarmi a capofitto in questo lungo, e a volte doloroso, viaggio.

Prima dell’etichetta, però, è nata la voglia di curare la parte editoriale di questo mondo. Ho sempre amato il processo evolutivo della canzone, da quando nasce a quando, finalmente, la ascolti in radio. Il mio motto è scritto nell’home page del nostro sito: “step by step, with lots of love”.

Qual è lo stile di Engine Records?
Ho desiderato, sin dall’inizio, che potesse essere eterogenea senza nessuna scelta preliminare di marketing. Pochi cavalli, magari di razza, ma soprattutto buoni.

I miei artisti mi devono piacere. Non mi occupo di ciò che non conosco bene musicalmente, tipo il rap, la trap o l’heavy metal, mercati di nicchia e che non appartengono alla mia cultura musicale.

Etichette indipendenti italiane: Engine Records

Io ascolto molta musica anche di generi molto diversi, dentro di me c’è una vena rock ma sono cresciuta in mezzo alla musica italiana anche grazie alla mia famiglia.

Mi piace prendere per mano i sogni di un ragazzo che non sa dove andare e vedere assieme a lui che è possibile realizzare qualcosa e raggiungere assieme piccoli e grandi traguardi.

Come hai scelto il nome della tua etichetta?
Prima di iniziare questo viaggio avevo un portale che un amico aveva definito “Elise Engine”, il motore che permetteva di far muovere tutte le mie personalità e le mie sfaccettature. “Engine” mi ha seguito nella nuova avventura nel modo più naturale possibile.

Dharma Flowers Engine Records
Dharma Flowers, una rock band emiliana che ha partecipato anche a “Sanremo Rock” (courtesy of Engine Records)

Quali sono i servizi che fornite ai vostri artisti?
Ci occupiamo a tutto tondo di quello che serve per la realizzazione del brano. Negli anni attorno a noi si è consolidata una rete di rapporti e relazioni che vanno dal supporto per la stesura dei testi, della struttura musicale e, ovviamente, dell’arrangiamento e della produzione artistica.

Vogliamo avere uno standard di qualità alto, non omologato. Spesso arrivano demo o provini che, in effetti, sono però dei progetti già “chiusi” e troppo spesso lo sono all’interno di una gabbia standard basata sulla moda e la tendenza del momento e molto spesso rendono il prodotto piatto e lo mettono nel contenitore dei “déjà écouté”.

Etichette indipendenti italiane: Engine Records

Come giudichi il mercato che ti circonda?
Lo spazio per gli emergenti, quelli veri per intenderci, non quelli usciti dai talent show televisivi o da “Sanremo giovani”, oramai è ridottissimo. Le programmazioni radiofoniche sono spesso appiattite e omologate agli standard delle major.

È diventato difficile anche proporre nei locali i concerti degli emergenti perché i gestori preferiscono le “cover band” o le “tribute band” perché portano il loro pubblico che consumerà birra e panini.

La nostra etichetta ha, per scelta, un rapporto confidenziale con i propri artisti e non sarebbe possibile rinunciarci perché, alla fine, questa è diventata la nostra cifra stilistica.

Come affrontate la necessità di produrre i videoclip per poter avere sia streams sia passaggi nelle radio-visioni?
Questa è la dolente nota. Se, da un lato, io girerei video tutti i giorni e chiaro che, dall’altro, questo costringe ad aumentare l’investimento nei confronti dell’artista. Non sempre è possibile realizzarli per tutte le canzoni.

Hai parlato di eterogeneità. Chi avete nel roster oggi?
Moltissimi artisti. Nell’ultimo anno abbiamo prodotto i Dharma Flowers, una rock band emiliana che ha partecipato anche a “Sanremo Rock”, Davide Dame, Benedetto un artista hip-hop di qualità internazionali ma anche l’ultimo lavoro di Alberto Foà, un cantautore che ha sulle spalle diverse decine di primavere (ride, nda) , Filippo Rovati ma anche Mattia Bonetti, RAMA e Agostino Celti.

 

Davide Dame Engine Records
Davide Dame è un rapper uno stile di scrittura ironico, auto ironico (courtesy of Engine Records)

Passiamo ora alla nota dolente, quella di un anno, il 2020, che ha messo la musica dal vivo al palo e ha bloccato una delle grandi chance che gli emergenti hanno di farsi conoscere.

Questo si somma a quanto ti dicevo prima, alla difficoltà attuale di trovare spazio all’interno dei club e dei locali in cui si suona musica dal vivo. Nel nostro roster abbiamo diversi cantautori che vendevano i loro dischi ai concerti. Oggi abbiamo dirottato la distribuzione su Amazon e questo ci permette di raggiungere qualsiasi luogo del mondo e cercare di traghettare questo periodo.

Com’è possibile per uno sconosciuto proporvi la sua musica?
Basta inviare una mail a music@enginerecords.it, la nostra mail. Non serve un brano già finito anzi, preferiamo ricevere quello che una volta si chiamava demo, magari registrato nella propria stanzetta con lo smartphone.

È evidente che Engine Records vuole produrre buona musica e che, soprattutto, non cerca la musica che si auto omologa al mercato. Engine Records ha bisogno di sognare e preferisce farlo con i propri artisti.

Articolo a cura di Roberto Greco

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