Geepsity: “Eclettico” il suo album d’esordio spazia dal sociale a testi più sentimentali, con note contrastanti di malinconia ed allegria
Gianmarco Fregnani in arte Geepsity è un giovane artista originario di Forlì e fin da piccolo coltiva la passione per la musica e per la scrittura. Il nuovo album è un viaggio alla scoperta delle emozioni della nuova generazione dei millennials. Nove tracce variegate tra stili e suoni eclettici che attraversano un ampio ventaglio di argomenti.
Apro questa intervista chiedendoti quanta musica c’è nella tua vita?
La musica nella mia vita ha un ruolo importantissimo, occupa una grande fetta delle mie giornate. Ho iniziato ad ascoltarla fin da piccolo e in età adolescenziale ho studiato sassofono per circa sette anni. Poi ho smesso perché avevo capito che non faceva per me fare il musicista in quel senso.
Questa passione viene dalla tua famiglia?
Sì, mio nonno suonava il clarinetto ed è per quello che alla fine avevo scelto di suonare il sassofono, nel mio paesino si era aperta la possibilità di seguire questa strada.
Quando hai scritto la tua prima canzone?
Tre anni fa. All’inizio era partito tutto per gioco perché con un mio amico stavamo facendo i beat; ci siamo cimentati in questa prova e ci abbiamo scritto sopra qualcosa, curiosi di scoprire cosa fosse uscito fuori. È successo leggermente prima del lockdown. Le prime canzoni sono sempre la base da cui partire, quindi alla fine sono sempre utili.
Il tuo nome d’arte è molto particolare. Da dove viene “Geepsity”?
Questo nome è frutto di un mio amico che ha l’abitudine di storpiare i soprannomi delle persone per farne uno tutto suo. Da Gianmarco mi chiamano tutti Gimmy da sempre, poi questo mio amico ha preso spunto da una canzone di Capo Plaza che nel ritornello ripete tre volte il mio nomignolo. Il resto del nome viene fuori da un giocatore dell’Atalanta, Djimsiti.
Come trovi l’ispirazione per incidere?
Per prima cosa cerco un beat, lo ascolto e vedo se mi viene in mente qualcosa in quel momento. Quando trovo il beat prediletto, anche a seconda del mio mood, prima scrivo la melodia e poi la riempio con il testo. Così ho scritto la stragrande maggioranza dei miei brani.
C’è qualche artista dal quale prendi spunto?
Durante tutta la mia carriera da cantautore, la musica che ascoltavo influenzava molto la mia penna. Sono del 2000 quindi vengo dall’era della trap, questo genere lo sento molto mio nella nostra generazione, e mi piace rimanere vero e fedele a questo.
Tutto quello che faccio viene un po’ sporcato dal rap, mi ha sempre dato più ispirazione. Questa è la mia origine, poi ovviamente coltivo anche altri generi come il punk-rock e il pop.
Adesso voglio entrare nel merito di “Eclettico”, il tuo primo album. Quanto hai lavorato su questo progetto?
È stato un progetto su cui abbiamo lavorato tanto, me lo porto dietro da circa un anno. All’inizio pubblicavo solo dei singoli ma non c’era ancora l’idea dell’album. Quest’ultima si è concretizzata dopo l’uscita di “Migliore amico”, da quel momento in poi abbiamo lavorato di più sulle basi.
All’interno di questo album cosa c’è di tuo che vuoi trasmettere agli altri?
Sono del parere che nella musica ognuno debba vederci ciò che vuole, è una visione molto soggettiva. Nell’arte in generale, l’artista crea il significante e il significato poi lo devi ricavare te che ascolti. Funziona così anche con i quadri e le opere d’arte. Credo sia importante lasciare all’ascoltatore la libera interpretazione.
La scelta del titolo come nasce?
“Eclettico” perché penso che musicalmente sia una parola che mi descriva bene. Ho sempre ascoltato tanti generi diversi, ho sperimentato molto. È un album variegato.
Tra le 9 tracce presenti ce n’è una a cui sei più legato?
Emotivamente penso che “Vittoria” sia il brano più personale che io abbia scritto. Parla di suicidio, di una storia che ho vissuto in prima persona.
Se ti chiedessi di farmi ascoltare una canzone di Eclettico, quale sceglieresti?
Ti dire “Migliore amico”, è una canzone che parla di amicizia in generale e del rapporto che ho con le persone, però sicuramente la dedicherei al mio migliore amico, si parla anche di lui e lo sa.
I tuoi testi sono autobiografici?
Assolutamente sì, scrivo di me e di quello che mi succede al 99%.
La musica è qualcosa di terapeutico? Ti aiuta a sfogarti?
Per me la musica è soprattutto questo, scrivo perché sento il bisogno di farlo, so che mi fa bene. È una necessità senza la quale non riuscirei a stare. Spesso mi rende conto di quanto sia diventata una dipendenza, però è importantissimo che ognuno trovi la sua soluzione, la sua via di fuga.
In qualche tuo brano prevalgono sentimenti come l’ansia e la paura, molto frequenti tra i giovani di oggi. Che consiglio ti senti di dare ai tuoi coetanei?
Anche a me a volte l’ansia viene a bussare alla porta, però ho fatto dei passi avanti. Sicuramente il primo consiglio è quello di calmarci, siamo ancora giovani e abbiamo tutto il tempo per pensare a noi stessi e al nostro futuro.
Dobbiamo sempre ricordarci che, se stai tutto il tempo sui social a guardare le storie degli altri, quelle sono degli highlights della vita delle persone, il 10% di ciò che vivono realmente. A volte questo fattore purtroppo porta a dubitare anche della propria vita.
Tu vieni da Forlì che immagino sia una cittadina molto tranquilla. Questo clima di pace e di leggerezza ti ha aiutato nel fare musica soprattutto nei primi tempi?
Io vengo da un paesino lì vicino, quindi quello che dici trova conferma pienamente. È una vita molto calma, che a tratti mi sta iniziando a stare anche un po’ stretta e sto pensando di trasferirmi. Non nego che all’inizio mi abbia aiutato nella mia scoperta musicale, non ho mai ricevuto pressioni.
Tu che sei un artista emergente, quali sono le difficoltà più grandi che hai trovato all’inizio di questo percorso? E come le hai superate?
Uno degli scogli maggiori è stato sicuramente il blocco che mi ero autoimposto del giudizio degli altri, all’inizio era un limite. In realtà i miei primi approcci nella musica sono stati accolti positivamente e questo mi ha dato una spinta in più nel proseguire.
Quali passioni hai oltre alla musica?
Mi piace molto tenermi occupato e fare attività fisica; gioco a basket e vado in palestra. Mi piace anche andare a bere qualcosa con i miei amici. Poi lavoro ovviamente per mantenermi e avere un minimo di indipendenza.
Che programmi hai per questa estate?
Ho in programma di fare dei live e ho la fortuna di essere in Riviera, non male come spot d’estate soprattutto per gli show.
Su cosa stai lavorando adesso?
Sto lavorando su un nuovo album, un’altra raccolta di canzoni che in realtà sono già belle che fatte, servono giusto gli ultimi ritocchi. Rispetto ad Eclettico, penso di essere migliorato molto, perché quelle sono tracce che ho scritto già un bel po’ di tempo fa.
L’album d’esordio è sempre una scommessa, però è anche fondamentale perché, senza, non potresti migliorare nel secondo. Ti dà le basi.
Qual è il tuo sogno musicale che speri di realizzare?
Arrivare al punto dove posso lavorare di musica e basta. Quando posso arrivare a dire che, come lavoro, faccio il cantautore. Mi farebbe tirare un bel sospiro di sollievo se ci riesco un giorno. Ho capito però che bisogna procedere step by step e aggiungere di volta in volta un mattoncino.
Articolo a cura di Simone Ferri