Compie oggi 25 anni “Grace” uno degli album più importanti degli anni ’90 firmato Jeff Buckley. Cosa è stato? Riscopritelo nelle interviste inedite dell’ultima pubblicazione.
Una goccia pura in un oceano di rumore”
Così Bono degli U2 aveva definito Jeff Buckley a metà degli anni ‘90. Ma gli apprezzamenti erano venuti anche da molti altri che avevano riconosciuto il talento del figlio di Tim, da Bowie a Dylan, da Cohen a Plant.
Era il 1994 quando veniva pubblicato Grace, suo primo e unico album in vita, presto osannato come capolavoro.
Grazie a quel disco Buckley, diventato una leggenda del rock anche per la nota tragica fine nelle acque del Mississippi, ancora oggi viene adorato da fan in tutto il mondo e continua a ispirare nuovi colleghi.
Molti ricordano personalmente quel talento, ancora citato dalle riviste di settore, altri lo hanno scoperto tardi.
Per comprendere l’humus in cui ha avuto origine tanta genialità è interessante curiosare tra le pagine dell’ultima pubblicazione L’impressione di essere eterno. Interviste perdute (Chinaski 2018).
Federico Traversa, Marco Porsia e Francesca D’Ancona hanno raccolto una serie di toccanti interviste, molte inedite, tante dimenticate o perdute, altre ancora ben impresse nella memoria di molti.
Dalla prima in assoluto realizzata da Martin Aston, totalmente inedita per l’Italia a quella di Luisa Cotardo, mai pubblicata. Oppure quella concessa in esclusiva per questo libro da Steve Berkowitz, l’AR della Columbia Records, colui che scoprì e mise sotto contratto Jeff Buckley.
Dichiarazioni schiette di un musicista in ascesa, in bilico fra personali insicurezze e un rapporto discografico difficile con la Columbia durante la registrazione di Grace. E poi l’arrivo del successo, la vita in tour, il fantasma del padre Tim, a comporre il mosaico di un sofferto quanto stimolante amore per la musica.
A impreziosire il volume i contributi di Omar Pedrini e Giulio Casale e alcuni scatti inediti realizzati da Hans van den Boogard.