Musica361 ha incontrato Elio, al secolo Stefano Belisari, protagonista a Milano fino a gennaio 2018 col musical Spamalot. E mentre si avvicina anche la data del concerto d’addio della sua storica band, Re Elio si è abbandonato con noi a interessanti considerazioni sulla sua carriera ma soprattutto ci ha rivelato qual è oggi il suo Santo Graal.
Dopo il recente debutto con Spamalot e l’annuncio del “Concerto definitivo” il prossimo 19 dicembre al Mediolanum Forum di Assago, cioè il concerto d’addio dopo 37 anni di attività del suo storico gruppo, Elio e le storie tese, Stefano Belisari, uno dei musicisti più rappresentativi del panorama milanese, ha fatto con Musica361 un bilancio di carriera a cavallo tra due epoche.
Col musical Spamalot e il prossimo concerto d’addio si chiude o meglio si apre una nuova fase della tua carriera. Ti saresti immaginato così oggi quando fantasticavi da adolescente?
Se nel 1975 qualcuno mi avesse detto che avrei recitato in un musical gli avrei riso in faccia! Quando studiavo flauto traverso al Conservatorio pensavo che sarei diventato uno di quegli orchestrali in buca. Poi appena diplomato ho insegnato per due anni in una scuola di musica a Milano ma ho presto capito che non avrei mai potuto fare l’insegnante: ricordo che a 20 anni pensavo “devo far qualcosa della mia vita adesso, prima che sia tardi” e poi ho messo insieme gli Elii.
Nel 1996 al Festival di Sanremo, vincitori del premio della critica Mia Martini e anche morali con La Terra dei cachi. Ad oggi continua ad essere la vostra canzone più rappresentativa?
Qualche giorno fa leggevo sulla Gazzetta dello sport un titolo su Ancelotti tra i papabili per diventare il nuovo allenatore della nazionale: “Italia sì, Italia no”. Questo fa capire quanto i versi della canzone siano oramai entrati nel lessico comune.
Elio e le Storie Tese sono talvolta classificati come gruppo pop rock demenziale. Invece nei vostri dischi avete dato prova di un eclettismo a tutto campo. Che contributo senti di aver dato alla musica?
Abbiamo lasciato un segno unico e originale, non solo perché siamo stati bravi ma anche per demeriti altrui: d’altra parte la storia dimostra che quando l’avversario è assente vince direttamente chi è sceso in campo. Nel nostro messaggio era implicitamente racchiuso un invito a chiunque avesse avuto voglia di mettersi in gioco, che non mi pare però che sia stato raccolto. Non vedo eredi. E oggi nonostante l’avvento dell’era 2.0 non vedo sfruttare neppure l’occasione delle nuove tecnologie per realizzare qualcosa di qualitativamente alto: mi riferisco ai prodotti di rapper, youtuber, influencer che per essere realizzati richiedono un centesimo dello sforzo richiesto per realizzare un’opera, una rivista o un musical.
Già in teatro con Lina Wertmüller e poi col musical Famiglia Addams: che dimensione è per te il teatro rispetto alla professione di musicista?
Prima di recitare ero già stato su un palco a cantare ma non c’è niente come il teatro per metterti completamente a nudo davanti ad un pubblico. Il teatro è un’altra scuola dalla quale imparare tanto. Ora Lorenzo Vitali, direttore del Teatro Nuovo, mi ha proposto questo progetto, Spamalot, e io gli ho detto di sì. Adoro i Monty Python, penso che siano all’avanguardia ancora oggi benché abbiano prodotto il meglio del loro repertorio all’inizio degli anni ‘70. Nessuno aveva mai portato a teatro in Italia i Monty Python ma la sfida sembra vinta: finora non c’è stata una volta in cui il pubblico non abbia riso e applaudito.
In scena sei Re Artù. Nella vita invece cos’è il Santo Graal per Elio?
Il mio Santo Graal è la consacrazione ufficiale di Elio e le Storie Tese a livello artistico. Siamo molto soddisfatti della nostra carriera, ci vuole bene molta gente però mi risento ancora molto quando sento da parte di alcuni considerazioni del tipo “questi non sono degni neanche di salire sul palco del Festival”. Prima di morire vorrei che alcune considerazioni fossero sanate: trovo che sia giusto più che per me per i componenti di Elio e le storie tese che hanno studiato per una vita e sono arrivati a livelli artistici che in Italia non vedo raggiunti da molti.
Licantropo Vegano (2017)