A tu per tu con il produttore milanese, per parlare della sua attuale attività legata all’editoria digitale, un settore in piena crescita
Il segreto per poter analizzare al meglio le cose è guardarle da più punti di vista, in questo il percorso professionale di Francesco Ferrari ci offre vari spunti di riflessione. Audiobook & music producer di mestiere, con un passato nel mondo della musica, come frontman della rock band milanese di Grandi Animali Marini, e un presente nell’ambito dell’audio e nell’editoria digitale con il suo Frigo Studio. Abbiamo il piacere di ospitarlo in questo sesto episodio della rubrica “Protagonisti in secondo piano“.
Come ti sei avvicinato alla musica e in cosa consiste oggi il tuo mestiere?
Attualmente svolgo un mestiere completamente diverso da quello con cui ho iniziato, mi occupo di audio professionale, faccio prevalentemente audiolibri, podcast e materiale per l’editoria scolastica. Venendo dalla musica, continuo a dedicarmi anche a pochissime produzioni musicali, perchè si tratta della mia prima passione. In realtà, in passato sono stato un lavoratore dello spettacolo, ma per un discorso pratico e brutalmente economico non lo sono più. Oggi ho un ruolo diverso, mi muovo in altri ambiti, anche se il mondo di provenienza è quello dell’audio.
Come si è evoluto di preciso il tuo ruolo nel tempo?
Prima facevo l’artista, poi per un po’ di tempo il produttore, mentre adesso ho un ruolo tecnico e imprenditoriale. Il mio lavoro, di fatto, si divide tra la produzione concreta e un compito più amministrativo, mandando avanti la società che ho fondato. Mi occupo sia del contenuto che della parte formale e burocratica, con gli anni sempre più del mio tempo lavorativo è occupato dalla gestione dell’attività.
Come artista hai partecipato insieme alla tua band, i Grandi Animali Marini, tra le Nuove Proposte di Sanremo 2007. Cosa ti stava stretto di quel mondo?
Ero un autore, un cantante, il frontman di una band. Nel mio progetto artistico mettevo tutto me stesso, la mia vita. Non è mai stato facile per me uscire da quel modus operandi e cominciare a lavorare per gli altri, ci ho provato, ma lì ho capito di avere un limite, perchè per me la musica è un’espressione artistica che devo sentire in prima persona. C’è stato un momento in cui ho pensato di poter campare con questa passione, ma dopo è diventato tutto troppo complicato, troppo meccanico. Ho deciso di lasciare alla musica uno spazio nel cuore, ma non nel lavoro, nel senso che non ho voglia di entrare in dinamiche discografiche, che ho conosciuto a sufficienza e che non mi hanno mai particolarmente appassionato.
Stando al tuo percepito, in che termini è cambiata la musica rispetto ai tuoi esordi?
Tantissimo e in molti sensi. Quando suonavo io c’era già la crisi discografica, i cd si vendevano poco, ma adesso la situazione si è completamente trasformata, perchè con l’avvento dello streaming sono cambiati profondamente i meccanismi di produzione e di fruizione. I nativi digitali hanno una visione completamente diversa rispetto a quella che potevo avere io negli anni ’00. Sono sempre stato legato al concetto di album, mentre oggi si ragiona a singoli. Che dire? Un mondo completamente diverso, non dico che sia un bene o un male, i cambiamenti si vivono e si accettano, non esprimo un giudizio su questa cosa, certo è che mi sento un dinosauro… questo sì (sorride, ndr).
Si parla tanto in questo momento di doversi adattare, centinaia di operatori dello spettacolo sono costretti a cambiare mestiere. La tua invece è stata una scelta consapevole, presa in tempi non sospetti…
Ho semplicemente sfruttato altre capacità e abilità che scoperto di avere, essendomi fatto una certa esperienza nell’audio, sapevo come far funzionare uno studio. In qualche modo avevo già delle skills giuste per potermi incanalare in un settore che, nel giro di poco tempo, è esploso. Questa è stata una grande fortuna, perchè il mercato in cui opero è recentissimo, oltre che in continua crescita. E’ stata una scommessa, ho corso più di un rischio. Fondamentalmente sono dell’idea che nella vita ci sia sempre qualcosa da imparare, bisogna stare attenti a quello che accade intorno, cercare di capire cosa fare e cosa interessa.
In un momento complicato come questo, l’editoria digitale è un settore che gode di una serie di vantaggi. Abbiamo avuto una fortuna sfacciata, potrei anche bullarmi di scelte intelligenti, ma la verità è che si è trattato di un caso. Ci siamo fermati al massimo per una decina di giorni durante il primo lockdown, dopodiché abbiamo ricominciato a lavorare più di prima, naturalmente da remoto. Non abbiamo avuto flessioni da nessun punto di vista, mentre per tantissimi non è assolutamente così, purtroppo. Sono molto vicino all’ambiente dello spettacolo e della produzione musicale, sono aggiornato sulla situazione, ho molti amici e persone a cui voglio bene che fanno parte di quel settore.
Quello degli audiolibri e dei podcast è un settore che non ha subito flessioni a causa della pandemia, anzi, negli ultimi dodici mesi c’è stato un vero e proprio incremento…
Sì, perchè con lo smartphone orami facciamo davvero di tutto, non ce ne separiamo mai. In più l’offerta è molto variegata, quindi puoi ascoltare ciò che più ti interessa mentre guidi, cammini o vai a correre. Si passa da un libro letto da una grande voce ad un podcast di intrattenimento, con una miriade di contenuti che toccano davvero qualsiasi argomento. In più, rispetto al mondo della discografia ci sono decisamente costi più bassi, per produrre un’intera serie di un podcast è necessario un budget minore rispetto a quello che occorre per realizzare un album.
In un periodo complicato come questo, che pensiero ti senti di rivolgere a chi si trova davanti a un bivio, in una situazione in cui bisogna saper reinventarsi e prendere decisioni per salvaguardare il proprio futuro?
Guarda, personalmente ho cominciato da tempo a dividere la passione dal lavoro, poi c’è gente che riesce a coniugare le due cose. Non lo so, se uno si trova davanti a un bivio vuol dire che ha due scelte, restare sulla stessa strada o cambiarla. Io sono dell’idea che già nel momento in cui ti poni questo dubbio, se ti ritrovi nella condizione di dover scegliere tra il vecchio e il nuovo, è bene optare per il cambiamento, all’occorrenza reinventarsi.
Di sicuro non è facile, perchè si tratta anche di farsi un bell’esame di coscienza, di chiedersi se quella cosa è davvero la più giusta per te. Nella mia microcarriera artistica ho conosciuto troppe persone che credono di essere grandi artisti e non lo sono per niente, perchè mancano di dedizione e di abnegazione. Molti pensano che sia facile, oppure di essere già arrivati quando praticamente non hanno fatto ancora nulla. In questo l’autoanalisi può essere utile per imparare a guardare in faccia e dirti onestamente chi sei.