La sua voce è tornata a farsi sentire in tutte le radio con Seconda notte e Solo un’estate fa, due nuovi singoli che saranno parte della colonna sonora del film Tornatore’s Way e anticipano il suo nuovo album. Una nuova Leda Battisti si racconta a Musica361
La ricordavamo per brani spagnoleggianti come L’acqua al deserto (1998) ma questa estate Leda Battisti è tornata in radio con canzoni dalle sonorità che ammiccano agli anni ’70. I nuovi singoli non solo faranno parte della colonna sonora del nuovo film di Paolo Galassi, Tornatore’s way ma anticipano la pubblicazione di nuovi inediti. Leda Battisti ha fatto il punto sulla sua carriera con Musica361, raccontando questa nuova fase.
Leda Battisti, nata a Poggio Bustone. Il tuo cognome ha rappresentato un vantaggio o uno svantaggio per la tua carriera?
Premetto intanto che a Poggio Bustone, Battisti è un cognome molto diffuso, siamo tutti più o meno imparentati. Nonostante la lontana parentela e un cognome che non si dimentica, posso dire di non averne mai tratto vantaggi né svantaggi nel mio lavoro. Lucio Battisti è stato uno dei più grandi cantautori della musica leggera italiana e mi ha ispirato insieme a tanti altri, però porto con orgoglio questo cognome prima di tutto perché è il mio cognome e soprattutto perché Leda Battisti ha la sua precisa identità musicale.
Lo hai mai incontrato?
Era compagno di scuola di mia madre. Lei mi ha sempre fatto vedere una foto che la ritraeva mentre era incinta di me insieme a mio fratello e Lucio Battisti: fu in occasione dell’ultimo concerto che Battisti tenne a Poggio Bustone. Tanti sono gli aneddoti che mi hanno sempre raccontato i miei genitori ma io lo vidi di persona solo una volta quando ero molto piccola.
Quali sono stati i tuoi primi riferimenti musicali?
Da piccola mi cimentavo con la chitarra ma soprattutto con la voce – perché non dimentichiamo che prima di tutto sono una cantante – suonando e interpretando Stairway to heaven dei Led Zeppelin o Wish you were here dei Pink Floyd. Le influenze straniere, ma non solo anglofone, sono state importanti, non a caso la mia musica ha varcato spesso i confini italiani.
Nel 1992 nel programma Partita Doppia ti aggiudichi il titolo di miglior “Giovane cantautrice”, premiata da Domenico Modugno. Come ricordi quel momento?
In quel periodo già componevo le mie prime canzoni ma quella fu l’occasione in seguito alla quale decisi che sarei diventata una professionista. Quella sera interpretai Vecchio frack e ricordo ancora l’emozione quando Modugno, già anziano e in carrozzina, mi guardò e mi disse: “Tu sei quella con la chitarra. Da quando ti ho visto sapevo che avresti vinto tu!” E io gli diedi un bacio: mi vengono ancora le lacrime agli occhi quando ci ripenso. Poco dopo vinsi una borsa di studio al CET di Mogol.
Nel 1996 dalla collaborazione col chitarrista di flamenco Ottmar Liebert nasce il brano Tocca il cuore che anticipa il tuo primo album, Leda Battisti (1998). Come è nato quel sound latino?
Tocca il cuore composto con Liebert si rivelò la mia prima hit da classifica in Grecia e in Albania. Da quel singolo prese forma il mio primo stile musicale fatto di vocalizzi e armonie latine. Da musicista ho sempre avuto le idee molto chiare: ho creato questo sound da sola e devo dire che francamente ho incontrato non poche difficoltà ad imporlo in Italia. Solo tempo dopo il successo all’estero si sono creati i presupposti per importare questo sound anche in Italia, grazie alla Sony Music e a Rudy Zerbi che ne aveva capito le grandi potenzialità.
L’acqua al deserto è stato il tuo primo vero singolo di successo in Italia. Che tappa rappresenta per te oggi?
Con L’acqua al deserto (1998) in rotazione radiofonica sono entrata nel cuore delle persone. É un brano al quale sono molto legata sia a livello musicale che testuale, continua a piacermi e a rappresentare una mia fase creativa. Soprattutto mi piace ancora oggi il paragone di un amore che manca come acqua in un deserto. Le metafore naturali hanno sempre caratterizzato i miei testi, mi piace mettere in relazione i 4 elementi nella mia musica immaginifica.
L’acqua al deserto (1998)
Da L’acqua al deserto passando per Come il sole si arriva a oggi con Seconda notte e Solo un’estate fa, che segnano di fatto una nuova era. Come sono nati questi singoli dalla sonorità più vintage?
Continuo a seguire un’evoluzione musicale: mi sono allontanata dalle prime sonorità avvicinandomi a nuove melodie incentrate su una vocalità più piena. Col mio bassista e produttore Andrea Battaglia abbiamo costruito uno stile vintage rispetto alle consuete atmosfere latine: Seconda notte ha delle chitarre blueseggianti mentre Solo un’estate fa ha all’interno una specie di moog anni ’70 e dei richiami ai Matia Bazar. Non nascondo che mi siano sempre piaciuti, soprattutto nella formazione con Antonella Ruggiero, anche perché la mia vocalità come la sua si presta molto a quel gioco tra bassi ed alti.
I due brani faranno parte della colonna sonora del prossimo film di Paolo Galassi, Tornatore’s way. Era già successo per La Gabbianella e il gatto (1998). Come è nata questa collaborazione?
«Tutte le mie canzoni nascono di istinto. Anche in questo caso musica e testi non sono nati in previsione del film. Come gli episodi più belli della vita è capitato casualmente: a Paolo Grassi è sempre piaciuto il mio stile e appena li ha ascoltati si è innamorato dei miei due brani; è stato un piacere concederglieli. Molti riferimenti e sequenze del film si ritrovano anche nel video di Solo un’estate fa, molto vintage anche nello stile visivo».
Solo un’estate fa (2017)
Qualche anticipazione sul tuo prossimo disco?
Nel prossimo disco fondamentalmente attacco il jack alla chitarra elettrica: le mie nuove canzoni sono più rocckeggianti. In un momento in cui il pop sembra tutto elettronico ho voluto riprendere un sound autentico, suonato forse in maniera anche più sporca e meno precisa per ricreare volutamente una sensazione analogica, come quella del mio primo disco. Lo sentirete anche nel mio terzo singolo di prossima uscita, influenzato dal reggae: collaborerò con un importante musicista di quel genere, stupirò molti…E in più saranno canzoni influenzate dal cinema: sentirete anche una cover molto particolare di Parla più piano, tratta da Il Padrino.
Sei stata anche attrice: come vivi questa professionalità accanto alla musica?
Fin da piccola scrivevo nel mio diario che da grande avrei fatto la musicista. Professionalmente ho seguito quella strada ma la mia più grande passione insieme alla musica rimane il cinema. Ho studiato alla Sapienza di Roma Lettere indirizzo cinema e teatro e se non avessi fatto musica probabilmente avrei fatto l’attrice. Più di tutto comunque non potrei mai abbandonare la dimensione dal vivo: adoro il contatto con la gente, soprattutto quando mi esibisco nelle piazze. Rispecchia la mia essenza di donna schietta e passionale. Non a caso mi chiamano “Passionaria della musica”, come il titolo del mio secondo disco, Passionaria (2000): sono una che non si ferma di fronte a niente.
Oggi come definiresti la tua identità musicale?
Sono venuta a contatto con diverse sonorità e non ho mai smesso di studiare, c’è sempre tanto da imparare. Non conta quello che hai fatto prima, è la passione e la ricerca che deve sempre guidarti in questo mestiere. Amo tutta la bella musica e non mi stupirei se il mio prossimo disco fosse, che so, jazz. Compongo assecondando quello che sento e non mi precludo niente: ho le mie preferenze come tutti ma sono pure aperta a tutto perché la musica stessa non ha confini.
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