Gianfranco Caliendo, una carriera unica e inimitabile colma di emozioni e contornata da grandi incontri e collaborazioni uniche
Gianfranco Caliendo è uno dei grandi nomi della musica italiana; un pezzo di storia che per quasi cinquant’anni ha calcato alcuni dei palchi più importanti d’Italia e d’Europa e realizzato canzoni immortali. Frontman, voce principale, chitarrista, autore de Il Giardino dei Semplici e anche fondatore della Miele Band, per Gianfranco una carriera unica e inimitabile, contornata da grandi incontri e collaborazioni uniche. M’innamorai, Concerto in La Minore, Miele, Tu, ca nun chiagne e Vai, sono solo alcuni dei capolavori che hanno resistito al tempo e che ancora oggi sono considerati veri evergreen musicali.
Insieme a Gianni Averardi, ha fondato il progetto della band nel giugno del 1974, ma è solo nel 1975 che, con il nome ufficiale (Il Giardino dei Semplici ndr.) e con M’innamorai come primo 45 giri, che parte questa avventura unica. Storia musicale arrivata ai giorni d’oggi e che ha fatto entrare Gianfranco Caliendo nell’olimpo della musica italiana,
Noi lo abbiamo raggiunto per farci raccontare questi quasi cinquant’anni di musica e di vita.
Salve Gianfranco, è un piacere e un onore averla tra le nostre pagine. Inizierei chiedendole come sta?
Il piacere è tutto mio, perché ho grande rispetto e ammirazione per chi si occupa ancora di musica e ne tutela la bellezza e l’integrità culturale. Io sto abbastanza bene, compatibilmente con gli acciacchi dell’età che, ahimè, non blocca la sua crescita!
La sua è una carriera ricca di grandi successi e di momenti indimenticabili.
Assolutamente vero. In una carriera come la mia, c’è una cosa che è praticamente inevitabile e non può mai mancare: le emozioni. Forse, questo è uno degli aspetti più confortanti di un percorso artistico simile al mio.
Circa cinquant’anni di carriera, tra il Giardino dei Semplici, la Miele Band, le varie collaborazioni e ovviamente, le tantissime canzoni di questi anni. Tuttavia, c’è un momento che, più di tutti, è impresso nel suo cuore?
A marzo del 2025, saranno ufficialmente 50 anni dalla nascita del gruppo de Il Giardino dei Semplici, e quindi 50 anni di carriera professionistica. Momenti indimenticabili ce ne sono stati tanti, soprattutto nei primi anni. Ma devo dirti che il momento che ha lasciato un ricordo impresso nel cuore più di tutti gli altri, è stato quello legato alla partecipazione di mia figlia Giada al Festival di Sanremo 2001, quando si esibì per la prima volta sul palco dell’Ariston subito dopo un’artista che era il suo idolo (Giorgia). Io ho tremato di emozione e di gioia, molto di più di quando, quest’esperienza, l’ho vissuta in prima persona.
Gran parte della sua carriera è invece legata all’esperienza con Il Giardino dei Semplici. Che avventura è stata per lei?
Condividere 38 anni della tua vita così intensamente, giorno e notte, con altre tre persone, significa vivere un’avventura importante per la tua esistenza. Scriveva Mogol nella celebre canzone di Battisti: “… non è un fuoco che col vento può morire, ma vivrà quanto il mondo”. Poi, in realtà, non è andata così, ma è innegabile che per il pubblico tu resti sempre un Giardino dei Semplici, specie quando ne sei stato protagonista: frontman, cantante solista, autore e responsabile del “polo artistico” del gruppo. Quando vado in giro per concerti e ospitate varie, ricevo spesso manifestazioni di affetto da persone che riconoscono il mio ruolo “indispensabile” all’interno della band. Io rispondo “semplicemente” che le cose si modificano, e che ognuno decide il percorso della propria vita. Se fossi stato io a decidere, avrei dato assolutamente ragione a Mogol…
Parlando di ricordi, è del 2021 il suo libro Memorie di un Capellone – Luci ed ombre di un successo anni 70. Un racconto autobiografico dove ripercorre la sua storia artistica e quella di un movimento musicale in costante evoluzione. Com’è nata però la voglia di raccontare la sua carriera?
Nel 2004, avevo pubblicato il mio primo libro, di tipologia didattica, Voci di dentro – viaggio nell’universo della voce e della tecnica vocale moderna, ed ebbi il tempo di scriverlo perché bloccato in casa in un periodo di degenza post-operatoria, dopo un intervento di bypass al cuore. In quel caso, appagai il mio desiderio di comunicare le mie sperimentazioni di “vocal coach”, molto prima che questa terminologia fosse coniata, e il libro è ancora distribuito e adottato in varie scuole italiane.
Invece, per Memorie di un Capellone, il blocco forzato è stato conseguenza della pandemia. Abituato a lavorare a tempo pieno… mi dissi che l’unica soluzione per utilizzare il tempo a disposizione in abbondanza, era occuparmi a scrivere i miei ricordi e le mie emozioni. In effetti, è uscito fuori un testo che racconta quasi 50 anni di scena sociale, culturale e musicale, con l’obiettivo puntato, in particolare, sugli anni ’70 e su come vivevamo e sognavamo noi… “capelloni”.
Questo libro è stato, per lei, anche un modo per fare un bilancio della sua vita?
Più che di bilancio, parlerei di riflessioni. Scrivendo il libro dei miei ricordi, mi sono reso conto di quante cose sono cambiate nel panorama musicale italiano e mondiale. I cambiamenti naturalmente sono visibili anche a livello sociale. Non voglio sembrare troppo innamorato dell’epoca dei “capelloni”, ma credo che negli ultimi anni stiamo vivendo una crescente “involuzione”, sia dal punto di vista culturale che da quello musicale.
Con il rischio di sapere già la risposta: tra quelle scritte in questi anni, qual è la canzone della sua vita?
Se per canzone della mia vita si intende la canzone che ha cambiato la mia vita, allora rispondo sicuramente: M’innamorai, cioè il brano di esordio con il Giardino, che mi diede la certezza che avrei potuto fare il mestiere di musicista. Dopo quell’estate del 1975, esattamente il 15 settembre, la canzone entrò nei “Dischi Caldi”, le canzoni in classifica tra il nono e il sedicesimo posto, irradiate radiofonicamente dalla voce di Giancarlo Guardabassi. A gennaio, dopo circa nove mesi dall’uscita ufficiale, entrò nella “Hit Parade” di Lelio Luttazzi, che trasmetteva le prime otto canzoni della classifica di vendite dischi.
È del 2016 l’album Amanapoli, una dichiarazione d’amore alla sua terra, condivisa con la sua compagna Flora. Un altro dei momenti importanti della sua carriera…
È vero, per me è stato un momento molto importante perché, pur essendo nato anagraficamente a Firenze, provengo da una famiglia molto napoletana. Mia madre era della zona Tribunali e mio padre della Sanità. Mio zio Eduardo è stato colui che ha fatto radicare dentro di me una “napoletanite acuta” in dose massiccia. Lui era un vero napoletano. Ha creato e suonato tutta la collana Napoletana di Roberto Murolo, ha avuto tra gli allievi tanti grandi napoletani (tra cui i Bennato, la NCCP, Mauro Di Domenico e lo stesso Murolo), mangiava napoletano, faceva un presepio spettacolare, amava l’arte napoletana, i Pulcinella, etc.
Quando sulla mia strada, poi, ho trovato una donna anche lei molto innamorata di Napoli, Flora Contento, ho beneficiato della sua passione per la città e per la nostra cultura. Insieme abbiamo scritto molte canzoni, perché lei è una fuoriclasse della “parola”, istintiva e geniale, e anche una deliziosa interprete di canzoni, soprattutto in lingua napoletana. Così decidemmo di registrare Amanapoli, che raccoglie brani del passato e anche di autori contemporanei, tra cui noi stessi. La scelta è stata sinceramente dettata solo ed esclusivamente dalle emozioni, e alcuni brani dell’album sono stati davvero molto apprezzati, sia da critica che da pubblico. Oggi, in tandem con i miei grandi amici di Radio Amore, Amanapoli è diventato anche un progetto “live”, nel quale ospitiamo le più belle voci del panorama partenopeo e le invitiamo a cantare esclusivamente nel nostro linguaggio.
Del 2022 è Oltre il Giardino, un album che vede anche la partecipazione del suo nuovo gruppo: la Miele Band. Questo progetto nacque per continuare questa sua grande storia d’amore con la musica, ma senza dimenticare il suo passato?
Il titolo dell’album trae spunto dall’omonimo film interpretato da Peter Sellers, in cui il giardiniere, che aveva vissuto tanti anni all’interno di una famiglia, si ritrova a doverne uscire e scopre che, al di fuori del suo “giardino”, c’è un mondo molto diverso da quello che ricordava. Per me, la Miele Band è divertimento, sperimentazione e nuovo modo di dialogare musicalmente. Il disco, invece, è molto rispettoso del mio passato e ripercorre le tappe più importanti della mia carriera con delle “aggiunte”, tra cui un omaggio al mio maestro Totò Savio in piena versione Squallor (Bla bla bla), il brano condiviso con le voci dei miei nuovi compagni di viaggio (Le Canzoni del Giardino) e un altro inedito, che verrà pubblicato in versione videoclip nel periodo prenatalizio.
Ora invece con uno sguardo al futuro: presto sarà il momento di Liverpoolcinella. Un progetto che la vedrà protagonista con Gianni Averardi per una rivisitazione dei Beatles, ma in chiave napoletana. Un progetto ambizioso, degno della sua storia artistica e della sua voglia di sperimentare…
Liverpoolcinella è una promessa finalmente saldata. Il progetto, che prevede nove canzoni dei Beatles tradotte in lingua napoletana, nacque dal sottoscritto e da Gianni Averardi nel 1979, ma rimase solo un sogno, perché le persone a cui lo proponemmo pensarono bene di appropriarsi dell’idea e di dirottarla verso altri musicisti. Ci siamo divertiti tanto a realizzarlo; Gianni, pur non essendo più un ragazzino, ha sempre un’energia “vulcanica” che rende prezioso tutto il progetto. Mi sono molto divertito a dare un’anima musicale e letteraria “partenopea” alle canzoni, che amavo da bambino, dei miei miti Beatles. La “contaminazione” a mio parere è riuscita perfettamente, e ho il sogno di riuscire a farle ascoltare a Paul.
Migliaia di concerti, milioni di dischi venduti e diverse partecipazioni nei festival, tra cui il Festivalbar e il Festival di Sanremo. Tuttavia, dopo una carriera del genere, ci sono ancora sogni nel cassetto?
Beh, penso che avrai potuto notare che ho più sogni di un ragazzino che si affaccia appena al mondo della musica. Quando trovo il tempo, cerco di appagare i miei desideri. Sto scrivendo il mio terzo libro, un romanzo, che arriva dopo quello didattico e dopo la mia autobiografia. Sto producendo artisticamente diversi ragazzi, alcuni dei quali “sfornati” dalla mia scuola, poi sto collaborando con le musiche ad una fiction che verrà trasmessa il prossimo anno. Però, devo confessarti che il mio sogno più grande è quello che scomparissero dal mio mondo, come per incanto, la cattiveria, l’invidia e la mediocrità. Sarebbe meraviglioso vedere tutti gli artisti che amano la musica, viaggiare insieme, rispettando e tutelando tutti coloro che fanno lo stesso lavoro, soprattutto se appartenenti alla stessa città. Ma temo che resti un sogno.
Articolo a cura di Francesco Nuccitelli