Intervista al giovane rapper romano, che torna sulle scene con il disco intitolato “Nati diversi”
Tiziano Menghi, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Gianni Bismark, è una delle promesse mantenute della nuova scena hip hop italiana. Reduce dal successo riscosso lo scorso anno con l’album “Re senza corona“, il rapper della Garbatella torna sul mercato con “Nati diversi“, disponibile su tutte le piattaforme digitali per Virgin/Universal Music dallo scorso 27 marzo, un lavoro che sottolinea la sua evoluzione artistica.
Cosa ti rende più fiero di questo progetto?
Mi rende fiero l’essere riuscito ad arrivare dove ancora non ero riuscito ad arrivare, l’aver superato dei miei limiti, l’aver perseguito il proprio obiettivo ed essere pronto ad inseguire un altro.
Hai altre passioni oltre la musica?
Di passioni ne ho tante, ti citerei il calcio, in assoluto, tifo per la Roma. Infatti ci è venuta l’idea di utilizzare sui social le figurine dei calciatori per annunciare gli ospiti e i collaboratori di questo disco. Ho trovato divertente questa scelta, per sentirci in qualche modo uniti e trasmettere un senso di squadra e di unione, visto il periodaccio penso che sia importante sottolineare questo aspetto.
A proposito dell’emergenza Coronavirus, che ruolo può avere la musica in questa delicata situazione?
La musica è uno sfogo, oltre che una compagnia. Mentre ascolti una canzone puoi chiudere gli occhi e immaginare di essere chissà dove, secondo me questo è importantissimo, soprattutto in questo momento.
Quali sono i tuoi obiettivi e i tuoi buoni propositi per il futuro?
Spero sempre di continuare a piacere alla gente, di proseguire per la mia strada cercando di migliorarmi il più possibile.
Ti piacerebbe partecipare in futuro al Festival di Sanremo? Lo consideri un palco sufficientemente sdoganato?
Ma sì, perché no? Tanto a Sanremo ci andrei proponendo me stesso, rappando la mia roba, sicuramente non con qualcosa di diverso. Anche a livello di tematiche, proporrei il mio mondo. Quest’anno, ad esempio, mi è piaciuto parecchio Fasma, oltre ad essere il più più forte era anche quello più emozionato, l’unico che mentre cantava gli tremavano le mani. Ecco, penso che anche io potrei portare me stesso, la mia sensibilità e la mia grinta su quel palco.