Giuliano Boursier racconta la sua esperienza da Direttore d’Orchestra e produttore talent scout
Giuliano Boursier è uno dei musicisti più strutturati e completi in assoluto: compositore, produttore discografico, arrangiatore e, in qualche Festival di Sanremo, anche Direttore d’Orchestra.
Era lui a dirigere i Modà nella loro prima apparizione sanremese de 2005, dopo aver già coperto quel ruolo con Daniele Stefani due anni prima. Nel 2006 diresse anche Luca Dirisio, di cui produsse anche i più grandi successi quali Calma e sangue freddo e Se provi a volare.
Giuliano Boursier vanta numerose collaborazioni, da Ivana Spagna a Riccardo Fogli, fino a Loredana Bertè e Tullio De Piscopo. La sua attività di talent scout si unisce a quella di Management, che non sarebbe stata possibile però senza un’ampia conoscenza musicale nata sin da bambino e sviluppata successivamente al Conservatorio. Insomma, uno degli esempi per cui lo studio porta a grandi risultati.
Giuliano Boursier è l’ospite settimanale di Musica Maestro.
Spesso ci si dimentica che un Direttore d’Orchestra sia prima di tutto un compositore: cosa significa per Giuliano Boursier dirigere un ensamble?
Per chi come me è stato formato in Conservatorio, posso garantire che far suonare il proprio arrangiamento, di cui si sono scritte le parti, a un’orchestra di 60 elementi, è un’emozione unica per chi ama la musica. Conoscerla è un grande dono, e le emozioni che suscita sono valide a qualunque età. Va detto che, però, oggi alcuni purtroppo fanno i “direttori” anche senza saper leggere la musica.
In che senso?
Parliamo di una minima parte, sia chiaro, ma si tratta di altre figure, che rischiano di fare danni enormi al brano eseguito. Si può prendere come esempio il Festival di Sanremo, dove il livello solitamente è tra i più alti. Con il clic è tutto più facile, ma dal vivo può succedere di tutto, quindi è fondamentale che il Direttore conosca la musica per intervenire laddove si sta sbagliando: purtroppo si crede che basti essere sul palcoscenico con l’aiuto del clic, ma non è proprio così.
Il Maestro unisce tutti, artista compreso.
Come arrivasti al Festival?
Parteciparvi è anche una questione di fortuna in base ad alcune coincidenze, a meno che non si venga chiamato dalle etichette multinazionali. Io diressi a Sanremo quattro volte perché avevo artisti, di cui nello stesso anno avevo curato la produzione, che gareggiavano.
Puoi descriverci la differenza tra produttore, arrangiatore e Direttore? Sono figure diverse che, in qualche caso, coincidono…
Anzitutto distinguiamo la figura del produttore: il produttore esecutivo è colui che si impegna economicamente, il produttore artistico è come se fosse il regista di un film, ossia quello che sceglie le canzoni dell’album senza modificarne le armonie. Quando il produttore scrive le parti per il gruppo o per l’orchestra significa che è arrangiatore. Il gruppo musicale ha già una base di solito: è difficile che dietro non ci sia però la mano di un produttore artistico con cui si lavora per arrangiamenti e un lavoro così perfetto. Il direttore artistico è colui che fa le prove con l’orchestra prima che arrivi l’artista.
È lui a scrivere le parti per l’orchestra: tanti brani sanremesi, per esempio, devono essere adattati, in quanto non nascono per orchestra.
Uno degli album più belli da te prodotti ritengo sia Per conto mio, di Helena Hellwig, che non ebbe però la stessa fortuna di altri lavori. Da cosa dipende il successo di un disco?
Da troppi fattori esterni: quell’album fu una meravigliosa esperienza. Helena è una bravissima e giovane artista che con quell’album non ebbe la fortuna di essere promossa a dovere. Lei però vive di musica, quindi sicuramente otterrà tante soddisfazioni e sarà felice. Se sei bravo a fare musica potrai vivere a qualunque età di questo. Non è facile oggi la vita degli artisti: c’è troppa gente che fa musica da casa con i computerini e senza strumenti. Il web, in teoria, potrebbe aiutare a fare arrivare tutti all’ascoltatore, senza dover aspettare la trasmissione delle poche radio che hanno in mano la possibilità di lasciare fuori chi vogliono.
Le radio sono troppo legate ai nomi altisonanti, meglio ancora se provenienti dai talent?
Il problema primario è che noi non riusciamo a vedere la musica come cultura,
quindi tante radio cambiano la loro usuale programmazione, perdendo ascolti perché puntano su brani di multinazionali. Oggi Micheal Jackson rischierebbe di rimanere inosservato a meno che non vinca un talent; non si dovrebbe puntare solo ed esclusivamente sui giovani.
Oggi il successo rischia di rimanere qualcosa di effimero con i talent?
Per alcuni (non tutti) giovanissimi i talent sono fondamentali. Avere la fortuna di rimanere ogni anno sulla cresta dell’onda nonostante i nuovi artisti che coprono spazi è ancora più importante. Si fanno canzoncine, i cantautori emergono sempre di meno. Eppure, anche nel loro caso, c’è dietro uno studio: bisognerebbe valorizzarlo di più.
Un cantautore che meriterebbe più spazio?
Luca Dirisio. Con Luca passammo sette anni insieme, facendo tre album stupendi, ero anche il suo personal manager. Dopo un periodo di separazione inevitabile, qualche anno fa tornammo a lavorare insieme: aveva capito che certe cose fatte con me le avremmo potute ripetere addirittura migliorate. Uscimmo quindi con un album nel 2019 molto bello, che non ebbe però lo spazio che speravamo. Alcuni considerano inopinatamente Luca come un artista appartenente ormai al passato, invece per me è uno dei migliori cantautori italiani, che non ha alcuna fatica a scrivere pezzi di un certo calibro.
La tua direzione sanremese più complicata?
Furono tutte esperienze meravigliose: musicalmente il più complicato fu il brano di Daniele Stefani, Chiaraluna. In quel caso l’orchestra dipendeva completamente dalle mie mani: ed una canzone che adoravo.
Se potessi porterei sempre a Sanremo pezzi super orchestrali.