La storia di un Maestro atipico: Gianandrea Gavazzeni
Gianandrea Gavazzeni lo ripeteva spesso: “La musica che prediligo dirigere? Quella a cui mi sto occupando in quel preciso momento”. Per lui, infatti, l’arte delle sette note non si divideva in buona o una cattiva, ma solo in musica o non musica. Qualunque sia quella che si sta ascoltando in un preciso istante è la migliore, perché in essa traspaiono tutta la nostra anima e la possibilità di fare scoprire qualcosa in più di noi stessi. Gianandrea Gavazzeni non nascondeva di avere avuto, ai suoi esordi da compositore, un debole per Bach e Beethoven. Intervenuta la pratica direttoriale, si dedicò agli operisti. La predilezione, però, era sempre per tutto ciò che in quel momento aveva per lui un valore, indipendentemente dall’altezza ma relativamente alla verità e alla necessità che questo sapeva dare.
Umile al punto di sentirsi sempre allievo che dovesse imparare qualcosa (“I corsi li avrei sempre seguiti solo da scolaro, mai da docente”), Gianandrea Gavazzeni fu un direttore d’orchestra, ma anche saggio musicologo e compositore, che vale la pena approfondire in questa nostra rubrica. Per lui un direttore d’orchestra si fa sul campo attraverso fatti, fatiche ed esperienze. Insomma, una scuola per diventare Maestro, non sarebbe mai esistita. Eppure lui sapeva essere inconsapevolmente Maestro anche per tanti giovani.
La puntata odierna di Musica Maestro è dunque dedicata a Gianandrea Gavazzeni.
Nato a Bergamo, Gianandrea Gavazzeni crebbe nella famosa dimora dei Tasso in via Pignolo. Suo padre era un noto parlamentare del PPI, appassionato ed esperto di musica al punto che organizzava manifestazioni operistiche. Cosi, dopo aver assistito all’Isabeau di Mascagni, per il futuro Maestro si aprì un mondo già appena fanciullo.
Successivamente, nel 1925, si iscrisse al Conservatorio. Anni importanti di apprendistato e incontri, tra cui Arturo Toscanini, che prese subito come modello di una carriera che avrebbe voluto intraprendere. E non tardò ad arrivare.
Nel suo lavoro di giovane compositore, Gianandrea Gavazzeni non dimenticava mai le sue origini. I riferimenti, infatti, a Bergamo e alla sua cultura erano presenti in ogni sua opera. Concerto per la bergamasca, Canti per Sant’Alessandro, Notturni di bevitori bergamaschi: negli anni Trenta, grazie a lui, Bergamo fu insomma al centro della storia musicale.
La prima più grande occasione arrivò nel 1935, quando compose per il Teatro Donizetti un’opera dedicata a Paolo e Virginia, tratta dall’omonimo romanzo. Questo gli permise di entrare nel Teatro delle Novità, volto a promuovere la composizione giovanile di musica operistica per non perdere la cultura del genere. Tuttavia, Gianandrea Gavazzeni non si sentiva a suo agio. Essere artisti vuol dire prima di tutto esprimere la propria creatività, ma lui percepiva di essere più lontano da quel mondo rispetto a quanto non apparisse. Gavazzeni non voleva essere la fotocopia del suo maestro Petrassi: voleva distinguersi nella sua personalità.
Chiudendo così anzitempo la sua attività di compositore, ecco che Gianandrea Gavazzeni si dedicò a quella di direttore d’orchestra.
Fu allora, a fine anno Trenta, che iniziò la professione di Maestro dirigendo l’orchestra dell’EIAR di Torino. La sua puntigliosità, ma altresì la sua empatia con gli orchestrali, basandosi sul concetto per cui quando la musica ci appartiene si può fare tutto, lo resero subito uno dei direttori più apprezzati.
Dal Teatro delle Novità si spostò così nei teatri più importanti d’Italia con i più grandi tenori e soprani. Nel 1939 diresse, al Verdi di Trieste, Le nozze di Figaro con Giulietta Simionato. Nel 1942, in piena guerra, diresse Cavalleria Rusticana e Rigoletto al La Fenice di Venezia.
Quindi due anni dopo approdò alla Scala di Milano, dove diresse Il campiello.
Nel nome dell’amore per le sue origini, nel 1948 Gianandrea Gavazzeni fu protagonista di uno dei più importanti eventi di sempre. Nel centenario della morte di Donizetti, infatti, diresse Maria Callas nella Messa da Requiem del concittadino scomparso. Si trattava di un’opera all’epoca dimenticata. Ecco che così la musica poteva essere il miglior viatico per celebrare e ricordare un grande del passato.
Tra Torino, Livorno e Roma, il Maestro diresse moltissime opere, ma la sua attività rimaneva legata soprattutto a Milano. Nel 1965 divenne anche Direttore musicale della Scala e l’anno dopo direttore artistico. Nel 1968 aprì la stagione dirigendo Pavarotti nel Rigoletto. Fu un trionfo.
Sarebbe impossibile ora citare tutte le sue esecuzioni senza scadere nel mero elenco che potreste ritrovare su qualunque enciclopedia.
Ci piace invece ricordare chi davvero fosse Gianandrea Gavazzeni.
Un uomo sempre legato alla sua Bergamo, umile e al tempo stesso vicino all’essenza della musica. Per questo non volle mai incidere un concerto su disco: questo avrebbe rischiato di distrarre l’attenzione dei musicisti.
Polemico e diretto con registi )e persino con politici) che volevano spettacolarizzare oltremodo la già importante musica classica, per lui la musica non era solo da ascoltare ma anche da vedere. Tutto questo era possibile solo se ci si teneva lontani dalla filologia che voleva con presunzione insegnare qualcosa. La musica si sente sulla pelle, i veri Maestri possono essere antenati mai conosciuti di persona. Quel che conta è vivere, per questo non bisogna mai dimenticare i luoghi che ci hanno dato i natali, permettendoci di godere di questa vita.
Gianandrea Gavazzeni fu insignito del premio Una vita per la musica nel 1985. Dal 1992 al 1996, anno della sua morte, fu Direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica Toscanini di Parma.