Il cantautore aretino torna a tre anni da “In Cile veritas” con il nuovo album: si intitola “La fate facile”.
“Cemento armato” è stato il brano che ha fatto conosce Lorenzo Cilembrini al pubblico. Il Cile ha una voce riconoscibilissima per una certa nota dolente, eppure sa essere anche il protagonista di una hit estiva come “Maria Salvador”, insieme a J-Ax. Ha partecipato a un Festival di Sanremo, ha scritto un libro, il romanzo “Ho smesso tutto”. È una persona interessante da conoscere, un uomo in ricerca, un cantautore che si espone con sincerità.
Il nuovo disco del Cile, “La fate facile”, arriva tre anni dopo il precedente “In Cile veritas”. Il Cile usa tre parole per definire l’album appena pubblicato: per lui è il “disco della maturità”. E aggiunge che non vuole suonare scontato: “Si pensa che il mio lavoro sia un eterno luna park, ma non è sempre così. Ci sono alti e bassi e momenti complessi. Mentre seguivo questo mio percorso sono diventato adulto: fare il cantante sembra che ti prolunghi l’adolescenza, ma a un certo punto devi prendere atto di essere cresciuto – con i tuoi pregi e i tuoi difetti – senza rimandare oltre”.
Che Lorenzo troviamo nelle nuove canzoni?
Quello vero, senza niente di costruito. Io ho sempre scritto di quello che ho vissuto. Mettersi a nudo è un rischio, ma è l’unica modalità comunicativa che mi faccia sentire a posto con la mia coscienza. Ho avuto paura di scoprirmi e di non essere compreso a pieno, ma il pubblico (che mi segue costantemente anche sui social) mi ha supportato.
Quanto è difficile raccontarsi al 100% nelle canzoni?
È quasi una terapia, scrivendo affronto i miei demoni e dire la verità paga. Anche sui social non scrivo tanto per scrivere.
Insomma, il lato preponderante di “La fate facile” è quello autobiografico…
Sì. Ci ho messo tre anni per essere convinto a pieno di questo disco, nato in parte da fasi non sempre facili anche se mai totalmente pessimistiche e negative. Infatti nell’album c’è la voglia di abbracciare la vita: in “Qui per te” la speranza non muore.
Leggendo il titolo del brano “Il lungo addio” mi sono venute in mente tre cose: il libro omonimo di Raymond Chandler, il film di Robert Altman e…
… Dylan Dog (chiude Lorenzo, nda). Sì, da fan di Tiziano Sclavi (creatore dell’indagatore dell’incubo, nda), mi sono preso la libertà di utilizzarlo perché faceva ben capire il mio stato d’animo in quel momento. Le immagini che uso nel testo sono crude, ma in fondo ci sono sempre la speranza e la guarigione.
“La cenere dal cuore” è un’altra canzone intensa.
Del resto si capisce il mio imprinting dal fatto che abbia scritto “Siamo morti a vent’anni” (sorride, riferendosi al suo disco d’esordio, nda). Questa canzone l’ho composta quando ho deciso di trasferirmi a Milano, quando è finita la storia con la ragazza con cui convivevo. L’ultimo ringraziamento nel libretto del cd è per lei… ho scelto di trasferirmi qui lo stesso ed è stata la mia salvezza.
In che senso è stata la tua salvezza?
È stato doloroso camminare per le strade e passare nei luoghi che mi ricordavano questo amore, ma poi le cose sono cambiate, ho ripreso in mano la mia vita, artistica e umana, e ho chiuso il disco.
Stai già lavorando sul tour?
Mi piacerebbe rivoluzionare il concetto di live, vorrei sperimentare con una formazione diversa e fare uno spettacolo e non solo un’esibizione. Ci stiamo organizzando. Appena possibile comunicherò le date sui social.