Poetico e sognante Gualazzi; geniale Il Cile, ripetitiva Ana Mena.
Ci sono tormentoni e poi c’è Gualazzi. L’estate sarà anche una stagione ricca di produzioni musicali, ma ultimamente rischia di diventare persino noiosa dal punto di vista canoro: ciascuno tiene tantissimo a lanciare il proprio tormentone. Anche l’interprete meno conosciuto, piuttosto che rischiare si butta sul classico pop energico, che cerca palesemente di avvicinarsi all’ottica del tormentone. La fantasia è sempre meno, il coraggio di provare qualcosa di nuovo non esiste. Almeno finché non si ascolta Raphael Gualazzi. Il cantautore, vincitore a Sanremo tra i Giovani nel 2011, era già maturo quando si presentò al grande pubblico dodici anni fa, ma oggi ha acquisito una convinzione ancora maggiore che andrebbe premiata. E invece troppo spesso non viene menzionata.
E’ proprio di Raphael Gualazzi il singolo più bello di questa settimana.
Si intitola Vivido il tramonto e contiene tutto il jazz melodico a cui Gualazzi ci abitua da sempre. Come al solito, però, introduce delle sorprese (altrimenti che jazzista sarebbe?). In questo caso volteggia con la voce, che sembra rimbalzare da una strofa all’altra attraverso scivoli piacevolmente musicali. Così, la canzone non è il classico jazz fatto di improvvisazioni e mani pesanti sui tasti del pianoforte. Piuttosto, si assiste all’espressione retrò di un’atmosfera onirica che anticipa perfettamente il tema dei sogni, centrale nell’album in uscita (e che darà il via a un tour in tutta Italia, anche con date doppie nella stessa città). Il brano è uno dei più difficili, vocalmente parlando, nella produzione di Gualazzi. Non solo per una serie di mezzi toni che rischiano sempre l’effetto straniante, ma decisamente suggestivi quando vengono interpretati con attenzione. In questo caso il cantautore sfiora persino il falsetto, con una vocalità che si mantiene alta per tutto il brano, ponendo persino qualche somiglianza tra il suo nuovo brano e Vacanze romane dei Matia Bazar.
Di sicuro Gualazzi voleva esprimere l’idea di un sogno e di un paesaggio surreale.
Che ci sia una ispirazione ai Matia Bazar oppure no, di fatto non ci interessa. Questo pezzo sembra appartenere al mondo e al personaggio di Gualazzi più di tutti i precedenti.
Altre novità, più o meno convincenti, disegnano il panorama musicale di questa settimana. Sono appena trascorse due settimane da quando Ana Mena ha lanciato il nuovo singolo con Gue, rieccola con un featuring insieme a Fred De Palma.
Il pezzo (arrangiato da Takagi e Ketra) è una melodia tutta latina in stile Lambada, che con la sensualità dei due cantanti si esprime perfettamente.
Se c’è un ritmo che in estate non stancherà mai è proprio questo, perché ha insito dentro di se il ballo: provate ad ascoltare Melodia Criminal senza muovere un muscolo, sarà difficilissimo. Il testo racconta di una notte di passione tra una donna e un boss pericoloso, che però sembra avere il cuore tenero di fronte a chi gli fa perdere la testa. Le paure svaniscono nell’incoscienza dell’amore che, talvolta, ha le sue ragioni, per parafrasare Pascal. C’è solo un problema: Ana Mena canta sempre la stessa canzone e uscire con due brani a distanza di due settimane rischia di non giovare molto in questo caso. Oltre al fatto che a luglio abbiamo già chiaro quali saranno i tormentoni del 2023.
Non cambia molto rispetto al passato nemmeno Marco Carta.
Il testo al miele (in sostanza si racconta che la presenza della persona amata emana emozioni e luce come un Supernova) appare quasi il fattore meno scontato di una canzone che pare di avere già ascoltato. Tutto sommato, però, apprezzabile il tentativo di proseguire sulla strada del pop frizzante con una melodia che, piaccia oppure no, comunque è cantata. E anche intonata. Cosa che non si può dire proprio per tutti.
È anche la settimana de Il Cile con Ma che musica c’è.
Ha ritmo, un bel ritornello orecchiabile e cantautorale senza volersi imporre come tormentone (avrebbe potuto uscire in qualunque momento dell’anno, a differenza di tutti gli altri tipicamente estivi). E poi ha una bella voce. Non si smentisce Il Cile, anche per i testi tutti da ascoltare con attenzione. In questo caso un misto tra nostalgia e tenerezza nel guardare al passato, talvolta bellissimo, talvolta inevitabilmente e per fortuna cambiato. In ogni caso i ricordi vivono anche grazie alla musica: ci basta sentire una melodia simile a quelle di quando si era più giovani e subito riaffiorano tutti.
La qualità maggiore di questo brano, però, è l’arrangiamento che resta in testa con lunghi assoli musicali che come al solito testimoniano la personalità artistica de Il Cile.
Classifiche Fimi: comanda tra i singoli Drillionaire, il prodotto che mette insieme tanti trapper italiani e può far leva sulla somma dei follower di ciascuno di loro. Quindi subito dietro, Capoplaza. A sorpresa, non c’è Disco Paradise al terzo posto, ma Italodisco dei The Kolors. Da segnalare il ripetuto successo di Cenere: il brano secondo classificato a Sanremo è ancora quattordicesimo. Praticamente là in mezzo ai tormentoni estivi. Ovviamente unico superstite del Festival.