Gli Shylock sono una delle più belle promesse della musica italiana. Giovani ragazzi di talento capaci di intraprendere un’idea di musica ricca e variegata, riuscendo a mantenere tuttavia un’identità ben chiara e definita
Gli Shylock oggi, sono composti da: Christian, Francesca, Matteo e Gianluca, che tra amicizia e passione per la musica, hanno messo in piedi un progetto grande, che ci sorprenderà da qui ai prossimi anni.
Questo 2024 è invece stato per loro un anno particolarmente importante, soprattutto dal punto di vista musicale e di produzione; Fun to be me, Snowdrop e l’ultimo singolo Requiem (9997) sono i brani che lì accompagnano in questo primo scorcio di percorso. Insomma, quattro ragazzi schietti, sicuri di quello che fanno e appassionati e noi lì abbiamo raggiunti per una piacevole chiacchierata, tra la nascita della band, le influenze e i piani futuri.
Ciao Ragazzi, è un piacere avervi qui con noi. Inizierei chiedendovi come va e come state?
Stiamo bene. Pieni di lavoro e di tante cosa a cui pensare. Abbiamo l’agenda piena e quindi ci riteniamo soddisfatti. La band ci aiuta a restare sereni e sapere che stiamo facendo un percorso importante di crescita, ci aiuta a rimanere concentrati. Siamo stanchi, ma felici.
Piccolo passo indietro: come nasce però il progetto degli Shylock?
Di base il progetto nasce nel 2021, subito dopo il covid. All’inizio io (Christian ndr.), Matteo e Gianluca facevamo gli animatori dentro un centro estivo. Quindi già ci conoscevamo e conoscevamo le nostre competenze musicali. In quei giorni, ci siamo ritrovati spesso tra di noi a giocare con la musica, un po’ per passione e un po’ per l’animazione al centro.
Questa esperienza alimentò in noi la voglia di fondare una band anche per raccontare i nostri pensieri, nonostante non avessimo esperienza. L’idea quindi c’era, metterla in pratica però non era così semplice. Soprattutto, non è stato facile metterci d’accordo, anche perché non tutti eravamo convintissimi; per via dell’impegno che richiedeva, del tempo e delle qualità musicali.
Tuttavia, alla fine, anche tramite il regalo di una batteria (da parte nostra a Gianluca ndr.), ci siamo decisi e così sono nati gli Shylock! Poi, in un secondo momento, è subentrata anche Francesca, che all’inizio non conoscevamo. Inoltre, la band, inizialmente, comprendeva anche altre persone; che però tra impegni e tempo a disposizione decisero di fare un passo indietro e così lei diventò parte integrante. Era quello che ci mancava!
Reggere una band non è così semplice: quali sono stati i punti di contatto fra di voi?
Innanzitutto, che c’è una forte amicizia tra di noi. Abbiamo una bella chimica. Noi nasciamo come amici e solo in un secondo momento abbiamo deciso di intraprendere il percorso artistico. Quindi ci capiamo al volo e senza troppe discussioni.
Qual è il messaggio o l’obiettivo che avete deciso portare con la vostra musica?
Che ci sono tanti timidi come noi e ci piacerebbe essere la voce di quelle persone. Ci renderebbe orgogliosi essere la voce di chi non ce l’ha! Vorremmo che le persone condividessero il nostro pensiero, che capissero che parliamo anche per loro.
Tra le curiosità che vi accompagnano, anche l’utilizzo dell’inglese per le vostre canzoni. Come mai questa scelta?
Noi siamo molto istintivi quando scriviamo. Prima di comporre un brano, partiamo dalla musica e solo in un secondo momento scriviamo il testo. Nei brani che abbiamo fatto uscire ad oggi, l’inglese ci sembrava più indicato per l’idea che avevamo in testa. Oltretutto, l’inglese si sposa meglio con il sound che al momento volevamo utilizzare. Tuttavia, il nostro ultimo brano è un ibrido, all’interno c’è spazio per l’inglese e per l’italiano.
Allora arriviamo al vostro ultimo singolo: Requiem (9997). Cosa ci potete dire di questo brano?
È un brano che come idea nasce circa un anno fa. Eravamo appena tornati da un viaggio di “lavoro” che non andò benissimo e qualche giorno dopo nacque il brano. Qui abbiamo voluto raccontare una realtà che purtroppo tocca diversi musicisti. Spesso noi artisti, specialmente se emergenti, ci troviamo in certe situazioni un po’ oscure. Quindi abbiamo sentito la necessità di sfogarci e di raccontare questa brutta esperienza avuta.
Quindi è un brano biografico. Com’è però mettere diverse teste sulla stessa lunghezza d’onda?
Nel caso di Requiem (9997), è stato facile perché parla di noi! Parla di questa esperienza avuta con una etichetta discografica con cui eravamo andati a parlare. È stata una situazione che ci aveva messo anche in contrasto tra noi. In questo brano quindi tutti ci sentivamo partecipi e abbiamo messo un po’ di noi.
Più in generale, come vi mettete d’accordo quando scrivete un brano?
Fortunatamente abbiamo dei gusti musicali e delle influenze abbastanza simili. Quindi non è così complicato metterci d’accordo, anche se stiamo molto attenti ai dettagli. Ovviamente ci sono periodi in cui le influenze cambiano, ma tutto quello che ci portiamo dentro, entra in quello che scriviamo. È come se parlassimo tutti la stessa lingua, ma con accenti diversi.
Avete pensato ad un EP per racchiudere i brani usciti fino ad oggi?
Sì, ci abbiamo pensato; ma ci siamo resi conto che tra Fun to be me, Snowdrop e appunto Requiem (9997), manca una sorta di continuità e di coerenza. Noi siamo ancora alla ricerca di un’idea ben precisa, di un racconto da portare avanti. Abbiamo diversi brani che ancora non sono usciti e che hanno una coerenza maggiore. Però al momento ci concentriamo sui singoli e continuiamo a sperimentare.
Cosa sperate che arrivi al pubblico dalle vostre canzoni?
Speriamo che il pubblico possa capire che quello che mettiamo nelle canzoni è quello che siamo. Vogliamo entrare nel cuore delle persone con la nostra musica e con la nostra semplicità. Speriamo di far arrivare un abbraccio virtuale a tutti quanti!
Articolo a cura di Francesco Nuccitelli