A tu per tu con il producer Giordano Colombo, per parlare del suo impegno professionale e del difficile momento che il mondo della musica sta attraversando
Passione e preparazione, queste le principali skills che Giordano Colombo ha acquisito in carriera, un viaggio iniziato tra le aule del conservatorio Giuseppe Verdi di Como, poi proseguito sul campo con una serie di prestigiose collaborazioni. Da Franco Battiato a Ligabue, passando per Raphael Gualazzi, Ermal Meta, Gazzelle, Ultimo, Francesco Gabbani, Arisa, Mika, Fulminacci, Laura Pausini & Biagio Antonacci, Max Pezzali, Samuel, fino ad arrivare al recentissimo successo di “Musica leggerissima“ di Colapesce e Dimartino, prodotto insieme a Federico Nardelli. Abbiamo il piacere di approfondire la sua storia professionale, ospitandolo in questo quattordicesimo appuntamento della rubrica “Protagonisti in secondo piano“.
Quando e come hai scoperto la tua tua passione per la musica?
Ho iniziato da piccolo, mio padre è batterista jazz, sin da quando ero in fasce sono stato circondato dalla musica. Durante le scuole medie mi sono avvicinato al pianoforte, per poi approcciarmi anch’io alla batteria. Parallelamente ho sviluppato una propensione per le produzioni e la registrazione, intraprendendo questo tipo di percorso con le band in cui militavo all’epoca. Piano piano, fino ad arrivare ad oggi.
C’è stato un momento preciso in cui ti sei accorto che poteva diventare la tua reale professione?
Un momento abbastanza importante è stato quando, all’età di venticinque anni, sono stato chiamato per suonare come batterista con Franco Battiato. Lì c’è stato un cambio di passo, ho capito che la musica poteva essere effettivamente un vero e proprio lavoro. Successivamente è stato un vero e proprio crescendo.
Ci sono degli incontri che reputi fondamentali per il tuo percorso?
Tra i tanti incontri, cito sicuramente Pino Pischetola, detto Pinaxa, ingegniere del suono e produttore che ha lavorato agli ultimi dischi di Battiato. In più tante collaborazioni con artisti che ho visto crescere, tipo Ermal Meta, con cui ho lavorato sin dallo scioglimento dei La Fame di Camilla. Poi anche Fulminacci, con lui c’è un bel feeling.
Oltre a Fulminacci, hai lavorato anche con Gazzelle, Ultimo e tanti giovani artisti che sono ormai una realtà del nostro panorama musicale. Secondo te, cosa possiede di particolare questa nuova generazione?
Credo che questa nuova generazione sia molto interessante, perchè ha qualcosa da dire e lo fa con le parole dei cantautori storici, ma in una chiave più attuale. Il grande successo che riscuotono oggi, penso sia dovuto a questa sorta di riattualizzazione di quello che era già stato fatto una volta. Per un momento sono venute a mancare nuove generazioni di cantautori, mentre negli ultimi quattro-cinque anni c’è stata una riscoperta di questo genere, sempre molto attuale.
E tu con che musica sei cresciuto?
Principalmente con la musica rock, da batterista ero un fan dei Blink-182 e dei Green Day, di tutto quel movimento punk-rock americano dei primi anni duemila, che ha accompagnato la mia adolescenza. Avendo frequentato il conservatorio e avendo un papà jazzista, ho acquisito parallelamente una cultura anche più classica. Non c’è stato mai stato un unico genere, la scelta è sempre stata ampia.
Quanto sono stati importanti per te lo studio e l’approfondimento?
Moltissimo, conoscere la musica ti permette di avere un vocabolario più ampio, di poter spaziare tra i generi, di fare più cose. Chi non ha studiato o ha poche conoscenze, magari, è più limitato e riesce ad esprimersi in un genere solo.
Di recente hai prodotto insieme a Federico Nardelli il brano “Musica leggerissima” di Colapesce Dimartino, pezzo che ha vinto moralmente l’ultimo Festival di Sanremo perchè sta spopolando, ovunque. Qual è il suo segreto?
Credo che la forza del brano sia questa apparente leggerezza, che in realtà è solo superficiale, perchè il contenuto è molto profondo. “Musica leggerissima” si presta a più livelli di lettura, se uno la ascolta in sottofondo percepisce la piacevole canzoncina, ma se si sofferma sul testo scopre un forte legame anche con l’attualità, con quello che abbiamo vissuto nell’ultimo anno e che ha coinvolto un po’ tutti. A livello di produzione, con Federico avevamo già lavorato alla produzione de “I mortali”, quindi con Lorenzo e Antonio eravamo già affiatati. Di conseguenza, il lavoro in studio si è svolto in maniera molto naturale, difficilmente si trova una tale sintonia, anche nel trovare con velocità le soluzioni giuste.
A proposito di attualità, qual è il tuo pensiero su quello che sta accadendo e, in modo particolare, sul mancato concreto sostegno ai lavoratori dello spettacolo?
Sicuramente è grande il dispiacere del non poter fare concerti. Purtroppo ci si rende conto che si tratta di una situazione più grande di tutto, più grande di noi. Lamentarsi sul fatto che non si possa suonare non serve a molto, esprimersi contro qualcosa o qualcuno non credo neanche sia la cosa giusta. Mi auguro che per questa estate si trovino delle soluzioni per poter realizzare dei live in maniera sicura, il più possibile. Lo stop ormai dura da tanto e ha messo in crisi musicisti, tecnici e professionisti che si sono ritrovati improvvisamente senza lavoro.
In conclusione, che ruolo può avere la musica in un momento delicato come questo?
Penso che la musica aiuti un po’ a staccare la spina dalle notizie che ci bombardano tutti i giorni. E’ un rifugio in cui tutti possiamo trovare riparo. Lo dico anche da fruitore, perchè personalmente ascolto musica per l’85% del tempo di una giornata, anche al di là del mio lavoro. Per me è davvero una compagna di vita.